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NELLA STORIA COLLETTIVA, COME IN QUELLA INDIVIDUALE, TUTTO DIPENDE DALLO SVILUPPO DELLA COSCIENZA.

QUESTO PORTA GRADUALMENTE ALLA LIBERAZIONE DALLA PRIGIONIA DELL'INCOSCIENZA E,

PERTANTO, APPORTA LUCE OLTRE CHE GUARIGIONE.

 

 

IN QUESTA PAGINA SONO INSERITI SCRITTI (estrapolati da libri, da conferenze, da convegni),

ARTICOLI, COMMENTI, LETTERE E ALTRI DOCUMENTI.

 

INDICE

 

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Notiziario n° 13 del C.S.P. di Bologna

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Per non dimenticare - di Brunilde Cassoli

 

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Esercizio di disidentificazione e auto-identificazione  - di Roberto Assagioli

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Roberto Assagioli - Biografia ed elenco opere

 

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Perché siamo qui?  - di George. I. Gurdjieff

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Io sono  - di George. I. Gurdjieff

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George I. Gurdjieff - Biografia

 

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L'Arte divina di farsi degli amici - di Paramahansa Yogananda

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Sviluppare le amicizie del passato  - di Paramahansa Yogananda

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Date amicizia a tutti  - di Paramahansa Yogananda

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L'amicizia universale comincia da casa propria  - di Paramahansa Yogananda

 

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Psicologia dell’assistenza ai malati terminali  - di Marco Ferrini

 

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Maestro e discepolo  - di Osho Rajneesh

 

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L'Amore Oltre la morte"  - di Vittorio Frigau

 

 

 

 

RESOCONTO DELLA CONFERENZA DEL 10 MAGGIO 2003, PUBBLICATO SUL NOTIZIARIO N° 13 -  L'EVENTO FU ORGANIZZATO DAL C.S.P. DI BOLOGNA

 

 

        

 

 

 

 

Per non dimenticare - di Brunilde Cassoli

 

Copertina e retro del Vol. XXXVI (ottobre 2005 - n° 2) di "Quaderni di Parapsicologia"

 

Brunilde Cassoli fu il Redattore Capo di "Quaderni di Parapsicologia" la rivista edita dal C.S.P. (Centro Studi Parapsicologici) di Bologna. Nel 2014 lascò il corpo.

 

Esercizio di disidentificazione e auto-identificazione, di Roberto Assagioli

Assagioli sviluppò il metodo integrale psicoterapeutico da lui denominato "Psicosintesi" e nel 1926 fondò a Roma, l'Istituto di Psicosintesi, successivamente trasferito a Firenze.

Tratto da: "L'Atto di volontà" (Ed. Astrolabio-Ubaldini) capitolo Tecniche per la psicosintesi personale

 

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"....fatti dimostrano che il corpo, i sentimenti, la mente sono strumenti di esperienza, di percezione e azione, strumenti mutevoli ed impermanenti. Invece l'Io è essenzialmente diverso: è semplice, immutabile, cosciente di sé. L'esperienza dell'Io può essere formulata nel modo seguente "Io sono un Io, un Centro di pura coscienza". Affermare questo con convinzione non significa che si sia raggiunta l'esperienza dell'Io, l'auto-identificazione, ma è la via che vi conduce ed è il mezzo per dominare le nostre attività psichiche. La coscienza dell'Io, l'auto-coscienza, è quello che distingue l'uomo dall'animale. Gli animali hanno sensazioni fisiche, hanno emozioni, dimostrano anche un'attività mentale elementare, ma non risulta che abbiano auto-coscienza. Invece l'uomo ha una coscienza di sé, talvolta vaga ed incerta, talvolta acuta e separativa (egocentrismo e può arrivare ad avere la coscienza dell'Io puro, libero da ogni identificazione. Ora descriverò l'Esercizio di disidentificazione e di auto-identificazione. E' utile farlo la mattina, prima di cominciare la nostra vita attiva. Dovremmo "rientrare in noi stessi". Riflettiamo sul profondo significato di questa espressione "rientrare in se stessi"; generalmente noi viviamo "al di fuori" del nostro vero essere; distratti da innumerevoli sensazioni, impressioni, preoccupazioni, ricordi del passato, progetti per il futuro, siamo "discentrati", ignari e obliosi di quello che siamo in realtà. Per alcuni è più facile fare l'esercizio in gruppo, per l'aiuto che vien dato da chi lo descrive; per altri invece può essere più difficile per il senso della presenta degli altri.

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Il primo stadio consiste nello star seduti in posizione comoda, abolendo ogni tensione muscolare e nervosa; a ciò giova una precedente pratica dell'esercizio di rilassamento. E' opportuno tenere la colonna vertebrale diritta, la testa lievemente abbassata, chiudere gli occhi; poi fare alcune respirazioni profonde, lente, regolari. [pausa]

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Affermiamo lentamente, con attenzione convinzione: "Io ho un corpo,  ma non sono il mio corpo". Il mio corpo può trovarsi in differenti condizioni di salute o di malattia, può essere riposato o stanco, ma questo non ha nulla a che fare con Me, con il mio vero Io. Il mio corpo è un prezioso strumento di esperienza e di azione nel mondo esterno, ma è soltanto uno strumento; lo tratto bene, cerco di tenerlo in buona salute, ma non è me stesso. Io ho un corpo, ma io non sono il mio corpo". (Dopo un periodo di allenamento si può limitarsi a ripetere più volte la frase finale: "Io ho un corpo, ma non sono il mio corpo". Lo stesso vale per gli stadi successivi). [pausa]

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Affermiamo con convinzione: "Io ho emozioni, ma io non sono le mie emozioni. Queste sono diverse, mutevoli, contrastanti, mentre io rimango sempre io, me stesso, nell'avvicendarsi della speranza e dello scoraggiamento, della gioia e del dolore, dell'irritazione e della calma. Io posso osservare, comprendere e giudicare le mie emozioni, divenir sempre più capace di dominarle, dirigerle, utilizzarle". - "Io ho emozioni, ma Io non sono  le mie emozioni. [pausa]

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"Io ho desideri, ma non sono i miei desideri. Anche i desideri sono mutevoli, contrastanti, sono un avvicendarsi di attrazioni e ripulsioni. Vi sono in me desideri, ma non sono me". [pausa]

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"Io ho una mente, ma non sono la mia mente. Essa può essere più o meno sviluppata ed attiva; è indisciplinata, ma poco a poco posso dominarla e dirigerla. E' un organo di conoscenza, sia del mondo esterno sia del mondo interno, ma non è me stesso. Io ho una mente, ma non sono la mia mente". [pausa]

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Tutto ciò è la preparazione alla fase finale positiva, l'affermazione e l'esperienza dell'auto-coscienza: "Sono convinto e affermo che io sono un Centro di pura consapevolezza, di pura auto-coscienza; sono un Centro di volontà, capace di dominare, dirigere, usare tutte le mie funzioni psichiche ed il mio corpo. "IO SONO". Soffermiamoci su questa affermazione, cercando di sentirla, di realizzare questa pura coscienza di essere questo elemento stabile, immutabile, saldo come una roccia in mezzo all'agitarsi delle onde del divenire a tutti gli altri livelli. "IO SONO".

