I racconti del colonialismo

Radici

Shaka Zulu

Cuore di tenebra

Il crollo

L'arco dei traditori

Il mio nome è Rigoberta Menchù

La morte di Artemio Cruz

L'odore dell'India

Passaggio in India

La grande proletaria si è mossa

Lord Jim

Colpo di luna

 

 

I personaggi

Stanley

Gordon

Livingstone

Colombo

 

 

 

Il colonialismo portoghese

 

La colonizzazione portoghese va ad interessare prevalentemente tre zone mondiali: l’America meridionale, ed in particolar modo il Brasile, il continente africano e quello asiatico. Precede la vera e propria costituzione di colonie una serie di importanti scoperte geografiche, relativamente ai vari continenti ad opera di navigatori lusitani.

Scontro coloniale fra Spagna e Portogallo

Inevitabilmente fra Spagna e Portogallo sorsero numerose rivalità nell’ambito dell’assegnazione di territori assoggettabili alla rispettiva influenza. Già nel 1454 i portoghesi avevano ottenuto da papa Nicola V il diritto alle spedizioni militari contro i musulmani e al monopolio commerciale sulle coste africane del Mediterraneo. In seguito, con la bolla “Aeterni Regio Clementia”, ottennero dal papato il riconoscimento del possesso di tutti i territori africani conquistati. La dottrina nata per santificare la conquista della terrasanta aveva esteso la sua applicazione sino a giustificare la conquista dei regni e popolazioni che mai avevano minacciato il Portogallo, sconosciuti anzi a tutta l’Europa.Nel 1493, con un'altra bolla, “Inter Coetera”, il papato fu costretto a rispondere alla seguente domanda: per "costa dell'Africa", a sud delle Canarie, doveva intendersi tutto l'Oceano Atlantico? Naturalmente i portoghesi pensavano di sì e se fosse passata la loro opinione, la Spagna avrebbe dovuto loro restituire l'America. Gli spagnoli invece ritenevano appartenesse alla Castiglia ciò che si trovava a ovest e a nord delle Canarie. Papa Alessandro VI, che aveva già riconosciuto i diritti di conquista alla Spagna sulle "Indie occidentali", stabilì, per evitare conflitti tra le due potenze cattoliche, che i territori a oriente di un linea ideale (100 leghe=circa 600 km, a ovest delle isole di Capo Verde) restassero sotto l'influenza portoghese, mentre quelli a occidente dovevano restare sotto l'influenza spagnola. Ogni altro Stato veniva escluso, a priori, da qualunque conquista coloniale. L'anno seguente però il trattato di “Tordesillas”, firmato dai sovrani portoghese e spagnolo, spostava la linea di demarcazione a 370 leghe=oltre 2000 km, a ovest delle suddette isole, sicché la zona d'influenza del Portogallo arrivava a includere persino il Brasile. L'ultimo trattato bilaterale sarà quello di Saragozza nel 1529, determinato dal fatto che con la prima circumnavigazione americana di Magellano e la conquista spagnola delle isole Filippine, si riproponeva il problema di una diversa spartizione delle sfere d'influenza nel Pacifico. La Spagna tuttavia, nonostante quest'ultimo trattato, si rifiuterà di restituire le Filippine al Portogallo.

La cartina mostra le conseguenze del trattato di “Tordesillas”

