Il Labirinto

 

 

Labirinto: la parola deriverebbe da Labrys: la doppia ascia che a Creta era l’emblema del potere regale e aveva la forma di due quarti di luna opposti, a simboleggiare il potere di vita e di morte della divinità lunare matriarcale.

Un tema che accompagna da sempre la storia dell’uomo, apparso in varie culture, epoche e luoghi della terra è rappresentato dall’emblema del labirinto.

Sin dall’epoca in cui è nata la saga legata ai miti di Dedalo, di Teseo, di Arianna e del Minotauro nella leggendaria Creta del re Minosse, questa immagine è stata fonte di numerosissime citazioni letterarie e poetiche, nonché protagonista di una vastissima iconografia che, iniziando dal periodo preistorico, giunge fino al mondo contemporaneo.

La forza primigenia profondamente radicata in sé ha permesso a questo segno iconografico di significare un’idea archetipa universale e assoluta. Il labirinto evidenzia cioè, nella sua stessa forma figurale, quell’itinerario mentale che ha accompagnato l’uomo nella storia e nel suo tortuoso cammino di conoscenza.

 Tavoletta di argilla tra le rovine del palazzo di Nestore, a PiloE’ plausibile prendere l’avvio dall’ipotesi che la figura del labirinto sia stata formulata da un’unica cultura che si sarebbe poi diffusa, durante il suo periodo di massimo splendore, attraverso un’intensa rete di migrazioni e influssi culturali. E’ nell’area del bacino mediterraneo che si trova la maggior parte dei labirinti antichi.

Presso la civiltà Babilonese, la forma circolare della spirale, pare fosse una elaborazione stilizzata delle viscere degli animali che, una volta offerti in sacrificio agli dei, venivano poi usati a scopi divinatori.

L’Egitto aveva il “labirinto celeste”, nel quale venivano spinte le anime dei dipartiti, di cui esisteva un esemplare anche sulla terra, il famoso Labirinto, formato da una serie di sotterranei, antri e passaggi con le più intricate giravolte. Erodoto lo descrive composto da tremila camere, metà sotto e metà sopra la superficie della terra.

Nella sfera culturale della Grecia classica il labirinto era concepito come un tracciato di un edificio (a forma quadrangolare), ma era soprattutto il risultato dell’opera ingegnosa e straordinaria dell’architetto Dedalo. Il percorso al suo interno diventa la materializzazione di una prova iniziatica traducibile come viaggio che conduce al centro, ovvero al luogo sacro per eccellenza che esprime la speranza di una rinascita.

Tale substrato di pensiero, si conserva immutato anche nel Medioevo cristiano. E’ solo l’oggetto dell’iniziazione che muta; anziché Teseo è Cristo che libera l’anima dall’errore e dalla perdizione. Il Medioevo incarna la seconda delle tre grandi epoche di fioritura del Labirinto. La struttura mentale dell’epoca era indirizzata verso una nuova interpretazione religiosa ma anche magica, accanto all’amore per l’allegoria.

Fotografia del labirinto di Naquane (Lombardia)

Dopo il Due-Trecento l’immagine del labirinto perde lentamente la carica penitenziale e spirituale impressa dal pensiero cristiano, per volgere a significati profani e ormai laici.

Scevra di qualsiasi connotazione mistica o religiosa, la forma del labirinto mantiene la sua tradizionale struttura, ma si apre alle nuove realtà culturali della classe cavalleresca, sottolineandone valori e qualità. A partire dalla metà del Cinquecento il labirinto troverà spazio nel clima gaudente della corte diventando una moda culturale.

Un progressivo mutamento nell’essenza del segno, per cui il labirinto diventa un luogo in cui ci si può smarrire, nasce nell’età barocca unitamente alla coscienza tragica dell’uomo imprigionata in un sistema di cammini intricati e fuorvianti. Avviene quindi la perdita del centro, e il labirinto diventa erranza senza direzione.

Dopo la trionfale esplosione labirintica del Seicento-Settecento, l’interesse per il simbolo decade rapidamente nell’Ottocento, con l’esordio della civiltà industriale. In effetti, l’epoca intrisa di positivismo e pragmatismo, non poteva che provare indifferenza e disprezzo per un tema ritenuto frivolo e ambiguo.

Un rinnovato interesse per il concetto del labirinto, venne successivamente accolto dal Novecento. Anche il linguaggio ne è stato sconvolto, visto che non si sospettava l’esistenza di questo nuovo “continente interiore”, che è stato decifrato e reso comprensibile. Ad analoghe posizioni giungono gli scrittori del Novecento: eclatante è l’esempio di Luigi Pirandello che, con le sue opere letterarie, ha voluto dimostrare come la verità sia solo un punto di vista che varia da individuo a individuo.

