2 agosto 2025, l'intervento del sindaco di Bologna Matteo Lepore, nel 45° anniversario della strage alla stazione

Il Sindaco ha concluso la cerimonia in piazza Medaglie d’Oro

Descrizione

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, è intervenuto questa mattina in Piazza Medaglie d'Oro dopo il minuto di silenzio in memoria delle vittime della strage alla stazione del 2 agosto 1980.

Di seguito il discorso pronunciato.

"Care cittadine e cari cittadini. 

Autorità civili e militari presenti, sindaci e sindache, amministratori e amministratrici venute e venuti da ogni parte d’Italia con i vostri gonfaloni e le vostre fasce tricolore. Staffette della memoria e rappresentanti delle associazioni, i rappresentanti delle scuole, grazie, grazie di essere qui con noi oggi da ogni parte d’Italia.

In apertura del mio discorso, vorrei ringraziare i protagonisti del lavoro giudiziario che ha portato alle ultime sentenze sulla strage: la Procura generale e i magistrati, gli avvocati di parte civile che ci hanno rappresentati e l’associazione dei familiari delle vittime.

Tra questi voglio ricordare in particolare Il Magistrato Mario Amato.

Stabilito alla Procura di Roma, fu l’unico allora a indagare sulla nuova forma che il neofascismo stragista stava assumendo dagli anni 1977 al 1980.

Mario Amato venne ucciso il 23 giugno 1980 dalla cellula operativa Nar, composta da Gilberto Cavallini, che colpì a morte il Magistrato dietro alla nuca e Luigi Ciavardini guidatore della moto, come concorrenti morali Francesca Mambro e Valerio Fioravanti.

La sentenza emessa dalla Corte di Assise di Bologna nei confronti di Paolo Bellini, riconosce, che “la vicenda dell’omicidio Amato va posta come fondamentale elemento di collegamento e spiegazione della strage”.

Il 30 luglio scorso, i figli Sergio e Cristina che sono qui con noi mi hanno scritto per chiedermi l'intitolazione al padre di una piazza o una via nella nostra città.

Voglio rispondere a loro da qui, da questo palco: per Bologna sarà un vero onore.

Abbiamo anche deciso su proposta dell’associazione dei familiari di dedicare a tutte le 85 vittime della strage una sentiero o una via all’interno dei nostri parchi cittadini, affinché nessuna di loro venga dimenticata.

Caro Paolo e cari familiari non sono mai stato così emozionato e commosso nello stare tra voi, come in questo 45esimo anniversario.

Dopo 45 anni di battaglie, abbiamo ottenuto oltre alla sentenza sui mandanti, due sentenze passate in giudicato. Ciò che è avvenuto tra il 2022 e il 2025, come hai detto tu Paolo, hanno chiuso il cerchio sulla strage per quanto compete i Tribunali della Repubblica italiana.

Nessuna indagine o processo sullo stragismo del dopoguerra era mai arrivato così in alto, fino ai mandanti e al quadro politico nazionale e internazionale che provocò la strage.

Non si può certo gioire per una sentenza relativa a una strage così efferata, ma caro Paolo, nel tuo ultimo corteo da Presidente dell’associazione familiari, concedimi di uscire dal protocollo per un momento: sei stato in un tutti questi anni un punto di riferimento e una quercia per tutti noi, permettimi un gesto che credo qui tutti in questa piazza vorrebbero fare: fatti abbracciare.

Permettimi anche di ribadire in questa sede che ci batteremo ad ogni livello affinché siano pienamente pubblicate le sentenze sulla strage così come prevede la legge italiana e come invece impedirebbero il decreto del Governo e le circolari dell’Archivio di Stato.

Tutti devono potervi accedere, alle sentenze. Il Governo non osi insabbiare questa verità!

Dopo la corte di cassazione, possiamo dire chi è stato e abbiamo le prove. Ci sono verità giudiziarie passate in giudicato. Questo è uno spartiacque per noi e lo è anche per questa storica manifestazione.

Ora come andare avanti?

