BOZZA DOCUMENTO SUI LICEI TECNOLOGICI

 

 

  1. OSSERVAZIONI SULLA FILOSOFIA DELLE SCELTE

 

L’impianto duale del secondo ciclo, come ideato nella legge 53 e come ribadito chiaramente fin dal primo articolo del decreto attuativo, è difficilmente condivisibile.

La pari dignità dei due sistemi, liceale e dell’istruzione e della formazione professionale, appare una pura petizione di principio che non trova alcun riscontro nella profonda diversità di impianto dei due sistemi.

In questo quadro, le conseguenze peggiori sono riservate agli istituti tecnici e professionali. E non sarà necessario attendere l’applicazione della riforma per vederne le conseguenze: esse sono già ora evidenti, dal momento che la situazione di incertezza ha già spinto moltissime famiglie ad iscrivere i figli o ad un liceo o ad un professionale (destinato a diventare regionale, ma perlomeno in grado di garantire la qualifica intermedia o il diploma terminale).

Inutile dire che la conseguenza di scelte siffatte sarà per molti studenti il fallimento scolastico, premessa per un abbandono della scuola che ci si vanta invece di voler contrastare. Inoltre, il sistema liceale tradizionale dovrà forzatamente rivedere le sue pratiche didattiche ed i suoi obiettivi, se dovranno esservi accolti ragazzi con attitudini e capacità assai differenti da quelle che ci si attendono da studenti liceali. Ciò non potrà che tradursi in un abbassamento di livello dei licei tradizionali, che si ritroveranno assai in difficoltà a valorizzare le eccellenze, che secondo il MIUR  non vengono sufficientemente sostenute già ora.

Ma si può prevedere una seconda conseguenza, che interessa direttamente il mondo economico e produttivo. La scomparsa di quadri intermedi, quali periti, geometri e ragionieri, si tradurrà in un danno evidente per le imprese, specie quelle medie e piccole, che su questo tipo di figure professionali basano la loro crescita ed il loro funzionamento. Non a caso, Confindustria e numerose  altre associazioni professionali ed imprenditoriali hanno assunto posizioni pesantemente critiche sulla bozza di riforma delle superiori del MIUR.

Il ministero promette che la dicotomia tra i due canali potrà essere superata da strutture “tipo campus”, che conterranno percorsi di versi, e dal potenziamento della formazione di base comune ai due sistemi. Ma non presenta nessun progetto concreto a fianco delle dichiarazioni d’intenti.

Ciò che ci si chiede è in particolare come verranno svolte le attività laboratoriali nei cosiddetti Licei vocazionali: già le cose paiono essere migliorate rispetto alla bozza originale, che trasformava radicalmente l’istruzione tecnica facendone un percorso liceale generalista, con tanto di latino e filosofia per 5 anni e 3 ore sole di laboratorio.

Insomma, il progetto di riforma della scuola superiore somiglia sempre più, con un aggiustamento qui ed uno là, a quello di Berlinguer: una istruzione tecnica licealizzata e dei licei “generalisti” dove  aumenta notevolmente il numero delle discipline di studio, ciascuna con 1-2 ore settimanali.

Ma sorgono due gravi dubbi, rispetto alla Berlinguer: uno riguarda la qualità e l’efficacia dei laboratori, come si accennava sopra; l’altro si riferisce al valore legale degli attuali titoli di studio di perito, ragioniere e geometra, che costituiscono la prima motivazione per la quale gli studenti si orientano verso istituti tecnici industriali, agrari e commerciali.

 

 

1.1  FILOSOFIA DELLE SCELTE: IL FUTURO DEGLI ISTITUTI TECNICI

 

Infatti, se il sistema dei licei si connota per il carattere propedeutico dei relativi percorsi rispetto alla prosecuzione degli studi a livello post-secondario, in ambito accademico e non, (il documento del MIUR relativo al 5° anno parla espressamente di “completamento dell’asse culturale e di personalizzazione del piano di studi in vista delle scelte successive”) e il sistema della IFP per il carattere terminale dei rispettivi percorsi ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro e delle professioni, ne derivano due ipotesi.