Roberto Assagioli - Biografia ed elenco opere

Roberto Assagioli nacque a Venezia il 27 febbraio 1888 e morì a Capolona (AR) il 23 agosto 1974. Negli anni 1905-1909 pubblicò articoli nella “Rivista di Psicologia applicata”. Nel 1910 conseguì la laurea in Medicina all’Università di Firenze, presentando una tesi sulla psicoanalisi che aveva preparato all’Ospedale Psichiatrico Burghözli di Zurigo. Successivamente si specializzò in psichiatria e si dedicò a studi di psicologia e filosofia, alla pratica della psicoterapia usando vari metodi e sviluppando il suo metodo integrale, la Psicosintesi. Nel 1911 fondò la rivista “Psiche” e partecipò al Congresso Internazionale di Filosofia tenuto a Bologna e vi svolse una relazione su Il Subcosciente. Nel 1926 pubblicò l’opuscolo “Psychosynthesis, A New Method of Healing”; nello stesso 1926 fondò a Roma l’Istituto di Psicosintesi, che per alcuni anni svolse un’attività molto intensa, però il lavoro di Assagioli fu reso difficile perché le sue attività umanitarie ed internazionali destarono i sospetti e una crescente ostilità del governo fascista, sicché nel 1938 fu costretto a chiudere l’istituto. Dopo la fine della guerra l’Istituto fu riaperto a Firenze, con sede in Via San Domenico, 16. Nel 1931 Assagioli pubblicò l’esercizio fondamentale della Psicosintesi: Disidentificazione e Auto-Identificazione. Come scrittore e conferenziere, Assagioli compì numerosi viaggi nella Svizzera, in Inghilterra, Germania, Olanda e Stati Uniti d’America. Fu Aff. Member of the Royal Society of Medicine di Londra, socio della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, fece parte degli “Editorial Boards” del “Journal of Humanistic Psychology” e del “Journal of Transpersonal Psychology”. Nel 1958 promosse in U.S.A.  la creazione della “Psychosynthesis Research Foundation” che ebbe la prima sede a “Valmy”, una villa vicina a Greenville, Delaware, successivamente donata per tale scopo alla Signora Alexia Du Pont de Bie. In quella sede, nel 1958, si svolse un Convegno di medici e di educatori. In seguito la Fondazione fu trasferita a New York. Altri Istituti sono successivamente sorti in Argentina, Francia, Svizzera, India, Grecia. Nel 1959 Assagioli tenne conferenze a Parigi e a Londra. Nel 1960 si tenne una “Settimana Internazionale di Psicosintesi” in Svizzera, presso l’”Institut Bleu-Léman” a Villeneuve, con la partecipazione di congressisti provenienti da nove differenti nazioni. Nel 1961 Assagioli ebbe parte attiva al V Congresso Internazionale di Psicoterapia che si tenne a Vienna. Tenne una relazione su: Psicosintesi e Psicoterapia Esistenziale, e fu Presidente del Simposio sulla Psicosintesi. Nello stesso anno, presiedette alla “II Settimana Internazionale di Psicosintesi” a Villeneuve, presso Montreux. Nel 1962 tenne conferenze a Londra e alle “Journées de Psichosynthèse” a Viry Châtillon, presso Parigi, ove parlò sui principi e sui metodi della psicosintesi inter-individuale. Nel 1963 presiedette a una convegno sui Superdotati a Capolona, al quale parteciparono persone di differenti nazionalità. Nel 1964 partecipò al VI Congresso Internazionale di Psicoterapia a Londra, dove tenne una relazione sulla Sintesi nella Psicoterapia. Presiedette anche un Simposio sulla Psicosintesi al Sant Ermin’s Hotel, al quale parteciparono medici e psicologi di differenti nazionalità. Nel 1965 presiedette alla “Settimana Internazionale di Psicosintesi” a Villeneuve, alla quale parteciparono medici, psicologi, e studenti in medicina. Nel settembre 1967 partecipò ai lavori della “Prima Settimana Psicosomatica Internazionale” che si svolse a Roma nella quale tenne una relazione su: Medicina Psicosomatica e Biopsicosintesi. Nel 1968, a Roma, presiedette alla Settimana Internazionale di Psicosintesi e tenne cinque relazioni. Nel 1977, all’alba del giorno 23 agosto, Roberto Assagioli moriva nella residenza estiva di Capolona. Dal 1957 sono state costituite varie Fondazioni, associazioni e Centri di psicosintesi in Italia e all’estero (U.S.A., Argentina, Canada, Inghilterra, Francia, Svizzera, Germania,  Grecia, India). I suoi opuscoli, articoli ammontano a più di 300 e sono pubblicati in nove lingue (italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, olandese, russo, polacco, giapponese) essi sono: La psicologia della donna e la sua psicosintesi; Psicologia dinamica e psicosintesi; Psicoterapia; La psicologia e l’arte di vivere; Saggezza sorridente; Spiritualità del ‘900; L’educazione dei giovani particolarmente dotati; Trasmutazione e sublimazione delle energie sessuali; Simboli del super normale, Come si imparano le lingue col subcosciente; Equilibramento e sintesi degli opposti; Modi e ritmi della formazione psicologica, Le religioni, i nuovi tempi e i giovani; La psicologia e la scienza della sessualità; La purificazione dell’anima nel simbolismo del poema dantesco; Parole evocatrici (collezione di 30 cartoncini e istruzioni per l’uso); Medicina psicosomatica e bio-psicosintesi; Esercizi vari (Disidentificazione, Rosa, ecc.); Leggi della psicodinamica – La volontà (3 lezioni 1963, 3 lezioni 1967, 2 lezioni 1968, 1 lezione 1970), Questionario e Studi; C. G. Jung e la Psicosintesi (3 lezioni); Questionari: ai bambini, agli Adolescenti, ai Giovani, agli Adulti, sulla Cooperazione; Le energie latenti in noi: Strutture del Subcosciente; la suggestione e le sue leggi - come si fa la suggestione - veleni e farmaci psicologici; Parole stimolo (prima e seconda serie); L’arte e la tecnica del silenzio; Sintesi della psicoterapia; Corsi di lezioni: anno 1963 e seguenti (serie di almeno 10 lezioni ed esercizi, a corso); Costruire sa Vie per la Psychosyntèse ; Développement spiritual et troubles neuro-psychiques; Congrès de Psychosynthèse (paris, 6-7, Juin 1970); The Ethical Relevance of a Psychotherapeutic Techniques; Dynamic Psychology and Psychosyntesis; Tansmutation ad Sublimation of sexual Energies; Psychosynthesis : A Manual of Principles and Techniques; Psychosynthesis : individual and Social; The Training of the Will; Jung and Psychosynthesis; The Psychology of Woman and her Psychosyntesis; Psychosomatic Medicine and Bio-Psychosyntesis; Symbols of Y Transpersonal Experiences; Money and the Spiritual Life; The Technique of Evocative word (with 17 cards); The Education of gifted and Saper Gifted Children. Tutti i testi sono reperibili presso l’istituto di Psicosintesi di Firenze.