Nello scrivere questo discorso mi sono posto questa domanda e camminando ho continuato a domandarmelo.

Il mio cammino mi ha portato in questi ultimi anni in Argentina e più precisamente a Buenos Aires.

Nel cuore della capitale, poco distante dalle stadio, che ospitò i mondiali del 1978, c’è una scuola. Più precisamente un’accademia militare: La Escuela de Mecánica de la Armada, conosciuta come ESMA. La scuola per la formazione degli ufficiali della Marina Argentina, diretta dal capo di stato maggiore Emilio Eduardo Massera componente della loggia Massonica P2.

La ESMA cominciò la sua attività di centro di detenzione e tortura il giorno stesso del colpo di Stato argentino, vale a dire il 24 marzo 1976.

Già in quell'occasione vennero imprigionate le prime persone politicamente scomode, sequestrate dalle forze armate.

Normali cittadini e perseguitati politici, per lo più giovanissimi, venivano presi e poi torturati. Scariche elettriche ad alto voltaggio, ustioni, pestaggi, appesi a testa in giù per un tempo indefinito, ma anche stupri e sparizione di bambini.

Secondo le stime ufficiali, passarono dalla Escuela circa 5mila persone e di queste solo 500 ne uscirono vive, alla fine del processo di Riorganizzazione Nazionale nel 1983.

Visitare l’ESMA è una delle esperienze più drammatiche che si possano fare. Le persone venivano imprigionate torturate e interrogate, poi condotte su un aereo e gettate nel mare lungo la costa che divide Argentina e Uruguay, fatte sparire affinchè nemmeno i loro corpi potessero raccontare. Sono i Desaparecidos.

Le testimonianze dei sopravvissuti ricordano vivamente il 1978, quando il generale Videla volle ospitare i mondiali di calcio per glorificare la dittatura e distrarre il paese.

I detenuti nella Escuela dalle loro finestre sentivano i boati della folla durante le partite. Perché la Escuela era tra le case, nella città, accanto alla vita normale di ogni giorno.

Ed è alla finale dei mondiali, in tribuna d’onore, seduto tra i generali come Videla e l’ammiraglio Massera, che appare Licio Gelli. Ospite fisso della dittatura argentina, che nel paese latinoamericano aveva forti legami.

Sarà proprio Gelli a scrivere una lettera di accorate congratulazioni a l'ammiraglio Massera all'indomani del golpe del 24 marzo ‘76, compiacendosi per la riuscita dei "piani prestabiliti": “Ti manifesto la mia sincera allegria per come tutto si è sviluppato secondo i piani prestabiliti [...]. Un governo forte e fermo sulle sue posizioni e nei suoi propositi può dare alla nazione cosa necessita per tornare rapidamente al livello dei Paesi più prestigiosi. Un governo che sappia soffocare l'insurrezione dei dilaganti movimenti di ispirazione marxista”.

I giudici italiani che hanno collocato la strage del 2 agosto 1980 all’interno della strategia della tensione sono stati chiari: Bologna fu scelta per il suo simbolismo antifascista e democratico.

Le sentenze ricostruiscono con fonti probatorie i legami tra la Loggia Massonica P2 di Licio Gelli, esponenti dei servizi segreti italiani, servizi americani, il terrorismo neofascista e la politica delle nostre istituzioni.

La Strage di Bologna fu a tutti gli effetti l’episodio più tragico di una lunga scia di sangue, una guerra sporca legata ad un strategia che più complessivamente mirava al contenimento dell’avanzata comunista in Italia, ma soprattutto al condizionamento della vita democratica del nostro paese tramite la violenza politica.

Un ricatto costante alle istituzioni e al popolo italiano.

Sin dagli anni ‘60, è noto ormai che organizzazioni di varia natura, con forti sostegni dell’intelligence italiana e americana, abbiano attuato operazioni di condizionamento della politica per mantenerla dentro la stretta osservanza atlantica.

Prima le stragi che hanno insanguinato l’Italia tra il 1969 e il 1974, interne a una pianificazione radicata ad altissimo livello. Poi gli anni del terrorismo, i legami e il coinvolgimento delle mafie ancora da chiarire.