a)      Se gli istituti tecnici verranno inseriti nel sistema liceale, essi perderanno il loro carattere fondante di percorso alternativo rispetto ai licei e alla formazione professionale. Vale a dire che verrà cancellata la possibilità di una “terza via”, quella finora rappresentata appunto dagli istituti tecnici, finalizzata a dotare lo studente di solide conoscenze di base (indispensabili sia ai fini di una eventuale prosecuzione degli studi a livello post-secondario, sia ai fini dell’aggiornamento e del tanto sbandierato apprendimento nell’arco di tutta la vita), e allo stesso tempo di competenze professionali ed abilità tecnico-pratiche, utili ad un inserimento immediato e significativo nel mondo del lavoro. In questa ipotesi, che pare la più plausibile data l’articolazione del Liceo Teconologico in indirizzi più o meno corrispondenti a quelli attualmente contemplati negli istituti tecnici commerciali, industriali ed agrari (con l’eccezione del “Sistema Moda”, finora indirizzo degli istituti professionali), appare infatti evidente la scomparsa dei diplomi di perito, ragioniere e geometra finora esistenti. In sintesi, verrà eliminato il valore legale del diploma come titolo spendibile nel mondo del lavoro a garanzia di una professionalità, e quindi di certe aspettative anche economiche da parte del lavoratore diplomato. Per inserirsi nel mondo del lavoro con una qualifica corrispondente dal punto di vista formale sarà necessario non solo frequentare il 5° anno del percorso liceale, ma iscriversi almeno ad un corso di laurea breve nelle facoltà di ingegneria, architettura o economia e commercio. La qualifica, tuttavia, sarà davvero corrispondente SOLO dal punto di vista formale, in quanto i suddetti corsi di laurea breve non sono nè attrezzati, nè strutturati in modo adeguato per fornire le medesime competenze tecnico-pratiche che gli attuali istituti tecnici forniscono ai loro studenti attraverso i loro laboratori con la compresenza degli insegnanti teorico e tecnico pratico.

b)      Qualora invece gli istituti tecnici dovessero essere inseriti nel sistema regionale della IFP, essi perderebbero la loro peculiarità di percorso scolastico afferente non solo ad un inserimento qualificato nel mondo del lavoro e delle professioni, ma anche a percorsi di istruzione post-secondaria, accademica e non. Il monte ore da dedicare alle materie “teoriche” o “culturali”, infatti, arriverà nella IFP  ad un massimo di 15 ore settimanali: troppo poche per farne un percorso scolastico compiuto che garantisca una solida conoscenza di base ai suoi studenti.

 

 

1.2  FILOSOFIA DELLE SCELTE: PIU’ LIBERTA’ PER STUDENTI E FAMIGLIE

 

In quale senso si esplichi il potenziamento della libertà di scelta degli studenti e delle famiglie proclamato dal decreto ministeriale non è ben chiaro, dal momento che:

1)      a 12 anni lo studente deve già operare una prima precocissima scelta fra materie opzionali da frequentare in terza media, alcune delle quali necessarie per la futura frequenza liceale, altre naturale presupposto di un percorso di IFP;

2)      una volta operata la scelta fra canale liceale e canale dell’istruzione e della formazione professionale, la possibilità di passaggio dall’IFP ai Licei è assolutamente aleatoria e di fatto impraticabile. Analizzando il quadro orario della IFP ciò risulta quanto mai evidente: saranno dedicate all’istruzione, cioè alla “cultura di base”, e svolte in aula massimo 15 ore settimanali. Chi sarà in grado di operare, con una tale disparità oraria, un passaggio al liceo?

3)      forse, secondo il MIUR, la maggiore libertà degli studenti e delle loro famiglie si esplicherà nella scelta delle materie opzionali obbligatorie e facoltative. Innanzitutto, già da tempo negli istituti tecnici si prevedeva la possibilità di scegliere non solo tra i vari indirizzi del triennio, ma anche fra diverse ulteriori specializzazioni al quarto e quinto anno, che consentivano agli studenti di  caratterizzare in senso sempre più specifico il loro percorso. Inoltre, la libera scelta dello studente sarà comunque condizionata sia dagli organici, sia dal numero delle richieste per l’attivazione delle varie opzioni, sia dai POF delle scuole, che giustamente si spera potranno continuare a progettare in autonomia la propria offerta formativa. Gli studenti potranno dunque scegliere, ma tra quello che troveranno in una scuola sempre più povera di risorse finanziarie ed umane.

4)      quali reali possibilità resteranno per la flessibilità strutturale? come sarà davvero realizzabile un “personalizzazione” educativa? Altro che superamento della frammentazione e di razionalizzazione dei percorsi sperimentali in atto nella scuola superiore: qui ci ritroveremo nel supermarket dell’istruzione.

 

 

1.3  FILOSOFIA DELLE SCELTE: LA VALORIZZAZIONE DEI DOCENTI

 

1)      Come già nel caso delle scuole materne, elementari e medie, sulla base di quali criteri sarà indicato il docente tutor? Il decreto attuativo, istituendo questa figura, invade sia il campo dell’autonomia scolastica sia quello della contrattazione, visto che chi e come debba svolgere certe funzioni che la legge può indicare è decisione che spetta all’autonomia organizzativa delle scuole, nonchè alla contrattazione sindacale.

2)      come sarà compilato e da chi sarà gestito il portfolio delle competenze?

