Novembre 1951: i bolognesi, come tutti gli
      italiani, sono alle prese con il primo censimento del secondo dopoguerra.
      A pochi anni dalla conclusione del secondo
      conflitto mondiale e dall’avvento della Repubblica, Bologna si presenta
      come una città in cui risiedono poco più di 340 mila persone, capoluogo
      di una provincia che ne conta quasi 764 mila.
      Le donne sono già più numerose degli
      uomini e la popolazione è giovane: i bambini e i ragazzi al di sotto dei
      18 anni rappresentano infatti oltre un quinto della popolazione, mentre
      gli anziani sopra i 64 anni non arrivano al 10%.
      Le famiglie, in totale quasi 102 mila, sono
      ancora piuttosto articolate e vedono spesso al loro interno la presenza di
      più figli e di più generazioni; ne consegue che la dimensione media dei
      nuclei familiari è relativamente elevata (3,3 componenti).
      Ma dove vivono queste famiglie? A
      disposizione dei bolognesi ci sono oltre 88 mila alloggi, di cui però
      quasi 2 mila non occupati da persone residenti. Il patrimonio abitativo è
      dunque inferiore al numero dei nuclei familiari e così per circa 10 mila
      famiglie la soluzione è quella della coabitazione con un altro nucleo.
      La presenza di famiglie piuttosto ampie
      unitamente al fenomeno delle coabitazioni fa sì che all’interno dello
      stesso alloggio vivano in media 3,7 persone. Inoltre le condizioni
      economiche della popolazione non favoriscono certo l’acquisto dell’abitazione
      in cui vivere: l’80% delle famiglie bolognesi si rivolge pertanto al
      mercato dell’affitto.
      Nei primi anni ’50 sono ancora
      relativamente pochi i ragazzi che proseguono gli studi oltre l’obbligo
      scolastico e il livello di istruzione della popolazione nel suo complesso
      risulta ancora basso. In città le persone analfabete sfiorano le 10 mila
      unità (3% della popolazione da 6 anni in poi) e risultano più numerose
      dei laureati; ma ci sono anche 34 mila bolognesi (pari all’11% della
      popolazione) che, pur sapendo leggere e scrivere, non hanno conseguito
      nemmeno la licenza elementare. Le donne risultano particolarmente
      svantaggiate: fra gli analfabeti e coloro che sono privi di un qualsiasi
      titolo di studio quasi 2 su 3 sono donne.
      Anche i dati sul lavoro e sulle imprese
      fotografano una realtà sociale ed economica ancora arretrata. Solo 48
      bolognesi su 100 sono attivi nel mercato del lavoro e ben il 56% delle
      donne è casalinga. La maggioranza degli attivi (41%) si concentra nell’industria;
      seguono i servizi (30%), il commercio (24%) e l’agricoltura, che in
      città riveste già un ruolo residuale (5%).
      Nel 1951 il tessuto economico bolognese si
      basa su quasi 14 mila imprese; le unità locali, ovvero i luoghi fisici
      dove vengono prodotti beni o erogati servizi, sono invece oltre 15 mila ed
      offrono 93.400 posti di lavoro, il 55% dei quali nelle attività
      industriali.
      Questo è per sommi capi il ritratto
      statistico della Bologna dell’inizio degli anni ’50.
      A mezzo secolo di distanza sono ancora i
      dati censuari a testimoniare l’enorme cambiamento che ha ridisegnato il
      volto della nostra città.
      Ottobre 2001: prende il via il primo
      censimento del nuovo millennio. La Bologna degli anni 2000 è una città
      di oltre 371 mila abitanti inserita in una provincia in cui risiedono 915
      mila persone. La taglia demografica del capoluogo emiliano non è molto
      cambiata rispetto a mezzo secolo prima (31 mila abitanti in più), anche
      se all’inizio degli anni ’70 la popolazione bolognese ha sfiorato il
      traguardo del mezzo milione. Diversa è invece la distribuzione della
      popolazione sul territorio; se nel 1951 il centro storico contava circa
      113.700 residenti, all’inizio del nuovo secolo essi superano di poco i
      52 mila.
