Mobilitazione nazionale degli studenti medi contro il decreto della
Moratti sulla scuola secondaria
Perché mobilitarsi
L’ultimo decreto presentato dal ministro Moratti riguarda la scuola
secondaria superiore: la riforma, dunque, è prossima a modificare l’assetto
delle nostre scuole. Riteniamo necessario proseguire la contestazione alla
riforma e, perciò, scenderemo in piazza 18 marzo chiedendo l’immediato ritiro
del decreto, completamente privo, come nel perfetto stile Moratti, di
confronto, discussione e partecipazione, elementi necessari per una riforma del
sistema scolastico.
Con gli studenti francesi
In queste settimane moltissimi
studenti stanno manifestando in Francia
contro la riforma Fillon, una riforma per molti aspetti simile alla riforma
Moratti. Manifestazioni a Parigi e in tutta la Francia si
stanno susseguendo da giorni al grido di “la scuola non è una merce”, contro i
processi di privatizzazione dell’istruzione e contro il classismo della riforma
del ministro Fillon. La riforma francese vuole
semplificare la scuola secondaria, imponendo solo una base di conoscenze minime
che sono quelle richieste dal mercato del lavoro, mentre poi ai più bravi (o ai
più ricchi?) verrà dato il resto, cioè gli strumenti per eccellere. E’ un po’ ciò che vuol fare la Moratti con
la canalizzazione tra licei e formazione professionale. E' proprio contro questa idea classista della scuola che ci batteremo
nelle prossime settimane con gli studenti francesi, in nome di un’idea di égalité che nel mondo contemporaneo sembra
sorpassata. Ci mobiliteremo con loro e con le decine di organizzazioni
studentesche mondiali che con noi hanno partecipato all’assemblea studentesca internazionale di Porto Alegre, dando forza
al movimento studentesco globale, condannando i processi di mercificazione e
rilanciando le mobilitazioni comuni come sarà nuovamente per il 17 novembre.
Il decreto
Lo schema di decreto è,
ovviamente, in linea con l’impostazione
della legge delega, si fonda quindi sull’abbassamento dell’obbligo scolastico e su una rigida separazione tra due canali,
di valore diverso, e cioè tra quello che ancora sarà a tutti gli effetti scuola (costituito esclusivamente da
licei) e il canale formato da istruzione e formazione professionale, nel quale
finiranno la stragrande maggioranza degli istituti professionali, declassati a
puro addestramento professionale. Si accetta, quindi, il principio di
equiparare gli istituti professionali con la formazione professionale che, da
sempre, svolge la funzione di riqualificare i lavoratori; ancor più grave è
l’aver portato a compimento il processo, avviato con la riforma del Titolo V
della costituzione, di una completa regionalizzazione dell’istruzione
professionale.
Resta confermata la decisone di
imporre agli studenti di scegliere tra questi due sistemi a soli 13 anni: una
scelta che ci porteremo dietro per tutta la vita.
Contestiamo l’idea della Moratti che esistano saperi di serie A e di
serie B: come per la riforma di Gentile di oltre 70 anni fa; figlia
dell’idea che la cultura umanistica sia l’unica degna di rilievo, posta al
vertice della piramide dei saperi. In tal modo, la proposta di decreto
riconosce come unica scuola il liceo classico, le altre sono considerate di
serie B fino agli attuali istituti professionali trasformati nel vecchio
addestramento professionale. Di fatto, il
decreto sembra orientato allo spirito di “classicizzare” ogni tipo di scuola,
di renderla più o meno simile all’attuale impostazione di un liceo classico.
Intendiamo rovesciare una simile
impostazione perché la scuola che vogliamo è capace di valorizzare, di
sostenere tutti i possibili approcci al sapere: è capace, cioè, di fare cultura
tutti gli studenti.
La scuola che no vogliamo
Se è vero che non smetteremo di
contestare i progetti del Ministro Moratti, è altrettanto vero che la scuola, in modo particolare la scuola
secondaria, necessità di
un’autentica trasformazione perché possa adempiere ai compiti che la nostra
Costituzione le assegna. Da anni abbiamo denunciato tutte le inefficienze della
scuola di oggi, come pure pensiamo di poter dare come studenti e studentesse
insieme agli insegnati un contributo per un autentico miglioramento della
scuola.
