Mappe
Piazze
Piazza Galvani
La piazza viene aperta da papa Pio IV in concomitanza con la costruzione del portico e dell’edificio dell’Archiginnasio nel 1563. In questo sito si teneva già la fiera dei bozzoli da seta da cui il nome di piazza del Pavaglione che deriverebbe da padiglione, alludendo ai ripari sotto cui si teneva tale manifestazione.
Nel 1801, per festeggiare la pace di Lunéville fra Francia e Austria, stati che si contendevano il governo dei territori emiliani, il sito viene denominato piazza della Pace ma il toponimo non attecchisce.
Nel 1871 la piazza viene dedicata allo scienziato Luigi Galvani, raffigurato nella statua che domina il luogo, opera dello scultore Adalberto Cencetti (1879).
Nel 1801, per festeggiare la pace di Lunéville fra Francia e Austria, stati che si contendevano il governo dei territori emiliani, il sito viene denominato piazza della Pace ma il toponimo non attecchisce.
Nel 1871 la piazza viene dedicata allo scienziato Luigi Galvani, raffigurato nella statua che domina il luogo, opera dello scultore Adalberto Cencetti (1879).
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Piazza Galvani
La piazza viene aperta da papa Pio IV in concomitanza con la costruzione del portico e dell’edificio dell’Archiginnasio nel 1563. In questo sito si teneva già la fiera dei bozzoli da seta da cui il nome di piazza del Pavaglione che deriverebbe da padiglione, alludendo ai ripari sotto cui si teneva tale manifestazione.
Nel 1801, per festeggiare la pace di Lunéville fra Francia e Austria, stati che si contendevano il governo dei territori emiliani, il sito viene denominato piazza della Pace ma il toponimo non attecchisce.
Nel 1871 la piazza viene dedicata allo scienziato Luigi Galvani, raffigurato nella statua che domina il luogo, opera dello scultore Adalberto Cencetti (1879).
Nel 1801, per festeggiare la pace di Lunéville fra Francia e Austria, stati che si contendevano il governo dei territori emiliani, il sito viene denominato piazza della Pace ma il toponimo non attecchisce.
Nel 1871 la piazza viene dedicata allo scienziato Luigi Galvani, raffigurato nella statua che domina il luogo, opera dello scultore Adalberto Cencetti (1879).
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Piazza Santo Stefano
Piazza Santo Stefano non esiste. Quella che tutti chiamano piazza, in verità è uno slargo, un’apertura della via che traguarda la facciata dell’omonima chiesa, tradizionalmente composta da un aggregato di spazi liturgici detto dai bolognesi “Sette Chiese”.
Questo spazio ha, dunque, una originale forma a ‘imbuto’ e connette punti ad altezze diverse colmando il dislivello fra il centro più basso, l’ingresso della chiesa ancora più in basso e i lati porticati posti più in alto. Nel 1934 si pensa di mettere ordine a tali differenze di altezze: il sagrato viene isolato in una zona ribassata attorno a cui è costruito uno zoccolo che porta il piano di calpestio al livello del punto più alto. In tal modo la piazza diventa carrabile tutto intorno alla chiesa e così resta fino agli anni 80 del Novecento. Dino Gavina, imprenditore illuminato, nel 1989 convince l’Amministrazione a coinvolgere Luigi Caccia Dominioni. Il progetto dell’architetto milanese prevede di ripristinare l’andamento a catino della piazza attraversata da ‘guidane’ ovvero percorsi pedonali ritagliati su una pavimentazione diversa da quella poi effettivamente realizzata.