3)      come saranno effettivamente riconosciuti i crediti? Si parla infatti della professionalità docente che dovrebbe passare da esecutiva a progettuale (ma dove? e come? ricordiamoci le attuali condizioni di lavoro, che di certo non incentivano i docenti ad un lavoro progettuale serio, quando la loro permanenza su una classe è determinata da puri calcoli numerici, con buona pace della continuità didattica e della qualità della scuola). Il riconoscimento dei crediti, secondo le affermazioni di principio del MIUR, dovrebbe spettare ai docenti dei Consigli di Classe, ma poi si annunciano degli standard nazionali di riferimento.

 

 

1.4  FILOSOFIA DELLE SCELTE: DUBBI SULLA COERENZA E SULLA

                                                          COSTITUZIONALITA’ DEL DECRETO

 

 

1)      Come ha fatto notare nel suo rapporto sul decreto la CGIL, nel testo risultano alquanto nebulosi i termini del rapporto tra la scuola ed il mondo del lavoro. Tali termini andrebbero assolutamente chiariti prima di giungere alla stesura del decreto attuativo per il secondo ciclo. Bisognerebbe procedere prioritariamente alla approvazione definitiva dei due decreti su diritto-dovere e su alternanza scuola-lavoro, che al momento attuale appaiono tutt’altro che coerenti. Nel diritto-dovere si afferma infatti che esso si assolve nei “percorsi” liceali, in quelli di istruzione e formazione professionale, in alternanza scuola-lavoro ed in apprendistato (senza obbligo di formazione esterna all’azienda). Se si può essere d’accordo nel riconoscere come necessaria per tutti i giovani una formazione che ricomprenda le competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, il documento prospetta due percorsi separati ed entrambi inadeguati a formare queste competenze: un canale professionale subalterno e residuale, molto simile al vecchio avviamento industriale ed assai lontano da una moderna formazione professionale, ed un canale liceale nel quale viene ridotto in modo sostanziale l’asse culturale tecnico-professionale.

2)      Lo Stato si impegna a garantire solo livelli essenziali di prestazione (art.1, comma 2), mentre finora garantiva obbligo scolastico e scuole di ogni ordine e grado: in effetti, ciò appare come una ritirata dello Stato dai compiti di istruzione come garantito dalla nostra Costituzione. Il che è assolutamente coerente con questa selva di attività opzionali obbligatorie e/o facoltative, di fronte alle quali si lascia agli studenti ed alle loro famiglie l’onore e l’onere della scelta. Lo Stato delega agli utenti la responsabilità delle scelte che dovrebbe compiere al fine di garantire percorsi scolastici di qualità e pari opportunità a tutti e a tutte, indipendentemente dai mezzi culturali, sociali ed economici di partenza.

3)      A livello di incostituzionalità si pongono poi altre due questioni: la formazione si deve ispirare ai principi costituzionali PRIORITARIAMENTE e non “ANCHE” come recita il testo; una educazione laica e pluralista come quella garantita dalla Costituzione non può essere definita “morale e spirituale”, a meno che non esistano una morale ed una religione di Stato (il che può forse essere il sogno della ministra Moratti, ma si spera non quello della maggioranza degli italiani).

 

 

 

 

  1. LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA ED I QUADRI ORARI DEL LICEO TECNOLOGICO

 

L’art. 10 della bozza di decreto applicativo, dedicato proprio a definire il percorso relativo al Liceo Tecnologico, recita espressamente che esso “approfondisce la cultura liceale attraverso il punto di vista della tecnologia. Fornisce allo studente gli strumenti per comprendere le problematiche scientifiche e storico-sociali collegate alla tecnologia e alle sue espressioni. Assicura lo sviluppo della creatività e della capacità progettuale e la padronanza delle tecniche, dei processi tecnologici e delle metodologie di gestione relative”.

Un approccio assolutamente teorico, quindi, ben lontano dalle caratteristiche degli attuali istituti tecnici, che fin dal biennio privilegiano l’aspetto tecnico-pratico e dedicano notevole spazio all’applicazione delle scienze e delle tecnologie.

La prima considerazione, di carattere generale, che riguarda tutti i licei, è relativa all’ipotesi del 2+2+1, francamente assai poco comprensibile. Cosa significa che saranno stabiliti criteri di ammissione al periodo didattico successivo? Ci sarà forse una specie di esame intermedio? Realizzato secondo quali criteri? Gestito da chi?

Ma veniamo ai quadri orari.

Nell’ipotesi che gli istituti tecnici divengano Licei Tecnologici, non si capisce per quale motivo uno studente dovrebbe sceglierli e non indirizzarsi preferibilmente verso percorsi “tradizionali”, quali il liceo scientifico ad esempio, in grado di garantirgli  più solide conoscenze di base e nello stesso tempo un impegno meno gravoso dal punto di vista orario.

