CONSIGLIO COMUNLE, L'INTERVENTO DI APERTURA DELLA PRESIDENTE LEMBI IN RICORDO DI MARIA TOSCHI CORAZZA. AL TERMINE IL CONSIGLIO HA OSSERVATO UN MINUTO DI SILENZIO
Di seguito l'intervento di apertura della presidente del Consiglio comunale Simona Lembi in ricordo di Maria Toschi Corazza. Al termine dell'intervento il Consiglio ha osservato un minuto di silenzio.
"Cari consiglieri, care consigliere, genti...
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Di seguito l'intervento di apertura della presidente del Consiglio comunale Simona Lembi in ricordo di Maria Toschi Corazza. Al termine dell'intervento il Consiglio ha osservato un minuto di silenzio.
"Cari consiglieri, care consigliere, gentile viocesindaco, è venuta a mancare lunedì scorso, all'età di 93 anni, la signora Maria Toschi Corazza.
Era nata a Ferrara il 7 dicembre 1921. Di origini umili (il padre Arrigo e la madre Pasqua Checchi erano contadini), i genitori scelgono di farla studiare e, dopo aver seguito le scuole di avviamento, giunge a Bologna come operaia dell'impresa farmaceutica Bonavia e Negri.
Enrico Barbetti, che dalle pagine del Resto del Carlino ne ha tracciato un delicato ritratto, ha precisato: “guidò la Corazza”.
Per intenderci, l'azienda Corazza (nota impresa tipicamente emiliana, tipicamente bolognese, sorta a metà degli anni 50 del secolo scorso) deve il suo nome al genio del signor Natalino, marito della signora Toschi e, mi permetto di aggiungere, in piccola parte per caso e prioritariamente per perseveranza, anche a quello della moglie.
Natalino Corazza, diplomato alle Aldini Valeriani, nella gloriosa scuola tecnica di Bologna, entrò subito dopo il diploma alla ACMA come meccanico, lasciando poi l'azienda nel 1948 per svolgere l'attività di riparatore autonomo.
Nel 1954, in uno scantinato di via del Parco, la signora Toschi e il marito fondarono insieme l'azienda Corazza, dove Natalino si occupava di risolvere i problemi meccanici degli apparecchi per imballaggio dei prodotti alimentari e la signora Maria si occupava della contabilità. Nel 1956, grazie ad un prestito, acquistano tre macchine usate per confezionare formaggio fuso e, dopo averle riparate, Natalino decide di iniziare a costruire macchine da lui stesso progettate.
Qualche anno più tardi l'azienda inventa una macchina per dosare e impacchettare il glutammato: è l’invenzione del dado da brodo.
Nel 1959 Natalino Corazza progetta la “Corazza FD220”: fa 220 dadi al minuto e inoltre confeziona i dadi in scatole.
La prima macchina fu utilizzata per il brodo “Prest” poi per molti altri marchi, fino ad aziende conosciute ancora oggi.
In una intervista conservata e riprodotta dal Museo del Patrimonio Industriale di Bologna, la signora Toschi Corazza racconta in parte la storia dell'azienda:
• un prestito di un milione e 600 mila lire in contanti dati, sulla parola, dal salumiere sotto casa;
• la genialità del marito, chiamato da allora in poi “mister cubo” per l'invenzione del cubetto del dado da brodo;
• lei, imprenditrice a tutto tondo, che tiene la contabilità dell'azienda e nel '75 dopo la prematura scomparsa, a soli 56 anni, di Natalino Corazza, prende le redini dell'azienda, insieme con la figlia Valeria, per i vent'anni successivi, fino alla cessione ad un gruppo imprenditoriale straniero. Circa 8 anni fa, l'acquisizione da parte del gruppo internazionale IMA.
Al momento della cessione, per dare un dato della forza di questa imprenditoria, la Corazza aveva 200 dipendenti a Bologna e 100 a Ginevra. Arrivava a concludere ordini che sarebbero stati consegnati a tre anni di distanza.
Una piece teatrale (“La Maria dei dadi da brodo”, di Marinella Manicardi e Federica Iacobelli) racconta quanto profonda, nella nostra città, sia la relazione tra formazione, impresa famigliare e innovazione: un filo rosso che unisce l'antica storia di Bologna, capitale europea della produzione della seta dal 300 fino al 700 con il suo apice nel '600, fino alla creazione della moderna Packaging Valley. Di quel racconto la signora Toschi Corazza ne è la voce narrante.