Questo spazio ha, dunque, una originale forma a ‘imbuto’ e connette punti ad altezze diverse colmando il dislivello fra il centro più basso, l’ingresso della chiesa ancora più in basso e i lati porticati posti più in alto. Nel 1934 si pensa di mettere ordine a tali differenze di altezze: il sagrato viene isolato in una zona ribassata attorno a cui è costruito uno zoccolo che porta il piano di calpestio al livello del punto più alto. In tal modo la piazza diventa carrabile tutto intorno alla chiesa e così resta fino agli anni 80 del Novecento. Dino Gavina, imprenditore illuminato, nel 1989 convince l’Amministrazione a coinvolgere Luigi Caccia Dominioni. Il progetto dell’architetto milanese prevede di ripristinare l’andamento a catino della piazza attraversata da ‘guidane’ ovvero percorsi pedonali ritagliati su una pavimentazione diversa da quella poi effettivamente realizzata.
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Piazza Santo Stefano
Piazza Santo Stefano non esiste. Quella che tutti chiamano piazza, in verità è uno slargo, un’apertura della via che traguarda la facciata dell’omonima chiesa, tradizionalmente composta da un aggregato di spazi liturgici detto dai bolognesi “Sette Chiese”.
Questo spazio ha, dunque, una originale forma a ‘imbuto’ e connette punti ad altezze diverse colmando il dislivello fra il centro più basso, l’ingresso della chiesa ancora più in basso e i lati porticati posti più in alto. Nel 1934 si pensa di mettere ordine a tali differenze di altezze: il sagrato viene isolato in una zona ribassata attorno a cui è costruito uno zoccolo che porta il piano di calpestio al livello del punto più alto. In tal modo la piazza diventa carrabile tutto intorno alla chiesa e così resta fino agli anni 80 del Novecento. Dino Gavina, imprenditore illuminato, nel 1989 convince l’Amministrazione a coinvolgere Luigi Caccia Dominioni. Il progetto dell’architetto milanese prevede di ripristinare l’andamento a catino della piazza attraversata da ‘guidane’ ovvero percorsi pedonali ritagliati su una pavimentazione diversa da quella poi effettivamente realizzata.
Questo spazio ha, dunque, una originale forma a ‘imbuto’ e connette punti ad altezze diverse colmando il dislivello fra il centro più basso, l’ingresso della chiesa ancora più in basso e i lati porticati posti più in alto. Nel 1934 si pensa di mettere ordine a tali differenze di altezze: il sagrato viene isolato in una zona ribassata attorno a cui è costruito uno zoccolo che porta il piano di calpestio al livello del punto più alto. In tal modo la piazza diventa carrabile tutto intorno alla chiesa e così resta fino agli anni 80 del Novecento. Dino Gavina, imprenditore illuminato, nel 1989 convince l’Amministrazione a coinvolgere Luigi Caccia Dominioni. Il progetto dell’architetto milanese prevede di ripristinare l’andamento a catino della piazza attraversata da ‘guidane’ ovvero percorsi pedonali ritagliati su una pavimentazione diversa da quella poi effettivamente realizzata.
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Piazza Maggiore
E’ il cuore di Bologna. E’ la Platea communis, la piazza del Comune aperta nel 1200 per ospitare le funzioni di governo della città, racchiuse nei palazzi Comunale, del Podestà e dei Notai. Ad essi, dal 1390, si aggiunge la grande Basilica di San Petronio, tempio civico voluto dai cittadini, e la quinta scenografica del Palazzo dei Banchi dietro cui si estende la densa area del Mercato di Mezzo.
Al centro un’area rialzata detta Crescentone ha accolto da sempre il mercato, poi dall’Ottocento in avanti la statua di Vittorio Emanuele, oggi ai Giardini Margherita, le jeep degli alleati che liberano Bologna il 21 aprile 1945 e tante auto finché non si decide di renderla pedonale. Da molti anni d’estate si riempie di appassionati di cinema che con gli occhi fissi su uno schermo grande quanto un palazzo animano l’ appuntamento ormai a gittata internazionale organizzato dalla Cineteca Comunale.