I Licei Tecnologici, infatti, prevedono nel secondo biennio e nel quinto anno un monte ore annuale obbligatorio notevolmente superiore, giustificato ora  dall’acquisizione a fine percorso di competenze tecnico-pratiche significative e di un diploma spendibile nel mondo del lavoro che in futuro verrebbe a mancare. In assenza di tale obiettivo, solo una vocazione molto spiccata ed una spinta motivazionale straordinaria potranno giustificare l’iscrizione ai Licei Tecnologici.

 

       LICEO TECNOLOGICO

monte ore

1°-2° anno

3° - 4° anno

 5° anno

 obbligatorio

891

 

759***

759**

opzionale

obbligatorio

99

330****

330**

totale ore obbligatorie

 990

 1089

 1089

opzionale

facoltativo

   ----

99

99

totale generale

990

1188

1188

 

 

  LICEO SCIENTIFICO

monte ore

1° - 2° anno

3° - 4° anno

  5° anno

obbligatorio

 

891

924

825

opzionale

obbligatorio

99

66

99

totale ore obbligatorie

990

990

924

opzionale

facoltativo

   ----

99

66

totale generale

990

1089

990

 

Numero di discipline coinvolte

Liceo Scientifico: 1° biennio:  11+ 1;   2° biennio: 11+1;  5° anno: 10+1

Liceo Tecnologico   1° biennio: 10+1;  2° biennio:  9+1 + da 2 a 4 discipline laboratoriali opzionali obbligatorie (10 ore settimanali);  5° anno: 9+1 + da 2 a 4 discipline laboratoriali opzionali obbligatorie (10 ore settimanali)

 

 

2.1 IL QUADRO ORARIO NEL BIENNIO

 

Il problema di una ristrutturazione del biennio dei tecnici si porrebbe comunque, al di là della riforma Moratti. Attualmente esso è molto selettivo (30% circa di ragazzi bocciati al 1°, 25% al 2° anno) ed impegnativo, dato il numero delle ore settimanali (36) e delle discipline coinvolte.

Una maggiore attenzione alla “cultura di base” ed al sapere rispetto al saper fare può avere una sua ragion d’essere. Ma si deve fare attenzione: le attività di laboratorio al biennio non dovrebbero essere vissute come materie aggiuntive, quanto come modalità di apprendimento altamente caratterizzanti la didattica degli istituti tecnici, che dovrebbero valorizzare le attitudini conoscitive di quei ragazzi, per i quali il sapere diviene un obiettivo più facilmente raggiungibile proprio attraverso il saper fare. I laboratori, pertanto, dovrebbero essere prima di tutto metodologia didattica unificante, e solo in seconda istanza dimostrazione e supporto della teoria spiegata in aula.

Comunque, poniamo si convenga sulla necessità di un biennio più teorico, che rafforzi le conoscenze di base. Ma allora perchè ridurre le ore di italiano (da 5 a 4 alla settimana) proprio nei primi due anni, quando le competenze di base vanno maggiormente rinforzate? Ha davvero senso, pur nel fascino della proposta, inserire una seconda lingua straniera se ciò deve andare a discapito della prima, cioè l’inglese, che vede dimezzarsi le ore settimanali (da 4 a 2)?

Dai quadri orari del biennio, poi, scompaiono le ore di Geografia (3 alla settimana), quelle di Diritto, che viene del tutto eliminato anche nei successivi tre anni di corso, e si dimezzano le ore di Educazione fisica (da 2 a 1 settimanale).

Quanto alle Scienze, non si comprende del tutto l’utilità di 2 ore settimanali di Scienze Naturali solo il primo anno, così come, nella scansione biennale dei licei, risulta davvero incomprensibile l’inserimento della Biologia tra 2° e 3° anno (allora sarebbe stato più comprensibile fare questa scelta con Fisica, naturale premessa a molte delle materie specialistiche del triennio).

Non si fa alcun cenno a come sarà realizzato il preteso potenziamento delle nuove tecnologie: la famosa seconda I (informatica) resta un miraggio per tutti i licei tradizionali e viene penalizzata a livello orario anche nei corsi specialistici.

Ricompare la valutazione del comportamento. L’anno verrà ritenuto valido solo qualora lo studente abbia frequentato almeno i ¾ dell’orario annuale complessivo.

Non vengono toccate invece le ore di Religione Cattolica, il cui insegnamento, specie nella scuola superiore, non si comprende perchè non debba essere annoverato tra le ore opzionali facoltative.

 

 

2.3 I QUADRI ORARI DEL SECONDO BIENNIO E DEL QUINTO ANNO

 

Quanto al triennio, il succedersi delle diverse ipotesi di ristrutturazione ha alla fine accolto, almeno così parrebbe, la richiesta di salvaguardare la peculiarità dei percorsi attraverso la valorizzazione, nei quadri orari, dello spazio riservato alle discipline di indirizzo, il cui monte ore settimanale arriva a 17 ore circa, visto che le ore opzionali obbligatorie sono salite a 10 con la scomparsa definitiva della filosofia dal novero delle discipline dei Tecnologici.

