Luigi Balsamini, "Gli arditi del popolo dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste", Galzerano Editore, 2002, pp. 304, 15 Euro

Nell'agosto di quest'anno ricorreva l'80mo anniversario delle ultime durissime battaglie combattute nel 1922, tra gli antifascisti e le formazioni fasciste all'assalto delle ultime roccaforti "rosse", da Bari a Parma dove gli squadristi capeggiati da Italo Balbo subirono la più grave sconfitta ad opera delle barricate erette nei borghi proletari e degli Arditi del Popolo, la prima organizzazione armata che tentò di difendere le sedi operaie e le libertà sociali dalla violenza fascista e delle forze dell'ordine.
Qualche testata della sinistra si è ricordata di questo anniversario ma, ancora una volta, tale associazione antifascista militante è rimasta nell'ombra, mentre nelle iniziative ufficiali si è tentato di presentarla come un movimento democratico, rimuovendone le ancora oggi scomode radici sovversive.
Se fino a pochi anni fa per sapere qualcosa attorno all'esperienza degli Arditi del Popolo, occorreva andare a cercare tra le pagine di alcuni saggi più generali, quali "Proletari senza rivoluzione" di Del Carria o "Storia del Partito comunista" dello Spriano, oppure rifarsi al fondamentale ma poco conosciuto testo di F. Cordova "Arditi e legionari dannunziani", dal 1994 ad oggi erano state già pubblicate ben tre ricerche (I. Fuschini, "Gli Arditi del popolo", ed. Longo; M. Rossi, "Arditi, non gendarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo", ed. BFS; E. Francescangeli, "Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista", ed. Odradek) che con impegno hanno cercato - difficile dire con quali risultati - di far irrompere gli Arditi del Popolo, dopo decenni di oblio e rimozione, nel dibattito storico contemporaneo, da un lato prigioniero di visioni storico-politiche blindate "di sinistra" e dall'altro infestato dal cosiddetto revisionismo storico "di destra".
Tentativo arduo ma non del tutto privo di frutti, dato che oltre alle decine di conferenze-presentazioni-dibattiti in cui per mezza penisola si è tornati a parlare e discutere su tale pagina di storia, va menzionata la festa delle barricate che ogni anno si tiene a Parma ed il fatto che lo scrittore Pino Cacucci (prima di lui c'era già stato A. Bevilacqua con "Il viaggio misterioso") si è ispirato alle vicende legate agli Arditi del Popolo inserendo la figura di Argo Secondari, il loro fondatore, nel suo "Ribelli!".
L'ultimo, rilevante, contributo in tal senso è la ricerca "Gli Arditi del Popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste" di Luigi Balsamini, edita da Galzerano.
Il libro nato sulla base della tesi universitaria di Luigi ha approfondito, collegandosi e riprendendo quanto era stato in precedenza scritto, taluni aspetti dell'arditismo sovversivo ed ha aperto ulteriori prospettive d'interpretazione storica.
In particolare, nel lavoro di Luigi, è da segnalare l'importanza data alla ricostruzione degli antecedenti bellici, fondamentali per comprendere non solo lo scenario storico ma anche i risvolti culturali e persino psicologici del percorso politico dell'arditismo, sorprendente per certi aspetti ma pure analogo alle dinamiche che videro protagonisti i reduci della Prima Guerra Mondiale in tutti i paesi coinvolti nell'immane conflitto.
Ruolo centrale di tale aspetto fu quello giocato dall'estetica della morte e, come ben sottolineato da Luigi, "questa componente mistico-mortuaria si ritroverà sotto molti aspetti in quella che è stata definita la liturgia dello squadrismo fascista, fatta anch'essa di riti, culto dei martiri, simboli, ed ugualmente dominata dall'immagine della morte", mentre negli Arditi del Popolo tale simbologia tenderà - pur senza essere mai del tutto rimossa (basti pensare al simbolo del teschio) - a contaminarsi con quelle del movimento operaio e delle sue componenti più radicali - comuniste e anarchiche -, assumendo nuove e meno funeree valenze.
Inoltre Luigi ha voluto, assai opportunamente, soffermarsi sui diversi atteggiamenti assunti dagli anarchici nei confronti della lotta antifascista e degli Arditi del Popolo, soprattutto in relazione alle diverse tendenze esistenti in seno all'anarchismo; tale questione meriterebbe peraltro ulteriori approfondimenti, dato che basta conoscere un po' di biografie dei militanti libertari di tale periodo per rendersi conto quanto sia articolato il ventaglio delle posizioni, pur se comunque tutte all'interno della comune rivendicazione all'autodifesa anche violenta nei confronti dello squadrismo e della libertà di organizzarsi anche per gli Arditi del Popolo. Non solo infatti ci furono anarchici che guardarono con diffidenza gli Arditi del Popolo per il carattere paramilitare della loro associazione, ma ci furono anche, e non certo pochi, anarchici individualisti che invece ne vennero attirati dal ribellismo e dall'azione diretta che questi praticavano "colpo su colpo" ma anche per le comuni passate consonanze interventiste e fiumane. Di contro, pur se l'Unione Anarchica Italiana fu l'organizzazione rivoluzionaria che con maggiore coerenza appoggiò e difese gli Arditi del Popolo, anche attraverso le pagine di Umanità Nova, numerosi suoi militanti comunisti-anarchici non vi aderirono per il carattere autoritario e interclassista assunto in talune situazioni da tale associazione.
Un libro in sintesi che, aprendo ulteriori ambiti di ricerca e dibattito, approfondisce e stimola la conoscenza di tale pagina di storia sociale che nessuno è riuscito ancora a pacificare.

da "Umanità Nova" n. 29 del 15 settembre 2002