Al centro un’area rialzata detta Crescentone ha accolto da sempre il mercato, poi dall’Ottocento in avanti la statua di Vittorio Emanuele, oggi ai Giardini Margherita, le jeep degli alleati che liberano Bologna il 21 aprile 1945 e tante auto finché non si decide di renderla pedonale. Da molti anni d’estate si riempie di appassionati di cinema che con gli occhi fissi su uno schermo grande quanto un palazzo animano l’ appuntamento ormai a gittata internazionale organizzato dalla Cineteca Comunale.
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Piazza Maggiore
E’ il cuore di Bologna. E’ la Platea communis, la piazza del Comune aperta nel 1200 per ospitare le funzioni di governo della città, racchiuse nei palazzi Comunale, del Podestà e dei Notai. Ad essi, dal 1390, si aggiunge la grande Basilica di San Petronio, tempio civico voluto dai cittadini, e la quinta scenografica del Palazzo dei Banchi dietro cui si estende la densa area del Mercato di Mezzo.
Al centro un’area rialzata detta Crescentone ha accolto da sempre il mercato, poi dall’Ottocento in avanti la statua di Vittorio Emanuele, oggi ai Giardini Margherita, le jeep degli alleati che liberano Bologna il 21 aprile 1945 e tante auto finché non si decide di renderla pedonale. Da molti anni d’estate si riempie di appassionati di cinema che con gli occhi fissi su uno schermo grande quanto un palazzo animano l’ appuntamento ormai a gittata internazionale organizzato dalla Cineteca Comunale.
Al centro un’area rialzata detta Crescentone ha accolto da sempre il mercato, poi dall’Ottocento in avanti la statua di Vittorio Emanuele, oggi ai Giardini Margherita, le jeep degli alleati che liberano Bologna il 21 aprile 1945 e tante auto finché non si decide di renderla pedonale. Da molti anni d’estate si riempie di appassionati di cinema che con gli occhi fissi su uno schermo grande quanto un palazzo animano l’ appuntamento ormai a gittata internazionale organizzato dalla Cineteca Comunale.
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Piazza Cavour
E’ parte integrante della componente che si connota per una marcata identità postunitaria e deve il suo nome alla morte dello statista Camillo Benso concomitante con la progettazione della piazza.
Dal suo sorgere considerata il salotto buono della città, la piazza è frutto di trasformazioni che si consolidano fra il 1859 e il 1866, sotto l’egida del primo Ufficio tecnico di Bologna nell’Italia unita, guidato dall’ingegnere Coriolano Monti.
La genesi rimonta in verità agli ultimi momenti della gestione pontificia e alle mire di grandeur del conte Grabinski, proprietario del Palazzo Ruini Ranuzzi desideroso di ampliare la strada di accesso alla sua proprietà e collegarla al nucleo pulsante del centro storico. Le difficoltà incontrate una volta insediatosi il Monti lo spingono a velocizzare il processo, cominciando nottetempo l’atterramento di uno degli edifici che ostruivano l’avvio della nuova strada. A quel punto i due edifici al centro del dibattito sono definitivamente sacrificati con grande danno per le memorie cittadine. Infatti, all’interno di uno dei due, la casa Benati, vi era un notevole ciclo di affreschi di Lodovico Carracci che viene staccato in gran velocità ma di cui ora si sono per lo più perse le tracce: solo un riquadro oggi è visibile nella sala Reference della Biblioteca dell’Archiginnasio.
Nel nuovo slargo che si costituisce, dal 1861 cominciano a prendere forma gli edifici che tutt'oggi lo circondano: da est Palazzo Guidotti (già esistente ma rifilato per regolarizzarne la facciata), le palazzine Bottrigari, Palazzo Silvani sul fronte sud, il Palazzo della Banca d’Italia a ovest e, a nord, l’edificio che poi nel 1927 diverrà il Banco di Napoli.
Infatti, insieme alla non distante Cassa di Risparmio, questo comparto urbano si caratterizza proprio per la presenza di numerosi istituti bancari, destinazione che ne ha connotato nel tempo il tono di decoro e di sobria monumentalità.
