CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO DI INIZIO SEDUTA DELLA CONSIGLIERA CATHY LA TORRE (AmeliaPerBO) SULLO SPAZIO ATLANTIDE
Si trasmette il testo dell'intervento di inizio seduta della consigliera Cathy la Torre (AmeliaPerBo) sullo spazio Atlantide.
"Lo spazio Atlantide - aperto dal 1998 - é sede di gruppi femministi, lesbici, gay, queer e punk. Dalla sua apertura...
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Si trasmette il testo dell'intervento di inizio seduta della consigliera Cathy la Torre (AmeliaPerBo) sullo spazio Atlantide.
"Lo spazio Atlantide - aperto dal 1998 - é sede di gruppi femministi, lesbici, gay, queer e punk. Dalla sua apertura questo spazio è stato attraversato da molteplici realtà e da centinaia di donne e di uomini. Sono questi gruppi che da allora hanno vissuto, fatto vivere e aperto alla città il Cassero di Porta Santo Stefano, promuovendo libertà e autonomia per le donne, visibilità politica e (auto)organizzazione femminista e Lgbtiq, autoproduzione e distribuzione culturale indipendente, socialità non mercificata.
Già nel 2011, durante il commissariamento, furono dettate le linee guida di un bando di assegnazione che palesemente avrebbero escluso le realtà che avevano fatto vivere quello spazio fino ad allora. Ora il bando è stato riproposto e l'assegnazione premierebbe tre associazioni, meritevoli, ma del tutto estranee alla storia del luogo e alla sua caratterizzazione. una delle associazioni ha già annunciato di voler rinunciare.
L'utilizzo del puro strumento burocratico, del bando come bussola unica per l'assegnazione di spazi rischia di mascherare l'assenza di scelte politiche sul tema, ingenerando in città una “guerra per gli spazi”. E non vogliamo pensare che l'assenza di scelte sia in realtà una scelta in sé.
La questione va governata, con intelligenza, con apertura, con rispetto per le moltissime realtà che a Bologna hanno arricchito il tessuto sociale restituendo all'uso della comunità spazi abbandonati.
In Europa, nel nostro paese e a Bologna, le culture informali dell’abitare, della socialità, della produzione artistica e culturale, del lavoro, hanno spesso posto la base delle proprie attività in questi spazi.
Sono convinta che gli spazi autogestiti, proprio perché estremamente liberi, siano stati e continuino ad essere una miniera in termini di creatività e proposte. Bologna a questi spazi e alle attività che vi si sono svolte e vi si svolgono deve moltissimo in termini di produzione culturale e sociale. aggiungerei deve moltissimo in termini di immagine di città viva, capace di sperimentare, di produrre, di innovare, e dunque anche in termini economici.
L'occupazione in questi senso si pone come restituzione di ciò che era di fatto sottratto all'uso, come esigenza di autogoverno e rivendicazione della possibilità per le comunità di avere parte attiva nelle decisioni strategiche e di programmazione del territorio che abitano. In tante città italiane le espressioni di queste esigenze - autogoverno, partecipazione e luoghi dove sperimentarli - si sono poste con forza come segnalatori e riattivatori dello spazio pubblico lasciato indecentemente vuoto. vuoto di corpi, di senso, di vita.
Queste realtà, nell’ambito della riflessione sulla rigenerazione urbana, segnalano una via che le amministrazioni devono essere in grado di cogliere.
Segnalano non solo che quegli spazi esistono, appunto, indecentemente vuoti, ma segnalano anche come utilizzarli, come metterli a valore con una riappropriazione che è una restituzione alla comunità e che si apre alla progettazione partecipata di ciò che è comune.
Queste esperienze ci pongono la sfida della progettazione condivisa dello spazio urbano, della messa a valore del patrimonio dismesso, del riutilizzo che salvaguarda il suolo e trasforma l'abbandono in possibilità.
Quindi non credo che esista in città un problema spazi, non certo in termini di carenza, ma piuttosto in termini di capacità di valorizzazione ciò che è ad oggi inutilizzato.
