Il mito nel mondo moderno

 

Nella letteratura medievale, Prometeo che porta il fuoco all'umanità funge da parallelo del creatore biblico, oppure, con significato negativo, viene rappresentato come un ambizioso astronomo.

Nel neoplatonismo rinascimentale, appare come personificazione dell'Intelletto.

Nella letteratura barocca, il personaggio torna di rado: per esempio nel dramma di P. Calderòn (1669), in cui il motivo di fondo è l'opposizione tra Prometeo ed Epimeteo.

Nel XVIII secolo il nome di Prometeo compare spesso, per esmpio in opere di A. Earl of Shaftesbury e Voltaire. J. J. Rousseau, nel suo Discours sur les sciences et les arts (1750), lo definisce scopritore del sapere e, coerentemente con il suo atteggiamento critico nei confronti della fiducia nel progresso tipica dell'Illuminismo, nemico divino dello stato di inerzia in cui gli uomini avevano inizialmente vissuto.

Si sono valsi della figura di Prometeo, che si pente delle sue azioni, per muovere critiche al processo di civilizzazione anche G. C. Tobler (1792, dramma), M. W. Shelley nel suo romanzo Frankestain or the modern Prometheus (1818) e G. Leopardi (1824, dialogo). Risponde allo scritto di Rosseau C. M. Wieland con il suo Traumgesprach mit Prometheus (1770), che sottolinea la necessità del superamento della condizione originaria dell'uomo.

Nello Sturm und Drang tedesco e nel romanticismo inglese e tedesco, Prometeo funge da figura simbolica per rappresentare l'audacia e il rifiuto dell'assoggettamento a qualsiasi signoria, divina, ecclesistica o temporale; nello stesso tempo, egli impersona la lotta contro l'oscurantismo e le catene che ostacolano la creatività umana; più tardi diviene l'incarnazione della sopportazione umana: per esempio nel frammento di tragedia di J. W. von Goethe (1773) e nella sua lirica su Prometeo (1774), nel dramma di J. G. Herder (1802), in componimenti poetici di A. W. von Schlegel (1797), G. N. G. Byron (1816) e H. W. Longfellow (1858). Nel suo dramma lirico Prometheus unbound (1820), P. B. Shelley, diversamente dal probabile andamento della trilogia eschilea, rappresenta un Prometeo indomito, in atteggiamento ribelle.

Nel XIX e nel XX secolo, Prometeo diviene simbolo dell'uomo per eccellenza e, di conseguenza, la sua figura conosce numerose e in parte contraddittorie interpretazioni particolari. Inizialmente lo si pone in relazione con la figura di Napoleone, imprigionato a Sant'Elena (1815 - 1821). Come rappresentante del progresso compare in opere di L. Ménard (1842) e W. V. Moody (The fire binger, 1904), sino ad A. Camus (1946); è una prefigurazione di Cristo in J.-M. de Maistre (Soirées de St. Petersbourg, 1821) ed E. Quinet (1838); per contro, è monito ed esempio di anti-religiosa fiducia nel progresso in una traduzione in lingua olandese della tragedia di Eschilo a opera di I. da Costa (1818), il quale oscilla tra le sue origini giudaiche e la fede cristiana. In A. Gide (1909), egli è il libero pensatore. Nel Zur Gewinnung des Feuers di S. Freud (1932), Prometeo, nell'ambito di un'interpretazione di tipo psicoanalitico, rappresenta la repressione delle pulsioni. C. Spitteler (1880-1881) sottolinea l'opposizione tra un Prometeo, che, nonostante la sua sofferenza, mira al progresso, e un Epimeteo, egoista, che vive alla giornata. C. van Bruggen (1919) prende Prometeo come punto di partenza per uno studio sul pensiero dogmatico e anti-dogmatico, sulla collettività e l'individualità.


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