Dal suo sorgere considerata il salotto buono della città, la piazza è frutto di trasformazioni che si consolidano fra il 1859 e il 1866, sotto l’egida del primo Ufficio tecnico di Bologna nell’Italia unita, guidato dall’ingegnere Coriolano Monti.
La genesi rimonta in verità agli ultimi momenti della gestione pontificia e alle mire di grandeur del conte Grabinski, proprietario del Palazzo Ruini Ranuzzi desideroso di ampliare la strada di accesso alla sua proprietà e collegarla al nucleo pulsante del centro storico. Le difficoltà incontrate una volta insediatosi il Monti lo spingono a velocizzare il processo, cominciando nottetempo l’atterramento di uno degli edifici che ostruivano l’avvio della nuova strada. A quel punto i due edifici al centro del dibattito sono definitivamente sacrificati con grande danno per le memorie cittadine. Infatti, all’interno di uno dei due, la casa Benati, vi era un notevole ciclo di affreschi di Lodovico Carracci che viene staccato in gran velocità ma di cui ora si sono per lo più perse le tracce: solo un riquadro oggi è visibile nella sala Reference della Biblioteca dell’Archiginnasio.
Nel nuovo slargo che si costituisce, dal 1861 cominciano a prendere forma gli edifici che tutt'oggi lo circondano: da est Palazzo Guidotti (già esistente ma rifilato per regolarizzarne la facciata), le palazzine Bottrigari, Palazzo Silvani sul fronte sud, il Palazzo della Banca d’Italia a ovest e, a nord, l’edificio che poi nel 1927 diverrà il Banco di Napoli.
Infatti, insieme alla non distante Cassa di Risparmio, questo comparto urbano si caratterizza proprio per la presenza di numerosi istituti bancari, destinazione che ne ha connotato nel tempo il tono di decoro e di sobria monumentalità.
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Piazza Cavour
E’ parte integrante della componente che si connota per una marcata identità postunitaria e deve il suo nome alla morte dello statista Camillo Benso concomitante con la progettazione della piazza.
Dal suo sorgere considerata il salotto buono della città, la piazza è frutto di trasformazioni che si consolidano fra il 1859 e il 1866, sotto l’egida del primo Ufficio tecnico di Bologna nell’Italia unita, guidato dall’ingegnere Coriolano Monti.
La genesi rimonta in verità agli ultimi momenti della gestione pontificia e alle mire di grandeur del conte Grabinski, proprietario del Palazzo Ruini Ranuzzi desideroso di ampliare la strada di accesso alla sua proprietà e collegarla al nucleo pulsante del centro storico. Le difficoltà incontrate una volta insediatosi il Monti lo spingono a velocizzare il processo, cominciando nottetempo l’atterramento di uno degli edifici che ostruivano l’avvio della nuova strada. A quel punto i due edifici al centro del dibattito sono definitivamente sacrificati con grande danno per le memorie cittadine. Infatti, all’interno di uno dei due, la casa Benati, vi era un notevole ciclo di affreschi di Lodovico Carracci che viene staccato in gran velocità ma di cui ora si sono per lo più perse le tracce: solo un riquadro oggi è visibile nella sala Reference della Biblioteca dell’Archiginnasio.
Nel nuovo slargo che si costituisce, dal 1861 cominciano a prendere forma gli edifici che tutt'oggi lo circondano: da est Palazzo Guidotti (già esistente ma rifilato per regolarizzarne la facciata), le palazzine Bottrigari, Palazzo Silvani sul fronte sud, il Palazzo della Banca d’Italia a ovest e, a nord, l’edificio che poi nel 1927 diverrà il Banco di Napoli.
Infatti, insieme alla non distante Cassa di Risparmio, questo comparto urbano si caratterizza proprio per la presenza di numerosi istituti bancari, destinazione che ne ha connotato nel tempo il tono di decoro e di sobria monumentalità.
