IL MONUMENTO DI MONTE SABBIUNO
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Monumento ai partigiani di Monte Sabbiuno
IL TESTAMENTO NEL MANGIADISCHI

di Bruno Zevi

 

 
  (da L’Espresso, 5 agosto 1973)

Paesaggistica? Land-art? Architettura nel ruolo primigenio di identificazione topica?
Incasellare quest’opera in una delle tendenze contemporanee appare impossibile e futile. (…)
Gli autori s’adombrano non appena si parla di “monumento”: hanno rievocato una cronaca atroce con immediatezza, senza aggiunte trasfiguratrici ed espedienti dialettici. (…) a Monte Sabbiuno non v'è stacco tra natura ed arte. L’evento storico rimedita sé stesso. Perciò, tra le centinaia di “memorials” ai caduti della lotta partigiana europea, questo è il più convincente e significativo. Anche a livello linguistico: scrittura architettonica quasi di grado zero, a dirompente carica emotiva. (…)
Cosa hanno fatto Letizia Gelli Mazzucato, Umberto Maccaferri e Gian Paolo Mazzucato, giovanissimi architetti bolognesi? Anzitutto, hanno cadenzato il percorso dal casolare al punto dell’eccidio con cinquantatré massi, su ognuno dei quali è inciso il nome di un trucidato, più un cinquantaquattresimo per ricordare i quarantasette caduti ignoti. Poi, un muro curvo di cemento a vista, alto come una spalla, che rappresenta lo schieramento dei soldati tedeschi: dentro le feritoie, ancorate con supporti cromati, mitragliatrici fuse, ricalcate da un modello del tempo, con fari puntiformi innestati dalla parte dello sparo. Il precipitare dei corpi nel calanco è riprodotto da rulli di filo spinato rosso che scendono fino a valle, dove è posata una croce bianca. Null’altro.
Vicino al casolare, nel piccolo spiazzo del parcheggio, un impianto mangianastri trasmette il discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei: finisce affermando che “allora non è una carta morta, ma un testamento di centomila morti, un impegno per l’avvenire, e se vogliamo andare dove è nata la Costituzione, dobbiamo recarci nelle carceri e sui monti dove morirono i partigiani, perché li è nata la nostra Costituzione”.
I massi sono un dono delle cooperative: li hanno scelti, uno per uno, nel bacino del Brasimone, presso Castiglion dei Pepoli, e trasportati gratuitamente. Gli operai hanno lavorato anche nei giorni festivi per recingere i sassi con piantine da campo, come dettava l’estro, in modo naturale.
Gli architetti insistono: “Questo monumento non è calato dall'alto, è un prodotto collettivo. Non è finito, ma aperto alla nostra partecipazione, continuerà a vivere se noi la faremo continuare, se no è una carcassa vuota e in sfacelo. Se noi saremo capaci di venire qua, di ascoltare, di guardare, di perfezionare, di portare avanti questi ideali, il monumento grazie a noi vivrà: vivrà di pari passo col nostro senso di democrazia”.
Invano tentiamo di indurli ad un discorso figurale. Lo rifiutano: “Volevamo evitare la magniloquenza, ma anche l’assenza di espressione. Quindi abbiamo deciso di sottolineare i luoghi con segni leggibili. Del resto, i luoghi sono già scolpiti in modo così tragico che sembrano essi stessi il monumento reale dei nostri morti. Il filo spinato rosso spunta dalla terra e riaffoga nella terra. La croce bianca è appoggiata al terreno, come caduta ”.
In effetti, il visitatore non ha niente da contemplare. È coinvolto, deve rivivere. Scende dalla collina costeggiando i massi, proprio come chi andava alla fucilazione. Il muro cementizio gli consente di mirare la valle con gli stessi occhi di chi sparava; le mitragliatrici sono collocate all’altezza giusta,“Questo monumento è il punto d’incontro e confronto dei passi dei partigiani uccisi con i nostri passi pesanti su di loro, di quello che loro hanno visto con quello che noi vediamo, di quello che loro hanno pensato con quello che noi oggi pensiamo. Tutti questi valori, queste considerazioni, questa partecipazione collettiva, questa realtà collettiva hanno determi-nato il monumento, che non è più monumento perché nessuna cosa conclusa poteva contenere tanta ricchezza umana.
Il monumento ora non c’è più, e resta invece il vero monumento: il territorio e la partecipazione umana”. (…)
Monumento dunque che non esiste per sé, ma prolunga la propria storia di lotta al fascismo. Spiace che Einaudi abbia stampato “Spazi dell'architettura moderna” prima che fosse completato: il secolare itinerario critico-visivo poteva concludersi con questo frammento paesaggistico, celebrando i moventi topici dell’azione architettonica.


   
1.  

Il bozzetto preparatorio

   
 
2.   Un particolare del documento
   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Informazioni per la realizzazione di percorsi didattici: Istituto per la Storia e le Memorie del '900 Parri E-R tel. 051 3397211
 
SACRARIO AI CADUTI DELLA RESISTENZA NEL PARCO COLLINARE