In groppa allo scarabeo, Bologna, Parco della Resistenza, 26-27-28 giugno 1995; Formello (Roma), 13-14-15 luglio 1995, regia di S. Cardone.

Lo spettacolo è nato dalla riflessione su un luogo: il centro storico di Formello. L'idea era quella di uno spettatore che si aggirasse in quello spazio di slarghi e passaggi, trovando dietro ogni cantone un piccolo teatro in vita. Poi l'esperimento si è approfondito, trasformando l'intero borgo in un unico articolatissimo palcoscenico. Ogni sera, per tre sere, trenta attori si sono prodotti simultameamente in oltre sette ore di teatro. La scelta di Aristofane, maturata in un laboratorio di circa quattro mesi tenutosi al Teatro dell'Argine di S. Lazzaro di Savena (Bologna), offriva due spunti importanti. Prima di tutto, una scrittura teatrale fortemente pragmatica, estranea a ogni modello recitativo troppo formalizzato, che saltando venticinque secoli sembrava collegarsi direttamente a certe forme plebee di eversione linguistica. Poi, tematicamente, la centralità della politica, che porta Aristofane, da un lato, ad elaborare la più lucida requisitoria contro la demagogia e la corruzione, dall'altro a ridefinire il teatro come lo strumento più efficace che una comunità può darsi per ritrovarsi e capire.
"In groppa allo scarabeo" ha una struttura a imbuto. All'inizio vivono fino a dodici scene contemporaneamente. Lo schema via via si si semplifica fino a comporre un'unica situazione. I paesaggi da una fase all'altra sono segnati da scene corali. ciascuno spettatore in ogni momento dello spettacolo, sia pure in luoghi diversi, vive scene simili per tema e atmosfera e quindi ognuno, in ultima analisi, percorre lo stesso racconto: si comincia con un popolo indefinito di personaggi fissati nel disgusto del presente, nel rifiuto della guerra, nella disperazione per la perduta capacità civile di perseguire il bene comune. È la fase della città. Ad essa succede la fase del sogno. Ogni personaggio insegue una sua piccola personale utopia di fuga che sfocia nel volo di Trigeo: questi, in groppa allo scarabeo, andrà direttamente da Zeus per chiedere ragione della guerra che da troppo tempo "ramazza l'Ellade". Una terza fase dello spettacolo vede in scena tre Pisteteri e tre Evelpidi che, lontano da Atene, immaginano la felicità degli uomini nella remota terra degli uccelli. A questo punto avviene qualcosa di nuovo: i personaggi acquistano sesso. Gli uccelli sono donne giovani e belle. Gli uomini sono vecchi e impotenti. L'utopia da realizzare vive nei progetti di Prossagora e Lisistrata. Quando le donne assumono il potere si trasformano in "uomini", abitanti anfibi di una città totalizzante, autoriataria, mostruosa. È la fine del viaggio. Gli spettatori, molti secoli dopo, raggiungono una piazza dove, simultaneamente, agiscono cinque minuscoli teatrini da fiera. Su quei teatrini si recita Aristofane, come su piccole zattere di sopravvissuti che ancora credono nelle armi del teatro.

[Salvatore Cardone]



Un convegno sul linguaggio delle donne.

Tra il 26 e il 30 giugno 1995 si è tenuto a Sappada un Convegno Internazionale di Studi sul tema "Dialettologia al femminile". L'iniziativa è stata promossa dal Gruppo di Ricerca operante attorno alla cattedra di Dialettologia Italiana dell'Università di Padova e ha inteso avviare una riflessione sul legame tra sesso e variazione linguistica e sui suoi specifici esiti.
Nelle cinque giornate, il tema proposto è stato affrontato secondo varie prospettive: all'analisi tesa a esemplificare e mettere in discussione, nella realtà odierna, il rapporto tra lingua, genere e sesso,è seguita quella interessata a ricostruire usi linguistici femminili e matrici culturali dei secoli passati; all'esame di alcuni aspetti della fonetica, del lessico e della gestualità femminili si è affiancato quello dell'atteggiamento e del ruolo linguistico delle donne nelle situazioni di migrazione e di mutamento linguistico.
Il convegno, pur nella sua indubbia varietà e difformità di contenuti e di metodi, ha raggiunto il significativo scopo di avviare un censimento degli interessi e dei filoni di ricerca riguardanti, in generale, il linguaggio delle donne. La panoramica emersa ha infatti evidenziato che su questi temi, e soprattutto in Italia, mancano ancora luoghi e momenti di dibattito critico che permettano di giungere a trattazioni globali esaurienti e metodologicamente coerenti.
La pubblicazione degli Atti, che sarà curata da Gianna Marcato per la CLEUP, permetterà ancor meglio di verificare lo stato dei lavori e le direzioni lungo le quali studiose e studiosi intendono muoversi nell'esplorazione del mondo linguistico delle donne.

