Il Progetto UNITES e le sfide del co-design

26 Settembre 2023

In cosa consiste l’approccio del co-design e in che modo può essere utilizzato per la revisione di procedure, regolamenti e strategie all’interno di un’amministrazione? Il tema è stato affrontato nel seminario del 6 luglio scorso da Ceri Hutton, esperta di MigrationWork CIC, nell’ambito del percorso che ha coinvolto il Gruppo Intersettoriale del Comune di Bologna e il Diversity Team. Il seminario è stato un punto di incontro tra il lavoro e l’impegno trasversale del Gruppo delle e dei referenti di Aree e Dipartimenti e le azioni previste nell’ambito del Progetto UNITES – UrbaN InTEgration Strategies through co-design, che entreranno presto nel vivo. Obiettivo del Progetto, che vede Bologna in partenariato con altre 7 città europee (Oulu, Praga, Saragozza, Atene, Düsseldorf, Grenoble e Zagabria), è la revisione di programmi e strategie amministrative in un’ottica partecipata e inclusiva, con un focus specifico sui servizi rivolti a migranti e persone con background migratorio.

Che cosa si intende per “co-design”?

Il co-design è l’approccio che consente il coinvolgimento attivo di differenti gruppi di cittadine e cittadini con il fine di individuare, elaborare, monitorare e verificare in modo condiviso risposte e soluzioni a sfide ritenute centrali. Si tratta di una modalità che si rivela particolarmente utile nell’affrontare problemi sociali complessi e che ha anche l’obiettivo di portare innovazione nel settore pubblico.

Si tratta quindi di ribaltare la prospettiva, definendo i servizi per la cittadinanza non solo dall’alto per mezzo di “esperti”, ma di sviluppare un processo che renda gli utenti stessi attivi e in grado di contribuire con proprie idee al loro sviluppo e/o miglioramento. Per il co-design, gli stakeholder devono essere coinvolti in ogni parte del processo e proprio l’attiva partecipazione a partire già dal livello progettuale diventa la chiave per rendere i servizi più efficienti.

Questo tipo di approccio porta con sé una serie di vantaggi e, inevitabilmente, anche una serie di sfide.

Certamente, è utile per identificare in modo più preciso i bisogni, per progettare servizi più completi ed efficienti, tenendo conto non di un solo punto di vista ma delle diverse prospettive in gioco, pensare a soluzioni innovative e creative. C’è poi un altro livello, altrettanto importante, quello della relazione tra cittadinanza e pubblica amministrazione. L’approccio del co-design, se ben gestito e orientato, deve servire a costruire e rafforzare la fiducia reciproca, contribuendo ad abbattere gli stereotipi che possono sussistere nelle diverse parti. È un approccio realmente democratico che permette di sviluppare azioni di empowerment.

Le principali sfide del co-design

Per chi non è ancora familiare con simili meccanismi di partecipazione, questi processi possono apparire confusi e poco trasparenti e con responsabilità non ben definite. Il rischio è di mal interpretare l’aspetto democratico, finendo sì con il coinvolgere gruppi e comunità, ma sempre gli stessi, quelli che si sono già dimostrati facili da raggiungere e coinvolgere. La vera sfida è arrivare a chi non ha mai preso parte a questi processi, pur essendo essenziale per la definizione e il miglioramento dei servizi. I fattori tempo e denaro costituiscono variabili fondamentali da considerare per coinvolgere nuovi gruppi di persone. Alcuni processi prevedono per questo motivo sin dalla partenza meccanismi compensativi per incentivare e facilitare la partecipazione come gettoni di presenza o la predisposizione di un servizio di baby-sitter / attività per bambine e bambini in supporto ai genitori.

Voler raggiungere le persone che sono importanti nello sviluppo di un servizio significa riconoscere che esistono diverse tipologie di competenze che non si esauriscono solo nel coinvolgimento di “esperti”.

Il processo di co-design si articola in due momenti. In primo luogo, si tratta di ingaggiare le persone mettendole nelle condizioni di esprimere le proprie personali esperienze con i servizi. Non solo a livello del funzionamento oggettivo di questi ultimi, ma anche rispetto alle percezioni e ai sentimenti che queste esperienze generano in loro. Si potrà così procedere alla seconda fase che prevede una analisi dettagliata di come quel servizio possa essere migliorato. È fondamentale che le proposte formulate siano pragmatiche, realizzabili e comunicate in modo trasparente e comprensibile.

Per l’avvio di processi di co-design in una città, ci sono alcune questioni da valutare:

  • Definire il focus dell’azione, sempre tenendo conto di quali sono le aree di intervento di cui l’amministrazione comunale può effettivamente farsi carico.
  • Individuare i gruppi e le persone che si intende coinvolgere nello specifico percorso.
  • Verificare cosa già si conosce con dati e informazioni a propria disposizione.
  • Rendere la questione rilevante per i gruppi coinvolti.
  • Superare lo scetticismo verso le istituzioni. Ade esempio, nel caso delle comunità di migranti, è necessario tener conto delle eventuali esperienze pregresse con le autorità, anche nei paesi di origine.
  • Individuare le persone giuste che diventino intermediarie tra istituzione e gruppi che si vogliono coinvolgere.
  • Pensare a metodologie differenziate di ingaggio tenendo conto dei gruppi di persone a cui ci si vuole rivolgere (ad esempio, creando momenti informali come pranzi, fare sondaggi per strada, utilizzare le immagini invece delle parole nel richiedere idee o riscontri, far produrre video, etc.)

Prospettive future

L’incontro del 6 luglio ha rappresentato un primo momento di condivisione di metodi e strategie del co-design con il gruppo di lavoro intersettoriale chiamato all’interno dell’ente ad affrontare le sfide dell’inclusività. I momenti di confronto hanno dimostrato che alcune di queste sfide sono condivise come il tema del linguaggio e della comunicazione sia per quanto riguarda gli aspetti informativi rivolti all’esterno attraverso i vari canali di comunicazione sia in relazione ai documenti amministrativi rivolti alla cittadinanza ma che spesso faticano ad arrivare ai target a cui sono rivolti. Nell’ambito del Progetto UNITES sarà possibile individuare un programma/procedura/strategia che diventerà l’oggetto di una revisione partecipata, come primo esercizio per ripensare in modo più capillare e inclusivo le diverse pratiche amministrative.

Bibliografia essenziale

Emma Blomkamp (2018), The Promise of Co-Design for Public Policy in Australian Journal of Public Administration: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1111/1467-8500.12310

Elinor Ostrom (1990), Governing the Commons: The Evolution of Institutions for Collective Action, Cambridge University Press (trad. it. Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia, 2006)

Elinor Ostrom (2019) Beni comuni: diversità, sostenibilità, governance, a cura di John Akwood, goWare.