Ma non si dice parola sulla gestione dei laboratori, che, scomparsi totalmente dal biennio, vengono definiti dal comma 3 dell’art.10 del decreto: “Gli indirizzi si caratterizzano per la presenza dei laboratori nei quali lo studente sviluppa le proprie capacità progettuali e l’apprendimento delle tecniche dei processi tecnologici e delle metodologie di gestione ad essi proprie, relativamente a ciascuno degli ambiti di cui al comma 2.”

L’art.12 comma 1, poi, dichiara esplicitamente che le attività educative e didattiche sono assicurate dalla dotazione di personale docente assegnato all’istituto; per lo svolgimento degli insegnamenti e delle attività opzionali obbligatori e facoltativi, ove essi richiedano una specifica professionalità non riconducibile agli ambiti disciplinari per i quali è prevista l’abilitazione all’insegnamento, possono essere stipulati dalle scuole contratti con esperti in possesso di adeguati requisiti tecnico-professionali.

Dunque, come saranno gestiti i laboratori? Sarà salvaguardata la loro qualità, ed essi continueranno ad essere gestiti in compresenza da docente teorico ed ITP, oppure no? Ed in questa seconda ipotesi, che fine faranno tutti gli insegnanti tecnico-pratici?

 

 

 

  1. GLI ORGANICI

 

La perdita di cattedre, secondo stime sindacali, si aggirerà negli ITI ed ITC, dove si perde circa un quarto dell’orario, attorno ad un quarto dell’organico.

Si tratta dunque di circa 22.000 posti, calcolando il solo orario obbligatorio, 14.000 se si calcolano anche le ore opzionali obbligatorie.

Ma la stima è davvero difficile da fare, dal momento che le scelte degli studenti non sono facilmente prevedibili.

Quanto alle ore facoltative,  non ha senso farci sopra particolare affidamento: siamo davvero certi che in massa gli studenti decideranno di frequentare più ore di scuola di quelle obbligatorie? E se anche i progetti o le pressioni dei docenti dovessero risultare particolarmente convincenti, chi ci dice che non si dovrà poi fare ricorso ai famosi esperti esterni, in mancanza di organico?

Sulla base dei quadri orari, in continua variazione, si può fare al momento solo una stima approssimativa delle discipline che perderanno cattedre.

Materie Letterarie nei tecnologici perderà il 6%, la prima lingua straniera più del 25%; gravissima la perdita oraria in Diritto ed Economia, che recupera ore nel Liceo Economico ma scompare da tutti gli altri licei (e non si sa nulla circa il percorso di IFP). Educazione fisica perde il 50% delle ore, recuperabili in parte con le ore opzionali obbligatorie, ma le cattedre sono comunque in grave flessione.

In quasi tutti gli indirizzi calano di circa il 35% le discipline tecniche teoriche; i laboratori perdono dal 35 al 50%. Nelle discipline tecniche di indirizzo (quelle delle ore opzionali obbligatorie) è pressocchè impossibile operare una stima realistica della perdita di organico, in quanto le denominazioni scelte sono incomprensibili. Solo l’analisi degli OSA potrà consentirne una definizione più precisa (ad es. l’indirizzo elettronico degli attuali ITI viene accorpato a quello elettrotecnico, mentre in tutte le precedenti sperimentazioni era pressocchè unificato all’indirizzo informatico e delle telecomunicazioni; le discipline, pertanto, dovranno probabilmente prevedere una sorta di riconversione dei docenti su materie di area comune).

Quanto poi al blocco della mobilità previsto dall’art.19, comma 1, lettera g), oltre ad essere vincolato alla contrattazione e quindi non disciplinabile per decreto, resta qualcosa di assolutamente incomprensibile: in un sistema di cattedre organizzate in verticale, specie dopo la norma che prevede di riempire l’orario settimanale di insegnamento dei docenti fino alle 18 ore, non esiste un periodo didattico riferibile all’incarico degli insegnanti. E sembra davvero una beffa parlare di blocco della mobilità per garantire la qualità ad un sistema nel quale si è dimostrato di avere a cuore tutto, tranne la qualità del percorso educativo degli studenti, visto che la continuità didattica e disciplinare è scomparsa del tutto come criterio organizzativo delle cattedre.

 

 

 

  1. IL PECUP (Profilo Educativo, Culturale e Professionale dello studente)

 

Il Profilo educativo, culturale e professionale “esplicita ciò che un giovane dovrebbe sapere, fare e agire per essere l’uomo e il cittadino che è lecito attendersi da lui alla fine del secondo ciclo di studi”.

