CONSIGLIO COMUNALE, INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DELLA CONSIGLIERA MIRKA COCCONCELLI
Di seguito l'intervento d'inizio seduta della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord)
"Le “Ferite nascoste” di alcune donne.
La “strage rosa” sta diventando una vera emergenza sociale e di Sanità pubblica: 124 donne...
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Di seguito l'intervento d'inizio seduta della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord)
"Le “Ferite nascoste” di alcune donne.
La “strage rosa” sta diventando una vera emergenza sociale e di Sanità pubblica: 124 donne uccise nel 2012; 63 nei primi 6 mesi del 2013.
La seconda causa di morte nelle donne in gravidanza, nell'età tra i 15 ed i 44 anni, è proprio la violenza domestica ed nel 69% la violenza prosegue anche dopo la maternità.
Nella maggioranza dei casi alla violenza fisica si associano gli abusi psicologici che pongono le vittime in uno stato di rassegnazione che è difficile da curare.
Crescono gli omicidi e le violenze femminili, ma solo il 5% è imputabile a persone con disturbi psichici, il restante 95% sono uomini capaci di intendere e volere, ma con una storia personale di comportamenti violenti che nulla hanno a che fare con problematiche o disturbi mentali, tanto che il Dr. Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, ha lanciato un appello ai magistrati: “Più prevenzione e meno tolleranza” ed, aggiungo io, è ora di finirla con le dichiarazioni ad effetto: ”L'amava, ma è stato preso da un raptus di follia; l'ha uccisa perché è impazzito, perché l'amava troppo”.
Tutte balle !!! Uno uccide perché è un assassino. Punto!
Va sfatata l'assurda convinzione che vi sia necessariamente una connessione tra malattia mentale e violenza. La ragione della violenza alle donne risiede in un atteggiamento comportamentale e culturale, sempre più diffuso, legato alla prepotenza, alla prevaricazione ed alla possessività, tale per cui le donne perdono la loro identità e diventano “oggetti” che appartengono ad altri e di cui non si accetta l’idea che possano essere perduti, pertanto devono essere distrutti, eliminati fisicamente.
Alla base dei fenomeni di violenza, i più recenti studi scientifici hanno individuato centotrenta possibili variabili, ma di fatto i detonatori sono prevalentemente i fattori socio-economici, ambientali e culturali, acuiti dalla crisi economica e dall'uso di alcol e stupefacenti. Per frenare questi atti occorre prendere misure precauzionali forti.
L’appello non è solo rivolto alle Forze dell’Ordine che devono essere messe in grado di intervenire laddove è necessario, ma soprattutto ai Giudici, quando si trovano a decidere se convalidare o meno un arresto per questi motivi. A loro chiediamo di essere severissimi, di applicare i sistemi preventivi con maggiore attenzione, abolendo le giustificazioni, anche di natura psicologica, perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di un vero e proprio gesto aggressivo, senza alcuna attenuante.
Per questo non è più giustificabile trovarsi di fronte ad un omicidio, magari dopo anni di segnalazioni e denuncia, senza che vi sia stato alcun intervento serio dell’Autorità Giudiziaria.
Occorre intervenire subito e con decisione, per evitare morti insensate, ma le leggi da sole non bastano. Servono più decisione e meno tolleranza di fronte a questi reati e non si deve giustificare la spettacolarizzazione dell'atto violento che spesso porta
all’emulazione crescente.
Questo modello va stroncato, perché alla radice del fenomeno vi è anche un problema educativo, di ordine sociologico: giovani compresi che non sono più abituati a tollerare alcun tipo di frustrazione, specie se viene disattesa la soddisfazione immediata dei propri bisogni.
In Italia quasi non esistono studi sulle violenze domestiche, pertanto dobbiamo basarci sui dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, del giugno 2013. Tali dati affermano che la violenza è diffusa in tutte le fasce sociali, con una presenza di oltre il venti per cento in quelle ad alto reddito.
