N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 Maggio 2004 - 6 Maggio 2004 |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 maggio 2004 (della Regione Emilia-Romagna) Istruzione pubblica - Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53 - Delega al Governo ad adottare uno o piu' docenti legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione formazione professionale - Previsione della promozione da .......... |
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Ricorso della Regione Emilia Romagna, in persona, in persona del
presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con
deliberazione della giunta regionale n. 782 del 26 aprile 2004 (doc.
1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. 48163 del 27
aprile 2004, rogata dal notaio dott. Federico Stame (doc. 2),
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di Roma, con domicilio eletto presso quest'ultimo, a Roma, via
Confalonieri, 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1,
comma 3; 2; 7, commi da 1 a 6; 10; 12; 13, commi 1 e 3; 14, commi da
1 a 5; 15, comma 1, del d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59, Definizione
delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo
ciclo dell'istruzione, a norma dell'art. 1 della legge 28 marzo 2003,
n. 53, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2 marzo 2004 -
S.O. n. 31, nelle parti di seguito precisate, per violazione:
dell'art. 117, commi 3 e 6, e dell'art. 118 della
Costituzione;
del principio di leale collaborazione, nei modi e per i
profili di seguito indicati.
F a t t o
Come noto, 1'art. 117, comma 3, Cost., attribuisce alle regioni
ordinarie la potesta' legislativa in materia di istruzione, żsalva
l'autonomia delle istituzioni scolasticheż e nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi statali.
Il nuovo riparto di competenze segna un significativo sviluppo
rispetto ad un processo di progressivo coinvolgimento delle regioni
nella gestione della scuola da tempo in atto nella legislazione
ordinaria, che ha trovato espressione, in particolare, nel d.lgs.
n. 112 del 1998.
Ma e' ovvio che, in assenza di una competenza regionale
costituzionalmente garantita, non vi era alcuna necessita' che lo
stesso servizio scolastico venisse concepito come un servizio erogato
dalle scuole quali istituzioni autonome e disciplinato dalle regioni,
sia pure nel quadro fortemente unitario delle norme generali e dei
principi fondamentali posti dalla legge statale.
Il mutamento della Costituzione sancisce ora questo sviluppo:
tuttavia, la riorganizzazione della scuola, alla quale il legislatore
statale ha ora posto mano, sembra per molti aspetti non tenere conto
della nuova, situazione costituzionale.
Con l'art. 1, comma 1, legge 28 marzo 2003, n. 53, il Parlamento
ha delegato il Governo ad żadottare,... nel rispetto delle competenze
costituzionali delle regioni e di comuni e province, in relazione
alle competenze conferite ai diversi soggetti istituzionali, e
dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, uno o piu' decreti
legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione e
dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
di istruzione formazione professionależ (enfasi aggiunta).
La legge n. 53 del 2003, dunque, richiamava espressamente due
titoli di competenza statale żesclusivaż, previsti dall'art. 117,
comma 2, lett. m) e n).
E' chiaro, pero', che, per mantenere il senso della distinzione
fra le żnorme generaliż di cui all'art. 117, comma 2, e i żprincipi
fondamentaliż di cui all'art. 117, comma 3, evitando di svuotare la
competenza regionale concorrente (tenendo conto anche dell'autonomia
delle istituzioni scolastiche), occorre individuare la categoria
delle norme żgeneraliż come quella delle norme basilari per
l'ordinamento dell'istruzione, cioe' quelle che disciplinano i cicli
e la loro durata, le finalita', gli esami finali, la liberta' di
insegnamento e altri istituti di pari importanza.
In effetti, anche se sin qui codesta ecc.ma Corte costituzionale
non ha avuto ragione di definire żinteramente le rispettive sfere di
applicazione e il tipo di rapporto fra le "norme generali
sull'istruzione" e i "principi fondamentali", le prime di competenza
esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le regioni
chiamate a svolgerliż (sent. n. 13/2004), purtuttavia con la medesima
sent. n. 13/2004 essa ha ritenuto certo che nell'ambito della
legislazione regionale rientri la programmazione, l'organizzazione e
la gestione del servizio scolastico (ed in particolare, la
distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, żche
certamente non e' materia di norme generali sulla istruzione,
riservate alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto
strettamente connessa alla programmazione della rete scolasticaż):
osservando, fra l'altro, che gia' prima della legge cost. n. 3 del
2001, il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva attribuito (seppur per delega,
visto l'art. 117 Cost. all'epoca vigente) diverse funzioni alle
regioni in materia di żprogrammazione e gestione amministrativa del
servizio scolasticoż, intesi come żl'insieme delle funzioni e dei
compiti volti a consentire la concreta e continua erogazione del
servizio di istruzioneż (art. 136).
Invece, come si dira', il d.lgs. n. 59/2004, nell'attuare la
legge di delega n. 53 del 2003, ha regolato la materia non solo nelle
sue norme generali, ma semplicemente come se le regioni non avessero
alcuna significativa competenza in materia di istruzione. Gia' nella
fase di formazione del decreto alcune regioni hanno avanzato diverse
censure, riassunte in un allegato (doc. 2) del verbale della seduta
della Conferenza unificata del 10 dicembre 2003. Ma diverse norme
lesive delle competenze costituzionali regionali sono rimaste anche
nella versione finale del decreto legislativo.