 

Perché siamo qui? - di George I. Gurdjieff

 

Gurdjieff, è conosciuto come Maestro di "Quarta Via". Per molte persone, incontrarlo ha voluto dire: "cambiare la propria vita", imparare a essere. Fra i personaggi che lo conobbero in vita si ricordano René Dumal, Katherine Mansfield, il filosofo Ouspensky. Giunse in Francia, nel 1922, accompagnato da un piccolo gruppo di seguaci e dopo poco tempo, presso Fontainebleau, al Prieuré, fondò l' "Istituto per lo sviluppo armonioso dell'uomo", nel quale insegnava - tramite l'ausilio di tecniche collegate ad antichissime dottrine orientali - a risvegliarsi da una vita di automi addormentati. Così egli giudicava la vita normale degli occidentali. Dopo la sua morte, avvenuta a Parigi nel 1949, l'insegnamento di Gurdjieff ha continuato a diffondersi capillarmente, toccando le persone più diverse e, tutt'oggi, le persone che si ispirano a lui, sono sparse in ogni parte del mondo. I due scritti qui riportati, sintetizzano gli scopi del suo insegnamento e del suo essere.

 

Tratto da: "Vedute Sul Mondo reale" - Gurdjieff parla ai suoi allievi (Ed. L'Ottava)

 

Priuré, 21 agosto 1923

 

