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Analisi de "L'Istruttoria"
P. Weiss

IL TEATRO

 

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 Le Troiane
Euripide

L'Istruttoria
P. Weiss

Le Troiane e L’Istruttoria a confronto

 

Le circostanze della composizione

" Dal dicembre del 1963 all'agosto del 1965 si svolse a Francoforte il processo contro un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz. Per la prima volta la Repubblica Federale Tedesca affrontava in maniera impegnativa la questione delle responsabilità individuali. Il processo ebbe dimensioni proporzionate alla sua importanza: nel corso di 183 giornate vennero ascoltati 409 testimoni, 248 dei quali scelti tra i 1.500 sopravvissuti al lager.
Peter Weiss assistette a molte sedute del processo. Vide i volti e le espressioni degli imputati e dei testimoni, presenziò al tentativo di far rientrare negli schemi della giustizia umana crimini non solo senza precedenti, ma inconcepibili. Prese note, consultò i resoconti pubblicati su giornali, elaborò un testo teatrale che in tedesco si intitola Die Ermittlung, che significa non solo "istruttoria" in senso tecnico giuridico, ma anche "accertamento della verità, indagine". In questo atto di denuncia contro i criminali nazisti dei campi di sterminio, Weiss trasforma in poesia i verbali di deposizione di torturatori e deportati. Il giudice, il difensore, l'accusatore, diciotto accusati e nove testimoni anonimi, ognuno dei quali impersona più di un testimone reale, sono i personaggi di questo “oratorio in undici canti”, nel quale non è contenuta una sola parola che non sia stata pronunciata nell'aula del tribunale.

Lo stile

In versi liberi, brevi e brevissimi, spesso di una sillaba, la materia inaudita: accuse, testimonianze, difese, tutte egualmente, se pure per ragioni diverse, atroci, si dispongono in un susseguirsi che alla prima apparenza sembra anonimo ed incolore, ma in realtà, nel suo metodico incalzare, giunge ad una tensione drammatica e morale altissima: la testimonianza si trasforma in poesia e la poesia integra ed approfondisce la storia: ne mostra la più profonda verità umana e "religiosa". Le combinazioni di parole ritrovate da Weiss restituiscono, con un'immediatezza a volte quasi insostenibile, non un senso, ma tutti i possibili sensi di quello che la documentazione storica piú completa può offrire: una volta tanto, un testo di poesia integra, anzi approfondisce, i dati della storia.

Il contenuto

Gli undici canti dell'oratorio descrivono tutti gli aspetti del cammino di sofferenza e di morte del lager:

- il canto della banchina descrive l'arrivo e la discesa dai treni dei deportati e la selezione operata da medici tra i prigionieri destinati alla morte immediata e quelli destinati al lavoro schiavizzato;

- il canto dell'altalena descrive le torture a cui venivano sottoposti prigionieri, tra le quali quella dell' "altalena";

- il canto della possibilità di sopravvivere descrive le impiccagioni ed i meccanismi con cui alcuni prigionieri "privilegiati" riuscivano a procrastinare la propria morte, meccanismi che però comportavano una qualche forma di collaborazione con i carnefici;

-  il canto del fenolo descrive gli esperimenti "medici" mortali e dolorosissimi effettuati contro i prigionieri e la morte inflitta a molti con iniezioni di fenolo;

-  il canto del Cyclon B descrive le camere a gas;

-         il canto dei forni descrive la distruzione dei cadaveri.

L'inferno del maggiore Lager, del Lager per antonomasia, è disegnato nella sua estensione e profondità, le sue istallazioni descritte con rigore catastale, l'iter del detenuto, anzi dello Haftling, minuziosamente tracciato.

Ma il passato è solo una delle dimensioni dell'oratorio di Weiss: l'altra, meno avvertibile per la sua stessa mobilità e ambiguità, è quella del presente, dei modo in cui quel passato è rivissuto. All'evocazione dei fatti compiuta dagli scampati, corrispondono le interpretazioni, le prese di posizione degli imputati e di molti « testimoni », che depongono a piede libero. Questo aspetto dell'Istruttoria ha una stupefacente forza di denuncia: reticenza, malafede, menzogna, viltà, cinismo, ottusità sono caratteri dei despoti, dei boia, dei carcerieri di un tempo; la lezione che si ricava dal loro atteggiamento, certo favorito dall'indulgenza, dall'acquiescenza, quando non dall'appoggio attivo della società in cui oggi vivono, è in un certo senso, forse, più drammatica di quella derivante dall'evocazione del passato. Non sono parole quando si dice che Auschwitz continua ancora dentro e intorno a noi.

Dal testo

Due diversi commenti, due diversi pensieri, la paura di chi subisce, ma la paura anche di chi agisce, di chi è testimone di queste atrocità, di chi finisce per rassegnarsi a ciò che orribilmente diventa la sua "realtà".

Dalla finestra vidi un bambino con una mela; poco dopo vidi uscire l’ufficiale nazista. Andò verso il fanciullo, passò qualche secondo e infine lo vidi a terra morto. Il gendarme rientrò col sorriso. Il pomeriggio lo trovai ad ispezionare i futuri condannati alle camere a gas. Stava mangiando una mela…

Testimone I: Sapevo che nessuno mi avrebbe creduto, sarei stato giustiziato o, nel migliore dei casi, rinchiuso come malato di mente. Pensai anche di fuggire all'estero, ma dubitavo che fuori mi avrebbero creduto e mi chiedevo cosa sarebbe successo se mi avessero creduto e se mi avessero interrogato contro il mio popolo. Potevo solo pensare che questo popolo sarebbe stato distrutto per le sue azioni. Così rimasi.

Commento

Leggendo questo dramma si smette di essere semplici lettori, si viene catturati, si diventa membri della giuria, con un verdetto, più che mai unanime, di condanna verso quell’obbrobrio che fu la shoà. Ricordare la storia passata per fare in modo che le catastrofi come Auschwitz non si ripetano è uno degli insegnamenti che dobbiamo fare nostro e l’Istruttoria, in tutta la sua drammaticità, è un mezzo, assai utile, per questo scopo. Ma i lager, i"covi", portano con sé anche un altro messaggio:...Bisogna entrare nel covo: verificare, accertare cosa nasconde. L’istruttoria, pre-testo per uno sguardo affatto storicizzato. Il mondo è pieno di covi. Testimonianze portate da vittime senza nome. Schiavi per lavori forzati. Cavie per sperimentazioni mediche. Fantasmi. Dentro e fuori di noi, i ”lager”continuano ad esistere nelle loro inesauribili versioni. Un sistema chiuso, un sistema fisico ideale dove realizzare esperimenti perfetti, dove i predatori hanno assoluto potere. Occorre stanare i predatori, sventrare i covi, aprire vie di fuga. Troppo spesso non vogliamo sapere, non vogliamo vedere...

Francesca Scandurra  VS2