Istruttoria pubblica sul disagio abitativo, l'intervento della consigliera Mirka Cocconcelli

Nel pomeriggio di oggi, nell'aula del Consiglio comunale di Palazzo d'Accursio, si tiene la seduta conclusiva dell'Istruttoria pubblica sul disagio abitativo. Di seguito l'intervento della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord). "Nel 1963 Bologna ...

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Nel pomeriggio di oggi, nell'aula del Consiglio comunale di Palazzo d'Accursio, si tiene la seduta conclusiva dell'Istruttoria pubblica sul disagio abitativo. Di seguito l'intervento della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord).

"Nel 1963 Bologna è la prima città che presenta un grande Piano PEEP: 160.000 nuove stanze, su una popolazione di circa 450.000 abitanti.
Nel 1974 con il Piano 9/Istituto De Gasperi - Bologna PEEP per il Centro storico (caso pilota realizzato con finanziamenti nazionali ed europei) furono realizzati altri 15.000 vani di edilizia pubblica.
In sintesi, si attuò un programma politico lungimirante di edilizia popolare che reggerà per i successivi 20 anni, con effetti positivi anche per gli operatori dell’edilizia e dei settori collegati.
In Italia, dal 1991 a tutt'oggi si è verificata una riduzione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica pari al 20%, si è passati da un milione di alloggi nel 1991 a meno di 750.000 di oggi.
Dagli anni ‘90, non si è più fatta una politica seria per la casa, anche se era a tutti chiaro il palesarsi di nuove categorie disagiate che non avrebbero avuto accesso agli affitti di mercato, anche considerato che a Bologna le case di proprietà (o in comodato) sono oltre il 70% (63% + comodato 8%) ed in provincia il 74% .

Alla luce di queste premesse la politica locale dovrà affrontare quattro scenari che richiederanno forme di intervento ad hoc:
1. Bologna presenta una crescente domanda di unità abitative in locazione che non viene soddisfatta ed esiste un eccesso di domanda nell’ordine delle 6/8.000 unità che si riflette sui prezzi di mercato elevati, non sostenibili da parte di famiglie/lavoratori/studenti;
2. L’offerta abitativa a locazione, deve soddisfare domande in forte concorrenza fra loro: “Famiglie, lavoratori, studenti, turisti”;
3. La crescita del turismo cittadino ha generato un nuovo utilizzo delle unità abitative stesse, con l’esplosione del mercato degli affitti brevi turistici che ha già assorbito 1.700 unità e nei prossimi anni ne assorbirà altrettante, contribuendo ad aumentare i prezzi ed a ridurre l’offerta per studenti e famiglie;
4. Uno studio di Nomisma, 20 maggio 2016 : "Dal disagio abitativo all’emarginazione grave a Bologna" afferma : “…anche l’impatto dei cambiamenti geo-politici in atto, nell’area del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Est europeo, intensificando i flussi migratori verso il nostro paese, avrà un forte impatto sulle comunità locali e si può affermare che la condizione abitativa a Bologna sarà destinata ad aggravarsi, anche per i cambiamenti sociali indotti dalla crisi economica e dalle migrazioni che avranno effetti negativi sul disagio abitativo bolognese, nel medio-lungo termine”.

La crisi economica ha indebolito il ceto medio costituendo la cosiddetta “fascia grigia” costituita da anziani, spesso soli, monogenitori con minori a carico, giovani coppie, famiglie monoreddito, single, studenti fuori sede, studenti Erasmus, lavoratori provenienti da altri Comuni/Regioni/Paesi, lavoratori stagionali che non riescono a sostenere i canoni di locazione del mercato libero, né ad acquistare un alloggio in proprietà ed in aggiunta sono a gruppi di persone in competizione fra loro.
L'obiettivo strategico sarebbe quello di realizzare/ristrutturare almeno 10-15.000 alloggi di edilizia sociale con l’intervento pubblico modulato attorno ad una domanda che è necessariamente cambiata.

Nel 2018, il Sindaco, in occasione delle presentazioni del Bilancio di Previsione nei Consigli di Quartiere, annunciò un piano per 1.000 case entro il 2021, con un investimento complessivo di circa 40 milioni di euro (28 milioni riguarderanno la costruzione di alloggi nel lotto H dell’ex Mercato Ortofrutticolo) ed in questo piano si parlava di ristrutturare circa 600 alloggi Acer, al momento inutilizzabili.
A tutt’oggi, di quelle 1.000 case annunciate dal Sindaco ed, a mio avviso, del tutto insufficienti, non se ne vede traccia.
Tanto per restare nella realtà bolognese nei dieci anni a cavallo tra la metà degli anni ’90 e i primi di questo decennio nel territorio della Provincia la pianificazione territoriale ha permesso di realizzare al mercato privato una quantità di alloggi superiore ai 40.000; di questi nemmeno uno è stato realizzato per la locazione permanente e non sono più di un centinaio quelli destinati in locazione a termine a canone sociale (intorno ai 5-10 anni).

