CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D'INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE STEFANO ALDROVANDI (BO2016) SULLE AZIENDE PUBBLICHE
Di seguito, il testo dell'intervento d'inizio seduta del consigliere Stefano Aldrovandi (Bo2016) sulle aziende pubbliche
"Oggi parleremo di aziende pubbliche.
Intanto che cosa sono le aziende pubbliche? Quelle che soddisfano a tutte e tre le s...
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Di seguito, il testo dell'intervento d'inizio seduta del consigliere Stefano Aldrovandi (Bo2016) sulle aziende pubbliche
"Oggi parleremo di aziende pubbliche.
Intanto che cosa sono le aziende pubbliche? Quelle che soddisfano a tutte e tre le seguenti condizioni: il capitale è a maggioranza qualificata pubblica; il management viene scelto dal pubblico; le azioni, gli obbiettivi, le strategie sono decise e definite dagli azionisti pubblici. Ciò premesso, si notano diversi comportamenti delle stesse aziende e differenti risultati in termini di raggiungimento degli obbiettivi sia statutari sia economici. Come mai? Cercheremo di spiegarlo con parole semplici. Intanto vediamo alcuni campioni di aziende pubbliche del Comune di Bologna sia positivi che negativi e analizziamo le differenze di comportamento.
A) Aziende pubbliche positive. Farò tre esempi.
- Hera: continua ad crescere, creare lavoro ed investimenti, migliora sempre i propri obbiettivi sia economici sia di qualità di servizi (vince tutti i premi nazionali al riguardo), costituisce uno dei pochissimi casi nei quali il nostro territorio è primo almeno in Italia
- Fiera: rinnova le proprie esposizioni con interessanti elementi di grande creatività. Ha invertito un ciclo economico che la portava a perdere un sacco di soldi, è un'azienda fortemente internazionale.
- Caab: da una società sull'orlo del fallimento, ha saputo innovarsi, ha conti in ordine, ha una capacità di importanti relazioni internazionali, ha capacità di elaborare progetti che possono cambiare in meglio il nostro territorio.
B) Aziende pubbliche negative:
- Acer che non riesce a dare risposta alle tante emergenze sulla casa delle famiglie bisognose, e perde soldi
- Asp che sono coinvolte in un welfare che consuma più risorse rispetto a quelle che eroga, e vivono una profonda crisi di identità.
-Cineteca che, pur essendo un unicum nazionale, non decolla
Sono tutte e sei aziende pubbliche, secondo la definizione prima data, non sono differenziate da problemi di mercato, analoghe aziende in altri territori vanno male se le nostre vanno bene o viceversa, non sono governate da una parte da fenomeni o da altra parte da imbecilli.
Qual'è allora la differenza?
Azzardo una ipotesi, azzardo per modo di dire, di quello che dirò sono certissimo La differenza sostanziale tra le aziende virtuose e quelle no è sinteticamente una sola: quelle virtuose, pur essendo pubbliche hanno modalità e regole di gestione privatistica, tesa cioè al raggiungimento degli obbiettivi fissati dal pubblico stesso senza se e senza ma, quelle che vanno male hanno una gestione che segue le regole pubblicistiche anche nella gestione, che mira alla cosiddetta efficienza burocratica senza avere alcun fine di efficacia nei risultati. Si potrebbero scrivere fiumi di parole per illustrare il concetto, io ho usato parole semplici e comprensibili. Ma se è così, come mai non si adottano per tutte le aziende pubbliche le stesse regole di gestione? Purtroppo, cari colleghi, la risposta è semplice: è la politica che decide, siamo noi che dovremmo dare una soluzione a questi problemi e non ne siamo capaci. Le aziende virtuose, seguono solo regole per il raggiungimento di interessi collettivi le aziende non virtuose seguono le seghe mentali e burocratiche che il pubblico si inventa.
Un solo esempio per tutte esempio: la terza riforma delle ASP che la Regione ha inventato, che riuscirà a raggiungere attraverso una demenziale burocrazia, un obbiettivo eccezionale: fare andare peggio un settore, il welfare, che già va male. Il fatto che vada male è indiscutibile: ogni 100 euro incassati dal pubblico attraverso le tasse riscosse dai cittadini, vengono consumate dalla burocrazia 60 euro, solo 40 euro vanno in servizi raggiungendo più o meno un cittadino bisognoso su otto. Chi si lamenta? Lo dovrebbero fare i poveracci! Ma, senza una vera rappresentanza (la sinistra vaga tra ideologie vetero-marxiste, un riformismo vuoto e banalità varie) i poveracci non contano niente, peggio per loro".
