Alcesti

ALCESTI

Euripide

Simbolo dell’amore coraggioso, sintesi delle virtù femminili, eroina di fronte alla morte: questa è Alcesti, il personaggio di Euripide che polarizza l’attenzione nella sua omonima tragedia dai toni poetici, sentimentali e patetici.

Emblema della donna ideale nella Grecia del V secolo, Alcesti è la sposa fedele e la madre affettuosa che, sopraffatta dalla passione, è disposta a sacrificare la propria vita per salvare quella del marito. Vede spegnersi la sua esistenza nel fiore della giovinezza, e si offre alla morte senza lacrime nè afflizione, non rimpiangendo il pasato nè rimproverando Admeto dell’egoistico patto con Apollo.

Abbandona la terra chiedendo al marito solo di conservare indelebile nel suo cuore il proprio ricordo e di non amare in futuro altre donne, in una scena struggente davanti al palazzo reale che marca ancor più l’evidente contrapposizione tra coraggio femminile e debolezza maschile. Ma in questa tragedia l’amaro destino sembra avere due facce: riposta quella crudele impersonata dal demone della morte Tanato, con Ercole, eroe e salvatore di Alcesti, pare commuoversi alla triste storia della donna e lascia che, per una volta, venga infranta la rigida legge che impedisce ai morti di tornare in vita.

Teatro della triste vicenda e Fere, città della Tessaglia. Il re Admeto in premio all’ospitalità concessa ad Apollo, ha ottenuto il privilegio di sopravvivere al giorno fatale, se un’altra persona accetti di morire per lui. Mentre il vecchio padre Ferete e la madre rifiutano il sacrificio per la salvezza del figlio, la moglie Alcesti è pronta a offrire per lo sposo la propria vita. Intanto Apollo tenta di sottrarla al demone della morte: l’ora scocca, e Alcesti, dopo un nobile commiato, muore. Admeto le promette lutto perenne e postuma fedeltà. Sopraggiunge a palazzo Ercole e, accolto ospitalmente da Admeto, si abbandona alle gioie del simposio, ignaro della morte di Alcesti. Dopo aver appreso la sventura dell’uomo, con un’impresa eroica nel mondo degli inferi, riporta in vita Alcesti.

Nell’"Alcesti" Euripide riesce a creare un mondo femminile idealizzato, dove la donna diventa eroina di fronte alla morte. Alcesti cede alla debolezza del marito, e con uno sconvolgente atto di fermezza, non indugia a sacrificare la propria gioia per il bene dell’uomo. La figura di Admeto è disegnata nella sua consistenza antieroica, con genuina poesia. Da una parte si condanna l’egoismo di Admeto attraverso il rifiuto del vechio Ferete di assecondare il desiderio del figlio, ma si giustifica anche la sua decisione impulsiva riconducendole all’ideale d’immortalità radicato nella cultura classica.

La vicenda di Alcesti si risolve, come in una favola, con il classico lieto fine in cui il bene trionfa su un destino che in questo caso tanto malvagio non è, dimostrando come l’ostinata volontà di una donna possa riuscire a commuovere anche la fredda morte.

 

alcesti

(Sarcofago: mito di Alcesti)

 


 

EURIPIDE

 Euripide nacque a Salamina nel 480 a.C., secondo molte fonti proprio il giorno in cui si combatté la famosa battaglia navale tra Greci e Persiani, da una famiglia agiata. Sono scarse le notizie sicure sulla sua vita. Non partecipò alla vita politica, e fu in stretto contatto con i filosofi Anassagora, i sofisti e Socrate. Debuttò in teatro con "Le Peliadi" (455 a.C.), riportando il terzo premio. nel 408 a.C. si recò alla corte di Archelao in Macedonia, dove morì nel 406 a.C. circa.

Dei novantadue drammi attribuitigli dalla tradizione, ci restano diciassette tragedie (Alcesti, 438; Medea, 431; Eraclidi, 430-427; Andromaca, Ippolito, 428; Ecuba, 424 ca; Supplici, 424-421; Eracle, 424 ca; Troiane, 415; Elettra, 413; Elena, 412; Ifigenia in Tauride, 410 ca; Ione, 412 ca; Fenicie, 410-408; Oreste, 408; Ifigenia in Aulide, Baccanti, postume), una d’incerta attribuzione (Reso), un dramma satiresco (Il Ciclope), e molti frammenti.

La costruzione delle tragedie è varia: vi sono drammi incentrati intorno a un personaggio femminile, e altri bipartiti, mentre uno stesso personaggio può presentare alterazioni psicologiche e diverse personalità; alcuni drammi presentano intrecci complicati, costringendo l’autore a ricorrere a espedienti artificiosi e a fare largo uso del "deus ex machina", altre hanno caratteristiche della commedia nuova. E’ indicativa da un lato la presenza di personaggi odiosi, litigiosi, mediocri e umili, dall’altro il polarizzarsi del tragico euripideo attorno alle figure femminili, deboli e sopraffatte dalla passione, o esaltate da un ebrezza di morte e più cariche della complessa e sconcertante dell’irrazionale.

L’opera euripidea è certo l’opera delle contraddizioni: ora è un desolato pessimismo sulla vita degli uomini o sugli aspetti dell’anima umana, ora un sogno utopistico che non esclude del tutto la speranza e, pur nell’amarezza, indugia a contemplare quello che doveva essere e non è, quello che non è e potrebbe essere. Sono questi gli aspetti che rendono Euripide il poeta della ricerca.

 


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