Per alcuni dei presenti restare qui non ha più senso. Se a costoro si chiedesse perché sono qui, sarebbero totalmente incapaci di rispondere, oppure direbbero delle assurdità, inventandosi tutta una filosofia senza credere essi stessi a una sola parola di ciò che dicono. Forse all'inizio lo sapevano, ma se lo sono dimenticati. Io do per scontato che chi viene qui ha già capito la necessità di fare qualcosa, e ci ha già provato da solo. Da questi primi tentativi ha tratto la convinzione che, nelle condizioni della vita ordinaria, non si riesce a concludere niente. Allora ha cominciato a informarsi, e si è messo alla ricerca di un posto dove sia possibile lavorare su di sé, grazie a delle condizioni prestabilite: alla fine trova qualcosa, viene a sapere che qui quel lavoro è possibile. E infatti, questo posto è stato creato e organizzato apposta perché colui che cerca possa trovarvi le condizioni desiderate. Ma alcuni di voi non traggono alcun vantaggio da queste condizioni; anzi, si può dire che nemmeno lo notano. E il fatto di non vederle dimostra che, in realtà, essi non le hanno mai cercate, e che non si sono mai sforzati, nella vita di tutti i giorni, di ottenere ciò che credevano di volere. Chi non approfitta delle condizioni create dall'Istituto per lavorare su di sé, e non le nota nemmeno, deve sapere che questo non è il suo posto. Se resta, perde il suo tempo, disturba chi lavora e occupa il posto di qualcun altro. Qui i posti sono limitati e, per mancanza di spazio, sono costretto a rifiutare molti candidati. O mettete a profitto il vostro posto, o fate il piacere di andarvene. Ripeto, io parto dal principio che chi viene qui ha già fatto un lavoro preparatorio, ha sentito delle conferenze, ha già tentato qualcosa per proprio conto. Parto quindi dal fatto che i presenti abbiano già capito la necessità di lavorare su di sé, e sappiano anche vagamente come fare; però non ne sono capaci per ragioni che sfuggono al loro controllo. Di conseguenza, non c'è bisogno di ripetere un'altra volta perché siete qui. Io posso mandare avanti il lavoro solo se ciò che è già stato indicato viene applicato nella vita pratica. Purtroppo non succede così: qui la gente vive, ma non lavora; agisce soltanto per costrizione, come se fosse pagata alla giornata. A queste persone io propongo: o di lavorare, a partire da subito, nel modo in cui un tempo ne avevano compreso la necessità, riscoprendo le idee di una volta e mettendosi seriamente al lavoro; oppure di rendersi conto, in questo istante, che la loro presenza qui è inutile. Data la situazione, quand'anche continuassero per dieci anni, non concluderebbero nulla. Io non rispondo di niente. Costoro devono veramente fare da sé. Altrimenti sono ancora capaci di chiedere un risarcimento per il tempo perduto. Che resuscitino le loro primitive intenzioni, e così renderanno utile questo soggiorno a sé e agli altri. Chi, in questa situazione, è capace di essere consapevolmente egoista, potrà permettersi di non esserlo nella vita. Qui, essere egoisti significa non avere riguardi per nessuno, nemmeno per me, e vedere in ogni essere e in ogni cosa un mezzo per aiutare se stessi. Non ci dev'essere considerazione per niente e per nessuno. Uno è stupido, l'altro è intelligente: il problema non è questo. Lo stupido è un buon soggetto di studio e di lavoro. E così pure l'uomo intelligente. In altre parole, entrambi sono necessari. Lo stesso vale per la canaglia e il brav'uomo. Lo stupido, l'intelligente, la canaglia, il brav'uomo, tutti quanti, ciascuno a modo suo, sono utili per fare da specchio e per dare impulso all'osservazione e allo studio di sé. C'è un'altra cosa che è importante capire. Il nostro Istituto può essere paragonato all'officina di un deposito ferroviario o a una rimessa dove si riparano le automobili. Quando un nuovo arrivato entra nell'officina, vede delle macchine che non aveva mai visto prima. E giustamente: infatti, all'esterno aveva visto solo auto carrozzate e verniciate, e quindi non sapeva come erano fatte all'interno. Gli occhi dell'uomo della strada sono abituati a vedere soltanto la carrozzeria. Ma in officina le vetture sono senza carrozzeria. I pezzi, smontati, ripuliti e bene in vista, non hanno più niente in comune con ciò che si ha l'abitudine di vedere. All'Istituto è la stessa cosa. Quando una persona nuova arriva qui con tutto il suo fardello, viene subito messa a nudo, e tutti i suoi aspetti peggiori, tutte le sue "bellezze" nascoste, diventano facilmente visibili. Chi di voi non si rende conto di questo fenomeno, ha l'impressione che qui abbiamo fatto la collezione degli stupidi, degli oziosi, delle persone limitate, insomma, di tutti gli scarti. Ma dimenticate tutti quanti una cosa essenziale: se vedete gli altri come sono, non è merito vostro. Qualcun altro li ha messi a nudo: voi li vedete così, e ve ne attribuite il merito. di poter tenere una maschera anche qui, come nella vita. Ma nel momento stesso in cui avete oltrepassato il cancello dell'Istituto, il guardiano ve l'ha tolta. Qui vi trovate nudi, e immediatamente vi accorgete di ciò che siete in realtà. Questo è il motivo per cui, qui, nessuno può permettersi di considerare interiormente gli altri. Se qualcuno si è comportato male nei vostri confronti, non offendetevi, perché anche voi potreste comportarvi nello stesso modo. Al contrario, dovreste essere molto riconoscenti, e ritenervi fortunati di non aver mai ricevuto qualche ceffone, dal momento che a ogni passo fate del male a qualcuno. Devono essere ben gentili gli altri, per il fatto che non vi fanno pesare il loro giudizio! Eppure, se qualcuno vi fa il minimo sgarbo, siete subito pronti a rompergli la testa. Dovete capire bene questa situazione, e comportarvi di conseguenza. Dovete cercare di servirvi degli altri in tutti i loro aspetti, buoni e cattivi; e in cambio dovete aiutarli attraverso i vostri, nessuno escluso. Se l'altro è intelligente, idiota, gentile, spregevole, siate certi che in altri momenti voi siete altrettanto stupidi, intelligenti, spregevoli o coscienziosi. Le persone sono tutte uguali, ma si manifestano in modi diversi secondo i momenti, esattamente come, secondo i momenti, anche voi siete diversi. E come voi, in certe occasioni, avete bisogno dell'aiuto degli altri, così gli altri hanno bisogno del vostro. E voi dovete aiutare gli altri non per gli altri, ma per voi stessi. In primo luogo, se aiutate gli altri, gli altri vi aiuteranno; in secondo luogo, attraverso gli altri è possibile imparare, a tutto vantaggio di coloro che vi stanno accanto. Ancora una cosa: in molti di voi, certi stati vengono provocati artificialmente dall'Istituto. Di conseguenza, disturbare lo stato di una persona può ostacolare il lavoro dell'Istituto. L'unica possibilità di salvezza è ricordarvi giorno e notte che siete qui esclusivamente per voi stessi, e che non dovete farvi disturbare da niente e a nessuno; e se vi sentite disturbati, dovete fare in modo di non esserlo. Dovete utilizzare gli altri come mezzo per raggiungere i vostri obiettivi. Invece qui si fa di tutto, meno che questo. Avete trasformato la vita dell'Istituto in qualcosa di peggio della vita ordinaria. Molto peggio. Nel corso della giornata, i presenti sono tutti presi dagli intrighi, sparlano gli uni degli altri, e quando non si esprimo apertamente, pensano male dentro sé, giudicano e sputano sentenze, trovando uno simpatico e l'altro antipatico; ostentano delle amicizia, ma collettivamente o individualmente si giocano dei tiri mancini, lo sguardo sempre puntato sui difetti altrui. Non serve a nulla pensare che alcuni sono migliori di altri. Non ci sono "altri" qui. Qui, la gente non è né intelligente né stupida, né inglese né russa, né buona né cattiva. Non ci sono che automobili smontate, come voi. Ed è proprio grazie a queste automobili smontate che ciascuno potrà arrivare dove sperava di arrivare venendo qui. Ora è il momento buono perché ve lo facciate tornare in mente, e lo riprendiate in considerazione. Tutto ciò che ho detto può riassumersi in due domande: 1) Perché sono qui? 2) Val la pena di restare?

 

 

IO SONO - di George I. Gurdjieff

 

Tratto da: "La Vita Reale" (Ed. Basaia)

 

Prologo 

 

Io sono... Dove è andata a finire quella sensazione di me tutto intero, che ero solito provare una volta quando pronunciavo queste parole in stato di "richiamo"? E' forse possibile che questa attitudine acquisita al prezzo di tante rinunce e di mortificazioni di ogni genere, oggi che l'azione sul mio essere sarebbe più indispensabile dell'aria che respiro, sia sparita senza lasciare traccia? No, questo non è possibile. C'è sicuramente dell'altro... oppure tutto, nel mondo della Ragione, è privo di logica. No - il potere di compiere sforzi coscienti e di assumermi una sofferenza volontaria non si è ancora atrofizzato. Tutto il mio passato e tutto quello che ancora mi aspetta esigono che IO SIA ancora. Lo voglio... sarò ancora. E a maggior ragione poiché il mio essere è necessario non solo al mio personale egoismo, ma al bene della umanità intera. il mio "essere" è più necessario agli uomini che non tutte le soddisfazioni o tutta la felicità che essi possono procurarsi oggi. Voglio ancora "essere"... Io "sono" ancora. 

