CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DELLA CONSIGLIERA PAOLA FRANCESCA SCARANO (LEGA NORD) SU INTERPORTO
Si trasmette di seguito l'intervento di apertura del Consiglio comunale della consigliera Paola Francesca Scarano su Interporto .
"Le cifre "confermano la solidità dei nostri numeri, con i quali siamo pronti ad affrontare le sfide dei pr...
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Si trasmette di seguito l'intervento di apertura del Consiglio comunale della consigliera Paola Francesca Scarano su Interporto .
"Le cifre "confermano la solidità dei nostri numeri, con i quali siamo pronti ad affrontare le sfide dei prossimi tre anni in maniera ancor più sicura e agguerrita", ha detto il presidente Alessandro Ricci all'assemblea, dove ha esposto anche il piano industriale 2013-2016. Quattro gli assi strategici su cui Interporto Bologna lavorerà: sviluppo immobiliare e infrastrutturale a supporto della crescita delle aree di business, consolidamento del network nazionale e globale, servizi per imprese operatori e persone, ricerca e sviluppo per la definizione e il potenziamento delle strategie future.
Questa è una sintesi dell’intervento del presidente di Interporto Ricci per lo sviluppo di quella società della quale il Comune di Bologna ha messo in vendita le quote; ricordiamo bene che lo scorso maggio l’Interporto va all’asta e la quota del 35,1% del Comune di Bologna viene messa interamente sul mercato con un prezzo di partenza di 20 milioni di euro ed un mese a disposizione per presentare le offerte.
Successivamente, a fine maggio, anche la Provincia decide di vendere e il bando viene unificato, le Istituzioni Comune di Bologna e Provincia ripropongono un bando unico – questa volta – e il Comune di Bologna, per fare questo, blocca la gara già avviata perché lo scenario cambia e viene messo all’asta la maggioranza delle azioni, il 52,6%, essendosi aggiunte quelle di Palazzo Malvezzi (17,5 %). L’unico socio pubblico rimane la CCIAA, con uno scarso 6%, che sta valutando cosa convenga fare.
Il risultato, però, non è lusinghiero. L’asta è andata deserta, secondo quanto si legge sulla stampa.
Nessuno si è fatto avanti per comprare il pacchetto di maggioranza e uno dei più importanti obiettivi della Giunta Merola è fallito.
La prima grande privatizzazione non è andata a buon fine.
Proviamo a chiederci i motivi:
1) il primo anzitutto è la crisi economica generalizzata che non consente grandi investimenti, evidentemente, ma basta questo paravento?
2) Forse probabilmente si attende una diminuzione del valore delle quote, classica strumentalizzazione di mercato. Però rimane il fatto che la gestione della vendita delle quote è stata fallimentare.
Io credo che una seria riflessione che non riguardi solo la vendita, la debbano fare le Istituzioni, in prima battuta il Comune di Bologna, facendo una un’auto analisi sulle iniziative politiche fatte a sostegno della economia locale e delle imprese.
Se non si muovono le istituzioni le imprese muoiono
Il presidente di Interporto, in più di una occasione, ci ha detto che lo sviluppo dell’azienda, e quindi la fioritura della economia circostante sul territorio, si ha se vengono messe in atto le infrastrutture: si parla di implementare il servizio su ferrovia, di agevolare la viabilità che, ad oggi, e' vergognosa, priva di una rotonda all'ingresso dell'Autostrada, senza una viabilità di collegamento con le aree industriali e produttive della Provincia.
Sembra facile dirlo, ma, se in pratica, analizziamo quanto tempo ci vuole per introdurre una modifica urbanistica tesa ad agevolare il traffico e la viabilità circostanti Interporto vediamo che ci vogliono almeno due anni. Per un’impresa è un’enormità di tempo.
Abbiamo una legge urbanistica che prevede la concertazione: è una forma di democrazia partecipativa, lodevole ma poco pratica, in taluni casi.
Per le grandi infrastrutture che coinvolgono più comuni e sono essenziali allo sviluppo del territorio, ci vorrebbero corsie preferenziali: per questo dobbiamo lavorare noi, per rendere appetibili le società che promettono di sviluppare l’economia sul territorio.
Qui i numeri ci sono, ma mancano le Istituzioni.
Non basta decidere di vendere per sistemare il proprio bilancio: bisogna governare il territorio, chiamare i privati per rilanciare l’economia, vero, ma per fare questo bisogna essere pragmatici.
Facciamo un tavolo di concertazione e vediamo che cosa possiamo offrire, solo così sono convinta che le aste non vadano deserte.
Vanno bene le privatizzazioni: sono la strada da seguire, ma bisogna disegnare una strategia per rendere appetibile il pacchetto azionario che voglio alienare.
Qui manca la strategia e la maggioranza è convinta che basti schioccare le dita e il privato non aspetta altro che intervenire e comprare la società pubblica.
Solo perché è pubblica? Solo perché il bando lo fa il Comune di Bologna? Signori non basta
Non siamo più in condizioni né di imporre nulla né di pretendere alcunché, dobbiamo convincerci che per poter alienare una società in mano pubblica bisogna prospettare ai privati i vantaggi che ne trarrebbero comprandola. Bisogna cambiare la nostra mentalità e farlo rapidamente.
