TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DELL’EMILIA ROMAGNA
RICORSO
del COMITATO BOLOGNESE SCUOLA E COSTITUZIONE DI BOLOGNA, con sede in Bologna (Cod. Fiscale 92026850377), in persona del rappresentante legale PROF. BRUNO MORETTO, rappresentato e difeso dall’avv. Corrado Mauceri e dall’avv. Maria Virgilio ed elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda in Bologna, Via Rubbiani n. 3 come da mandato a margine del presente atto,
CONTRO
- COMUNE DI ZOLA PREDOSA, nella persona del Sindaco;
e per quanto di ragione
- REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente della Giunta Regionale;
- FEDERAZIONE ITALIANA SCUOLE MATERNE (F.I.S.M.), in persona del legale rappresentante pro tempore
- SCUOLA MATERNA "BEATA VERGINE DI LOURDES", in persona del legale rappresentante pro tempore
- SCUOLA MATERNA "S. MARIA DI GESSO", in persona del legale rappresentante pro tempore
per l’annullamento
della deliberazione della Giunta Comunale di Zola Predosa n. 86 del 23/05/2002 nonchè, per quanto di ragione, della Risoluzione del Consiglio Regionale della Regione Emilia Romagna n. 5172/5362 del 06 ottobre 1994 e del Protocollo di Intesa firmato in data 08/03/1985 tra il Presidente della Giunta Regionale della Regione Emilia Romagna e del Presidente della Federazione Italiana della Scola materna dell’Emilia Romagna – FISM, nonchè della deliberazione del Consiglio Comunale di Zola Predosa n. 52 del 06/07/1999 in parte de qua.
FATTO
Il Comune di Zola Predosa per far fronte alla domanda sociale relativa alla scuola per l’infanzia, anziché attivarsi per l’adeguamento della scuola pubblica per l’infanzia, ha ritenuto opportuno stipulare convenzioni con scuole private, sulla base della L.R. n.52 del 24/04/1995, e realizzare in tal modo un sistema integrato tra scuola pubblica e scuola privata, sulla base di uno schema-tipo di convenzione approvato con la deliberazione impugnata.
Il Comune di Zola Predosa, oltre a non considerare che in base ai principi costituzionali la domanda sociale di istruzione deve essere soddisfatta tramite le scuole pubbliche, non ha nemmeno considerato che la L.R. n. 52/1995 è stata già abrogata dalla L.R. n. 26/2001.
DIRITTO
L’impugnata deliberazione è palesemente illegittima per i seguenti
MOTIVI
1. VIOLAZIONE DELLA L. R. N. 26 DELL’8 AGOSTO 2001.
Nella premessa dell’impugnata deliberazione si fa esplicita menzione della L.R. n. 26/01 che ha espressamente abrogato la L.R. n. 10 del 25/05/1999 che a sua volta aveva abrogato la L.R. n. 52/95.
Per effetto della L.R. n. 26/01 il sistema delle convenzioni per realizzare il cd sistema integrato tra scuola pubblica e scuola privata per l’infanzia è stato abrogato; per effetto di tale L.R. la Regione e quindi gli Enti Locali intervengono a sostegno del diritto allo studio con borse di studio o altre provvidenze e non più con convenzioni con scuole private.
E’ quindi fuor di dubbio che l’impugnata deliberazione, che si basa su una legislazione orami abrogata e sostituita da una nuova legge, sia illegittima perchè in contrasto con tale nuova legge regionale.
2 - ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE, IN RIFERIMENTO AGLI ARTT. 3 E 128 DELLA COSTITUZIONE.
Nella denegata ipotesi che le censure dedotte con il primo motivo non siano considerate fondate ritenendosi che la deliberazione impugnata non sia violata della menzionata normativa regionale e segnatamente la L.R. n. 52/95 e n. 10/99, in tal caso si deve ritenere illegittima la normativa regionale, in parte de qua con riferimento agli artt. 33, e 117, comma 1 della Costituzione.
Fra le materia di competenza regionale di cui all’art. 117 Cost., infatti, sono ricomprese l’istruzione artigiana e professionale" e l’"assistenza scolastica".
La materia "istruzione" in generale, invece, non menzionata. A sua volta, il d.lgs n. 616 del 1977 non consente che si faccia confusione fra istruzione e assistenza scolastica.
Ai sensi dell’art. 42, comma 1, infatti, le funzioni amministrative in materia scolastica riguardano solo "i servizi e le attività destinate a facilitare ..... l’assolvimento dell’obbligo scolastico", nonchè la prosecuzione degli studi per gli "studenti capaci e meritevoli: ancorchè privi di mezzi". IL comma 2 del medesimo art. 42, poi, esemplifica le funzioni in materia con un elenco ("gli interventi di assistenza medico-psichica; l’assistenza minorati psico-fisici; l’erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari") nel quale non v’è alcuna traccia di interventi in materia di "istruzione" in senso proprio (tanto è vero che il successivo art. 43 si premura di chiarire l’ambito delle competenze regionale in riferimento ai libri di testo, conferendo la riserva alla Stato della scelta e del contenuto pedagogico degli stessi).