Tipologia del colonialismo lusitano

Il Portogallo -a differenza della Spagna- evitò sempre d'avanzare nel retroterra dei paesi conquistati. Le forze colonialiste portoghesi capirono ben presto che per loro era meglio controllare lo smercio dei prodotti piuttosto che la produzione vera e propria. Questo non solo perché disponevano di pochissime forze numeriche (la popolazione nazionale nel 1450 non superava le 800.000 unità: un secolo dopo era sui 1,5 milioni: il numero delle navi che ogni anno il Portogallo inviava nelle colonie non era superiore a 20 e quello degli uomini non superava i 1500); ma anche perché le civiltà con cui vennero a contatto non erano di livello culturale e tecnologico inferiore a quelle europee. India, Indocina e Cina, per esempio, erano allo stadio del feudalesimo avanzato e, sul piano militare, erano certamente più agguerriti degli indigeni incontrati dagli spagnoli. Da notare che, proprio per questa incapacità di organizzare politicamente l'entroterra, il colonialismo portoghese risulterà meno odioso di quello spagnolo, anche se, inevitabilmente, lasciò tracce meno profonde. Da ultimo si può far notare che il Portogallo non è mai stato in grado di smistare, da solo, tutte le merci che acquistava. Non disponendo di una vasta rete commerciale e avendo una scarsa popolazione, esso era costretto a servirsi d'intermediari (anche italiani), che naturalmente assorbivano una buona parte dei profitti. Gran parte delle spezie e del pepe finivano all'emporio reale di Anversa, dove vigeva la piena libertà commerciale e finanziaria. Qui la Borsa fu istituita nel 1531. Quando le fortune di questa città fiamminga cominciarono a declinare, salirono quelle di Genova, che per mezzo secolo saprà attirare l'oro e l'argento, mentre le spezie e lo zucchero convergeranno su Amsterdam. Saranno i portoghesi i primi a introdurre ufficialmente il sistema monetario basato sull'oro, rinunciando all'argento.  Nel 1483 Colombo presentò a Lisbona il progetto di periplo terrestre in direzione d'occidente: in tal modo cercava di rispondere all'idea di raggiungere l'India per mare strappando ai musulmani il monopolio del commercio con l'Oriente. Il progetto, come noto, venne bocciato: i portoghesi preferirono proseguire nei loro tentativi, giudicati più sicuri, di circumnavigazione africana. Infatti, quando nel 1487 Bartolomeo Diaz raggiunse l'estremo lembo meridionale dell'Africa, da lui battezzato Capo tempestoso e più tardi detto di Buona Speranza, la possibilità di raggiungere le coste dell'India era diventata reale: Diaz però fu costretto a ritornare a Lisbona, perché l'equipaggio era allo stremo delle forze. Sarà la spedizione di Vasco de Gama, nel 1498, a gettare l'ancora nella città di Calcutta, riportando in patria, dopo due anni di viaggio e con un equipaggio dimezzato, il primo carico di spezie.


Il colonialismo in Brasile

L'unico vasto territorio che il Portogallo cercò di colonizzare non solo sulla costa ma anche all'interno fu il Brasile, occupato nel 1500 (dopo la sua scoperta, operata da Pedro Alvares Cabral nel medesimo anno), e .In questo modo vi istituì un sistema politico organico che trasformò quell'area in un'entità portoghese a tutti gli effetti per lingua e civiltà. Allora il Brasile era povero di popolazione e di ricchezze sfruttabili (i giacimenti di oro e diamanti vennero scoperti solo verso la fine del XVIII sec.). Qui i portoghesi metteranno in piedi una serie di piantagioni (soprattutto dello zucchero) e un mercato di schiavi (gli indios brasiliani che non volevano lavorare vennero sostituiti con schiavi negri importati dall'Africa), adottando gli stessi metodi di sfruttamento esistenti nelle colonie spagnole. Con una differenza però: i profitti derivati dai beni di commercio più vantaggiosi finivano nelle casse dello Stato, poiché erano di monopolio reale. Lo Stato prelevava i diritti di dogana e delle contrattazioni commerciali e incamerava i diritti (5%) delle licenze reali. Per poter riscuotere con sicurezza i dazi sul commercio, la corona aveva designato Lisbona come unico porto per i viaggi in partenza e in arrivo. I metodi amministrativi portoghesi (presi per esempio quelli relativi al Brasile) furono però meno efficaci di quelli spagnoli, poiché il governo di Lisbona era molto autocratico e non permetteva ai funzionari presenti nelle colonie di poterle controllare autonomamente. Lo sfruttamento delle colonie portoghesi avveniva mediante un apparato statale burocratico di tipo feudale. Il potere dei funzionari era enorme, poiché erano responsabili solo di fronte al re. Le nomine restavano in vigore per un triennio ed erano molto ambite. Questa burocrazia, che ebbe meno problemi con la corona di quanti ne ebbero i conquistadores col governo spagnolo, svolgeva funzioni amministrative, giudiziarie e commerciali. Essa acquistava o raccoglieva come tributi le merci per la madrepatria. L'eccesso di quanto poteva essere caricato sulle navi, veniva distrutto. Ogni singola colonia era direttamente collegata con la metropoli: non esistevano legami tra colonie. Il commercio tra singoli porti delle colonie era un monopolio concesso come privilegio solo agli alti funzionari. Tutte le colonie vennero chiuse al commercio degli stranieri nel 1591.