Lascia la figlia Valeria a cui rivolgo il cordoglio del Consiglio comunale di Bologna e invito il consiglio a tenere un minuto di silenzio in memoria della signora Maria Toschi Corazza".
"Cari consiglieri, care consigliere, gentile viocesindaco, è venuta a mancare lunedì scorso, all'età di 93 anni, la signora Maria Toschi Corazza.
Era nata a Ferrara il 7 dicembre 1921. Di origini umili (il padre Arrigo e la madre Pasqua Checchi erano contadini), i genitori scelgono di farla studiare e, dopo aver seguito le scuole di avviamento, giunge a Bologna come operaia dell'impresa farmaceutica Bonavia e Negri.
Enrico Barbetti, che dalle pagine del Resto del Carlino ne ha tracciato un delicato ritratto, ha precisato: “guidò la Corazza”.
Per intenderci, l'azienda Corazza (nota impresa tipicamente emiliana, tipicamente bolognese, sorta a metà degli anni 50 del secolo scorso) deve il suo nome al genio del signor Natalino, marito della signora Toschi e, mi permetto di aggiungere, in piccola parte per caso e prioritariamente per perseveranza, anche a quello della moglie.
Natalino Corazza, diplomato alle Aldini Valeriani, nella gloriosa scuola tecnica di Bologna, entrò subito dopo il diploma alla ACMA come meccanico, lasciando poi l'azienda nel 1948 per svolgere l'attività di riparatore autonomo.
Nel 1954, in uno scantinato di via del Parco, la signora Toschi e il marito fondarono insieme l'azienda Corazza, dove Natalino si occupava di risolvere i problemi meccanici degli apparecchi per imballaggio dei prodotti alimentari e la signora Maria si occupava della contabilità. Nel 1956, grazie ad un prestito, acquistano tre macchine usate per confezionare formaggio fuso e, dopo averle riparate, Natalino decide di iniziare a costruire macchine da lui stesso progettate.
Qualche anno più tardi l'azienda inventa una macchina per dosare e impacchettare il glutammato: è l’invenzione del dado da brodo.
Nel 1959 Natalino Corazza progetta la “Corazza FD220”: fa 220 dadi al minuto e inoltre confeziona i dadi in scatole.
La prima macchina fu utilizzata per il brodo “Prest” poi per molti altri marchi, fino ad aziende conosciute ancora oggi.
In una intervista conservata e riprodotta dal Museo del Patrimonio Industriale di Bologna, la signora Toschi Corazza racconta in parte la storia dell'azienda:
• un prestito di un milione e 600 mila lire in contanti dati, sulla parola, dal salumiere sotto casa;
• la genialità del marito, chiamato da allora in poi “mister cubo” per l'invenzione del cubetto del dado da brodo;
• lei, imprenditrice a tutto tondo, che tiene la contabilità dell'azienda e nel '75 dopo la prematura scomparsa, a soli 56 anni, di Natalino Corazza, prende le redini dell'azienda, insieme con la figlia Valeria, per i vent'anni successivi, fino alla cessione ad un gruppo imprenditoriale straniero. Circa 8 anni fa, l'acquisizione da parte del gruppo internazionale IMA.
Al momento della cessione, per dare un dato della forza di questa imprenditoria, la Corazza aveva 200 dipendenti a Bologna e 100 a Ginevra. Arrivava a concludere ordini che sarebbero stati consegnati a tre anni di distanza.
Una piece teatrale (“La Maria dei dadi da brodo”, di Marinella Manicardi e Federica Iacobelli) racconta quanto profonda, nella nostra città, sia la relazione tra formazione, impresa famigliare e innovazione: un filo rosso che unisce l'antica storia di Bologna, capitale europea della produzione della seta dal 300 fino al 700 con il suo apice nel '600, fino alla creazione della moderna Packaging Valley. Di quel racconto la signora Toschi Corazza ne è la voce narrante.
Lascia la figlia Valeria a cui rivolgo il cordoglio del Consiglio comunale di Bologna e invito il consiglio a tenere un minuto di silenzio in memoria della signora Maria Toschi Corazza".
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Piazza Maggiore, 6