 

George I. Gurdjieff - Biografia

Il nome di Gurdjieff è stato circondato da leggende fantastiche. In realtà la sua vita è quella di un uomo interamente consacrato alla ricerca di una conoscenza perduta e all’arduo compito di farla rivivere ai nostri giorni. G. I. Gurdjieff nacque in Russia, vicino alla frontiera persiana. Suo padre discendeva dai Greci Ionici di cesarea. Allevatore di grandi mandrie, egli aveva ereditato la tradizione orale di un’antichissima cultura, e grazie a lui l’infanzia di Gurdjieff fu tutta impregnata di racconti e poemi di un lontano passato. Distintosi ben presto agli occhi dell’arciprete della cattedrale di Kars, egli fu anche in seguito guidato da uomini capaci di risvegliare in lui il gusto dei valori essenziali, e ricevette insieme una formazione scientifica moderna e una profonda educazione religiosa. Nella zona a sud del Caucaso, dove la mescolanza di vari popoli russi, greci, iraniani, armeni, porta all’incrocio di civiltà e costumi diversi, numerosi avvenimenti lo convinsero che in passato era esistita una conoscenza reale dell’uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata e tuttavia doveva ancora essere possibile ritrovarla. Tutta la sua esistenza fu orientata da tale convinzione, ed egli si prodigò a condividerla con uomini animati dal suo stesso desiderio di comprendere il senso della vita umana. Coi “ Cercatori di verità”, che annoverano fra l’altro geografi, archeologi e medici, G:I: Gurdjieff, superando inaudite difficoltà, riuscì ad entrare in contatto con alcune comunità isolate d’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia centrale, e a raccogliere in seno ad esse frammenti sparsi di un insegnamento tradizionale. Poi, sottomettendosi al fuoco delle più rigorose discipline interiori, riuscì a viverli e a ricostruire per sé l’unità della conoscenza che cercava. Nel 1912, un uomo completamente diverso sbarca in Europa. Un nuovo compito lo attende: dove trovare i mezzi con cui trasmettere questa conoscenza, creando le condizioni in cui altri possano farne a loro volta l’esperienza. Ha circa quarant’anni. A Mosca prima, poi a Pietroburgo, intorno a lui si formano gruppi di uomini in ricerca. Uno dei suoi primi allievi, P. D. Ouspensky, avrebbe in seguito testimoniato nel libro “Frammenti di un insegnamento sconosciuto” (Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma, 1976), del valore di quello che Gurdjieff portava: “Non si tratta di un mosaico, come sono tutti gli altri sistemi filosofici, ma di un tutto indivisibile”. La guerra prima, poi la rivoluzione, lo spinsero a spostare in Francia la sua residenza. Egli vi si stabilì nel 1922 al Prieuré di Avon, vicino a Fontainebleau, dove raccolse numerosi allievi, specialmente inglesi e americani. Nel 1924 un grave incidente d’automobile lo costrinse a cambiare l’orientamento della sua attività, ed egli decise di scrivere una serie di opere, e di tenere al suo fianco solo un piccolissimo gruppo di allievi. Morì il 29 ottobre 1949 nell’Ospedale Americano di Neuilly; ma il suo pensiero era stato trasmesso e la conoscenza per cui egli aveva lottato continuava a vivere.

 

L'Arte divina di farsi degli amici - di Paramahansa Yogananda

 

 

Yogananda è stato il primo grande Maestro dell'India che visse in Occidente per oltre trenta anni. Iniziò centomila studenti allo Yoga, serie di tecniche scientifiche per il risveglio della divina coscienza dell'uomo. Nel 1925 fondò a Los Angeles il Centro Internazionale della sua società: la Self-Realization Fellowship, attualmente presieduta da Sri Daya Mata, discepola e successore spirituale di Paramahansa Yogananda. Nello scritto qui riportato, pur esponendo i suoi principi in chiave mistica (riferendosi continuamente a Dio), Yogananda propone quella che, a parer mio, è da ritenersi l'esatta descrizione dell'amicizia.

 

 

Tratto da: L'eterna Ricerca Dell'Uomo (Ed. Astrolabio)

 

Primo Tempio della Self-Realization Fellowship di Encinitas, California, 22 gennaio 1939

 

L'amicizia è la più nobile espressione umana del desiderio che Dio ha di dimostrare all'uomo il Suo amore. Dio riversa affetto sul bimbo attraverso il padre e la madre; il loro sentimento per il neonato è istintivo, perché il Creatore di noi tutti ha disposto che i nostri genitori non possano fare a meno di amarci. Ma l'amicizia viene a noi come espressione libera e imparziale del Suo amore. Due estranei s'incontrano e, per istantanea scelta dei loro cuori, desiderano aiutarsi l'un l'altro. Avete mai analizzato come ciò avviene? Il mutuo spontaneo desiderio d'essere amici deriva direttamente dalla divine legge di Dio dell'attrazione; un complesso di azioni di reciproca amicizia fra due anime, compiute in vite passate, crea gradualmente un legame karmico che attira tali anime irresistibilmente una verso l'altra in questa vita. Fino a che non venga contaminato da egoismo o da attrazione sessuale, tale impulso è puro; ma purtroppo spesso è inquinato. L'amicizia cresce sull'albero dei nostri più intimi sentimenti, ed è dissacrata da desideri morbosi e da azioni egoistiche. Se spargete un fertilizzante inadatto sulle radici di un albero, i frutti di quell'albero saranno cattivi; e così, quando nutrite l'albero del sentimento umano col turbamento dell'egoismo, i vostri indegni motivi guasteranno il frutto dell'amicizia. Interessarsi a qualcuno solo perché è ricco o influente e può fare qualcosa per voi non è amicizia. Quando quel volto perderà la bellezza della gioventù, la "amicizia" se ne andrà in fumo.