Un recentissimo lavoro scientifico ha evidenziato che, su un campione di tremila donne finite in ospedale per traumi fratturativi, a quasi nessuna di esse è stato chiesto se fossero vittime di abusi.
Ebbene, in un caso su sei, una donna che arriva dal medico con una frattura, ha subito violenze domestiche, quindi anche noi medici dobbiamo fare la nostra parte per rompere questo muro di silenzio, paura e omertà, al fine di inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità.
Sarebbe indispensabile “fare un mea culpa”, perché spesso noi medici siamo ancora poco inclini a riconoscere i sintomi delle violenze, spesso per ignavia o, peggio, perché convinti che tanto le istituzioni non hanno la volontà di perseguire i colpevoli.
Ho fatto per parecchi anni il medico di pronto soccorso ortopedico e mi sono imbattuta diverse volte in donne vittime di violenze fisiche e psicologiche, affette da ferite nascoste, non solo corporee, ma ferite dell’anima inguaribili, perché sono ferite invisibili.
Perché quasi sempre è più facile mentire di fronte al medico; è più semplice riferire che si è caduta dalle scale o che si è urtato contro lo spigolo della finestra o della porta.
Perché è più semplice mentire per la paura, per la vergogna, per non accusare o denunciare un familiare od un compagno che dice di amarci, ma di un amore che è un amore patologico, fasullo, che nasconde solo una perversa idea di possesso.
Queste donne, tutte vittime di ferite nascoste, ma ben evidenti a chi, in qualità di medico del pronto soccorso, medico di famiglia, psicologo, psichiatra, viene a contatto con queste ferite del corpo e dell’anima.
Nella mia carriera professionale ho assistito ad un unico episodio di violenza di una moglie contro un marito, centrato in pieno ad una mano da un posacenere, tanto da procurargli una frattura metacarpale e, credetemi, non sarà giusto, ma mentre lo ingessavo, ne ho segretamente un po’ gioito.
Concludo affermando che è improcrastinabile creare una rete di comunicazione fra medici ospedalieri, istituzioni, associazioni di genere e, soprattutto, medici di medicina generale, che conoscono le singole persone e le diverse situazioni familiari, proprio per reagire a questa mattanza e per aiutare le donne vittime di violenza, ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte. Adesso!".
"Le “Ferite nascoste” di alcune donne.
La “strage rosa” sta diventando una vera emergenza sociale e di Sanità pubblica: 124 donne uccise nel 2012; 63 nei primi 6 mesi del 2013.
La seconda causa di morte nelle donne in gravidanza, nell'età tra i 15 ed i 44 anni, è proprio la violenza domestica ed nel 69% la violenza prosegue anche dopo la maternità.
Nella maggioranza dei casi alla violenza fisica si associano gli abusi psicologici che pongono le vittime in uno stato di rassegnazione che è difficile da curare.
Crescono gli omicidi e le violenze femminili, ma solo il 5% è imputabile a persone con disturbi psichici, il restante 95% sono uomini capaci di intendere e volere, ma con una storia personale di comportamenti violenti che nulla hanno a che fare con problematiche o disturbi mentali, tanto che il Dr. Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, ha lanciato un appello ai magistrati: “Più prevenzione e meno tolleranza” ed, aggiungo io, è ora di finirla con le dichiarazioni ad effetto: ”L'amava, ma è stato preso da un raptus di follia; l'ha uccisa perché è impazzito, perché l'amava troppo”.
Tutte balle !!! Uno uccide perché è un assassino. Punto!
Va sfatata l'assurda convinzione che vi sia necessariamente una connessione tra malattia mentale e violenza. La ragione della violenza alle donne risiede in un atteggiamento comportamentale e culturale, sempre più diffuso, legato alla prepotenza, alla prevaricazione ed alla possessività, tale per cui le donne perdono la loro identità e diventano “oggetti” che appartengono ad altri e di cui non si accetta l’idea che possano essere perduti, pertanto devono essere distrutti, eliminati fisicamente.