Il d.lgs. n. 59/2004 comprende cinque capi e quattro allegati. Il
capo I e' dedicato alla scuola dell'infanzia, il secondo contiene un
unico articolo sul primo ciclo di istruzione, il terzo disciplina la
scuola primaria, il quarto la scuola secondaria di primo grado ed il
quinto detta le norme finali e transitorie.
In particolare, l'art. 1, comma. 1, prevede, fra l'altro, che żla
scuola dell'infanzia... realizza... la continuita' educativa con il
complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primariaż, ed il
comma 3 specifica che, żal fine di realizzare la continuita'
educativa di cui al comma 1, gli uffici scolastici regionali
promuovono appositi accordi con i competenti uffici delle regioni e
degli enti localiż.
L'art. 2 dispone in termini generali che żalla scuola
dell'infanzia possono essere iscritti le bambine e i bambini che
compiono i tre anni di eta' entro il 30 aprile dell'anno scolastico
di riferimentoż.
L'art. 7 regola le attivita' educative e didattiche della scuola
primaria. Il comma 1 dispone che, żal fine di garantire l'esercizio
del diritto-dovere di cui all'art. 4, comma 1, l'orario annuale delle
lezioni nella scuola primaria, comprensivo della quota riservata alle
regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all'insegnamento
della religione cattolica in conformita' alle norme concordatarie di
cui all'art. 3, comma 1, ed alle conseguenti intese, e' di 891 ore,
oltre a quanto previsto al comma 2ż.
Questo prevede che żle istituzioni scolastiche, al fine di
realizzare la personalizzazione del piano di studi, organizzano,
nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo conto delle
prevalenti richieste delle famiglie, attivita' e insegnamenti,
coerenti con il profilo educativo, per ulteriori 99 ore annue, la cui
scelta e' facoltativa e opzionale per gli allievi e la cui frequenza
e' gratuitaż.
Infine, il comma 4 stabilisce che żallo scopo di garantire le
attivita' educative e didattiche, di cui ai commi 1 e 2, nonche'
l'assistenza educativa da parte del personale docente nel tempo
eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa fino ad un massimo
di 330 ore annue, fermo restando il limite del numero complessivo dei
posti di cui all'art. 15, e' costituito l'organico di istitutoż. Lo
stesso comma 4 dispone ancora che żper lo svolgimento delle attivita'
e degli insegnamenti di cui al comma 2, ove essi richiedano una
specifica professionalita' non riconducibile al profilo professionale
dei docenti della scuola primaria, le istituzioni scolastiche
stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci,
contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblicaż.
Il comma 5 regola la figura dell'insegnante tutor: dopo aver
riconosciuto che żl'organizzazione delle attivita' educative e
didattiche rientra nell'autonomia e nella responsabilita' delle
istituzioni scolastiche, fermo restando che il perseguimento delle
finalita' di cui all'art. 5, assicurato dalla personalizzazione dei
piani di studio, e' affidato ai docenti responsabili delle attivita'
educative e didattiche, previste dai medesimi piani di studioż, si
aggiunge che ża tale fine concorre prioritariamente, fatta salva la
contitolarita' didattica dei docenti, per l'intera durata del corso,
il docente in possesso di specifica formazione che, in costante
rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di
orientamento in ordine alla scelta delle attivita' di cui al comma 2,
di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attivita' educative
e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della
documentazione del percorso formativo compiuto dall'allievo, con
l'apporto degli altri docentiż.
Questo particolare docente żassicura, nei primi tre anni della
scuola primaria, un'attivita' di insegnamento agli alunni non
inferiore alle 18 ore settimanaliż (comma 6).
Norme del tutto corrispondenti sono dettate dall'art. 10 per la
scuola secondaria di primo grado.
L'art. 12 detta norme transitorie per la scuola dell'infanzia.
Esso dispone che żnell'anno scolastico 2003-2004 possono essere
iscritti alla scuola dell'infanzia, in forma di sperimentazione,
volta anche alla definizione delle esigenze di nuove professionalita'
e modalita' organizzative, le bambine e i bambini che compiono i tre
anni di eta' entro il 28 febbraio 2004, compatibilmente con la
disponibilita' dei posti, la recettivita' delle strutture, la
funzionalita' dei servizi e delle risorse finanziarie dei comuni,
secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei
limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilitaż, e che
żalle stesse condizioni e modalita', per gli anni scolastici
successivi puo' essere consentita un'ulteriore, graduale
anticipazione, fino al limite temporale di cui all'art. 2ż (in base
al quale żalla scuola dell'infanzia possono essere iscritti le
bambine e i bambini che compiono i tre anni di eta' entro il 30
aprile dell'anno scolastico di riferimentoż).