 

 

Sviluppare le amicizie del passato

 

E' vero che non si può trovare l'amicizia ovunque. Ci sono alcuni che vedete ogni giorno e tuttavia non conoscete mai, mentre altri avete la sensazione di averli conosciuti da sempre. Dovete imparare a riconoscere questo indizio interiore. Dovunque siate, tenete sempre gli occhi aperti e, se vi sentite divinamente attratti da qualcuno, sviluppate l'amicizia con quella persona, perché siete già stati amici in qualche vita precedente. Sono molti gli amici che abbiamo conosciuto in viete passate, ma quelle amicizie non sono state ancora perfezionate. E' meglio cominciare a costruire su fondamenta già preparate che scavare al fine di gettare una base sulle sabbie di conoscenze temporanee. E' facile pensare di avere molti amici, finché questi non fanno qualcosa che vi ferisce; quando ciò accade, vi sentite profondamente delusi. Molte persone commettono errori nella scelta degli amici, perché sono ingannati dalle apparenze esteriori. L'unico modo per riconoscere i veri amici è quello di meditare di più. Dovete cercare gli amici nel modo divino, purgando la vostra coscienza da ogni pensiero che prenda in considerazione il volto, e l'apparenza in genere, come fattori che possano determinare i vostri sentimenti verso gli altri. Se fate questo, un giorno sarete in grado di scoprire veri amici ovunque intorno a voi. Sentirete l'amicizia di Dio attraverso quegli umili canali umani che non Gli oppongono resistenza. Attraverso i puri di cuore la luce divina dell'amicizia fluirà in voi.

 

 

Date amicizia a tutti, come fa Dio

 

Non permettete che la vostra amicizia rimanga chiusa e confinata in una sola persona, ma stabilite gradualmente questo divino rapporto con altre persone dai nobili ideali. Se cercate di stringere amicizia con una persona dalla mente distorta, sarete delusi. Siate amici, per cominciare, con chi è veramente buono; proseguite, poi, diventando amici d'altre persone finché, essendo in grado di provare amicizia per tutti, potrete dire: "Sono amico di tutti, anche dei miei nemici". Gesù provava solo amicizia perfino verso coloro che lo crocifiggevano, rendendo manifesto, nella sua prova finale, quello che aveva sempre insegnato: "... Ama il tuo nemico, benedici coloro che ti maledicono, fa' del bene a coloro che ti odiano e prega per coloro che ti trattano con malvagità e ti perseguitano". La vera amicizia è divino amore, perché è incondizionata, reale e duratura...... Con un amico potete parlare liberamente senza essere frainteso. Ma l'amicizia non potrà mai svilupparsi se c'è anche solo un accenno a pretendere qualcosa da una parte o dall'altra. L'amicizia si può costruire solo su una base di libertà e di eguaglianza spirituale. Perciò dovete vedere tutti in quella luce divina e comportarvi con loro con la coscienza che ognuno di essi è un'immagine di Dio. Se trattate male qualcuno, non avrete mai la sua amicizia. Molte persone passano l'intera vita senza amici. Non riesco a immaginare come possano resistere così. I veri amici raramente ci fraintendono, e se lo fanno, è solo per breve tempo. Se qualcuno tradisce la vostra fiducia, continuate, malgrado tutto, a dargli lo stesso amore e la stessa comprensione che vorreste ricevere da lui. Se però, quella persona continuasse a comportarsi con cattiveria e a percuotere la mano tesa ad offrire amicizia, allora sarebbe meglio ritirare quella mano, per un certo tempo.

 

 

L'amicizia universale comincia da casa propria

 

 

L'amicizia dovrebbe iniziare dalla propria casa. Se c'è nella vostra famiglia una persona con la quale siete particolarmente in armonia, sviluppate l'amicizia prima di tutto con quella persona. Se, poi, vi sentite attratti verso chi, tra le conoscenze che avete, condivide i vostri ideali, sviluppate quel rapporto. Eliminate tutti i desideri nati dall'egoismo o da uno stimolo sessuale. Nel dare amicizia pura vedrete la guida di Dio. Sviluppate l'amicizia con gente buona, e quanto più mediterete, tanto più riconoscerete gli amici del passato. La meditazione risveglia "memorie dormienti di amici che lo saranno ancora"..... L'amicizia è una grande forza universale. quando il desiderio di amicizia in voi è abbastanza forte, anche se una persona che sia spirituale. Dio vi ha dato una famiglia perché imparaste ad amare altre persone e foste poi in grado di dare questo amore a tutti. I nostri cari ci vengono strappati dalla morte e da altre circostanze per farci imparare che non dobbiamo amare le persone secondo un rapporto puramente umano, ma dobbiamo essere innamorati dell'amore stesso, che è Dio, l'Essere che si nasconde dietro tutte le maschere umane. "Quando l'uomo vede tutti gli esseri separati esistere nell'Uno che ha espanso Se stesso nei molti, si immerge in Brahma" (Bhagavad Gita, XIII, 31). Amicizia significa porre il proprio amore là dove non ci sia alcun pregiudizio derivante da relazioni umane. Nel matrimonio c'è lo stimolo del sesso e nella vita familiare la spinta degli istinti ereditari. Ma nell'amicizia non c'è alcuna costrizione. Diamo a tutti il nostro amore. Preghiamo di poter incontrare i nostri amici del passato e provare la nostra amicizia per loro, così da per, alla fine, comprendere e meritare l'amicizia di Dio. Finché non ci sentiremo uniti con tutti i Suoi figli in uno spirito d'amicizia, non saremo uniti a Dio. Io non conosco estranei. quale grande stato di felicità e di gioia è questo! Nemmeno il peggior nemico può farmi sentire che non sono suo amico. quando si verifica questo risveglio, siete innamorati di tutti. Vi rendete conto che tutti sono figli del Padre vostro, e l'amore che provate per tutti gli esseri non morirà mai. Esso cresce, si espande finché non realizzerete, nell'amore degli amici, il divino amore di Dio.

 

 

Maestro e discepolo di Osho Rajneesh

Osho insegnò filosofia all'Università di Jabalpur prima di fondare, in India, la comunità di Pune, famosa in tutto il mondo, come centro di meditazione. La sua visione del mondo e della vita ha influenzato, e influenza tuttora, milioni di persone di tutte le età e di ogni livello sociale e di istruzione. Nello scritto qui riportato,  Osho descrive in modo chiaro e semplice, il tipo di rapporto che dovrebbe esistere tra Maestro e discepolo.

