CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO D' INIZIO SEDUTA DEL CONSIGLIERE LORENZO CIPRIANI
Di seguito l'Intervento d' inizio seduta del consigliere Lorenzo Cipriani (AmBoVe):
"In questi giorni le Commissioni Consiliari sono impegnate nella discussione e nella analisi delle delibere e delle tabelle relative al bilancio preventivo 201...
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Di seguito l'Intervento d' inizio seduta del consigliere Lorenzo Cipriani (AmBoVe):
"In questi giorni le Commissioni Consiliari sono impegnate nella discussione e nella analisi delle delibere e delle tabelle relative al bilancio preventivo 2015, un bilancio che è stato definito “dinamico” dalla Vicesindaco Giannini.
Un aggettivo che descrive in maniera elegante il caos che contraddistinguerà un bilancio la cui versione finale sarà diversa da quella che verrà approvata alla fine di marzo come la notte è diversa dal giorno. Tutto dipenderà infatti dagli esiti di un confronto col governo Renzi.
Confronto che, nella visione del Presidente del Consiglio, è più simile a una questua, con i primi cittadini in fila alla corte del re sperando nella sua benevolenza, e magari nel lancio di un sacchetto di monete d'oro con il quale far fronte all'amministrazione ordinaria della cosa pubblica.
Se non per l'arroganza di Renzi, questo governo non si distingue dai due che lo hanno preceduto in quanto alla prassi dell'umiliazione degli enti locali e delle assemblee elettive scelte democraticamente dai cittadini. Umiliazione dettata dalla continua incertezza, normativa e finanziaria, a cui sono sottoposti gli amministratori locali.
Sono almeno tre anni che le assemblee elettive come questo Consiglio sono costrette ad avallare delle NON scelte da parte delle Giunte. Scelte amministrative obbligate dalla contingenza, che hanno comportato l'innalzamento fino ai massimi di legge delle addizionali comunali, che hanno legato le mani ai servizi nell'assistenza ai più bisognosi, che hanno fortemente limitato la manutenzione del patrimonio pubblico, sia esso verde, relativo alla viabilità pubblica o agli immobili di proprietà comunale. E infine, si inizia, ancora una volta senza una vera convinzione, ma forzati dalla contingenza, a teorizzare e mettere in pratica dismissione di quote pubbliche in società partecipate non con una strategia per il futuro, ma con l'obiettivo della gestione ordinaria.
Un po' come un padre di famiglia che va al banco dei pegni con l'obiettivo di mettere in tavola il pasto per i propri figli alla sera. Con la differenza che il domani, inesorabilmente, arriva.
Qualcosa è successo negli ultimi giorni. E' successo che i sindaci bolognesi hanno capito che la corda che Renzi e Padoan stanno stringendo contro il loro collo ha raggiunto ormai il punto del non ritorno. E, come nella fiaba di Andersen, qualcuno ha gridato che il re è nudo, svelando una verità che troppo a lungo è stata volontariamente occultata.
Quanto ammesso dal sindaco Merola relativamente ai costi milionari delle sedi giudiziarie, costi che ricadono sul Comune di Bologna e che lo stato non vuole restituire, è incredibile. Lo Stato, come un cattivo pagatore, rifiuta di rendere i soldi presi in prestito dal Comune. Lo facesse un cittadino qualsiasi, verrebbe iscritto al Crif alla velocità della luce e per un tempo indefinito non gli sarebbe permesso neanche di avere un bancomat.
Ma lo fa Renzi, e ad essere derubati non sono tanto gli amministratori che si ritrovano a fare da curatori fallimentari di istituti democratici che dovrebbero servire ad amministrare le comunità in cui viviamo, quanto i loro amministrati, i bolognesi.
Tutto ciò avviene in un momento in cui la crisi rende particolarmente necessario il lavoro di intermediazione da parte dei Comuni, che sono percepiti dai cittadini come gli enti a cui chiedere risposte, per tappare le buche delle strade, garantire il trasporto pubblico, tenere aperti gli asili, assistere gli anziani e i disabili, predisporre sistemi di ascolto e accoglienza per chi, espulso dal mondo del lavoro, vede la sua vita cadere in pezzi. Se a qualcuno sfugge la portata e le dimensioni di questa situazione, chieda agli assistenti sociali che lavorano nei quartieri a diretto contatto con l'utenza. Chieda come si sentono e cosa provano nel non poter dare neanche le risposte più elementari a queste persone che, vincendo l'umiliazione, trovano la forza di rivolgersi agli sportelli assistenziali.
E attenzione: l'aumento, certificato dal dossier del Parlamento, di minacce, intimidazioni e insulti agli amministratori locali, è solo il termometro che annuncia la febbre. La temperatura può salire, e i sindaci – e in generale gli amministratori – vengono messi sotto tiro. Non siedono su un comodo scranno in parlamento e nemmeno si sentono intoccabili e onnipotenti all'interno di Palazzo Chigi. Sono nei municipi e girano per le strade: sono esposti quotidianamente a una rabbia sociale crescente che fa di loro obiettivi.
Sinistra Ecologia Libertà denuncia questo stato di cose da almeno tre anni. E seppure siamo convinti che “bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà”, registriamo favorevolmente questo cambio di rotta, augurandoci che alle parole seguano i fatti. E' un dovere per i sindaci contrastare questo stato di cose, devono farlo per difendere i propri cittadini, le materne per i bambini, l'assistenza agli anziani non autosufficienti, la manutenzione delle proprie scuole, strade e parchi pubblici. Attaccare Renzi oggi significa fare bene i sindaci. Fare il contrario significa tradire il proprio mandato e i cittadini che rappresentano".