La competenza in materia e' attribuita al Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, che żprovvede, con
proprio decreto, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia
(ANCI), salvo quanto previsto all'art. o 7, comma 4, della legge 28
marzo 2003, n. 53, a modulare le anticipazioni, garantendo comunque
il rispetto del limite di spesa di cui all'art. 18ż. Si ricorda che
l'art. 7, comma 4, legge n. 53/2003 prevede che żper gli anni
scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 possono iscriversi,
secondo criteri di gradualita' e in forma di sperimentazione,
compatibilmente con la disponibilita' dei posti e delle risorse
finanziarie dei comuni, secondo gli obblighi conferiti
dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti posti alla finanza
comunale dal patto di stabilita', al primo anno della scuola
dell'infanzia i bambini e le bambine che compiono i tre anni di eta'
entro il 28 febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente
anticipate, fino alla data del 30 aprile di cui all'art. 2, comma 1,
lett. e)ż (dunque, l'art. 12 d.lgs. n. 59/2004, fra l'altro, non
rispetta il termine del 2006 posto per la fine della sperimentazione
dalla legge di delegaż.
L'art. 12, comma 2, dispone poi che, żal fine di armonizzare il
passaggio al nuovo ordinamento, fino all'emanazione del relativo
regolamento governativo, si adotta in via transitoria l'assetto
pedagogico, didattico ed organizzativo individuato nell'allegato Aż.
L'allegato A reca le żIndicazioni nazionali per i piani
personalizzati delle attivita' educative nelle scuole dell'infanziaż
e subito esso precisa che żle indicazioni esplicitano i livelli
essenziali di prestazione a cui tutte le scuole dell'infanzia del
sistema nazionale di istruzione sono tenute per garantire il diritto
personale, sociale e civile all'istruzione e alla formazione di
qualitaż. In realta' esso rappresenta (come gli altri allegati) un
curioso documento che mescola indicazioni di tipo tecnico-pedagogico
(alle quali e' stato inopinatamente attribuito rango legislativo) con
norme di tipo organizzativo (come quelle relative al c.d.. portfolio
delle competenze individuali e quelle recanti i vincoli
organizzativi, poste alla fine dell'allegato).
Si noti, per di piu', che la determinazione in via transitoria
dell'assetto pedagogico, didattico ed organizzativo da parte del
decreto legislativo non era prevista dalla delega.
L'art. 12, comma 2, fra l'altro, si riferisce genericamente ad un
żregolamentoż: si tratta, verosimilmente, di quello di cui
all'art. 7, comma 1, legge n. 53/2003, secondo cui żmediante uno o
piu' regolamenti da adottare a norma dell'art. 117, sesto comma,
della Costituzione e dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel
rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede:
a) alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio
scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi
specifici di apprendimento, alle discipline e alle attivita'
costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai
limiti di flessibilita' interni nell'organizzazione delle discipline;
b) alla determinazione delle modalita' di valutazione dei crediti
scolastici;
c) alla definizione degli standard minimi formativi, richiesti
per la spendibilita' nazionale dei titoli professionali conseguiti
all'esito dei percorsi formativi, nonche' per i passaggi dai percorsi
formativi ai percorsi scolasticiż.
Analogamente all'art. 12, l'art. 13, comma 1, attribuisce al
Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca la
żgestioneż delle anticipazioni delle iscrizioni alla scuola primaria,
żfino al limite temporale previsto dall'art. 6, comma 2ż (in base al
quale żpossono essere iscritti al primo anno della scuola primaria
anche le bambine e i bambini che compiono i sei anni di eta' entro il
30 aprile dell'anno scolastico di riferimentoż), e sempre l'art. 13,
comma 3, dispone che, żal fine di armonizzare il passaggio al nuovo
ordinamento, l'avvio del primo ciclo di istruzione ha carattere di
gradualitaż, e che, żfino all'emanazione del relativo regolamento
governativo, si adotta, in via transitoria, l'assetto pedagogico,
didattico e organizzativo individuato nell'allegato B, facendo
riferimento al profilo educativo, culturale e professionale
individuata nell'allegato Dż.
L'art. 14 riguarda la scuola secondaria di primo grado. Al comma
2 esso stabilisce che żfino all'emanazione del relativo regolamento
governativo, si adotta, in via transitoria, l'assetto pedagogico,
didattico e organizzativo individuato nell'allegato C, facendo
riferimento al profilo educativo culturale e professionale
individuato nell'allegato Dż, precisando al comma 4 che żin attesa
dell'emanazione del regolamento governativo di cui al comma 2, le
istituzioni scolastiche, nell'esercizio della propria autonomia
didattica ed organizzativa, provvedono ad adeguare la configurazione
oraria delle cattedre e dei posti di insegnamento ai nuovi piani di
studio allegati al presente decretoż.
Il comma 3 dello stesso art. 14 prevede che, żal fine di
assicurare il passaggio graduale al nuovo ordinamento per l'anno
scolastico 2004-2005, e fino alla messa a regime della scuola
secondaria di primo grado, l'assetto organico delle scuole secondarie
di primo grado, come definito dall'art. 10, comma 4, viene confermato
secondo i criteri fissati nel decreto del Presidente della Repubblica
14 maggio 1982, n. 782ż.
L'art. 14, comma 5, prevede che, żai fini dell'espletamento
dell'orario di servizio obbligatorio, il personale docente
interessato ad una diminuzione del suo attuale orario di cattedra
viene utilizzato per le finalita' e per le attivita' educative e
didattiche individuate, rispettivamente, dall'art. 9 e dall'art. 10ż.