Tale profilo prevede come finalità peculiari del secondo ciclo la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani; lo sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio; l’esercizio della responsabilità personale e sociale.

Il mondo del lavoro viene indicato come principale referente del mondo educativo: le prestazioni professionali devono essere trasformate dalla scuola in competenze, vale a dire un insieme organicamente strutturato di conoscenze e abilità riferite ad uno specifico campo professionale, ma anche il loro impiego consapevole e creativo nel più ampio contesto del lavoro e della vita individuale e sociale.

Del resto, tale obiettivo è perfettamente in linea con le linee guida predisposte a Lisbona per tutti gli Stati membri della UE: linee guida che potrebbero anche essere condivise, se non fossero finalizzate precipuamente a rendere l’economia europea, grazie ai processi educativi e formativi, l’economia più competitiva del mondo.

Per il MIUR “L’educazione è l’incontro fra un patrimonio di conoscenze e di abilità, depositate nella cultura e nel lavoro espressi dalla nostra civiltà, e l’autonoma elaborazione che ogni giovane è chiamato a darne per la propria realizzazione e per il progresso materiale e spirituale della società.”

Il secondo obiettivo che informa di sè tutti gli altri è l’intento morale: “Significa porre lo studente nella condizione di decidere consapevolmente le proprie azioni in rapporto a sè e al mondo civile, sociale, economico, religioso, di cui fa parte e all’interno del quale vive”, imparando a prendere posizione, m anche a farsi carico delle conseguenze delle proprie scelte. In tal senso, deve essergli trasmessa la necessità dell’impegno nella creazione, nella cura e nella crescita delle istituzioni.

Elemento caratterizzante di questo percorso di crescita è l’afflato religioso e confessionale: lo studente dovrà infatti  “riconoscere il valore della cultura religiosa e tenere conto che i principi del cattolicesimo impartiti secondo gli accordi concordatari e le successive intese appartengono al patrimonio storico della nazione” nonchè “riconoscere in tratti e dimensioni specifiche della cultura e del vivere sociale contemporanei radici storico-giuridiche, linguistico-letterarie e artistiche che li legano al mondo classico e giudaico-cristiano; riconoscere l’identità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa; ma anche l’importanza storica e attuale dei rapporti e dell’interazione con le altre culture; collocare, in questo contesto, la riflessione sulla dimensione religiosa dell’esperienza umana e l’insegnamento della Religione Cattolica impartito secondo gli accordi concordatari e le successive intese.”

 

Il profilo prevede una articolazione in tre ambiti.

 

Il primo, l’IDENTITA’, prevede il raggiungimento della conoscenza di sè, della capacità di relazione con gli altri (tra l’altro si ripromette di far giungere lo studente “al pieno esercizio dei diritti politici in una maniera non impressionistica e casuale, m attraverso un dialogo critico, diretto e costante con gli adulti e le istituzioni”) e contempla una fase di orientamento, grazie alla quale egli saprà “elaborare, esprimere e argomentare, circa il proprio futuro esistenziale, sociale e professionale, un’ipotesi di sviluppo proiettata nel mondo del lavoro o dell’istruzione e della formazione superiori che tenga conto del percorso umano e scolastico finora intervenuto, ma che, allo stesso, tempo, lo arricchisca con una realistica, ulteriore progettualità.”

 

Il secondo, gli STRUMENTI CULTURALI, elenca le conoscenze che lo studente dovrebbe avere acquisito alla fine del suo percorso liceale. Tali obiettivi sono comuni ad ogni tipo di Liceo e sono raggiunti dallo studente attraverso lo studio, le esperienze operative, il dialogo, l’ascolto empatico e la valorizzazione della sua creatività ed indipendenza intellettuale. Difficile comprendere come questa esigenza di relazione educativa tra discente e docente potrà essere soddisfatta: come conciliarla infatti con la riduzione del tempo scuola, con il maggior rigore disciplinare e con la volontà di valutazione del comportamento, ma soprattutto con il riempimento delle cattedre a 18 ore e la perdita della continuità didattica, che impediscono ai docenti di poter dedicare tempo ed energie ai singoli studenti? E ancora: nella prevista “ristrutturazione” delle classi di concorso si teme (e a ragione, visto quanto accaduto nella scuola elementare e media) una forzata riconversione dei docenti su materie che non hanno mai insegnato e sulle quali hanno sostenuto un numero davvero esiguo di esami universitari (e magari una ventina d’anni prima).

All’interno della sezione “Strumenti culturali” si affianca ad un’ampia parte comune una sezione specifica per ogni tipo di liceo.