Tratto da: "The Rajneesh Upanishad", settembre 1986

Osho risponde alle domande di un discepolo

 

Discepolo: "Amato Maestro, sei stato mio zio, quello prediletto, e mio padre, la mia levatrice, un bambino che ride, il mio migliore amico, un vecchio saggio, il mio cantastorie preferito, e il mio Maestro ...il mio primo pensiero all'alba e l'ultimo la sera ... Sei stato due caldi occhi scuri, una mano gentile, piedi per la mia testa; un formicolio per il corpo .. a volte un silenzio, altre un canto ... Sei stato una scossa, un bagliore, una presenza, una assenza; giorno e notte, estate e inverno ... un uomo per ogni stagione; la promessa di una realizzazione, la sola speranza, il supremo distruttore di ogni mio sogno; il solo rifugio, e colui che ho cercato di evitare; un mago, e un semplice essere umano, un uomo qualunque. Eri un enigma, eri me stesso. Eri la luna, le stelle e tutto ciò che intorno a loro si muove. Eri il verde e il colore della terra, l'azzurro e l'oro della mia terra. Eri il tutto e il nulla. Sempre, eri amore.

Osho, per favore, puoi parlare dell'evoluzione del rapporto tra Maestro e discepolo?"

Osho: " Esiste rapporto e rapporto, ma nessuno è paragonabile al rapporto che esiste tra Maestro e discepolo. Tutti gli altri rapporti, perfino il migliore, sono soggetti a condizioni. Ad esempio, un rapporto d'amore pretende sempre qualcosa. Il solo rapporto libero da condizioni, da pretese, da richieste, è quello che esiste tra Maestro e discepolo. Di fatto è un fenomeno così raro e unico, che non dovrebbe essere inserito nella stessa categoria degli altri rapporti. Solo la povertà del linguaggio ci porta a parlare di rapporto, là dove non esiste affatto un rapporto. E' una fusione, è un incontro senza alcuna ragione. Il discepolo non chiede nulla e il Maestro non promette nulla; tuttavia nel discepolo esiste una sete e nel Maestro esiste una promessa. E' un'intimità nella quale nessuno è superiore e nessuno è inferiore ... il discepolo è sempre e comunque femminile, perché il discepolo non è altro che disponibilità, un grembo aperto, pronto a ricevere: è ricettività. E il Maestro è sempre maschile, perché il Maestro non è altro che dare, un donarsi, per l'unico e semplice motivo che il tutto da lui straripa. Deve dare: è una nube carica di pioggia. Come il discepolo è alla ricerca, alla ricerca è il Maestro. Il discepolo cerca un luogo in cui potersi aprire senza alcuna paura, senza alcuna resistenza, senza doversi trattenere. Un totale abbandono. E anche il Maestro ricerca un essere umano capace di accogliere il mistero, pronto a lasciarsi fecondare dal mistero, pronto a rinascere. Esistono molti insegnanti, e ci sono molti allievi. Gli insegnanti hanno acquisito un sapere, e possono essere molto dotti, colti, ma nel loro cuore regnano le tenebre; la loro istruzione maschera la loro ignoranza. Ed esistono studenti alla ricerca di quelle conoscenze. Maestro e discepolo sono un fenomeno completamente diverso. Il Maestro non dà conoscenze, condivide il proprio essere. E il discepolo non è alla ricerca di conoscenze, è alla ricerca dell'essere: è, ma non sa chi è. Vuole conoscersi, vuole mettersi a nudo davanti a se stesso. Il Maestro può fare una cosa molto semplice: creare fiducia. Tutto il resto accade. Nel momento in cui il Maestro riesce a creare fiducia, il discepolo abbandona le sue difese, i suoi abiti, ciò che conosce. Di nuovo torna ad essere un bambino: innocente, sveglio, vivo. E' un nuovo inizio. Tuo padre e tua madre hanno dato vita al tuo corpo: è una vita che si concluderà con la morte. I tuoi genitori sono responsabili della tua nascita e della tua morte. Anche il Maestro ti dà una nuova nascita, ma è la nascita della consapevolezza, e questa non ha mai fine. Occorre solo un'atmosfera di assoluta fiducia; e in quella fiducia le cose iniziano ad accadere da sole; né il discepolo né il Maestro fanno qualcosa. Il discepolo accoglie ciò che accade. Il Maestro è il veicolo delle forze universali: è simile a un bambù cavo, che può diventare un flauto. Ma il suono non è il bambù. Al bambù può andare solo il merito di non distruggere quel canto, di lasciarlo fluire. Il Maestro è un medium della consapevolezza universale. Se tu sei disponibile, all'improvviso la consapevolezza universale scuote la consapevolezza assopita, la consapevolezza addormentata che esiste in te. Il Maestro non ha fatto nulla. Tutto accade! Vale la pena ricordare ciò che accadeva nell'antichità: i ricercatori passavano centinaia di insegnanti, fino a quando arrivavano alla presenza di un uomo che, all'improvviso, risvegliava in loro la fiducia; erano arrivati... e anche i Maestri viaggiavano... ricordo ... un episodio ... Gautama il Buddha, giunse in una città. Tutti erano accorsi per ascoltarlo, ma Buddha continuava ad aspettare guardando di continuo la strada.... e questo perché una ragazzina, di non più di tredici anni, lo aveva incontrato e gli aveva detto: "Aspettami. Porto questo cibo a mio padre, nei campi, e sarò di ritorno in tempo ... ma non scordarti di aspettarmi". Dopo poco, gli anziani della città chiesero a Buddha: "Chi aspetti? Tutte le persone importanti sono presenti, inizia il tuo discorso". Buddha ribatté: "Manca ancora la persona per la quale sono venuto fin qui, e devo aspettare". La ragazzina arrivò e disse: "Sono un po' in ritardo, ma tu hai mantenuto la promessa. Sapevo che l'avresti fatto, dovevi farlo, perché ti sto aspettando dal giorno in cui sono diventata consapevole... avevo forse quattro anni quando ho sentito il tuo nome per la prima volta. E il solo suono del tuo nome ha fatto risuonare qualcosa nel mio cuore. E da allora è passato tanto tempo, sono forse dieci anni che aspetto...". Buddha le rispose: "Non hai atteso invano. Sei tu che mi hai attirato in questo villaggio". E iniziò a parlare. La ragazza fu l'unica ad avvicinarsi chiedendogli l'iniziazione: "Ho atteso a sufficienza voglio stare con te". Buddha rispose: "Devi venire con me, perché la tua città è così lontana da ogni percorso e io non posso continuare a venire fin qui. Il cammino è lungo e io sto invecchiando". In città nessun altro, ad eccezione di quella ragazzina, si presentò a chiedere di essere iniziato. Nella notte, prima di coricarsi, Ananda, il primo discepolo di Buddha, gli chiese: "Prima di coricarti vorrei farti una domanda: tu senti un'attrazione verso un certo luogo, come se si trattasse di magnetismo?" Buddha rispose: "Hai ragione. é così che decido dove andare. Quando sento che qualcuno ha sete, che è così assetato che senza di me non ha alternativa alcuna, mi incammino in quella direzione".

