Il viaggio

 

Il tema del viaggio è assai ricorrente nella letteratura occidentale e rappresenta un equivalente dell’esperienza, del procedere dell’uomo nel suo quotidiano rapporto con le cose e gli altri uomini.

Nei modelli più antichi il viaggio è intimamente connesso alla narrazione d’avventura che è scandita in fasi fisse: l’eroe, per costrizione o per scelta, abbandona la sua casa, vaga per terra e per mare, si imbatte in una serie di disavventure, supera prove, scampa a pericoli e, alla fine, ritorna, non senza aver sconfitto gli antagonisti che nel frattempo si sono impadroniti delle sue sostanze o si sono sostituiti a lui nella gestione del potere.

Al di là dei suoi scopi specifici, il viaggio comporta per l’eroe il raggiungimento e il superamento di un punto-limite, di una frontiera che nessuno ha mai valicato prima di lui, di una soglia che è proibito oltrepassare o che introduce a un "luogo del non ritorno".

Dal pellegrino del medioevo al curioso dell’età moderna, al viaggiatore si accompagna un domandare, un apprendere, uno scoprire, intensificando la nostra attitudine a vedere, a confrontare, a percepire da una parte le somiglianze e dall’altra le problematiche, le differenze.

Oggi, invece, il viaggiatore è soprattutto inteso come turista molto diverso dall’antico pellegrino.

Esso può assumere una vasta gamma di significati e può creare combinazioni pressoché illimitate di motivi. Può essere, avventura, scoperta, ricerca, fuga, ritorno. Può avere come scenari la terra, il mare, il cielo, ma anche l’Aldilà o altri universi possibili. Può essere un’esperienza realistica o fantastica; può diventare una metafora per parlare di sé, della vita, della morte, della conoscenza.

itinerario di Enea

L’epica antica ha prodotto alcune grandi figure di eroi viaggiatori: Gilgamesh, Odisseo, Giasone. Lo stesso Enea, pur con le dovute differenze, può essere considerato tale. Ognuno di essi percorre un itinerario che è un’ininterrotta successione di avventure e di esperienze, ma anche un percorso di maturazione.

Il viaggio, infatti, è intimamente connesso a riti iniziatici di passaggio all’età adulta o riconoscimento di diritti e prerogative.

Il viaggio di Enea non è un ritorno a casa, come quello di Odisseo, ma un viaggio verso l’ignoto; la guerra sostenuta da Enea nel Lazio non è finalizzata alla distruzione di una città, come nell’"Iliade", bensì a costruirne una nuova.

Enea stesso, proprio per il carattere particolare della sua guerra, riassume di sé la figura di Achille vincitore e, soprattutto, quella di Odisseo, che dopo tante prove conquista la sua patria e restaura la pace.

Per la vicenda Virgilio si rifà a una leggenda di fondazione collegata con la guerra di Troia: esuli di parte greca e di parte troiana sarebbero stati i fondatori, cioè i colonizzatori, di alcune località italiche. Già intorno al III sec. nella penisola italica si era abbastanza diffusa la leggenda di Enea, che in Omero era stato un eroe troiano importante, ma non principale, destinato a regnare su Troia dopo l’estinzione della stirpe di Priamo. Molto famosa nell’arte figurativa, assai prima di Virgilio, era anche la scena della fuga di Enea da Troia in fiamme, con il padre Anchise sulle spalle e, d’altra parte, il culto di Enea come eroe fondatore è attestato nella città di Lavinio, a sud di Roma, fin dal IV sec. a.C..

Il viaggio di Enea è un viaggio finalizzato che obbedisce, nel suo errare a moniti divini e profezie provvidenziali (dare origine ad una gente da cui discenderà Roma): la sua esperienza è costituita dal superamento della frontiera del tempo perché, al compimento della catabasi negli Inferi, ha la prefigurazione del futuro della sua stirpe (Eneide, libro VI). Il viaggio è anche la struttura narrativa portante dei romanzi cavallereschi. Il viaggio di Enea parte da Troia: prima che gli eroi greci (nascosti nel cavallo) assaltassero e distruggessero la città, a Enea apparve in sogno la madre Afrodite; ella gli disse di partire portando in salvo il padre Anchise, il figlio Ascanio e la moglie Creusa e alcuni fidati compagni.

Enea, Anchise e il piccolo Ascanio

"Ergo age, care pater, cervici imponere nostrae;

"Su! padre mio, su le mie spalle vieni;

ipse subibo umeris nec me labor iste gravabit:

ti porterò, né mi sarà fatica.

Quo res cumque cadent, unum et commune periclum,

una salus ambobus erit.

Qualunque i casi volgano, il periglio

avrem comune entrambi la salvezza...".

(Eneide, libro II vv 707-710)

Con queste parole Enea cerca di convincere Anchise a lasciare la madrepatria, ma ciò non basta a persuadere il vecchio ad abbandonare l’amata terra di Troia; intervengono allora gli dei per fare comprendere ad Anchise che il loro volere è proprio quello!

Il viaggio, pieno di insidie, comincia con una disgrazia: Enea si accorge che Creusa ha smesso di seguirlo. L’eroe ripercorre il cammino a ritroso e, infine, incontra il fantasma dell’amata moglie, che lo rassicura riguardo al suo futuro: un lungo peregrinare lo attende che finirà con l’arrivo all’Antica Madre (Lazio) e il matrimonio con una fanciulla di sangue reale.

Da ricordare la tempesta in cui, più che in tutto il resto del racconto, appare evidente la concezione antropomorfa dei Greci sia come aspetto sia come carattere: la sorte degli eroi troiani dipende da Giunone (protettrice dei Greci), da Afrodite e dagli altri dei che, sostanzialmente, non hanno interessi nelle varie vicende, ma che intervengono di tanto in tanto se interpellati.

In questo caso, il dio che interviene per richiesta di Giunone è Eolo: egli agiterà i venti e i flutti a danno dei Troiani i quali affonderanno presso il regno di Didone.

La tempesta

"Ad quem tum Iuno supplex his vocibus usa est:
Supplice a lui Giunone allor si volse:
-Aeole, namque tibi divum pater atque hominum rex
-Eolo, poiché il padre degli dei e re degli uomini
et mulcere dedit fluctus et tollere vento,
ti assegnò di placare i flutti o di alzarli col vento,
gens inimica mihi Tyrrhenum navigat aequor,
una gente a me ostile naviga il mar Tirreno,
Ilium in Italiam portans victosque Penates:
portando Ilio e i vinti Penati:
incute vim ventis submersasque obrue puppis;
infondi violenza ai venti e subissa e travolgi le navi;
aut age diversos et dissice corpora ponto.
o incalzali, disperdili, e dissemina i corpi nel mar.
Sunt mihi bis septem praestanti corpore nymphae..."
Ho sette e sette Ninfe dal bellissimo corpo..."

(Eneide, libro I vv 64-71)


Le tappe fondamentali del viaggio di Enea sono sostanzialmente queste: Troia - Creta - Sicilia - Cartagine - Sicilia - Lazio.

Certamente non tutte sono tappe "intenzionali"perchè, per esempio, gli esuli di Troia naufragano a Cartagine per volere dell’ostile Giunone, ma, dopo tante peripezie, la volontà del fato prevale e l’eroe raggiunge la tanto desiderata meta: le coste del Lazio dove, per opera dei suoi discendenti, sorgerà Roma.

 

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