I perché di un cambiamento della
nostra scuola sono evidenti: dai dati drammatici sulla dispersione scolastica
sino ai dati dell’indagine PISA sui risultati conseguiti dalla nostra scuola,
ovvero sulle competenze possedute dagli studenti al fine del ciclo d’istruzione
superiore. In base a questi dati è evidente la dequalificazione e l’abbassamento dell’offerta formativa delle nostre
scuole, il suo progressivo impoverimento, contro il quale sono necessari,
appunto, provvedimenti. Battersi contro la Moratti per noi vuol dire anche
contestare la scuola così com’è, il suo essere selezionatrice e incapace di
accogliere tutti i ragazzi.
Il diritto allo studio, il diritto ai saperi
Una situazione, lo ripetiamo, che prescinde dalle riforme Moratti che
hanno il torto di accentuare questi caratteri ma non di generarli perché sono
propri del nostro sistema scolastico: altrimenti non ci spiegheremmo
perché mai le condizioni di partenza incidano a tal punto che ad andare al
liceo sono oltre il 60% dei figli dei laureati mentre appena il 18% dei figli
di chi ha solo un diploma di scuola media inferiore, perché il 40% di chi
ottiene ottimo al giudizio della terza media è figlio di laureati, solo il 15%
di chi ha una qualifica professionale.
Ecco perché alla battaglia per
il ritiro del decreto e per una scuola di qualità affianchiamo quella per l’approvazione di leggi regionali sul diritto
allo studio e per una legge quadro nazionale che assicuri la possibilità di
scegliere in modo autonomo il proprio percorso formativo. Riteniamo
necessario, inoltre, la definizione di un sistema di accesso ai saperi,
partendo dall’eliminazione dalla scuola dei caratteri classisti che ancora la
contraddistinguono e trasformandola in un reale strumento di mobilità sociale,
capace, cioè, di assicurare a tutti di poter realizzare le proprie aspirazioni,
attraverso la piena autonomia nella scelta del percorso formativo.
Cambiare la scuola
Crediamo necessario per la
scuola superiore una sostanziale inversione di tendenza: da sempre rivendichiamo l’innalzamento dell’obbligo, sino alla fine
della scuola superiore. Una proposta, questa, da leggere in chiave di un
processo di miglioramento complessivo del sistema d’istruzione, che sappia far
fronte innanzitutto alla dispersione scolastica, anche attraverso la capacità
di valorizzare tutte le intelligenze. A nostro avviso un simile processo è
necessario perché sarebbe del tutto privo di senso rivendicare di stare più
tempo in una scuola che non ci rispetta e non rispetta la nostra creatività.
Ecco perché vogliamo anche
riaprire la questione dei diritti degli studenti: ci fa piacere che molti
insegnanti siano disposti a mobilitarsi con noi, ad attaccare le riforme della
Moratti. Vorremmo però che questo comune sentire contro la Moratti divenisse
una pratica quotidiana e costante nelle nostre scuole: perché si fa tanta
fatica ad accettare il ruolo degli studenti? Perchè i diritti sanciti dal
nostro statuto vengono tutt’ora messi in discussione? In linea, infatti, con
una riforma della scuola autoritaria che reintroduce il voto in condotta la
maggioranza ha presentato in Parlamento una proposta di legge di riforma degli OOCC
che sopprime i consigli di classe,
dimezza i rappresentanti degli studenti riducendoli a 2 nel consiglio
d'istituto e cancella il diritto all'assemblea, rendendolo un optional di
cui ogni scuola può dotarsi o meno. Crediamo che sia necessario fermare questa
riforma degli organi collegiali che mira a privare noi studenti dei nostri
diritti fondamentali.
Infine crediamo che il
cambiamento della scuola superiore passi dalla capacità di coinvolgere i
soggetti che quotidianamente vivono la scuola, partendo appunto dalle migliori
esperienze realizzate negli ultimi anni: non
vogliamo più vedere maxiprogetti elaborati da esperti di viale Trastevere
calare dall’alto, e questo a prescindere dal colore politico del governo in
carica.
Unione degli studenti
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