Il Brasile ottenne l'indipendenza dal Portogallo nel 1822, costituendosi in regno autonomo con Pietro I di Braganza.


Il colonialismo portoghese in Africa

Inizialmente il Portogallo pensò di colonizzare l'Africa per paralizzare il commercio carovaniero musulmano che attraverso l'Africa settentrionale e il Sahara portava oro, schiavi e avorio dai grandi mercati del Sudan e del Senegal, ai porti del Mediterraneo occidentale. Ma dopo che i turchi occuparono Costantinopoli, i mercanti lusitani pensarono fosse indispensabile raggiungere direttamente le fonti orientali ed estremorientali della ricchezza musulmana, circumnavigando la costa occidentale dell'Africa e aggirando lo sbarramento islamico dal Nordafrica fino al Levante. La prima tappa del colonialismo portoghese fu la conquista di Ceuta, nel 1415, che era una fortezza di pirati arabi posta sullo stretto di Gibilterra, in Marocco. Nel 1432 s'impadronirono delle isole Azzorre, nel '34 doppiarono il capo Bojador, a sud del quale si riteneva che la vita fosse impossibile. L'uso della caravella s'impose proprio per verificare direttamente se ciò era vero: occorreva, a tale scopo, uno strumento che permettesse di allontanarsi di molto dalle coste. Nel 1441 una spedizione fece ritorno col primo carico di schiavi neri di cui si sia a conoscenza. Intorno al 1450 la loro importazione in Portogallo toccò le 700-800 unità all'anno. Molti di questi schiavi finivano col lavorare nelle piantagioni della canna da zucchero presenti nelle colonie. Nel 1442 i portoghesi importarono dalla Guinea il primo quantitativo di oro (nei 20 anni seguenti essi divennero i maggiori fornitori d'Europa). Oltre all'oro giungevano in Europa dalle loro colonie: pepe di Cayenna, cotone, avorio, olio di balena, pesce da salare, legno pregiato e molti prodotti esotici.

Sul piano etico-giuridico, la conquista di tutte le coste africane libere dalla presenza islamica, determinò un problema: quale giustificazione dare all'occupazione di territori dove vivevano popolazioni pagane che non avevano mai conosciuto Cristo? Si poteva parlare di "guerra giusta" come nel caso dei mori? Dopo ampio dibattito teologico, si arrivò alla seguente conclusione, avvallata dall'autorità pontificia: Cristo ha la signoria materiale e spirituale su tutti i popoli; questo potere lo ha trasmesso ai pontefici, i quali, a loro volta, lo possono delegare a sovrani cristiani, che lo esercitano sulle terre degli "infedeli". Tali sovrani hanno la responsabilità di convertire i pagani: se questi rifiutano, può essere condotta contro di loro una "guerra giusta", con tanto di riduzione in schiavitù della popolazione e di confisca delle sue proprietà. Naturalmente i meccanismi della schiavizzazione portoghese erano molto diversi da quella africana pre-europea: in quest'ultima lo schiavo poteva sposarsi, possedere beni, prestare giuramento, essere un testimone valido, diventare persino erede del suo padrone... In quella europea tutto era strettamente finalizzato all'accumulo di capitali.

In Africa gli insediamenti costieri del Portogallo divennero basi di partenza per estendere il controllo militare e politico alle regioni dell'interno: in questo modo si formarono le due grandi colonie dell'Angola e del Mozambico, la cui economia si fondava principalmente sulla tratta degli schiavi, formalmente soppressa nel 1836, ma in realtà sopravvissuta per tutto il XIX secolo.