Alla carenza di alloggi ha contribuito massimamente la terziarizzazione del centro storico di Bologna che ha drogato il mercato degli affitti, in quanto, tra gli anni ’70 e ’90, si è verificata l’espulsione di circa 200 mila abitanti, che sono andati ad abitare nei centri della provincia e le case del centro storico che erano occupate da residenti sono state trasformate in uffici, studi, store, market, terziario.

Le politiche abitative devono ripartire da una adeguata pianificazione territoriale e socio-urbanistica e deve essere tutelato il diritto di vivere la città, nel senso di Riabitare Bologna in un quadro di sostenibilità ambientale e socio-economica e ciò si ottiene coinvolgendo tutti gli stakholders: proprietari di immobili, agenzie immobiliari, enti assicurativi, convitti religiosi, fondazioni, associazioni studentesche, università, sindacati, docenti ed affrontando il problema sotto i diversi aspetti.

1. La questione studentesca appare centrale ed è indispensabile incrementare l’offerta di studentati e di aree abitative ad essi dedicate che richiede un interconnessione fra Regione, Comune, Università, fondazioni, enti religiosi, proprietari di immobili.
Nell'a.a. 2017/18 gli studenti iscritti all’Università erano 63.615, di cui il 51%, ossia 32.504 fuorisede, secondo ER.GO (l’Agenzia Regionale per il Diritto agli Studi Superiori), 20.000 pendolari e 5.600 misti (studenti che alcuni giorni dormono in città ed in altri sono pendolari), a cui aggiungiamo, gli studenti Erasmus (3.000 in entrata ed in uscita nel 2018), quindi cercano appartamenti/stanze in affitto, un valore stimato per difetto di circa 30.000 studenti, a cui aggiungiamo, le famiglie ed i lavoratori.
Basta farsi un giro tra le bacheche universitarie per capire quanto costa una stanza e quanto è faticoso trovarla, soprattutto vicino alla facoltà.
A questo aggiungo gli 8 milioni di persone transitate nel 2018 dall’Aeroporto Marconi, il doppio rispetto al 2009 ed il fatto che, come proprietario, affidandomi alle diverse piattaforme web tipo Airbnb, guadagno molto di più, senza correre rischi di morosità e avendo maggiori possibilità di evadere parzialmente o totalmente il fisco.

ER.GO definisce studente fuorisede chiunque percorra la distanza dalla propria abitazione alla sede del corso di studi con i mezzi di trasporto pubblico in un tempo superiore ai 90 minuti. Entro i 90 minuti, quindi, è praticabile la pendolarità (vedi tabella allegata studenti fuorisede). 

A mio avviso l’aumento degli studentati può essere una delle risposte al disagio abitativo perché oltre ad aumentare il numero di stanze per gli studenti incrementerebbe le stanze lasciate libere nel mercato privato ed al contempo, aumentando l'offerta di PL, i costi scenderebbero .
L’Unibo, per cercare di ovviare alla carenza a abitativa, mette a disposizione 14 monolocali in convenzione con ACER, 6 collegi e una ventina di studentati, gestiti da ER.GO (Azienda reg. per il diritto agli studi superiori, vedi Carlino Bologna intervista a Mirko Degli Esposti 23.08.2019,pg. 3). Di questi sei, tre sono gestiti dalla società privata Camplus, i restanti da associazioni religiose, con i posti letto che oggi sfiorano i 1.600, con una retta media che varia dai 200/400€, ma sono insufficienti per rispondere alla richiesta abitativa, infatti è necessaria una disponibilità economica che molti non si possono permettere. In aggiunta al fatto che lo scorso anno accademico sono rimasti fuori 200 ragazzi in graduatoria.
Nella tabella sottostante si evidenzia la retta annuale.

Uno studente fuorisede preferisce una sistemazione centrale o nei pressi dei viali per la vicinanza alle sedi universitarie, non sottovalutando l’importanza della socialità, ma soprattutto la possibilità di spostarsi a piedi/bici, senza usufruire dei trasporti pubblici, ovviamente per risparmiare sul costo dei biglietti/abbonamenti.
La questione abitativa non appare confinabile nel solo territorio del Comune di Bologna, ma deve essere estesa ai comuni della Città Metropolitana, ripensando soprattutto alla mobilità metropolitana, perchè se lo studente lo incentiviamo a risiedere in un comune tipo Sasso, Ozzano, Pianoro, Zola dobbiamo assicurargli una mobilità adeguata nelle diverse ore della giornata.
Quindi, il discorso del disagio abitativo si dovrebbe coniugare con un potenziamento dei servizi pubblici dell’intera cintura metropolitana, in questa maniera si potrebbe ipotizzare di dislocare fuori dal centro storico alcune facoltà, come è successo per veterinaria, aule di lezione e biblioteche.