Infine, l'art. 15 stabilisce che, żal fine di realizzare le
attivita' educative di cui all'art. 7, commi 1, 2 e 3, e all'art. 10,
commi 1, 2 e 3, e' confermato in via di prima applicazione, per
l'anno scolastico 2004-2005, il numero dei posti attivati
complessivamente a livello nazionale per l'anno scolastico 2003-2004
per le attivita' di tempo pieno e di tempo prolungato ai sensi delle
norme previdentiż, aggiungendo che, żper gli anni successivi,
ulteriori incrementi di posti, per le stesse finalita', possono
essere attivati nell'ambito della consistenza dell'organico
complessivo del personale docente dei corrispondenti ordini di scuola
determinata con il decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, di cui all'art. 22, comma 2, della
legge 28 dicembre 2001, n. 448ż.
Le norme ora ricordate si rivelano lesive delle competenze
costituzionali della Regione Emilia-Romagna per le seguenti ragioni
di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzione dell'art. 1, comma 3, per
violazione degli artt. 117, comma 3, e 118 Cost.
Secondo l'art. 1, comma 1, żla scuola dell'infanzia...
realizza... la continuita' educativa con il complesso dei servizi
all'infanzia e con la scuola primariaż; il comma 3 specifica che żal
fine di realizzare la continuita' educativa di cui al comma 1, gli
uffici scolastici regionali promuovono appositi accordi con i
competenti uffici delle regioni e degli enti localiż.
Ora, naturalmente la collaborazione tra uffici statali e
regionali corrisponde in ogni modo ad un principio di buona
amministrazione oltre che alla regola costituzionale.
Tuttavia, la disposizione del comma 3 dell art. 1 assegna ad un
ufficio statale un vero e proprio compito amministrativo, sia pure di
carattere collaborativo, rendendolo responsabile o corresponsabile
del risultato, mantenendo una duplicita' di gestione amministrativa o
una forma di coamministrazione.
In questi termini, il comma 3 attribuisce una funzione
amministrativa ad un organo periferico statale in una materia
costituzionalmente spettante alle regioni (salva la determinazione
con legge dei principi fondamentali da parte dello Stato).
Codesta Corte ha gia' chiarito che, nella materie di competenza
concorrente, lo Stato non puo' assegnare a se stesso le funzioni
amministrative, a meno che il principio di sussidiarieta' di cui
all'art. 118 non imponga di accentrare determinate funzioni per
garantirne l'esercizio unitario, nel rispetto di certe modalita' e
condizioni (sent. n. 303/2003). Al di fuori di questi casi, e'
pacifico che la distribuzione delle funzioni amministrative spetta
alla legge regionale, ai sensi dell'art. 117, commi 3 e 4, e
dell'art. 118, commi 1 e 2, Cost.
che la norma impugnata non possa rientrare nei casi di cui
alla sent. n. 303/2003 risulta evidente per il fatto stesso che la
funzione e' attribuita ad un organo periferico statale: il che
esclude la sussistenza di una qualsiasi esigenza unitaria.
Altrettanto evidente pare che la norma in questione non possa
ricondursi ad alcuno dei titoli di competenza statale previsti
nell'art. 117, comma 2, Cost.
La realta' e' che, in presenza di una norma formulata nei termini
dell'art. 118 Cost., una amministrazione periferica statale nelle
materie regionali non ha piu' giustificazione alcuna, se non
eventualmente per compiti di raccordo tra eventuali competenze
centrali e ordinarie competenze regionali: dal momento che la sola
possibile giustificazione di funzioni amministrative statali sta nel
loro necessario esercizio centrale, a salvaguardia delle esigenze
unitarie.
In attesa della dovuta sostituzione di organi regionali agli
organi statali, e' sin da ora vietata l'attribuzione da parte di
leggi statali ad organi periferici statali di funzioni la cui
disciplina e gestione spetta costituzionalmente alle regioni.
La żrealizzazione della continuita' educativa con il complesso
dei servizi all'infanzia e con la scuola primariaż non puo' essere
disciplinata operativamente ed esercitata a livello centrale, ed e'
invece compito pienamente regionale.
D'altronde, neppure si intende quale siano il possibile contenuto
e la possibile natura di questi accordi.
La censura verrebbe meno solo ove si trattasse di accordi che,
anziche' mantenere la responsabilita' dell'ufficio statale, avessero
il solo scopo e contenuto di agevolare la piena assunzione di
responsabilita' da parte del competente ufficio regionale.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, commi 1 e 2,
primo periodo, e 4, primo periodo, e dell'art. 10, commi 1 e 2, primo
periodo, e 4, primo periodo dell'art. 117, comma 3, Cost.
Come visto, l'art. 7 si occupa della scuola primaria e l'art. 10
della scuola secondaria di primo grado. Il comma 1 di entrambe le
disposizioni fissa żl'orario annuale delle lezioni..., comprensivo
della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche
autonomeż, nella misura fissa di 891 ore. A queste ore si aggiungono
ulteriori 99 ore annue (per la scuola primaria) e 198 ore annue (per
la scuola secondaria di primo grado) di żattivita' e insegnamentiż
facoltativi, organizzati dalle scuole al fine di realizzare la
personalizzazione del piano di studi.
Il comma 4, poi, definisce anche il tempo dedicato żalla mensa e
al dopo mensaż, ponendo il limite massimo di 330 ore annue (art. 7) e
di 231 ore annue (art. 10).