      Le donne si confermano più numerose degli
      uomini (54%) e la popolazione è parecchio invecchiata: i bambini e i
      ragazzi al di sotto dei 18 anni (quasi 41.400 nel 2001, 29 mila in meno
      rispetto a cinquant’anni prima) rappresentano infatti soltanto l’11%
      della popolazione, mentre gli anziani sopra i 64 anni in mezzo secolo sono
      quasi triplicati, sfiorando una quota pari al 27% e attestandosi poco al
      di sotto delle 100 mila unità.
      Nel tessuto demografico bolognese si sono
      inseriti nuovi soggetti: si tratta dei cittadini di nazionalità non
      italiana. Nel 2001 gli stranieri residenti sono poco più di 14 mila, ma
      il fenomeno è ancora ridotto, se si pensa che cinque anni dopo saranno
      oltre 30 mila.
      Le famiglie, in totale circa 177.700, sono
      invece molto più numerose (75 mila in più in mezzo secolo) ed anche
      molto cambiate: la loro struttura è ora piuttosto semplificata, il numero
      di figli si è ridotto e sono molto frequenti (38%) i casi di persone che
      vivono sole per scelta o per la loro età avanzata. Così la dimensione
      media della famiglia bolognese nel 2001 è di poco superiore ai 2
      componenti.
      E la condizione abitativa com’è
      cambiata? In 50 anni il patrimonio edilizio cittadino è più che
      raddoppiato arrivando a quasi 195 mila alloggi; di questi, 21.500 sono
      occupati da persone non residenti (principalmente studenti universitari e
      lavoratori fuori sede, che sono complessivamente oltre 50 mila) oppure
      risultano non utilizzati.
      Si tratta di abitazioni mediamente più
      ampie a disposizione di famiglie sempre più piccole: di conseguenza all’interno
      dello stesso alloggio vivono in media soltanto 2,1 persone. Inoltre il
      notevole miglioramento delle condizioni economiche della popolazione,
      unitamente alla sempre maggiore propensione a possedere la casa in cui si
      vive, hanno portato in mezzo secolo ad una riduzione delle famiglie in
      affitto dall’80% al 29%.
      La Bologna del 2000 è una città
      caratterizzata da un tasso di scolarità molto elevato: vi risiedono
      infatti quasi 54 mila laureati (15% della popolazione da 6 anni in poi) e
      ben 102 mila persone sono in possesso di un diploma di scuola media
      superiore (29%). Solo meno del 7% della popolazione non ha alcun titolo di
      studio. Le donne hanno colmato il distacco che le separava dagli uomini e
      ora sono più numerose sia tra i laureati che tra i diplomati.
      I dati sul lavoro e sulle imprese
      confermano il grande cambiamento avvenuto nell’ultimo mezzo secolo. Il
      fenomeno più evidente è il massiccio ingresso delle donne nel mercato
      del lavoro: fra coloro che hanno un’occupazione le donne sono quasi la
      metà (46%) e le casalinghe sono ormai una minoranza. Inoltre il tasso di
      disoccupazione femminile supera quello maschile soltanto di un punto
      percentuale ed entrambi sono a livelli ormai fisiologici.
      I lavoratori nell’industria si sono
      ridotti ad una quota pari al 24%, quelli nel commercio al 15%, mentre ben
      il 60% della forza lavoro è occupata nei servizi pubblici e privati. Nel
      2001 l’economia del capoluogo emiliano si basa su quasi 39 mila imprese
      e 2.500 istituzioni pubbliche e private; le unità locali sono invece
      complessivamente 45 mila ed offrono 206 mila posti di lavoro, oltre il
      doppio rispetto a mezzo secolo prima.