Per aumentare l’offerta locativa a Bologna mi chiedo perché, assieme al recupero di aree e immobili dismessi/non utilizzati, non si pensa di utilizzare i numerosi beni immobiliari confiscati alle mafie e ce ne sono numerosi a Bologna e Provincia.
Beni riutilizzabili come residenze a canone calmierato per studenti/lavoratori e penso, per esempio, all’albergo King Rose di Granarolo, confiscato a un defunto proconsole della 'ndrangheta, in Emilia che potrebbe essere riconvertito in studentato, considerato che è un albergo composto da 55 stanze, suite, bar, ristorante e un’ampia metratura di terreno edificabile. L’immobile è in buone condizioni ed è rimasto quasi sempre in attività, nel periodo di sequestro, per salvaguardare i posti di lavoro e per mantenerlo agibile.
L’hotel è stato proposto molteplici volte ad Enti Locali, Cooperative e Associazioni per essere riutilizzato a scopi sociali, ma risulta attualmente inutilizzato. Vi chiedo, perché?
Il patrimonio immobiliare confiscato alle mafie è ingente
(http://emiliaromagna.confiscatibene.it/ https://corrieredibologna.corriere.it/fotogallery/2015/3/libera/ripresi-mostra-beni-confiscati-mafia-2301129787769.shtml )
come risulta da una recente ricerca del laboratorio di Data Journalism dell'Università di Bologna, ma appena 38 beni sono stati assegnati sugli oltre 300 confiscati in Emilia-Romagna (tabelle di ConfiscatiBene, aggiornate al 31 dicembre 2015). Lo scenario sul riuso sociale dei beni confiscati è purtroppo tutt’altro che confortante anche lungo la Via Emilia, a vent'anni esatti dall’approvazione della Legge che lo prevede come azione principale da compiere nei casi di patrimoni sottratti alla criminalità e che potrebbero essere utilizzati per ridurre il disagio abitativo.

Nella provincia di Bologna sono stati confiscati 70 beni alle associazioni mafiose. Tra i comuni interessati troviamo: San Lazzaro di Savena (2), Granarolo dell’Emilia (1), Bentivoglio (5), Gaggio Montano (2), San Giorgio di Piano (1), Pianoro (12), Argelato (3), Calderara di Reno (2), Anzola dell’Emilia (1), Borgo Tossignano (2), Crevalcore (2), San Pietro in Casale (6), Imola (3), Malalbergo (3), Bologna (23).
La recente inchiesta AEMILIA è quella che ha portato il numero maggiore di confische; dei 70 beni confiscati, solo 3 sono stati assegnati per il riutilizzo sociale.
A Bologna, in via San Vitale, un appartamento confiscato a un esponente della criminalità organizzata è stato assegnato dal Comune all’associazione “Casa per la donna”. A Pianoro, da una villa confiscata, il comune ha avviato un progetto di demolizione per far posto a un parco pubblico per bambini. A Pianoro è stato confiscato un appezzamento di terreno in parte edificato di 11.108 mq e uno non edificato da 11.654 mq.

A fianco degli enti che debbono gestire il problema della casa si possono aprire nuovi spazi per accordi con altri soggetti: "Università, Fondazioni, Enti assicurativi, Chiesa per costruire/ristrutturare appartamenti da fornire in proprietà temporanea alle famiglie/studenti, con formule simili al leasing o alla multiproprietà.
Penso alla Chiesa di Bologna che ha patrimoni immobiliari, anche piccoli, poco utilizzati, potrebbe integrare la richiesta di abitazioni con l’utilizzo, ad esempio di tanti antichi conventi/convitti, ancora di proprietà di ordini religiosi/fondazioni, attualmente sotto utilizzati. Penso al riuso di questi spazi, per gli studenti, lavoratori, famiglie che vivono in condizioni precarie e pensare di coinvolgere questi possibili utenti nei lavori necessari per renderli abitabili. Immagino forme di aiuto per garantire/integrare l’affitto, forme di coabitazione, di co-housing fra anziani autosufficienti/lavoratori/giovani coppie/single/padri separati etcc, instaurando un rapporto di aiuto reciproco fra generazioni diverse.