"Oggi parleremo di aziende pubbliche.
Intanto che cosa sono le aziende pubbliche? Quelle che soddisfano a tutte e tre le seguenti condizioni: il capitale è a maggioranza qualificata pubblica; il management viene scelto dal pubblico; le azioni, gli obbiettivi, le strategie sono decise e definite dagli azionisti pubblici. Ciò premesso, si notano diversi comportamenti delle stesse aziende e differenti risultati in termini di raggiungimento degli obbiettivi sia statutari sia economici. Come mai? Cercheremo di spiegarlo con parole semplici. Intanto vediamo alcuni campioni di aziende pubbliche del Comune di Bologna sia positivi che negativi e analizziamo le differenze di comportamento.
A) Aziende pubbliche positive. Farò tre esempi.
- Hera: continua ad crescere, creare lavoro ed investimenti, migliora sempre i propri obbiettivi sia economici sia di qualità di servizi (vince tutti i premi nazionali al riguardo), costituisce uno dei pochissimi casi nei quali il nostro territorio è primo almeno in Italia
- Fiera: rinnova le proprie esposizioni con interessanti elementi di grande creatività. Ha invertito un ciclo economico che la portava a perdere un sacco di soldi, è un'azienda fortemente internazionale.
- Caab: da una società sull'orlo del fallimento, ha saputo innovarsi, ha conti in ordine, ha una capacità di importanti relazioni internazionali, ha capacità di elaborare progetti che possono cambiare in meglio il nostro territorio.
B) Aziende pubbliche negative:
- Acer che non riesce a dare risposta alle tante emergenze sulla casa delle famiglie bisognose, e perde soldi
- Asp che sono coinvolte in un welfare che consuma più risorse rispetto a quelle che eroga, e vivono una profonda crisi di identità.
-Cineteca che, pur essendo un unicum nazionale, non decolla
Sono tutte e sei aziende pubbliche, secondo la definizione prima data, non sono differenziate da problemi di mercato, analoghe aziende in altri territori vanno male se le nostre vanno bene o viceversa, non sono governate da una parte da fenomeni o da altra parte da imbecilli.
Qual'è allora la differenza?
Azzardo una ipotesi, azzardo per modo di dire, di quello che dirò sono certissimo La differenza sostanziale tra le aziende virtuose e quelle no è sinteticamente una sola: quelle virtuose, pur essendo pubbliche hanno modalità e regole di gestione privatistica, tesa cioè al raggiungimento degli obbiettivi fissati dal pubblico stesso senza se e senza ma, quelle che vanno male hanno una gestione che segue le regole pubblicistiche anche nella gestione, che mira alla cosiddetta efficienza burocratica senza avere alcun fine di efficacia nei risultati. Si potrebbero scrivere fiumi di parole per illustrare il concetto, io ho usato parole semplici e comprensibili. Ma se è così, come mai non si adottano per tutte le aziende pubbliche le stesse regole di gestione? Purtroppo, cari colleghi, la risposta è semplice: è la politica che decide, siamo noi che dovremmo dare una soluzione a questi problemi e non ne siamo capaci. Le aziende virtuose, seguono solo regole per il raggiungimento di interessi collettivi le aziende non virtuose seguono le seghe mentali e burocratiche che il pubblico si inventa.
Un solo esempio per tutte esempio: la terza riforma delle ASP che la Regione ha inventato, che riuscirà a raggiungere attraverso una demenziale burocrazia, un obbiettivo eccezionale: fare andare peggio un settore, il welfare, che già va male. Il fatto che vada male è indiscutibile: ogni 100 euro incassati dal pubblico attraverso le tasse riscosse dai cittadini, vengono consumate dalla burocrazia 60 euro, solo 40 euro vanno in servizi raggiungendo più o meno un cittadino bisognoso su otto. Chi si lamenta? Lo dovrebbero fare i poveracci! Ma, senza una vera rappresentanza (la sinistra vaga tra ideologie vetero-marxiste, un riformismo vuoto e banalità varie) i poveracci non contano niente, peggio per loro".
A cura di
Piazza Maggiore, 6