Il Maestro si sposta verso il discepolo. Il discepolo si incammina verso il Maestro. Prima o poi si incontreranno, è inevitabile. Non è un incontro fisico,né un incontro mentale. E' un incontro di anime, come se all'improvviso avessi avvicinato due candele accese: le candele restano separate, ma le loro fiamme si uniscono e diventano una sola. Quando l'anima è una sola, è difficilissimo dire che tra due corpi esiste un rapporto. Non è vero, ma non esiste altra parola: il linguaggio è molto povero. Si tratta di una unione di essenze.

 

Discepolo: "Amato Maestro, se il discepolo non è d'accordo con alcune delle cose che il Maestro dice, è un discepolo?"

 

Osho: "Il discepolo è assolutamente libero di essere o non essere d'accordo con ciò che il Maestro dice. Ma quello che il Maestro non dice, non può creare disaccordo nel discepolo! In quel caso c'è una totale armonia. Ciò che il Maestro dice, non è altro che un gioco di parole privo di importanza. Il Maestro non è un filosofo, non sta affatto insegnando un sistema di pensiero. Non ti chiede di essere o non essere concorde ... Puoi non convenire con tutto ciò che dice, ma essere in accordo con il Maestro. Il problema è essere in armonia con il suo essere. Quando sei in accordo con l'essere del Maestro, non ti preoccupi di contestare le sue parole.

 

 

Psicologia dell’assistenza ai malati terminali - di Marco Ferrini

 

Si tratta del resoconto, relativo alla conferenza organizzata il 04 ottobre 2003 in Bologna, presso l'Aula Magna G. Viola - dell'Ospedale S. Orsola Malpighi con il Patrocinio dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Bologna.

Il Prof Marco Ferrini è Direttore del Dipartimento Accademico del Centro Studi Bhaktivedanta (Centro specializzato nello studio delle Scienze Tradizionali dell'India) con sede in Perignano (PI) - WEB: www.c-s-b.org  - Il CSB organizza conferenze, seminari residenziali e seminari E.C.M accreditati dal Ministero della Salute.

 

Nell’aula magna G. Viola, della Facoltà di Medicina dell’Università di Bologna, Marco Ferrini ha intessuto la propria esposizione su alcune tematiche fondamentali care al pensiero tradizionale indiano, come quelle relative a vita, morte e identità, per un’analisi volta all’indagine dell'aspetto psicologico che investe l'uomo nel suo rapporto con la malattia e con la morte. “Gli interventi chirurgici - ha esordito il Prof. Ferrini - non sono il nostro campo, né lo è la terapia chimica del dolore, benché in tal senso avremmo da dire qualcosa anche noi. Scopo del nostro progetto è quello di impiantare semi di una più elevata consapevolezza delle facoltà interiori, di svelare un ulteriore universo coscienziale”. Nell’ambito delle malattie terminali il soggetto raggiunge talvolta livelli di prostrazione che scaturiscono non soltanto da cause fisiche ma in buona parte da uno stato di profondo disagio psicologico. L’individuo, identificandosi con il corpo, vede venir meno ogni prospettiva di futuro, si percepisce sconfitto dalla malattia e privato di ogni alternativa positiva. Ma l’immortalità - è stato spiegato - è un dato concreto, soggettivamente sperimentabile. Al contrario delle percezioni, l’io superiore, il baricentro della coscienza e della personalità, non viene mai meno. La consapevolezza di questa realtà può modificare in maniera decisiva il rapporto con la sofferenza fisica e psichica, consentendo al paziente e ai suoi cari il passaggio da un’esperienza traumatica ad un vissuto positivo-costruttivo del fenomeno morte. “L’intero problema della morte - ha proseguito il Professore - è basato sulla premessa che noi siamo nati e che questo qualcuno che è nato deve poi morire. Ma la domanda che dovremmo porci è la seguente: chi o che cosa è nato? E chi o che cosa muore? Se ci chiedessimo: “sono sicuro di essere nato”? e considerassimo attentamente il fatto in sé, vedremmo che a nascere e morire è solo una percezione del corpo fisico”. La psicologia vedica valorizza la natura ontologica dell’essere umano e le caratteristiche che attengono al sé, distinto dal corpo, riconoscendo nell’immortalità l’essenza stessa della vita. Grazie a questo suo inalienabile attributo, il sé rimane un centro fisso ed immutabile, attorno a cui ruota una miriade di identificazioni temporanee, ben inclusi i corpi con il loro apparire (nascita) e il loro scomparire (morte).  L’intervento, che sin dall’inizio ha destato l’interesse del pubblico, ha proseguito con uno stimolante programma di domande e risposte, nel corso del quale è stato possibile approfondire alcune tematiche e mettere a confronto il pensiero tradizionale e quello scientifico di Oriente ed Occidente.

 

L'Amore oltre la morte - di Vittorio Frigau

Abbiamo gentilmente ricevuto in omaggio dal Signor Vittorio Frigau, il libro "L'Amore oltre la morte", da lui scritto e pubblicato nel 2003 dalle Edizioni Segno.

Del piccolo libro-diario si apprezza la genuina semplicità e la brevità. Frigau racconta come visse la scoperta e poi l'intero iter della malattia che portò la moglie Raffaella (dal 21 marzo 2001 al 02 novembre 2002) ad oltrepassare il "Ponte" che, secondo gli NDEs e la Filosofia esoterica orientale ed occidentale, conduce alla Luce d'Amore imperituro. Tale breve opera indica la via a quanti desiderano trovare un efficace rimedio per sopportare il trauma del lutto. Ci riferiamo alla stesura di un diario, importantissima pratica, tramite la quale è possibile dare libero sfogo alle proprie emozioni e riflessioni intellettuali; nella vicenda narrata dal Frigau, il diario è l'elemento maggiormente significativo e meno importanti, a nostro parere, sono i vari riferimenti relativi ai fenomeni PSI, più volte citati nell'intero libricino.

 

 

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