[Angela Chiantera]



Il mestiere di scrivere: creatività e promozione letteraria

Sabato 1 luglio 1995 si è svolto al Teatro Masini di Faenza il convegno "Il mestiere di scrivere: creatività e promozione letteraria", nell'ambito del settimo Folk Festival organizzato dalla cooperativa "Tratti". Introdotto da un intervento del Presidente dei Beni Culturali della regione, professor Ezio Raimondi, sulla lettura e sulla possibilità di sopravvivenza della letteratura oggi, il convegno ha ospitato scrittori provenienti da diversi paesi europei, fra cui Irlanda, Fiandre, Germania, che molto concretamente hanno posto l'accento sulla difficoltà per uno scrittore di inserirsi produttivamente nella società odierna grazie al suo lavoro creativo.
Essi hanno tracciato una panoramica delle iniziative promosse a tal proposito dai governi dei loro paesi: da borse di studio per la letteratura a sgravi fiscali per opere ritenute di pregio, fino a un vero vitalizio per scrittori in ristrettezze economiche nel caso dell'Irlanda. È emersa, per tutti, la necessità di lavorare, magari occasionalmente o part-time, in campo giornalistico, alla radio, alla televisione o nella scuola, senza escludere il caso di chi svolge, parallelamente al mestiere di scrittore, un altro lavoro a tempo pieno. Resta il bisogno di un dialogo internazionale a più voci, per promuovere una politica omogenea a livello europeo che non costringa gli scrittori a sottomettersi in modo troppo pesante alle leggi del mercato o allo strapotere dei mass-media.

[Eleonora Conti]



The Seventh International Bakhtin Conference

Si è svolto a Mosca, dal 26 al 30 giugno 1995, il Settimo Convegno Internazionale di Studi su Michail Bachtin, dopo gli incontri di Kingston, Cagliari, Gerusalemme, Urbino, Manchester e Città del Messico, che si sono tenuti con cadenza biennale dal 1983.
Ai lavori hanno preso parte circa centocinquanta studiosi di tutto il mondo provenienti, oltre che da settori tradizionalmente bachtinizzati, da molteplici altre discipline, dalla teologia all'urbanistica, dalla pedagogia all'etnologia, dalla storia alla teoria sociale e alla filosofia teoretica: segno che l'interesse per il filosofo russo, ormai disseminato in tutte le scienze umane, investe un'universalità di problemi che riguardano in primo luogo la consapevolezza di grandi trasformazioni globali prima ancora del riassetto delle singole discipline. Forse anzi, a tratti, questo aspetto palingenetico del pensiero bachtiniano ha rischiato in alcuni interventi di essere esagerato (v. C. Gardner), così come per certi versi è sembrato ad alcuni partecipanti di celebrare un culto, dando luogo a una specie di rituale comunitario con tanto di "reliquie" vocali, in forma di registrazioni della voce di Bachtin.
Sembra in ogni caso finalmente recepita la rilevanza di Bachtin come filosofo (titolo di una recente miscellanea moscovita), e una parte di primo piano hanno giocato nel Convegno i problemi dell'etica, della religione, del valore, della libertà, così come le complesse questioni del futuro, della storia, della tradizione, della soggettività e della razionalità. Una parte fondamentale hanno avuto quindi le opere giovanili, e in particolare gli appunti Per una filosofia dell'atto, ora in parte reintegrati, a cominciare dalla traduzione americana, con i brani che erano stati censurati nella prima pubblicazione del 1986. Ma una parte importante hanno avuto anche il libro su Rabelais e il carnevale, rinati a nuovo interesse e a nuove letture.
In generale, uno spostamento d'attenzione è stato registrato, fin dalle prolusioni di Vittorio Strada e Vitalij Machlin, verso un'ermeneutica non più (o non solo) dell'inter-testualità, ma dell'inter-contestualità, fatto che si è rifratto nelle sezioni, dove i Cross-Cultural Studies nelle loro varie forme sono stati molto praticati e discussi. Di particolare interesse sono state la sezione sulla teoria dei generi e quella su "Retorica e/o Dialogicità", mentre altre sezioni hanno riguardato argomenti più collaudati, ma ancora fecondi, come il romanzo e l'estetica bachtiniana. Numerosi spazi sono stati giustamente dedicati all'approfondimento del contesto filosofico russo entro cui va inteso il pensiero di Bachtin (quello dei Pumpjanskij, Florenskij, Kagan, ecc.), e si è molto dibattuto sulla diversità di prospettiva che differenzia la ricezione russa di Bachtin da quella occidentale, specialmente nordamericana, quanto ad aspettative socio-politiche. Diversità che, di là da certe rivendicazioni aprioristiche di "russità" e da certe superficialità occidentali, può appunto essere messa a frutto negli studi.

[Federico Pellizzi]


n. uno, agosto 1995


Torna a:


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 1995-2002