Dunque, mentre per la scuola dell'infanzia l'art. 3 stabilisce
che l'orario annuale delle attivita' educative żsi diversifica da un
minimo di 875 ad un massimo di 1700 ore, a seconda dei progetti
educativi delle singole scuole dell'infanzia, tenuto conto delle
richieste delle famiglież, per la scuola primaria e secondaria di
primo grado il d.lgs. n. 59/2004 non lascia nessun margine di scelta
ne' alle regioni ne' alle scuole, direttamente prescrivendo un orario
fisso sia per le lezioni obbligatorie sia per le attivita'
facoltative.
La regione ritiene debba escludersi che il vincolo rigido nella
fissazione dell' orario annuale delle attivita' educative possa
giustificarsi sulla base dell'art. 117, comma 2, lett. n) (si e' gia'
detto quale dovrebbe essere l'ambito delle żnorme generaliż); e' qui
da aggiungere che le norme in questione non possono neppure
considerarsi żprincipi fondamentaliż in materia di istruzione (del
resto, dato il contenuto della delega, il Governo si sarebbe in ogni
caso dovuto limitare a dettare le norme generali).
Come ha precisato codesta Corte, i żprincipi fondamentaliż in
materia di istruzione hanno la funzione di żorientare le regioni
chiamate a svolgerliż: ma la fissazione di un żmonte oreż fisso non
richiede ne' consente alcuno svolgimento da parte delle regioni e
delle scuole, alle quali e' tolta ogni discrezionalita'
nell'organizzare le attivita' educative, sia obbligatorie che
facoltative.
I commi 1, 2, primo periodo, e 4, primo periodo, di entrambe le
disposizioni, dunque, sono illegittimi nella parte in cui fissano con
precisione l'orario annuale perche' pongono norme di dettaglio in
materia di competenza concorrente, e vincolano ad esse.
Si noti, poi, che la fissazione in dettaglio dell'orario riguarda
anche la żquota riservata alle regioniż, cioe' la quota żrelativa
agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con
le realta' localiż, di cui all'art. 2, comma 1, lett. l), legge
n. 53/2003. E' addirittura paradossale che neppure per la propria
quota di piano di studi alle regioni sia consentito di esprimere una
opzione in relazione all'orario di lezioni.
Addirittura, il comma 4 (sia dell'art. 7 che dell'art. 10) fissa
un limite massimo anche per il tempo dedicato alla mensa e al dopo
mensa: in questo caso, l'interferenza con l'organizzazione del
servizio scolastico, di competenza regionale e delle scuole, sembra
particolarmente evidente, cosi' come il carattere dettagliato della
disposizione. E' chiaro che la fissazione degli orari e' legata anche
alla determinazione dell'organico: ma anche nell'attuale situazione -
che non appare certo armonizzata con i principi della competenza
concorrente - in cui la determinazione dell'organico spetta allo
Stato (v. art. 22, legge n. 448/2001), alle regioni e alle scuole
compete un margine di discrezionalita' nella fissazione dell'orario
(pur nell'ovvio rispetto delle esigenze di organico) che non puo'
essere eliminato.
Di piu', sembra evidente che di queste esigenze si puo' tenere
conto in modo del tutto adeguato - nel pieno rispetto anche del
principio di sussidiarieta' - proprio a livello regionale, sulla base
del decreto di ripartizione dell'organico fra le regioni di cui
all'art. 22, comma 2, legge n. 448/2001; e che invece una norma
statale che cristallizza l'orario, a prescindere dai mutamenti futuri
dell'organico (previsti dallo stesso d.lgs. n. 59/2004, all'art. 15)
risulta uno strumento oltretutto troppo rigido.
Fra l'altro, l'orario delle lezioni, della mensa e del dopo mensa
dovrebbe poter variare anche in base alla quantita' di richieste di
attivita' opzionali di cui all'art. 7, comma 2, e all'art. 10,
comma 2.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 4, secondo
periodo, e dell'art. 10, comma 4, secondo periodo, per violazione
dell'art. 117, comma 3, Cost. e del principio di leale
collaborazione.
Anche l'art. 7, comma 4, e l'art. 10, comma 4, sono disposizioni
di dettaglio in materia di competenza concorrente, che regolano,
senza lasciare spazio alle regioni e alle scuole, il modo in cui far
fronte all'eventualita' in cui le attivita' educative opzionali
richiedano una specifica professionalita' non reperibile fra i
docenti delle scuole stesse. Oltre all'art. 117, comma 3, le norme in
questione violano anche il principio di leale collaborazione perche'
prevedono che, nei casi di cui sopra, żle istituzioni scolastiche
stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci,
contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblicaż.
Le norme impugnate attengono sia all'istruzione sia alle
professioni, ed in entrambi i casi si tratta di materie di competenza
concorrente. La definizione dei titoli degli żespertiż puo'
considerarsi - almeno nella determinazione di requisiti minimi -
funzione sorretta da esigenze unitarie: ma si tratta pur sempre di
una regolazione interna alla materia regionale, ed essa, in base alla
sent. n. 303/2003, dovrebbe comunque essere svolta previa intesa con
la Conferenza Stato-regioni.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 5, secondo
periodo, e comma 6, e dell'art. 10, comma 5, secondo periodo, per
violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
Come esposto in narrativa, l'art. 7, comma 5, e l'art. 10, comma
5, disciplinano la figura dell'insegnante żtutorż.