2. Tra le molteplici strategie da mettere in campo per accrescere l’offerta di immobili in locazione, occorre implementare il contrasto all’evasione fiscale. Prioritario è disincentivare gli affitti in nero, di cui gli studenti sono spesso vittime, quindi creare collaborazioni tra l'Università e la Guardia di Finanza, come succede a Trento dove esiste un portale ed una mail (helpaffitti.trento@gdf.it) a cui ci si può rivolgere per dubbi, segnalazioni o denunce in tema di affitti.
Alle forme di evasione totale si aggiungono, situazioni che prevedono l’occultamento parziale del canone pattuito, come succede per il fenomeno dell’affitto turistico breve che richiede un supplemento di indagine anche per calcolare benefici individuali e di comunità.

3. Favorire politiche abitative che realizzino nuovi alloggi di edilizia sociale, nell’arco dei prossimi due mandati amministrativi, per un ammontare complessivo di almeno 10/15.000 unità immobiliari coinvolgendo tutta la cintura metropolitana perché i Comuni posseggono quantità residue di aree edificabili in proprietà, da utilizzare per l’edilizia sociale ed emergenza abitativa.
La tipologia d’intervento da privilegiare, senza peraltro escludere altre forme, è la locazione permanente a canone concordato che consente di abbattere i canoni di mercato almeno del 30 %.
Indispensabile anche il coinvolgimento di fondazioni, assicurazioni attraverso un Piano di social housing potrebbe rappresentare un moderno strumento di welfare, solo se l’obiettivo di aumentare gli alloggi sociali (dal canone sociale a quello concordato, a forme di integrazione per la morosità non colpevole) risulterà compatibile con gli interventi di riqualificazione urbana e con una politica di offerta abitativa articolata a livello sovracomunale.
La progressiva saturazione del territorio comunale impone infatti il necessario riferimento ad un contesto territorialmente più vasto e, al contempo, uno stimolo a privilegiare la riqualificazione dell’esistente piuttosto che nuove edificazioni.
La Regione potrebbe incentivare l’uso del patrimonio pubblico in cattivo stato, seguendo l’esempio della Legge regionale del Piemonte n.6/2015 “Auto-recupero degli alloggi carenti di manutenzione da parte degli assegnatari” che offre la possibilità di sostituire/integrare l’affitto con lavori di manutenzione/rispristino degli alloggi. Questa opportunità consentirebbe di ovviare a 2 emergenze attuali: offrire casa e opportunità di lavoro per i disoccupati; nelle forme giuridiche da definire.

A Bologna come altrove, è indispensabile migliorare l’uso del patrimonio ERP esistente che, in parte, è abitato da chi avrebbe necessità di spazi minori, o da chi non ha più i requisiti di accesso e/o di permanenza, e quindi dovrebbe uscirne per andare sul mercato o in alloggi a canone calmierato.
Implementare i controlli delle effettive condizioni reddituali degli assegnatari case ACER, sono gli obiettivi che il Comune di Bologna deve prefiggersi. L’accresciuta disomogeneità della domanda di edilizia sociale impone infatti, un costante monitoraggio delle famiglie in difficoltà (composizione, caratteristiche, reddito, stile di vita, ecc.) in modo da adattare rapidamente i criteri e, allo stesso tempo, approntare iniziative alternative di sostegno della componente non pienamente soddisfatta.
Un mercato dell’affitto più ampio, particolarmente nella componente a canone calmierato, rappresenterebbe un’opportunità per contenere l’incidenza del costo dell’abitare sul reddito delle famiglie/lavoratori .
Le locazioni a canone calmierato, pur contribuendo ad attenuare i problemi di sostenibilità, non rappresentano, per fasce di reddito medio-basse, una soluzione di per sé risolutiva. A tal proposito, si deve necessariamente fare riferimento alla complementarietà tra politiche abitative e politiche sociali. Si tratta di interventi mirati ad includere le famiglie appartenenti alla cosiddetta fascia grigia nei servizi sociali garantiti dal Comune che finirebbero indirettamente per migliorare, sia pure in misura contenuta, la sostenibilità delle spese legate alla casa. Un maggiore sostegno alle famiglie con disabili e anziani non autosufficienti (indicato dal 35,2% delle famiglie), la riduzione delle tariffe di trasporto pubblico (19,3%) e delle rette scolastiche (15,8%) sono solo alcuni degli interventi che, unitamente alla previsione di ulteriori sgravi fiscali, possono essere attivati per limitare la portata del disagio, di cui l’aspetto abitativo rappresenta solo una delle componenti".

Ultimo aggiornamento: 14/03/2025

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