"In questi giorni le Commissioni Consiliari sono impegnate nella discussione e nella analisi delle delibere e delle tabelle relative al bilancio preventivo 2015, un bilancio che è stato definito “dinamico” dalla Vicesindaco Giannini.
Un aggettivo che descrive in maniera elegante il caos che contraddistinguerà un bilancio la cui versione finale sarà diversa da quella che verrà approvata alla fine di marzo come la notte è diversa dal giorno. Tutto dipenderà infatti dagli esiti di un confronto col governo Renzi.
Confronto che, nella visione del Presidente del Consiglio, è più simile a una questua, con i primi cittadini in fila alla corte del re sperando nella sua benevolenza, e magari nel lancio di un sacchetto di monete d'oro con il quale far fronte all'amministrazione ordinaria della cosa pubblica.
Se non per l'arroganza di Renzi, questo governo non si distingue dai due che lo hanno preceduto in quanto alla prassi dell'umiliazione degli enti locali e delle assemblee elettive scelte democraticamente dai cittadini. Umiliazione dettata dalla continua incertezza, normativa e finanziaria, a cui sono sottoposti gli amministratori locali.
Sono almeno tre anni che le assemblee elettive come questo Consiglio sono costrette ad avallare delle NON scelte da parte delle Giunte. Scelte amministrative obbligate dalla contingenza, che hanno comportato l'innalzamento fino ai massimi di legge delle addizionali comunali, che hanno legato le mani ai servizi nell'assistenza ai più bisognosi, che hanno fortemente limitato la manutenzione del patrimonio pubblico, sia esso verde, relativo alla viabilità pubblica o agli immobili di proprietà comunale. E infine, si inizia, ancora una volta senza una vera convinzione, ma forzati dalla contingenza, a teorizzare e mettere in pratica dismissione di quote pubbliche in società partecipate non con una strategia per il futuro, ma con l'obiettivo della gestione ordinaria.
Un po' come un padre di famiglia che va al banco dei pegni con l'obiettivo di mettere in tavola il pasto per i propri figli alla sera. Con la differenza che il domani, inesorabilmente, arriva.
Qualcosa è successo negli ultimi giorni. E' successo che i sindaci bolognesi hanno capito che la corda che Renzi e Padoan stanno stringendo contro il loro collo ha raggiunto ormai il punto del non ritorno. E, come nella fiaba di Andersen, qualcuno ha gridato che il re è nudo, svelando una verità che troppo a lungo è stata volontariamente occultata.
Quanto ammesso dal sindaco Merola relativamente ai costi milionari delle sedi giudiziarie, costi che ricadono sul Comune di Bologna e che lo stato non vuole restituire, è incredibile. Lo Stato, come un cattivo pagatore, rifiuta di rendere i soldi presi in prestito dal Comune. Lo facesse un cittadino qualsiasi, verrebbe iscritto al Crif alla velocità della luce e per un tempo indefinito non gli sarebbe permesso neanche di avere un bancomat.
Ma lo fa Renzi, e ad essere derubati non sono tanto gli amministratori che si ritrovano a fare da curatori fallimentari di istituti democratici che dovrebbero servire ad amministrare le comunità in cui viviamo, quanto i loro amministrati, i bolognesi.
Tutto ciò avviene in un momento in cui la crisi rende particolarmente necessario il lavoro di intermediazione da parte dei Comuni, che sono percepiti dai cittadini come gli enti a cui chiedere risposte, per tappare le buche delle strade, garantire il trasporto pubblico, tenere aperti gli asili, assistere gli anziani e i disabili, predisporre sistemi di ascolto e accoglienza per chi, espulso dal mondo del lavoro, vede la sua vita cadere in pezzi. Se a qualcuno sfugge la portata e le dimensioni di questa situazione, chieda agli assistenti sociali che lavorano nei quartieri a diretto contatto con l'utenza. Chieda come si sentono e cosa provano nel non poter dare neanche le risposte più elementari a queste persone che, vincendo l'umiliazione, trovano la forza di rivolgersi agli sportelli assistenziali.
E attenzione: l'aumento, certificato dal dossier del Parlamento, di minacce, intimidazioni e insulti agli amministratori locali, è solo il termometro che annuncia la febbre. La temperatura può salire, e i sindaci – e in generale gli amministratori – vengono messi sotto tiro. Non siedono su un comodo scranno in parlamento e nemmeno si sentono intoccabili e onnipotenti all'interno di Palazzo Chigi. Sono nei municipi e girano per le strade: sono esposti quotidianamente a una rabbia sociale crescente che fa di loro obiettivi.
Sinistra Ecologia Libertà denuncia questo stato di cose da almeno tre anni. E seppure siamo convinti che “bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà”, registriamo favorevolmente questo cambio di rotta, augurandoci che alle parole seguano i fatti. E' un dovere per i sindaci contrastare questo stato di cose, devono farlo per difendere i propri cittadini, le materne per i bambini, l'assistenza agli anziani non autosufficienti, la manutenzione delle proprie scuole, strade e parchi pubblici. Attaccare Renzi oggi significa fare bene i sindaci. Fare il contrario significa tradire il proprio mandato e i cittadini che rappresentano".
A cura di
Piazza Maggiore, 6