Anche in questo caso si tratta di disposizioni dettagliate (per
giunta integrate da quanto dispongono gli allegati B) e C), che
regolano i vari compiti del docente tutor senza lasciare spazio
neppure ad una normativa attuativa regionale.
Per rispettare il quadro costituzionale delle competenze, lo
Stato si sarebbe dovuto limitare ad indicare la possibilita' per le
regioni o per le scuole di istituire questa figura, senza imporla. La
sua presenza, infatti, non puo' essere considerata un żprincipio
fondamentależ in materia di istruzione: si tratta di una puntuale
soluzione organizzativa di un problema - quello della specifica e
continua attenzione al singolo studente - che ne ammette molte, e che
allo stato attuale costituisce oggetto di sperimentazione.
La migliore soluzione dipende in concreto da molti fattori
(bisogni e condizioni degli studenti, disponibilita' di docenti e di
eventuali risorse esterne, orientamenti pedagogici e disponibilita'
di competenze) che variano anche da scuola a scuola.
Anche in questo caso, invece, il Governo ha agito come se le
regioni non avessero alcun ruolo nella materia, ne' le scuole stesse
alcuna autonomia.
Particolarmente lesivo pare l'art. 7, comma 6, che fissa una
quantita' minima di ore di żinsegnamento agli alunniż a carico del
tutor (esso e' integrato, in via transitoria, dall'allegato B), in
base al quale il tutor żsvolge attivita' educative e didattiche in
presenza con l'intero gruppo di allievi che gli e' stato affidato per
l'intero quinquennio, per un numero di ore che oscillano da 594 a 693
su 891 annualiż): e' chiaro anche qui il carattere non di żprincipio
fondamentależ della norma, che interferisce con l'organizzazione
dell'orario degli insegnanti all'interno di ciascuna scuola,
limitando fortemente l'autonomia delle scuole e pregiudicando la
competenza legislativa regionale.
5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, dell'art. 12,
comma 1, ultimo periodo, e 13, comma 1, secondo periodo, per
violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost. e del
principio di leale collaborazione.
L'art. 2 dispone in termini generali che żalla scuola
dell'infanzia possono essere iscritti le bambine e i bambini che
compiono i tre anni di eta' entro il 30 aprile dell'anno scolastico
di riferimentoż.
La legge di delega prevede invece, all'art. 2, comma 1, lett. e),
ultimo periodo, e all'art. 7, la possibilita' in via sperimentale ed
żanche in rapporto all'introduzione di nuove professionalita' e
modalita' organizzativeż, di un'iscrizione anticipata alla scuola
dell'infanzia, ponendo il termine del 2006 per la fine della
sperimentazione.
E' chiaro, nella legge delega, che, al termine della
sperimentazione, si sarebbe potuto e dovuto decidere se e in che modo
anticipare definitivamente l'iscrizione alla scuola materna.
Conseguentemente, il d.lgs. n. 59/2004 avrebbe dovuto prevedere
una sperimentazione gestita dalle regioni (o, in subordine, dal
Ministro d'intesa con le regioni), per i motivi che si vedranno
subito, e non avrebbe dovuto contenere alcuna norma ża regimeż,
perche', appunto, la legge di delega espressamente limitava
l'anticipo alla fase della sperimentazione.
L'art. 2, dunque, eccede la delega e ne contraddice le norme
sulla sperimentazione. Il d.lgs. n. 59/2004 e' anche intrinsecamente
irragionevole perche' da un lato żsperimentaż l'anticipazione
dell'iscrizione, dall'altro compie gia' la scelta definitiva.
Poiche', come risulta chiaramente dall'art. 12, comma 1, le
decisioni sulla anticipazione delle iscrizioni sono correlate alle
situazioni locali e incidono sulla concreta organizzazione delle
scuole materne, l'eccesso di delega e l'irragionevolezza si traducono
in una lesione delle competenze costituzionali delle regioni in
materia di scuole dell'infanzia, in quanto l'anticipazione e'
prevista żd'autoritaż, senza che le regioni possano incidere in alcun
modo nel relativo processo.
Come esposto in narrativa, l'art. 12 e l'art. 13 dettano norme
transitorie in relazione alla scuola dell'infanzia e alla scuola
primaria. I commi 1 delle due disposizioni si occupano delle
anticipazioni delle iscrizioni.
In relazione a cio' l'art. 2, comma 1, lett. e), della legge
delega n. 53/2003 ha stabilito che żalla scuola dell'infanzia possono
essere iscritti secondo criteri di gradualita' e in forma di
sperimentazione le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di eta'
entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, anche in
rapporto all'introduzione di nuove professionalita' e modalita'
organizzativeż; l'art. 2, comma 1, lett. f), per parte sua, ha
previsto che żalla scuola primaria... possono iscriversi anche le
bambine e i bambini che li compiono [i 6 anni] entro il 30 aprile
dell'anno scolastico di riferimentoż. La legge delega non precisava,
per la scuola dell'infanzia, chi dovesse żgestireż la
sperimentazione.
L'art. 12, comma, 1, ultimo periodo, del decreto legislativo
n. 59/2004 ha attribuito la competenza in materia al Ministro
dell'istruzione, żsentita l'ANCIż.