Ora, appare chiaro che il legislatore regionale ha inteso, in violazione del dettato costituzionale, disciplinare proprio la materia istruzione, fuoriuscendo dai limiti ad esso assegnati, ed in particolare andando ben al di là della semplice" assistenza scolastica".
Già la modificazione del titolo originario della l. reg. n. 6 del 1983 è rilevatrice. Mentre, come riferito in narrativa, tale legge si intitolava semplicemente "Diritto allo Studio", il nuovo titolo è "Diritto allo studio e qualificazione del sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell’infanzia". Come risulta da tale formulazione letterale, il legislatore regionale ha inteso andare ben oltre il campo ( che, solo, avrebbe potuto legittimamente percorrere) della garanzia del diritto allo studio, invadendo quello della disciplina generale dell’istruzione. Tanto, oltretutto, con ambizioni di altissimo profilo: l’obiettivo è - nientemeno ! - la realizzazione di un "sistema integrato delle scuole dell’infanzia basato sul progressivo coordinamento e sulla collaborazione fra le diverse offerte educative", e il legislatore regionale mira alla "qualificazione" di tali offerte, per "valorizzare competenze, risorse e soggetti pubblici e privati" (art. 1, comma 2, punto 2 bis, della l. reg. n. 6 del 1989, nel testo introdotto dalla l. reg. n. 52 del 1995).
Tutto l’impianto della legge n. 52 del 1995, nonchè della successiva L.R. n. 10/99 comunque, è radicalmente illegittimo, perché tutti gli interventi ivi previsti sono funzionalizzati al raggiungimento di tali obiettivi. E' dunque questo un caso di illegittimità costituzionale di un intero testo legislativo, ipotesi che, come è noto, secondo la giurisprudenza costituzionale ricorre tutte le volte in cui il legame della legge sia tanto stretto che esse risultano in autonome le une rispetto alle altre.
Già nelle sentt. nn. 7 del 1967, 106 del 1968 e specialmente 36 del 1982, invero, la Corte costituzionale ha sottolineato che la materia "assistenza scolastica" è "distinta", ancorché collegata, rispetto alla materia "istruzione". Il collegamento, evidentemente, sta in ciò che l'assistenza è volta a rendere effettivo il diritto allo studio, che a sua volta è elemento essenziale del sistema dell’istruzione. La distinzione, invece, sta in ciò che un conto è occuparsi delle condizioni materiali per il godimento dell’istruzione, e cosa del tutto diversa è disciplinare direttamente l’istruzione, sotto il profilo dell’organizzazione, della struttura e dei programmi del servizio. Il punto è stato chiarito senza possibilità di equivoco dalla dottrina costituzionalistica. Si è, infatti, osservato che la nozione dì assistenza scolastica trova direttamente nella Costituzione "una sua più che sufficiente delimitazione", a tenor della quale le funzioni attinenti alla materia possono scindersi in due gruppi: funzioni di "assistenza sociale", in riferimento alla garanzia della gratuità e dell’obbligatorietà dell'istruzione inferiore (art. 34, comma 2, Cost; funzioni di "assistenza pubblica" in riferimento all'apprestamento di mezzi in favore dei capaci e meritevoli (art. 34, comma 3, Cost.), perché essi possano raggiungere i gradi più alti degli studi (così, per tutti, S. MANGIAMELI, Le materie di competenza regionale, Milano 1992, 100 sg.).
Per convincersi ancor più chiaramente di questo è sufficiente, comunque, ricordare che la distinzione fra la materia "istruzione" e quella "assistenza scolastica" è scolpita, a livello delle fonti costituzionali, sia direttamente dalla Costituzione che dagli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale. Quanto alla Costituzione, essa distingue letteralmente fra assistenza ed istruzione laddove contrappone, nello stesso periodo dell'art. 117, comma 1, l'istruzione, artigiana e professionale, l'assistenza, per ciò solo dimostrando che le due materie sono ben distinte e che nel campo dell’istruzione in senso proprio le Regioni possono intervenire solo limitatamente al sotto settore dell'istruzione artigiana e professionale. Quanto agli Statuti, è banale osservare che, quando si è voluto conferire alla Regione una più ampia competenza in materia di istruzione, lo si é disposto a chiare lettere (cfr. artt. l4, lett. r, e 17 St. Sic.; 5 St. Sar.; 3, lett. g, St. V. d’A; 11, n. 2, e 12 nn. 2 e 3 St. T.A.A.; 6, n. 1, St. F.-V.G.).