      Da queste brevi considerazioni emerge
      chiaramente l’importante ruolo svolto dai censimenti nell’ambito dell’attività
      statistica pubblica; una fonte di dati insostituibile che ha consentito
      confronti temporali e spaziali altrimenti impossibili. Questa è forse la
      principale motivazione che ci ha spinti a raccogliere, memorizzare e
      diffondere in formato digitale le elaborazioni degli ultimi sei
      censimenti, affinché risultasse ancora più agevole il reperimento e l’utilizzo
      di questi dati altrimenti consultabili soltanto su pubblicazioni cartacee.
      Le informazioni raccolte si riferiscono al
      comune di Bologna e agli altri comuni della provincia; per i censimenti
      più recenti sono disponibili ulteriori articolazioni territoriali (es.:
      la provincia di Bologna nel suo complesso e la regione Emilia-Romagna) e
      per il 2001 vengono anche proposti confronti con le principali città
      italiane ed emiliano-romagnole. Non mancano inoltre, sempre con
      riferimento al 2001, elaborazioni relative ai 9 quartieri, alle 18 zone e
      alla 90 aree statistiche in cui è suddiviso il comune di Bologna.
      Come ulteriore strumento per agevolare la
      comprensione dei fenomeni sono state infine predisposte numerose mappe
      tematiche sui comuni della provincia e sulle aree statistiche del comune
      di Bologna, che illustrano in forma cartografica il contenuto delle
      tabelle disponibili per questi due livelli territoriali al 1991 e al 2001.
      Nel breve racconto di mezzo secolo di
      storia della nostra città letto attraverso i dati censuari abbiamo
      evidenziato i molteplici cambiamenti avvenuti nella società in questi
      decenni; analogamente, al fine di conservare il loro importante ruolo e
      non mostrare il peso degli anni, anche i prossimi censimenti dovranno
      necessariamente cambiare nelle metodologie, nell’organizzazione e nelle
      soluzioni tecnologiche utilizzate.
      Per presentarsi nel modo migliore all’appuntamento
      del 2011 ormai vicino è opportuno che i lavori preparatori siano
      preceduti da una approfondita riflessione sull’adeguatezza e sull’attualità
      dello strumento censuario.
      A questo riguardo l’Ufficio di
      Statistica del Comune di Bologna ha partecipato attivamente nel corso del
      2006 all’attività di un gruppo di lavoro sui censimenti attivato dalla
      Società Italiana di Statistica e dall’Unione Statistica dei Comuni
      Italiani, di cui facevano parte anche rappresentanti di altri comuni e
      docenti universitari in materie statistiche e demografiche. Il gruppo ha
      elaborato un documento, che è stato inviato al Presidente dell’ISTAT,
      nel quale si evidenziano le principali problematiche emerse nel corso
      della precedente tornata censuaria e si indicano i punti sui quali, a
      giudizio del gruppo di lavoro, sarà necessario intervenire con soluzioni
      innovative.
      Nel mese di giugno 2007 l’ISTAT ha
      insediato un Comitato consultivo per la preparazione a livello comunale
      del 15° Censimento della popolazione e delle abitazioni, di cui fa parte
      anche in nostro Comune in rappresentanza dell'ANCI, avente il compito
      di analizzare e valutare soluzioni di innovazione tecnica ed organizzativa
      ai fini della progettazione del prossimo Censimento generale della
      popolazione e delle abitazioni e delle connesse operazioni di confronto e
      revisione delle anagrafi.
      Dai lavori di questo Comitato ci
      auguriamo emergano importanti soluzioni tecniche e organizzative, che
      consentano di svolgere le operazioni censuarie in modo più snello e a
      costi inferiori, garantendo nel contempo una migliore qualità e
      tempestività dei dati nonché un minor impegno richiesto ai cittadini.
      Il cammino verso il censimento del 2011
      è dunque già iniziato.