Nomi che ritornano in diversi luoghi coinvolti da questa storia e trame che proseguiranno ben oltre la fine della Guerra Fredda fino agli anni ‘90. Lo si intuisce, ad esempio, seguendo in particolare i percorsi di alcune figure chiave come quella di Paolo Bellini.

Per fare piena luce su questa lunga scia di sangue, l’anno scorso è nato un coordinamento tra le associazioni dei familiari delle stragi della strategia della tensione e le stragi di mafia. Cittadini uniti dal comune intento di ottenere verità e giustizia per quanto è accaduto dagli anni ‘60 ad oggi nel nostro paese.

Piazza Fontana – Milano (12 dicembre 1969) una bomba esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura causando 17 morti e 88 feriti.

Stazione di Gioia Tauro – Calabria (22 luglio 1970), un ordigno sul treno Freccia del Sud causa 6 morti e 66 feriti.

Strage di Peteano (31 maggio 1972): Attacco contro una pattuglia di carabinieri a Peteano, con 3 morti e 3 feriti, a opera di un gruppo neofascista.

Strage della Questura di Milano (17 maggio 1973): Esplosione di una bomba nella sala d'attesa della Questura, con 4 morti e 46 feriti.

Treno Italicus – San Benedetto Val di Sambro (4 agosto 1974), un ordigno nella carrozza del treno Roma–Monaco provoca 12 morti e 48 feriti.

Piazza della Loggia – Brescia (28 maggio 1974), una bomba durante una manifestazione antifascista causa 8 morti e 102 feriti.

9 maggio 1978, viene ritrovato il corpo senza vita del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, impegnato nel compromesso storico con il PCI di Enrico Berlinguer.

Omicidio di Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), citato esplicitamente nelle motivazioni della sentenza Bellini passata in giudicato.

2 Agosto 1980 la strage alla Stazione di Bologna, 85 morti e 200 feriti.

Rapido 904 – San Benedetto Val di Sambro (23 dicembre 1984), un ordigno sul treno Napoli–Milano lascia a terra 16 morti e 267 feriti.

Strage di Capaci, 23 maggio 1992, muoiono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta.

Strage di via D’Amelio, 19 luglio 1992, Palermo, una bomba uccide il giudice Paolo Borsellino e 5 agenti di scorta.

Stragi mafiose del 1993, vari ordigni esplodono a Roma, Firenze, Milano, 10 morti, oltre 90 feriti.

Bombe e morti che hanno insanguinato il nostro paese e ne hanno cambiato per sempre la traiettoria.

E allora, ecco che cosa dobbiamo fare.

Quello che dobbiamo fare è continuare a camminare assieme e assieme continuare a domandare verità e giustizia.

Lo faremo per tutte queste stragi e lo faremo anche per la strage di Ustica, che ha visto pochi mesi fa la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Roma, per l’impossibilità di identificare la nazionalità dei caccia in assetto da guerra che quella sera hanno abbattuto il DC9.

Lo faremo perché, se dopo 45 anni di depistaggi e tradimenti, siamo finalmente arrivati alle sentenze per la Strage di Bologna, per molte altre di queste stragi ancora mancano esecutori e mandanti, mentre continuano tutt’ora i tentativi di sviare le indagini e i processi.

E dunque, oggi, voglio annunciare anche una cosa importante.

Nei giorni scorsi ho incontrato il coordinamento nazionale delle associazioni di tutte le stragi, e riunite hanno accettato la nostra proposta di collocare la loro sede nella nostra città.

Lavoreremo assieme per sostenere la ricerca della verità finché giustizia non sarà fatta.

Lavoreremo assieme per promuovere la memoria di quanto è accaduto.

Lo faremo riunendo le città italiane e le città che nel mondo sono legate da esperienze simili seguendo il filo della memoria anche in Argentina, Cile, Grecia e altri paesi.

Ma soprattutto impediremo che quanto accaduto sia consegnato per sempre all’oblio.

Perché chi ha colpito e ferito a morte le nostre città, confida nel tempo.