L’economia non aspetta la politica, non ha bisogno di questa politica i cui risultati sono ormai evidenti e drammatici per il nostro territorio".
"Le cifre "confermano la solidità dei nostri numeri, con i quali siamo pronti ad affrontare le sfide dei prossimi tre anni in maniera ancor più sicura e agguerrita", ha detto il presidente Alessandro Ricci all'assemblea, dove ha esposto anche il piano industriale 2013-2016. Quattro gli assi strategici su cui Interporto Bologna lavorerà: sviluppo immobiliare e infrastrutturale a supporto della crescita delle aree di business, consolidamento del network nazionale e globale, servizi per imprese operatori e persone, ricerca e sviluppo per la definizione e il potenziamento delle strategie future.
Questa è una sintesi dell’intervento del presidente di Interporto Ricci per lo sviluppo di quella società della quale il Comune di Bologna ha messo in vendita le quote; ricordiamo bene che lo scorso maggio l’Interporto va all’asta e la quota del 35,1% del Comune di Bologna viene messa interamente sul mercato con un prezzo di partenza di 20 milioni di euro ed un mese a disposizione per presentare le offerte.
Successivamente, a fine maggio, anche la Provincia decide di vendere e il bando viene unificato, le Istituzioni Comune di Bologna e Provincia ripropongono un bando unico – questa volta – e il Comune di Bologna, per fare questo, blocca la gara già avviata perché lo scenario cambia e viene messo all’asta la maggioranza delle azioni, il 52,6%, essendosi aggiunte quelle di Palazzo Malvezzi (17,5 %). L’unico socio pubblico rimane la CCIAA, con uno scarso 6%, che sta valutando cosa convenga fare.
Il risultato, però, non è lusinghiero. L’asta è andata deserta, secondo quanto si legge sulla stampa.
Nessuno si è fatto avanti per comprare il pacchetto di maggioranza e uno dei più importanti obiettivi della Giunta Merola è fallito.
La prima grande privatizzazione non è andata a buon fine.
Proviamo a chiederci i motivi:
1) il primo anzitutto è la crisi economica generalizzata che non consente grandi investimenti, evidentemente, ma basta questo paravento?
2) Forse probabilmente si attende una diminuzione del valore delle quote, classica strumentalizzazione di mercato. Però rimane il fatto che la gestione della vendita delle quote è stata fallimentare.
Io credo che una seria riflessione che non riguardi solo la vendita, la debbano fare le Istituzioni, in prima battuta il Comune di Bologna, facendo una un’auto analisi sulle iniziative politiche fatte a sostegno della economia locale e delle imprese.
Se non si muovono le istituzioni le imprese muoiono
Il presidente di Interporto, in più di una occasione, ci ha detto che lo sviluppo dell’azienda, e quindi la fioritura della economia circostante sul territorio, si ha se vengono messe in atto le infrastrutture: si parla di implementare il servizio su ferrovia, di agevolare la viabilità che, ad oggi, e' vergognosa, priva di una rotonda all'ingresso dell'Autostrada, senza una viabilità di collegamento con le aree industriali e produttive della Provincia.
Sembra facile dirlo, ma, se in pratica, analizziamo quanto tempo ci vuole per introdurre una modifica urbanistica tesa ad agevolare il traffico e la viabilità circostanti Interporto vediamo che ci vogliono almeno due anni. Per un’impresa è un’enormità di tempo.
Abbiamo una legge urbanistica che prevede la concertazione: è una forma di democrazia partecipativa, lodevole ma poco pratica, in taluni casi.
Per le grandi infrastrutture che coinvolgono più comuni e sono essenziali allo sviluppo del territorio, ci vorrebbero corsie preferenziali: per questo dobbiamo lavorare noi, per rendere appetibili le società che promettono di sviluppare l’economia sul territorio.
Qui i numeri ci sono, ma mancano le Istituzioni.
Non basta decidere di vendere per sistemare il proprio bilancio: bisogna governare il territorio, chiamare i privati per rilanciare l’economia, vero, ma per fare questo bisogna essere pragmatici.
Facciamo un tavolo di concertazione e vediamo che cosa possiamo offrire, solo così sono convinta che le aste non vadano deserte.
Vanno bene le privatizzazioni: sono la strada da seguire, ma bisogna disegnare una strategia per rendere appetibile il pacchetto azionario che voglio alienare.
Qui manca la strategia e la maggioranza è convinta che basti schioccare le dita e il privato non aspetta altro che intervenire e comprare la società pubblica.
Solo perché è pubblica? Solo perché il bando lo fa il Comune di Bologna? Signori non basta
Non siamo più in condizioni né di imporre nulla né di pretendere alcunché, dobbiamo convincerci che per poter alienare una società in mano pubblica bisogna prospettare ai privati i vantaggi che ne trarrebbero comprandola. Bisogna cambiare la nostra mentalità e farlo rapidamente.
L’economia non aspetta la politica, non ha bisogno di questa politica i cui risultati sono ormai evidenti e drammatici per il nostro territorio".
A cura di
Piazza Maggiore, 6