La ricorrente, regione ritiene si tratti di materia di propria
competenza sia per la attuazione legislativa che per l'eventuale
attuazione in via di normazione secondaria o in via amministrativa:
la żmodulazioneż delle anticipazioni nell'iscrizione alla scuola
dell'infanzia, infatti, non risulta essere una funzione da svolgere
necessariamente al centro in base al principio di sussidiarieta'. Al
contrario, poiche' la sperimentazione deve tenere conto - come
risulta espressamente dallo stesso art. 12, comma 1 - delle peculiari
situazioni locali, il livello piu' adeguato per regolare
l'anticipazione e' proprio quello regionale. Comunque, una volta
riconosciuto che il principio di sussidiarieta' non richiede una
competenza derogatoria centrale, spetta alla regione ogni decisione
sulla gestione, rispettando essa stessa il principio di
sussidiarieta'.
Inoltre, la norma di delega sopra citata collega l'anticipazione
dell'iscrizione alla introduzione di nuove modalita' organizzative e
cio' conferma che l'ambito żnaturależ della gestione delle
anticipazioni e' quello regionale: che, del resto, e' l'ambito
costituzionalmente prescritto, trattandosi di materia concorrente,
salva l'applicazione dell'art. 118 Cost.
Ugualmente deve ritenersi per l'art. 13, comma 1, che
corrispondentemente prevede la possibilita' di un'anticipazione
dell'iscrizione alla scuola primaria, gestita anch'essa,
illegittimamente, dal Ministro dell'istruzione.
In subordine, qualora ad avviso di codesta Corte si dovesse
ravvisare un'esigenza unitaria a fondamento delle norme impugnate,
esse sarebbero comunque illegittime per mancato coinvolgimento delle
regioni e, dunque, per violazione dei principi di cui alla sent.
n. 303/2003.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2,
dell'art. 13, comma 3, e dell'art. 14, commi 2 e 4, per violazione
dell'art. 117, comma 6, e del principio di leale collaborazione.
L'art. 12, comma. 2, l'art. 13, comma 3, e l'art. 14, comma 2,
adottano in via provvisoria fino all'emanazione del regolamento di
cui (si presume) all'art. 7, comma 1, legge 53/2003, żl'assetto
pedagogico, didattico ed organizzativoż di cui agli allegati A (per
la scuola dell'infanzia), B (per la scuola primaria) e C (per la
scuola secondaria di primo grado). Anche l'art. 14, comma 4, poi,
ribadisce la previsione del regolamento governativo.
L'art. 7, comma 1, affida al regolamento l'żindividuazione del
nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota
nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento,
alle discipline e alle attivita' costituenti la quota nazionale dei
piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilita' interni
nell'organizzazione delle disciplineż (lett. a), la żdeterminazione
delle modalita' di valutazione dei crediti scolasticiż (lett. b) e la
żdefinizione degli standard minimi formativi, richiesti per la
spendibilita' nazionale dei titoli professionali conseguiti all'esito
dei percorsi formativi, nonche' per i passaggi dai percorsi formativi
ai percorsi scolasticiż (lett. c): ma solo per le norme di cui alla
lett. c) e' richiesta l'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Ora, pare alla ricorrente regione che gli żorariż (lett. a) e le
modalita' di valutazione dei crediti scolastici non rientrino
nell'ambito delle żnorme generali sull'istruzioneż e che, quindi,
essi non possano essere oggetto di regolamenti statali, essendo cio'
precluso dall'art. 117, comma 6, Cost.
In queste materie, lo Stato dispone di competenza legislativa
limitata ai principi fondamentali, e non dispone di potere normativo
attuativo, dato che la potesta' legislativa, all'interno dei principi
fondamentali, spetta alle regioni.
L'art. 12, comma. 2, l'art. 13, comma 3, e l'art. 14, commi 2 e
4, invece, richiamando l'art. 7, comma 1, legge n. 53/2003, reiterano
l'illegittima previsione del regolamento statale,
Si noti che non varrebbe replicare che la censura doveva essere
rivolta contro l'art. 71, legge n. 53/2003, perche' e' pacifico nella
giurisprudenza di codesta Corte che gli atti legislativi sono
impugnabili anche se apparentemente żconfermativiż, perche' dotati
sempre, per propria natura intrinseca, del carattere della novita'
(v., ad es., sent. n. 30 e 44/1957, 47 e 63/1959, 3/1964, 19/1970,
171/1971, 49/1987, 1035/1988, 381/1990, 224/1994).
In subordine, l'art. 12, comma 2, l'art. 13, comma 3, e
l'art. 14, commi 2 e 4, sono illegittimi nella parte in cui
richiamano un regolamento che richiede l'intesa con la Conferenza
Stato-regioni solo in relazione al profilo di cui alla lett. c) e non
anche in relazione agli żorari e alle modalita' di valutazione dei
crediti scolastici: oggetti che, se anche vengono ricondotti
all'art. 117, comma 2, lett. n), comunque interferiscono con la
gestione del servizio scolastico, di competenza regionale, e dunque
richiedono di essere disciplinati con adeguati meccanismi
collaborativi.