Confida che di generazione in generazione i ricordi si facciano sempre più labili, che la nostra forza si vada indebolendo con la scomparsa dei protagonisti e dei testimoni.

E allora noi, insieme, daremo vita a qualcosa di più grande, daremo vita a una cosa che nessuno possa cancellare e che per i prossimi decenni possa parlare alle generazioni future.

Insieme, daremo vita a un grande Parco della Memoria Democratica accanto alla Stazione 2 agosto 1980, un parco verde come la speranza e rosso come la memoria. Un parco realizzato e pensato insieme a tutte le associazioni delle vittime del nostro paese, perché sarà dedicato alla storia dell’Italia.

Come Comune abbiamo recentemente acquisito lo scalo ferroviario esattamente alle nostre spalle, di 11 ettari, e abbiamo il compito di rigenerarlo entro il 2027 con finanziamenti europei.

Desigilleremo l’80% di questi 11 ettari, oggi composti da ferro e cemento, per realizzare un parco accessibile e costellato da installazioni e opere d’arte dedicate alla memoria democratica del nostro paese.

All'interno troveranno spazio varie infrastrutture culturali e un polo della Memoria che conterrà archivi, luoghi performativi e di studio, nel campo della memoria democratica italiana.

Da ogni parte vogliamo che le scuole e i cittadini, studiosi e ricercatori, chiunque lo voglia, possa venire a visitarlo.

Un luogo della memoria nel cuore dell’Italia messo a servizio della rinascita morale e civile del nostro Paese.

Anche per questo è qui oggi tra noi la Ministra alla cultura della città di Buenos Aires.

Nel 1998, infatti, la Città Autonoma di Buenos Aires ha dato il via a un'esperienza di partecipazione senza precedenti insieme alle organizzazioni per i diritti umani, per realizzare un memoriale dedicato alle vittime del terrorismo di Stato, distribuito su una superficie di 14 ettari. 

Un parco che accoglie un centro di documentazione e 18 sculture, disseminate su un’ampia collina verde che degrada dolcemente verso il mare. Quel mare dove, tra la fine degli anni ‘70 e ‘80 sono stati gettati i corpi della migliore gioventù argentina. 

Sono rimaste le madri di plaza de Mayo a ricordarli, purtroppo sempre meno a causa dell’età. 

Questa primavera ho incontrato a Bologna la nipote di una di loro, Claudia Poblete.

Claudia ha scoperto solo pochi anni fa di essere stata cresciuta da genitori che non erano i suoi. La madre e il padre, infatti, erano stati imprigionati e uccisi all’ESMA, lei invece consegnata alle cure di una coppia vicina alla dittatura. 

Le storie delle vittime si intrecciano indissolubilmente, così come le storie dei loro carnefici. 

Loro, i carnefici, vogliono rubare l’identità alle vittime, privarle dei loro affetti più cari. 

Così come gli stragisti hanno tolto la vita a centinaia di persone nel nostro paese strappandole ai loro. 

I carnefici volevano rubare ai nostri paesi un futuro libero e democratico. 

Ma oggi noi sappiamo e camminiamo insieme. 

Noi che non lasceremo più questa piazza e questa città, per sempre segnate e disegnate per essere un pilastro della coscienza civile italiana ed europea. 

E allora sì, continueremo a camminare. 

Cammineremo per chi non può più farlo. 

Cammineremo per chi ha perso tutto. 

Cammineremo finché ogni verità sarà detta, ogni giustizia compiuta, ogni nome ricordato. 

Perché il tempo non ci vincerà. 

Non vincerà chi ha scelto la violenza. 

Non vincerà chi ha provato a rubarci il futuro. 

Noi siamo qui. 

Ci saremo anche domani. 

E ci saremo ogni anno, finché ci sarà anche solo una persona a voler portare avanti questo testimone. 

Ci vediamo il prossimo 2 agosto. 

In tanti. Ancora di più. 

Perché la memoria è un dovere. E la giustizia è una promessa".

Ultimo aggiornamento: 02/08/2025

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