Dal suo sorgere considerata il salotto buono della città, la piazza è frutto di trasformazioni che si consolidano fra il 1859 e il 1866, sotto l’egida del primo Ufficio tecnico di Bologna nell’Italia unita, guidato dall’ingegnere Coriolano Monti.
La genesi rimonta in verità agli ultimi momenti della gestione pontificia e alle mire di grandeur del conte Grabinski, proprietario del Palazzo Ruini Ranuzzi desideroso di ampliare la strada di accesso alla sua proprietà e collegarla al nucleo pulsante del centro storico. Le difficoltà incontrate una volta insediatosi il Monti lo spingono a velocizzare il processo, cominciando nottetempo l’atterramento di uno degli edifici che ostruivano l’avvio della nuova strada. A quel punto i due edifici al centro del dibattito sono definitivamente sacrificati con grande danno per le memorie cittadine. Infatti, all’interno di uno dei due, la casa Benati, vi era un notevole ciclo di affreschi di Lodovico Carracci che viene staccato in gran velocità ma di cui ora si sono per lo più perse le tracce: solo un riquadro oggi è visibile nella sala Reference della Biblioteca dell’Archiginnasio.
Nel nuovo slargo che si costituisce, dal 1861 cominciano a prendere forma gli edifici che tutt'oggi lo circondano: da est Palazzo Guidotti (già esistente ma rifilato per regolarizzarne la facciata), le palazzine Bottrigari, Palazzo Silvani sul fronte sud, il Palazzo della Banca d’Italia a ovest e, a nord, l’edificio che poi nel 1927 diverrà il Banco di Napoli.
Infatti, insieme alla non distante Cassa di Risparmio, questo comparto urbano si caratterizza proprio per la presenza di numerosi istituti bancari, destinazione che ne ha connotato nel tempo il tono di decoro e di sobria monumentalità.
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Piazza Minghetti
La zona fra le piazze Minghetti e Cavour diventa strategica nell’ottica di un rinnovo urbano post-unitario che le destina ad accogliere le sedi locali e nazionali di istituzioni all’epoca cruciali, come gli edifici prestigiosi della Banca d’Italia, della Cassa di Risparmio e delle Poste.
La piazza Minghetti, in specifico, viene ricavata dalla demolizione, effettuata nel 1893, di un intero isolato. Tale svuotamento si era reso necessario anche per inserire adeguatamente il Palazzo della Cassa di Risparmio di Bologna che Giuseppe Mengoni, l’architetto della Galleria Vittorio Emanuele a Milano, erige fra il 1868 e il 1877. La piazza è inaugurata nel 1896 e dedicata allo statista Marco Minghetti.
Il lato verso nord, in un primo momento, viene assegnato alla costruzione del Museo di Mineralogia dell’Università, tuttavia, data la posizione strategica, si decide in seguito di destinarlo ad un solenne edificio per le Poste la cui progettazione inizia nel 1903. L’ingegnere Emilio Saffi (1861-1930), incaricato dell’opera, la porterà a termine per l’inaugurazione avvenuta nel 1911.
L’edificio è stato concepito in uno stile eclettico tardo rinascimentale, come spesso avviene all’epoca per le sedi istituzionali.
Foto Bologna Welcome@Wildlab
La piazza Minghetti, in specifico, viene ricavata dalla demolizione, effettuata nel 1893, di un intero isolato. Tale svuotamento si era reso necessario anche per inserire adeguatamente il Palazzo della Cassa di Risparmio di Bologna che Giuseppe Mengoni, l’architetto della Galleria Vittorio Emanuele a Milano, erige fra il 1868 e il 1877. La piazza è inaugurata nel 1896 e dedicata allo statista Marco Minghetti.