Entrambe le colonie africane raggiunsero l'indipendenza nel 1975, sulla scia della rivoluzione democratica in atto nella madrepatria, ma il processo di decolonizzazione fu anche in questi paesi particolarmente difficile e cruento.


Il colonialismo portoghese in Asia

In un primo momento i portoghesi tentarono d'inserirsi pacificamente nei circuiti commerciali asiatici. Ma ben presto, anche per non lasciarsi precedere dai rivali spagnoli, decisero d'intraprendere una vasta azione militare (pirateria, saccheggi e distruzioni di città costiere) per controllare tutto il commercio asiatico, via mare, sino all'Estremo Oriente. Che il primo obiettivo dei portoghesi fosse quello economico e non quello religioso, è documentato anche dal fatto che la diffusione della fede cristiana (scopo principale, teoricamente, delle imprese d'oltremare) fu centrata dapprima sull'Asia e solo nel XVII anche sull'Africa. Le terre e le città conquistate in India furono il punto di partenza per la loro ulteriore espansione in Asia. Venezia fece di tutto per impedire che il Portogallo modificasse lo status quo. Questo non deve apparire strano. E' vero infatti che su tutti i trasporti gravavano le tasse e i dazi doganali dei turchi ottomani e dei mamelucchi d'Egitto, ma è anche vero che l'importazione dei prodotti orientali in Europa costituiva la fonte principale delle ricchezze di Venezia. Nel 1509, sfruttando il vantaggio della superiorità navale, la flotta portoghese inflisse una pesantissima sconfitta alla coalizione di navi arabe ed egiziane, determinando la fine del monopolio arabo, dando inizio alla decadenza di Venezia e trasformando il Mediterraneo in un "mare interno", tagliato fuori dalle nuove, grandi vie commerciali. Lisbona era praticamente diventata la capitale mondiale del commercio delle spezie e degli schiavi.

I portoghesi arrivarono in Cina nel 1513 e in Giappone nel 1541. Quando nel 1521 gli spagnoli, circumnavigata l'America meridionale, giunsero nell'odierno arcipelago malese, lo trovarono già in mano dei portoghesi. Sintetizzando tutta l'attività coloniale dei portoghesi, si può dire ch'essi anzitutto nel primo ventennio del XVI sec., istituirono una serie di basi militari-navali lungo le coste occidentali e orientali dell'Africa (imitando, in questo, la strategia delle città cristiane del Mediterraneo nei riguardi dell'Islam afro-asiatico, ai tempi delle crociate); poi occuparono alcune isole presso Ormuz, per impedire che le vie del Mar Rosso e del Golfo Persico potessero essere utilizzate dai turchi o dagli egiziani (le spezie andavano convogliate esclusivamente sulla rotta del Capo di Buona Speranza); infine bloccarono tutti i passaggi obbligati del commercio asiatico: Birmania, Malacca, Macao, Taiwan, isole Molucche, Goa e Bombay, ecc. Praticamente l'espansione seguì, oltre alle direttive della corona, anche quelle dell'Islam, che da secoli conosceva l'Oceano Indiano. I piccoli signori feudali dell'Asia erano costretti a concedere gratuitamente o come tributo o a prezzi fissi gran parte dei raccolti di spezie pregiate. Dunque, a partire dagli inizi del XVI sec. sino all'apertura del canale di Suez negli anni '60 del secolo scorso, la via marittima aperta dai portoghesi rappresenterà la strada principale del traffico commerciale tra Europa e Asia. Tuttavia, il blocco totale del Mar Rosso, pur tentato a più riprese, non riuscirà mai completamente: gli stessi buoni rapporti con la Persia implicavano che i mercantili mori continuassero a giungere quasi regolarmente nel Golfo Persico. Si può stimare che il monopolio lusitano del commercio delle spezie s'aggirasse sul 60-70% (il pepe costituiva i 2/3 di tutte le spezie). [Da notare che il livello commerciale raggiunto nel 1515 non sarà più superato in seguito].

(Giulia Gibiino, Andrea Indelicato, Elena Farolfi –5^B)