Il labirinto della cappella di Sansevero di Napoli

L’arte si mostra come un luogo privilegiato in cui convergono le tendenze rivoluzionarie generate dal clima della nuova stagione culturale che rinnova e restaura scienza e filosofia. E’ proprio lungo questa direttrice che il Futurismo, l’Astrattismo, il Dadaismo e il Surrealismo attuano la più vasta e graffiante messa in discussione dell’opera d’arte classica.

Il Labirinto come simbolo esoterico

Molti disegni antichi di ordine esoterico, alcuni dei quali presenti anche nelle grandi cattedrali, mostrano il labirinto. I problemi della vita appaiono spesso all’uomo comune come un intricato labirinto, nel quale è difficile imboccare la giusta direzione, se non dopo aver compiuto molti tentativi ed errori ed averne pagato le conseguenze. Se si potessero però vedere le cose da altri punti di vista, ad esempio salendo di una piccola altura, il labirinto rivelerebbe subito la sua ingannevole struttura, e sarebbe molto più facile trovare l’uscita. Questa metafora ci vuol dire che l’uomo non evoluto è ancora completamente chiuso nei propri schemi mentali, come se fosse intrappolato in un labirinto, incapace di vedere una situazione in modo obiettivo; al contrario, chi è spiritualmente elevato saprà vedere le cose da più punti di vista, le proietterà avanti nel tempo e nello spazio e darà loro la giusta importanza, avrà perciò grande capacità di sintesi, riuscendo a trovare la soluzione più diretta.

Più alta sarà la posizione e più lo sguardo potrà spaziare lontano, e comprendere una porzione sempre più vasta dei labirinti della propria vita, fino a vedere anche come questi si intrecciano con quelli delle vite delle persone vicine.

Una possibile interpretazione

La rappresentazione del labirinto in molte iconografie antiche coincide con la descrizione della città di Atlantide, fornita da Platone nel Crizia:

“…su questa montagna aveva la sua dimora uno degli uomini primordiali di questa terra, nato dal suolo; si chiamava Evenor e aveva una moglie chiamata Leucippe ed essi avevano un’unica figlia, Cleito. La fanciulla era già donna quando il padre e la madre morirono, Poseidone si innamorò di lei  ed ebbe rapporti con lei e spezzando la terra circondò la collina sulla quale lei viveva, creando zone alternate di mare e di terra, le une concentriche alle altre; ve ne erano due di terra e tre di acqua, circolari come se lavorate al tornio, avendo ciascuna la circonferenza equidistante in ogni punto dal centro, di modo che nessuno potesse giungere all’isola, dato che ancora non esistevano navi e navigazione…”

 “…(i sovrani di Atlantide) innanzitutto gettarono ponti sugli anelli di mare che circondavano l’antica metropoli, e fecero una strada che permetteva di entrare ed uscire dal palazzo reale. E fin da principio eressero il palazzo nella dimora del dio e dei loro antenati, e seguitarono ad abbellirlo di generazione in generazione, dato che ciascun re superava, all’apice della gloria, colui che l’aveva preceduto, sino a fare dell’edificio una meraviglia a vedersi, sia in ampiezza che in bellezza. E, partendo dal mare, scavarono un canale largo trecento piedi, profondo cento, lungo cinquanta stadi, che arrivava alla zona più esterna creando un varco dal mare fino a essa che divenne un porto; e il varco era abbastanza ampio da permettere l’entrata alle navi più grandi. Inoltre, a livello dei ponti aprirono gli anelli di terra che separavano gli anelli di mare, creando uno spazio sufficiente al passaggio di una trireme per volta da un anello all’altro e ricoprirono questi canali facendone una via sotterranea per le navi; infatti le rive furono innalzate di parecchio sopra il livello dell’acqua. Ora la più grande delle zone, cui si poteva accedere dal mare tramite questo passaggio, aveva una larghezza di tre stadi e la zona di terra che veniva dopo era altrettanto larga; ma le due zone successive, l’una d’acqua, l’altra di terra, erano larghe due stadi e quella che circondava l’isola centrale era di uno stadio soltanto. L’isola su cui sorgeva il palazzo aveva un diametro di cinque stadi…”

Se si prova ad elaborare l’immagine del labirinto, colorando alternativamente le linee di azzurro (acqua) e di marrone (terra) risulta questo:

 

Successivamente colorando di marrone tutta la figura, e aggiungendo il grande canale citato da Platone che congiungeva gli anelli al mare:

Colorando infine le varie parti, in modo da evidenziare le zone della città, descritte in maniera accurata da Platone nel Crizia:

 

A- anello di terra principale

E- secondo porto

B- anello di terra minore

F- grande porto

C- cittadella

G- canale per il mare

D- porto interno

H- quartiere mercantile

 

Se si trattasse veramente della mappa della città di Atlantide, la sua grande diffusione significherebbe la presenza, in passato, di notevoli legami tra il mondo atlantideo e le varie popolazioni, se non addirittura una diretta discendenza di queste ultime da Atlantide, dopo che venne annientata da una spaventosa catastrofe.

 

Monete cretesi (300-100 a.C.)

(Caterina Moruzzi, IV A)