Per quanto concerne il Liceo Tecnologico, gli approfondimenti indicati sono i seguenti, e si commentano da soli. Lo studente dovrà:

-         conoscere le principali modificazioni dei rapporti intervenuti tra scienza, tecnica e tecnologia nel corso della storia, ed i rapporti tra loro esistenti nella società contemporanea;

-         riflettere criticamente sul rapporto uomo/macchina e sulle “forme di pensiero artificiale”, nelle sue sfaccettature, sia nella storia, sia nel tempo attuale;

-         cogliere e valutare i problemi posti dal vivere esperienze surrogate invece che reali, e la conseguente necessità di accrescere l’autocoscienza della propria umanità nel rapporto con l’artficiale;

-         comprendere che la tecnologia è in ogni tempo una manifestazione di razionalità e di creatività dell’uomo, di cui riflette anche la visione del mondo;

-         evidenziare il contributo portato dalle tecnologie, nel tempo storico ed oggi, alla conoscenza scientifica, oltre che al cambiamento delle condizioni di vita;

-         analizzare con correttezza metodologica i problemi scientifici, filosofici, etici, sociali ed estetici, connessi ad ogni passaggio dal progetto al prodotto, da un’idea alla sua realizzazione in sistemi operativi e produttivi;

-         individuare il carattere dinamico dell’attuale sviluppo scientifico in relazione al progredire delle tecniche di indagine ed all’evolversi dei sistemi tecnologici;

-         cogliere le implicazioni sociali, produttive, economiche ed ambientali dell’innovazione tecnologica e delle sue applicazioni industriali;

-         utilizzare i modelli per la simulazione e la gestione dei processi tecnologici, padroneggiando i problemi legati alla loro adeguatezza rispetto alla realtà che rappresentano e che non esauriscono;

-         possedere le metodologie di gestione e progettazione di processi tecnologici, tenendo conto dei paradigmi di base, quali materiali, energia ed informazione.

 

Un coacervo di enunciazioni di principio, che non fanno che confermarci nell’impressione che il Liceo Tecnologico sarà un percorso assolutamente teorico, finalizzato più all’acquisizione della storia e della filosofia della tecnologia, che alla sua applicazione tecnico-pratica, alla quale sono dedicati solo gli ultimi due obiettivi, per altro definiti in modo assai nebuloso.

 

Ultimo ambito nel quale si articola il profilo è quello della CONVIVENZA CIVILE. In esso ricompaiono, tra le righe, l’educazione alla salute e all’ambiente, si fa cenno, almeno così pare, ad un sistema di crediti formativi per chi fosse impegnato in attività interne (ma non si nominano nemmeno gli organi collegiali) o esterne alla scuola (iniziative di quartiere, associazioni, esperienze di stage e di lavoro), si sottolinea l’importanza della disponibilità al dialogo, al di là delle proprie convinzioni personali, per la comune ricerca “della verità”.

 

 

  1. GLI OSA (Obiettivi Specifici di Apprendimento) AL LICEO TECNOLOGICO

 

Rimandiamo ad una successiva analisi specifica per discipline (nonchè per indirizzi) l’analisi dei diversi obiettivi disciplinari.

In questa sede si anticipano tuttavia alcune conclusioni relative agli OSA di Italiano e Storia, che come quelli delle Lingue straniere 1 e 2 sono comuni a tutti i licei (e già qui ci sarebbe qualcosa – tantissimo – da dire).

 

 

 

 

 

5.1 GLI OSA DI ITALIANO

 

Biennio

 

Sorvolando sulle indicazioni relative al versante linguistico, che, sfrondate dalla tanta retorica, corrispondono grosso modo agli obiettivi attualmente dati nel biennio degli istituti tecnici quanto alle conoscenze ed alle competenze, eccezion fatta per la “Dimensione storica e stratificazione sociale della lingua”, che attualmente viene affrontata agli inizi del programma del terzo anno (quando cioè si parla delle origini della letteratura italiana), è molto interessante analizzare le indicazioni date sul “Versante letterario e storico-culturale”.

Si stabilisce infatti che debbano essere affrontate le basi delle tradizioni letterarie europee. Le letture da svolgere comprendono: la Bibbia; l’Iliade e l’Odissea; l’Eneide; letture di testi antichi in traduzione  e letture di autori moderni collegabili ai testi antichi. Scompaiono dal programma ministeriale “I Promessi Sposi”.

Viene poi richiesto lo studio del Medioevo latino in Europa e dell’apporto dei Germani e degli Arabi sia quanto agli aspetti linguistici, sia quanto a quelli letterari. Attraverso lo studio di questi testi gli studenti devono “acquisire e sviluppare a livelli via via più avanzati la prospettiva storica nella quale si collocano le civiltà letterarie europee nel loro rapporto con l’antico” e “acquisire la consapevolezza della varietà delle componenti etniche, linguistiche e culturali del territorio dell’Europa moderna e contemporanea”.