Alla base dei fenomeni di violenza, i più recenti studi scientifici hanno individuato centotrenta possibili variabili, ma di fatto i detonatori sono prevalentemente i fattori socio-economici, ambientali e culturali, acuiti dalla crisi economica e dall'uso di alcol e stupefacenti. Per frenare questi atti occorre prendere misure precauzionali forti.
L’appello non è solo rivolto alle Forze dell’Ordine che devono essere messe in grado di intervenire laddove è necessario, ma soprattutto ai Giudici, quando si trovano a decidere se convalidare o meno un arresto per questi motivi. A loro chiediamo di essere severissimi, di applicare i sistemi preventivi con maggiore attenzione, abolendo le giustificazioni, anche di natura psicologica, perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di un vero e proprio gesto aggressivo, senza alcuna attenuante.
Per questo non è più giustificabile trovarsi di fronte ad un omicidio, magari dopo anni di segnalazioni e denuncia, senza che vi sia stato alcun intervento serio dell’Autorità Giudiziaria.
Occorre intervenire subito e con decisione, per evitare morti insensate, ma le leggi da sole non bastano. Servono più decisione e meno tolleranza di fronte a questi reati e non si deve giustificare la spettacolarizzazione dell'atto violento che spesso porta
all’emulazione crescente.
Questo modello va stroncato, perché alla radice del fenomeno vi è anche un problema educativo, di ordine sociologico: giovani compresi che non sono più abituati a tollerare alcun tipo di frustrazione, specie se viene disattesa la soddisfazione immediata dei propri bisogni.
In Italia quasi non esistono studi sulle violenze domestiche, pertanto dobbiamo basarci sui dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, del giugno 2013. Tali dati affermano che la violenza è diffusa in tutte le fasce sociali, con una presenza di oltre il venti per cento in quelle ad alto reddito.
Un recentissimo lavoro scientifico ha evidenziato che, su un campione di tremila donne finite in ospedale per traumi fratturativi, a quasi nessuna di esse è stato chiesto se fossero vittime di abusi.
Ebbene, in un caso su sei, una donna che arriva dal medico con una frattura, ha subito violenze domestiche, quindi anche noi medici dobbiamo fare la nostra parte per rompere questo muro di silenzio, paura e omertà, al fine di inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità.
Sarebbe indispensabile “fare un mea culpa”, perché spesso noi medici siamo ancora poco inclini a riconoscere i sintomi delle violenze, spesso per ignavia o, peggio, perché convinti che tanto le istituzioni non hanno la volontà di perseguire i colpevoli.
Ho fatto per parecchi anni il medico di pronto soccorso ortopedico e mi sono imbattuta diverse volte in donne vittime di violenze fisiche e psicologiche, affette da ferite nascoste, non solo corporee, ma ferite dell’anima inguaribili, perché sono ferite invisibili.
Perché quasi sempre è più facile mentire di fronte al medico; è più semplice riferire che si è caduta dalle scale o che si è urtato contro lo spigolo della finestra o della porta.
Perché è più semplice mentire per la paura, per la vergogna, per non accusare o denunciare un familiare od un compagno che dice di amarci, ma di un amore che è un amore patologico, fasullo, che nasconde solo una perversa idea di possesso.
Queste donne, tutte vittime di ferite nascoste, ma ben evidenti a chi, in qualità di medico del pronto soccorso, medico di famiglia, psicologo, psichiatra, viene a contatto con queste ferite del corpo e dell’anima.
Nella mia carriera professionale ho assistito ad un unico episodio di violenza di una moglie contro un marito, centrato in pieno ad una mano da un posacenere, tanto da procurargli una frattura metacarpale e, credetemi, non sarà giusto, ma mentre lo ingessavo, ne ho segretamente un po’ gioito.
Concludo affermando che è improcrastinabile creare una rete di comunicazione fra medici ospedalieri, istituzioni, associazioni di genere e, soprattutto, medici di medicina generale, che conoscono le singole persone e le diverse situazioni familiari, proprio per reagire a questa mattanza e per aiutare le donne vittime di violenza, ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte. Adesso!".
A cura di
Piazza Maggiore, 6