CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE BENEDETTO ZACCHIROLI (PD) SULLA LIBERTA' DI MANIFESTARE
Di seguito l'intervento d'inizio seduta del consigliere Benedetto Zacchiroli (Pd) sulla libertà di manifestare.
"Quando lo strumento di lotta politica diventa un uovo o un grosso petardo c'è qualcosa che non va. Quando si afferma "l'alt...
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Di seguito l'intervento d'inizio seduta del consigliere Benedetto Zacchiroli (Pd) sulla libertà di manifestare.
"Quando lo strumento di lotta politica diventa un uovo o un grosso petardo c'è qualcosa che non va. Quando si afferma "l'alternativa è nella lotta e non nei seggi" si fa un gioco che tende a scardinare le più elementari regole di convivenza democratica. Quando ad agire e parlare in questo modo sono ragazzi di età compresa tra i 14 e i 16 anni la politica non può e non deve fare finta che non sia successo nulla. Quando il Questore afferma che "dietro" a quegli studenti ci sono persone già conosciute alle forze dell'ordine, i "soliti noti, che hanno mandato avanti i ragazzini", la cosa odora di vigliaccheria e strumentalizzazione politica e l'attenzione deve farsi alta. La libertà di manifestareè sacrosanta, un principio dal quale mai si deve derogare, sancito dalla Carta costituzionale, ma i modi in cui si manifesta alla comunità il proprio dissenso devono rimanere all'interno della civiltà, se no vince il più forte, altrimenti si oltrepassa all'indietro il confine che sta tra l'essere umano e la bestia. L'attacco portato a sedi di partito, a banche e alle forze dell'ordine è inqualificabile, ingiustificabile e inaccettabile. Il fatto che quei giovani non si sentano rappresentati da nessuno ci interroga tutti, ma non
autorizza nessuno ai gesti che sono stati compiuti, soprattutto contro le forze dell'ordine. La polizia in quei frangenti non rappresenta qualcuno in particolare ma tutta la comunità e la comunità difende da chi decide di oltrepassare i limiti che la comunità stessa si è data.
Che gli autori del gesto incolpino i poliziotti che si sono fatti trovare nel posto sbagliato, affermando che "sarebbe bastato non posizionarsi di fronte a quelle sedi per evitare di sporcarsi" impensierisce. Mi chiedo chi scrive questi comunicati che sembrano refusi di battute di un pessimo comico. Quando un poliziotto esclama "Non ne possiamo più" dà voce a un disagio che va analizzato ed esprimere la massima solidarietà è un dovere ed un obbligo. Ma non ci si può fermare qui. Sulle forze di polizia e i loro atteggiamenti durante le operazioni di ordine pubblico il dibattito è aperto da tempo. Verso coloro che fanno parte delle forze di polizia e che quotidianamente lavorano tra scarsità di risorse e difficoltà oggettive non si può che essere grati. Sono donne e uomini che ogni giorno agiscono perché la vita di tutti i cittadini possa scorrere con la serenità e la civiltà migliori possibili. Ma che il recente passato abbia ingenerato sulle forze dell'ordine dubbi per responsabilità di alcuni è un fatto, un fatto che al pari degli altri non possiamo nascondere e tacere. Ci sono i casi più eclatanti come quelli del G8 di Genova e il caso Aldrovandi, come quelli più locali dove alcuni hanno perso il controllo e la lucidità necessarie per operazioni delicate come quelle a cui sono chiamati gli agenti. È anche per fare in modo che nessuno si senta autorizzato ad usare la violenza gratuita, sia i cittadini che manifestano, sia coloro che devono difendere l'ordine pubblico in rappresentanza dello Stato, che è necessario condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, dell'uso della forza e delle armi da fuoco. È necessario che gli appartenenti alle forze dell'ordine siano identificabili individualmente durante queste operazioni e che quindi si prevedano degli elementi di identificazione personale. L'ordine del giorno del quale abbiamo iniziato la discussione la settimana scorsa va in questa direzione e spero i fatti più recenti ci aiutino ad affrontare la discussione con l'oggettività che è richiesta in questi casi".
"Quando lo strumento di lotta politica diventa un uovo o un grosso petardo c'è qualcosa che non va. Quando si afferma "l'alternativa è nella lotta e non nei seggi" si fa un gioco che tende a scardinare le più elementari regole di convivenza democratica. Quando ad agire e parlare in questo modo sono ragazzi di età compresa tra i 14 e i 16 anni la politica non può e non deve fare finta che non sia successo nulla. Quando il Questore afferma che "dietro" a quegli studenti ci sono persone già conosciute alle forze dell'ordine, i "soliti noti, che hanno mandato avanti i ragazzini", la cosa odora di vigliaccheria e strumentalizzazione politica e l'attenzione deve farsi alta. La libertà di manifestareè sacrosanta, un principio dal quale mai si deve derogare, sancito dalla Carta costituzionale, ma i modi in cui si manifesta alla comunità il proprio dissenso devono rimanere all'interno della civiltà, se no vince il più forte, altrimenti si oltrepassa all'indietro il confine che sta tra l'essere umano e la bestia. L'attacco portato a sedi di partito, a banche e alle forze dell'ordine è inqualificabile, ingiustificabile e inaccettabile. Il fatto che quei giovani non si sentano rappresentati da nessuno ci interroga tutti, ma non
autorizza nessuno ai gesti che sono stati compiuti, soprattutto contro le forze dell'ordine. La polizia in quei frangenti non rappresenta qualcuno in particolare ma tutta la comunità e la comunità difende da chi decide di oltrepassare i limiti che la comunità stessa si è data.
Che gli autori del gesto incolpino i poliziotti che si sono fatti trovare nel posto sbagliato, affermando che "sarebbe bastato non posizionarsi di fronte a quelle sedi per evitare di sporcarsi" impensierisce. Mi chiedo chi scrive questi comunicati che sembrano refusi di battute di un pessimo comico. Quando un poliziotto esclama "Non ne possiamo più" dà voce a un disagio che va analizzato ed esprimere la massima solidarietà è un dovere ed un obbligo. Ma non ci si può fermare qui. Sulle forze di polizia e i loro atteggiamenti durante le operazioni di ordine pubblico il dibattito è aperto da tempo. Verso coloro che fanno parte delle forze di polizia e che quotidianamente lavorano tra scarsità di risorse e difficoltà oggettive non si può che essere grati. Sono donne e uomini che ogni giorno agiscono perché la vita di tutti i cittadini possa scorrere con la serenità e la civiltà migliori possibili. Ma che il recente passato abbia ingenerato sulle forze dell'ordine dubbi per responsabilità di alcuni è un fatto, un fatto che al pari degli altri non possiamo nascondere e tacere. Ci sono i casi più eclatanti come quelli del G8 di Genova e il caso Aldrovandi, come quelli più locali dove alcuni hanno perso il controllo e la lucidità necessarie per operazioni delicate come quelle a cui sono chiamati gli agenti. È anche per fare in modo che nessuno si senta autorizzato ad usare la violenza gratuita, sia i cittadini che manifestano, sia coloro che devono difendere l'ordine pubblico in rappresentanza dello Stato, che è necessario condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, dell'uso della forza e delle armi da fuoco. È necessario che gli appartenenti alle forze dell'ordine siano identificabili individualmente durante queste operazioni e che quindi si prevedano degli elementi di identificazione personale. L'ordine del giorno del quale abbiamo iniziato la discussione la settimana scorsa va in questa direzione e spero i fatti più recenti ci aiutino ad affrontare la discussione con l'oggettività che è richiesta in questi casi".
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Piazza Maggiore, 6