Ma questi signori da quanto tempo non entrano in una scuola? Riescono a immaginare i prerequisiti necessari al raggiungimento di obiettivi come quelli previsti? Ma hanno idea della propensione alla lettura degli adolescenti? E pensano davvero che essa possa essere stimolata dai testi previsti?

 

 

 

Secondo biennio e Quinto anno

 

Nel triennio viene ribadito lo studio della letteratura italiana dalle origini ai contemporanei, viene imposta la lettura di almeno 12 canti dell’Inferno, 10 del Purgatorio e 10 del Paradiso.

Quanto alle competenze, lo studente dovrebbe tra l’altro imparare a “costruire percorsi di studio letterario anche mediante mezzi informatici” fin dal secondo biennio.

Al quinto anno dovrebbe “consolidare le proprie competenze nell’analisi dei testi letterari sviluppando le capacità di valutazione critica e di confronto nel panorama delle altre espressioni d’arte”, nonchè “ampliare le proprie competenze in campo letterario utilizzando strumenti bibliografici e informatici, entrando anche in contatto con centri di studio e ricerca.”

Niente male per un tecnologico, ma avremo 1 ora in più alla settimana, ce la faremo senz’altro.

 

 

5.2 GLI OSA DI STORIA

 

Biennio

 

Periodo quasi invariato rispetto alla riforma Berlinguer: dalla Preistoria alla disgregazione dell’Impero Carolingio.

Velleitari gli obiettivi, per non dire fantasiosi e sibillini. Fra gli altri, segnalo: “riconoscere in ognuna delle civiltà studiate gli elementi di continuità, discontinuità e alterità rispetto al presente”, e “prendere coscienza dell’origine di stereotipi storiografici”. Una passeggiata.

Ma soprattutto sarà senza dubbio facilissimo per studenti che non studieranno nemmeno più Diritto,  acquisire in 2 ore settimanali non solo conoscenze, ma anche strumenti autonomi di ricerca e di analisi dei fatti del passato, nel loro confronto con il presente. E senza più nemmeno il supporto delle ore di Geografia (3 alla settimana), scomparse totalmente dai piani di studio, che potevano offrire l’occasione di analisi dei diversi continenti nei loro rapporti economici, culturali, sociali e politici attuali, in un continuo riferimento con l’evoluzione storica dei processi e delle relazioni fra i popoli.

Come potremo seriamente insegnare agli studenti a “riconoscere l’origine e la peculiarità delle forme culturali, sociali, giuridiche e politiche della tradizione occidentale, con particolare riferimento alle “radici classiche” della cultura europea”?

Forse insegnando loro a memoria tante belle enunciazioni di principio, utili ad ottenere buoni risultati nei test INVALSI a risposta multipla.

Insomma, tante belle nozioncine soprattutto sulla Grecia,  su Roma, e sulla Cristianità.

 

 

Secondo Biennio e Quinto anno

 

Gli alunni dovranno affrontare lo studio della storia, in prospettiva assolutamente eurocentrica, dal secolo X (Età comunale) al 1870, con la conclusione del Risorgimento italiano. Il programma del quarto anno risulta ridotto rispetto all’attuale, che finisce con l’Età Giolittiana e la preparazione della prima guerra mondiale. Ciò probabilmente per consentire un maggiore approfondimento dell’età risorgimentale italiana e rafforzare il senso patriottico e l’identità nazionale.

Il risultato sarà un programma del quinto anno davvero mastodontico, dal 1870 al 1990.

A parte queste considerazioni, fra terzo e quarto anno gli studenti dovranno saper “individuare elementi costitutivi e caratteri originali dei diversi periodi e delle diverse civiltà”; “confrontare ipotesi storiografiche alternative”; “leggere testi storiografici inserendoli nel contesto storico e nell’ambiente culturale che li hanno prodotti”; “comprendere la genesi storica di istituzioni politiche, sociali, ecclesiastiche e culturali della realtà in cui si vive”; “elaborare e vagliare criticamente i dati di un lavoro di ricerca guidata, personale e di gruppo”, e via dicendo in scioltezza su un’altra decina di obiettivi niente male.

In quinta resta di fatto tutto il programma berlingueriano fino almeno agli anni Novanta del secolo scorso. Ma sarà davvero impossibile svolgerlo in modo esauriente e completo, quindi perchè non sorvolare sul Fascismo (riassorbito in un capitolo genericamente intitolato “Diffusione dei regimi autoritari”) e sulla Resistenza (riassorbita nel capitolo “Seconda guerra mondiale. La Shoah.”)?

Gli obiettivi poi sono fantascientifici e nemmeno troppo velatamente orientati. Lo studente dovrà, tra le tantissime altre cose, saper “distinguere tra uso pubblico della storia e ricostruzione scientifica” e  “valutare criticamente gli stereotipi culturali in materia storiografica.”

Ribadisco: in 2 ore alla settimana.