Il lato verso nord, in un primo momento, viene assegnato alla costruzione del Museo di Mineralogia dell’Università, tuttavia, data la posizione strategica, si decide in seguito di destinarlo ad un solenne edificio per le Poste la cui progettazione inizia nel 1903. L’ingegnere Emilio Saffi (1861-1930), incaricato dell’opera, la porterà a termine per l’inaugurazione avvenuta nel 1911.
L’edificio è stato concepito in uno stile eclettico tardo rinascimentale, come spesso avviene all’epoca per le sedi istituzionali.
Foto Bologna Welcome@Wildlab
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Piazza Verdi
Il toponimo Piazza Verdi è relativamente recente, risale infatti al 1951.
Lo spazio nasce come slargo antistante la Domus Magna dei Bentivoglio, lo sfarzoso palazzo costruito a partire dal 1460. Giovanni II Bentivoglio (1443-1508) è responsabile della realizzazione di una piazza dove il portico diventa elemento ordinatore che connota uno spazio urbano decoroso e di prestigio.
Degli assetti bentivoleschi, attualmente rimane leggibile solo l’edificio relativo alle Scuderie dei Bentivoglio adibito a bar.
Nel 1586 i Padri Agostiniani di San Giacomo chiedono di poter costruire un portico a ridosso della parete nord-est della chiesa di Santa Cecilia, ai tempi parrocchia, in modo da completare l’assetto porticato della Piazza da cui rimane escluso solo il lato di palazzo Paleotti, essendo Palazzo Bentivoglio anch’esso porticato. Nel 1906, lavori coordinati da Alfonso Rubbiani, al fine di riportare alla luce un tratto delle mura dei Torresotti, demoliscono il portico contiguo a Santa Cecilia.
Dopo la distruzione e spoliazione del Palazzo dei Bentivoglio (1506-1507) sul suo sedime chiamato dai bolognesi ‘Guasto’, non viene costruito più nulla fino alla decisione di ergervi, nella parte verso strada San Donato, l'attuale via Zamboni, il Teatro Comunale, la cui edificazione risale al 1756.
Nel 1977 la piazza viene arricchita da tre elementi cilindrici opera di Arnaldo Pomodoro ben presto coperti da graffiti e manifesti, motivo per cui sono spostati presso l’allora Galleria d’Arte Moderna presso il Fiera District e recentemente ricollocati nell’area del Cavaticcio.
Lo spazio nasce come slargo antistante la Domus Magna dei Bentivoglio, lo sfarzoso palazzo costruito a partire dal 1460. Giovanni II Bentivoglio (1443-1508) è responsabile della realizzazione di una piazza dove il portico diventa elemento ordinatore che connota uno spazio urbano decoroso e di prestigio.
Degli assetti bentivoleschi, attualmente rimane leggibile solo l’edificio relativo alle Scuderie dei Bentivoglio adibito a bar.
Nel 1586 i Padri Agostiniani di San Giacomo chiedono di poter costruire un portico a ridosso della parete nord-est della chiesa di Santa Cecilia, ai tempi parrocchia, in modo da completare l’assetto porticato della Piazza da cui rimane escluso solo il lato di palazzo Paleotti, essendo Palazzo Bentivoglio anch’esso porticato. Nel 1906, lavori coordinati da Alfonso Rubbiani, al fine di riportare alla luce un tratto delle mura dei Torresotti, demoliscono il portico contiguo a Santa Cecilia.
Dopo la distruzione e spoliazione del Palazzo dei Bentivoglio (1506-1507) sul suo sedime chiamato dai bolognesi ‘Guasto’, non viene costruito più nulla fino alla decisione di ergervi, nella parte verso strada San Donato, l'attuale via Zamboni, il Teatro Comunale, la cui edificazione risale al 1756.
Nel 1977 la piazza viene arricchita da tre elementi cilindrici opera di Arnaldo Pomodoro ben presto coperti da graffiti e manifesti, motivo per cui sono spostati presso l’allora Galleria d’Arte Moderna presso il Fiera District e recentemente ricollocati nell’area del Cavaticcio.
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