7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3, per
violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
L'art. 14, comma 3, prevede che, żal fine di assicurare il
passaggio graduale al nuovo ordinamento per l'anno scolastico
2004-2005, e fino alla messa a regime della scuola secondaria di
primo grado, l'assetto organico delle scuole secondarie di primo
grado, come definito dall'art. 10, comma 4, viene confermato secondo
i criteri fissati nel decreto del Presidente della Repubblica 14
maggio 1982, n. 782ż.
Tale decreto e' un regolamento integralmente concepito non nella
logica del servizio di istruzione, ma nella logica della scuola
meramente statale, incardinata in un'amministrazione scolastica
accentrata, priva di una propria autonomia didattica e gestionale; e
in un contesto privo naturalmente di ogni competenza regionale. Esso
definisce nel dettaglio żle materie o gruppi di materie che
costituiscono cattedre di ruolo o incarichi di insegnamentoż e żle
condizioni per l'istituzione delle cattedre, nonche'... gli obblighi
d'insegnamentoż. Ad esempio, per le materie letterarie si prescrive
che ci siano żdue cattedre per ogni corsoż, che żun docente assumera'
l'italiano nella prima classe e l'italiano, la storia, l'educazione
civica e la geografia nella terza classe (ore 18 settimanali)ż,
mentre żl'altro docente assumera' la storia, l'educazione civica e la
geografia nella prima classe e l'italiano, la storia, l'educazione
civica e la geografia nella seconda classe (15 ore settimanali)ż, e
che żogni anno i due docenti si avvicenderannoż.
Per l'educazione tecnica si prevede żuna cattedra ogni 6 gruppi
di alunniż, con l'obbligo di insegnamento nei sei gruppi, e che żogni
classe non puo' dare origine alla formazione di piu' di due gruppiż.
Dunque, l'art. 14, comma 3, conferisce forza di legge ad un atto
che regola minutamente il modo in cui devono essere organizzate le
attivita' didattiche prescritte nei piani di studio, escludendo
qualsiasi margine di scelta delle regioni e delle scuole.
Nel nuovo quadro costituzionale, invece, la legge statale deve
limitarsi a dettare le norme generali statali sulle materie di studio
e i principi fondamentali sull'organizzazione, lasciando poi alle
regioni, e naturalmente alle scuole, un congruo margine di autonomia
perlomeno in relazione al modo in cui organizzare il servizio e
distribuire i compiti fra i vari docenti, nel rispetto dell'organico
disponibile.
La norma impugnata, invece, esaurisce totalmente le scelte
passibili (e' davvero paradossale che lo Stato debba anche stabilire
in quanti gruppi puo' dividersi una classe ai fini dell'educazione
tecnica!), come se le regioni e le scuole non godessero di autonomia
costituzionalmente garantita in materia di istruzione.
8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5, per
violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
L'art. 14, comma 5, prevede che, żai fini dell'espletamento
dell'orario di servizio obbligatorio, il personale docente
interessato ad una diminuzione del suo attuale orario di cattedra
viene utilizzato per le finalita' e per le attivita' educative e
didattiche individuate, rispettivamente, dall'art. 9 e dall'art. 10ż.
Tale norma non puo' certo considerarsi norma generale
sull'istruzione ne' żprincipio fondamentależ nella materia. Se da un
lato essa puo' apparire una ovvieta', e' pero' innegabile che essa
regola operativamente il modo in cui le scuole devono organizzare lo
svolgimento delle attivita' educative, violando sia la competenza
legislativa regionale - chiamata a svolgersi nel quadro di soli
principi fondamentali di legge statale - sia l'autonomia delle
scuole.
9. - Illegittimita' costituzione dell'art. 15, comma 1, secondo
periodo, per violazione dell'art. 117, comma 3, e del principio di
leale collaborazione.
La norma in epigrafe prevede la possibilita' di żincrementi di
postiż nell'ambito dell'organico del personale docente, mediante żil
decreto del Ministro dell'istruzione..., di concerto con il Ministro
dell'economia..., di cui all'art. 22, comma 2ż, legge n. 448/2001. Si
ricorda che in base a tale articolo żil Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca definisce con proprio decreto,
emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri
per l'attuazione di quanto previsto nel comma 1 e provvede alla
determinazione della consistenza complessiva degli organici del
personale docente ed alla sua ripartizione su base regionależ.
Ora, ragionando in astratto, la competenza costituzionale propria
ormai delle regioni in materia di gestione e organizzazione del
servizio dell'istruzione richiede che lo Stato, nel quadro e in
attuazione dell'art. 119 Cost., trasferisca alle regioni le risorse
necessarie ad esercitare anche la funzione in questione, pienamente
rientrante nell'organizzazione del servizio.
In attesa di una compiuta attuazione dell'art. 119 Cost. la
ricorrente regione puo' accettare una misura di gradualita' nella
messa in opera del nuovo sistema: ma non puo' accettare che la
legislazione vada in una direzione opposta alla prescrizioni
costituzionali.
Cosi' fa invece l'art. 15, la' dove esso non prevede alcun
significativo coinvolgimento delle regioni nell'esercizio della
funzione di determinazione dell'organico, attinente ad una materia di
competenza concorrente (v. sent, n. 303/2003).
Quanto all'autonoma impugnabilita' di ogni norma legislativa,
anche se apparentemente confermativa di una norma non impugnata, v.
il punto 6.