Infine, lo stesso Statuto della Regione Emilia-Romagna ancora le competenze regionali nel settore scolastico al diritto allo studio (art. 3, comma 3, lett. 1), in conformità all'art. 117 Cost. La legge qui censurata è, dunque, in contrasto logico con lo stesso Statuto regionale.
Per tutto questo, pertanto, risultano violati gli artt. 33, 34 e 117 Cost., che nel loro combinato disposto definiscono gli ambiti rispettivi di competenza dello Stato e delle Regioni, precludendo a queste ultime di intervenire nella materia "istruzione", riservata allo Stato ad eccezione del sottosettore dell'istruzione artigiana e professionale.
3.- ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE, IN RIFERIMENTO ALL'ART. 33, COMMI 1 E 3, DELLA COSTITUZIONE.
Ulteriormente viziata da illegittimità costituzionale risulta peraltro la L. Reg. n. 52 del 1995, e con essa la deliberazione impugnata, nonchè della successiva L.R. n. 10/99, per violazione dell'art. 33, c. 3; della Costituzione, a tenor del quale "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato", in combinato disposto con il comma 1 del medesimo art. 33.
Il dettato costituzionale non si presta ad equivoci; come ha osservato la più autorevole dottrina costituzionalistica, l'art. 33, comma 3, Cost., esclude "nei termini più larghi" che l'esercizio della (pur indiscutibile) libertà di istituire e gestire scuole private possa gravare sul bilancio dello Stato (così V. CRISAFULLI, La scuola nella Costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl. 1956, 86) . Il divieto, peraltro, non riguarda solo lo Stato ma anche gli altri enti pubblici (così G. BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, 4^ ed., Milano 1955, 352), fra i quali ovviamente le Regioni. La logica della disposizione costituzionale è infatti quella che l’iniziativa privata nel settore scolastico non debba - sì - essere compressa, ma non possa neppure essere sostentata da pubbliche risorse, ché altrimenti si stornerebbero fondi da impiegarsi per il necessario e imprescindibile intervento pubblico in materia, che è cosi vasto che lo Stato è tenuto ad istituire proprie scuole "per ogni ordine e grado" (art. 33, comma 2, Cost).
Tutto questo è stato completamente dimenticato dal legislatore regionale, che ha tranquillamente previsto che i Comuni possano contribuire alla gestione delle scuole private, addossandosi "oneri . . . per contributi di spesa corrente e di investimento" (art. 10, penultimo comma, della l. reg. n. 6 del 1983, nel testo introdotto dalla 1. reg. n. 52 del 1995), e che essi possano attivarsi per il "sostegno" (sic) delle scuole private (art. 2, comma 1,lett. B), della 1. reg. n. 6 del 1983, nel testo introdotto dalla 1. reg. n. 52 del 1995).
P.Q.M.
si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesto Ecc.mo Tribunale Amministrativo Regionale voglia annullare gli impugnati atti eventualmente sollevando in via pregiudiziale questione incidentale di legittimità costituzionale della L.R. Emilia-Romagna n. 6 del 1983, per come modificata dalla L.R. Emilia-Romagna n. 52 del 1995, e successivamente dalla L.R. n. 10/99 in riferimento agli artt. 3; 33, commi 1 e 3; 34;117, comma 1, e 128 della Costituzione.
Ai fini del contributo unificato di cui agli artt. 9 e segg. del DPR n. 115/2002 si dichiara che il valore della controversia è indeterminato.
Bologna, 13 novembre 2002
avv. Corrado Mauceri
avv. Maria Virgilio
RELATA DI NOTIFICA
A richiesta del COMITATO BOLOGNESE SCUOLA E COSTITUZIONE, come sopra rapp.to e dom.to, io sottoscritto Assistente U.N.E.P. addetto alla Corte d'Appello di Bologna -Ufficio Unico- ho notificato il presente atto in copia conforme all'originale a:
1. COMUNE DI ZOLA PREDOSA, nella persona del Sindaco pro tempore, nella casa comunale, Piazza della Repubblica n. 1, Zola Predosa, ivi consegnandone copia conforme a mani di
2. REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente della Giunta Regionale, Viale Aldo Moro n. 52, Bologna, ivi consegnandone copia conforme a mani di
3. FEDERAZIONE ITALIANA SCUOLE MATERNE (F.I.S.M.), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Bologna, Via Saragozza n. 57, ivi consegnandone copia conforme a mani di
4. SCUOLA MATERNA "BEATA VERGINE DI LOURDES", in persona del legale rappresentante pro tempore, Via Raibolini n. 5, Zola Predosa, ivi consegnandone copia conforme a mani di
5. SCUOLA MATERNA "S. MARIA DI GESSO", in persona del legale rappresentante pro tempore, Via Gesso n. 88, Zola Predosa, ivi consegnandone copia conforme a mani di