Non si tratta di togliere a chi ha, ma di lavorare per mappare, progettare e rendere disponibile il patrimonio esistente. su questo abbiamo elaborato proposte e intendiamo portarle avanti per questi motivi sono e saremo vicini allo spazio Atlantide."
"Lo spazio Atlantide - aperto dal 1998 - é sede di gruppi femministi, lesbici, gay, queer e punk. Dalla sua apertura questo spazio è stato attraversato da molteplici realtà e da centinaia di donne e di uomini. Sono questi gruppi che da allora hanno vissuto, fatto vivere e aperto alla città il Cassero di Porta Santo Stefano, promuovendo libertà e autonomia per le donne, visibilità politica e (auto)organizzazione femminista e Lgbtiq, autoproduzione e distribuzione culturale indipendente, socialità non mercificata.
Già nel 2011, durante il commissariamento, furono dettate le linee guida di un bando di assegnazione che palesemente avrebbero escluso le realtà che avevano fatto vivere quello spazio fino ad allora. Ora il bando è stato riproposto e l'assegnazione premierebbe tre associazioni, meritevoli, ma del tutto estranee alla storia del luogo e alla sua caratterizzazione. una delle associazioni ha già annunciato di voler rinunciare.
L'utilizzo del puro strumento burocratico, del bando come bussola unica per l'assegnazione di spazi rischia di mascherare l'assenza di scelte politiche sul tema, ingenerando in città una “guerra per gli spazi”. E non vogliamo pensare che l'assenza di scelte sia in realtà una scelta in sé.
La questione va governata, con intelligenza, con apertura, con rispetto per le moltissime realtà che a Bologna hanno arricchito il tessuto sociale restituendo all'uso della comunità spazi abbandonati.
In Europa, nel nostro paese e a Bologna, le culture informali dell’abitare, della socialità, della produzione artistica e culturale, del lavoro, hanno spesso posto la base delle proprie attività in questi spazi.
Sono convinta che gli spazi autogestiti, proprio perché estremamente liberi, siano stati e continuino ad essere una miniera in termini di creatività e proposte. Bologna a questi spazi e alle attività che vi si sono svolte e vi si svolgono deve moltissimo in termini di produzione culturale e sociale. aggiungerei deve moltissimo in termini di immagine di città viva, capace di sperimentare, di produrre, di innovare, e dunque anche in termini economici.
L'occupazione in questi senso si pone come restituzione di ciò che era di fatto sottratto all'uso, come esigenza di autogoverno e rivendicazione della possibilità per le comunità di avere parte attiva nelle decisioni strategiche e di programmazione del territorio che abitano. In tante città italiane le espressioni di queste esigenze - autogoverno, partecipazione e luoghi dove sperimentarli - si sono poste con forza come segnalatori e riattivatori dello spazio pubblico lasciato indecentemente vuoto. vuoto di corpi, di senso, di vita.
Queste realtà, nell’ambito della riflessione sulla rigenerazione urbana, segnalano una via che le amministrazioni devono essere in grado di cogliere.
Segnalano non solo che quegli spazi esistono, appunto, indecentemente vuoti, ma segnalano anche come utilizzarli, come metterli a valore con una riappropriazione che è una restituzione alla comunità e che si apre alla progettazione partecipata di ciò che è comune.
Queste esperienze ci pongono la sfida della progettazione condivisa dello spazio urbano, della messa a valore del patrimonio dismesso, del riutilizzo che salvaguarda il suolo e trasforma l'abbandono in possibilità.
Quindi non credo che esista in città un problema spazi, non certo in termini di carenza, ma piuttosto in termini di capacità di valorizzazione ciò che è ad oggi inutilizzato.
Non si tratta di togliere a chi ha, ma di lavorare per mappare, progettare e rendere disponibile il patrimonio esistente. su questo abbiamo elaborato proposte e intendiamo portarle avanti per questi motivi sono e saremo vicini allo spazio Atlantide."
A cura di
Piazza Maggiore, 6