Il Prof. Bruno Moretto, nella qualità di promotore del referendum abrogativo della l. reg. Emilia-Romagna n. 10 del 1999, richiede, con urgenza, il mio parere sugli effetti che, in ordine a detto referendum, sono prodotti dalla legge regionale 8 agosto 2001, n. 26 (pubblicata nel BUR, n. 112 del 9 agosto 2001), recante il titolo "Diritto allo studio ed all'apprendimento per tutta la vita. Abrogazione della legge regionale 25 maggio 1999, n. 10". A tal fine trasmette il testo della legge oggetto della richiesta di referendum, il testo della richiesta referendaria, il testo della l. reg. n. 26 del 2001, con la relazione di accompagnamento del relativo progetto.
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Si deve rammentare, in via preliminare, che, l'art. 25 della l. reg. 22 novembre
1999, n. 34, prevede tre ipotesi di abrogazione (anteriore allo svolgimento
della consultazione popolare) delle disposizioni già oggetto di referendum
abrogativo. Nella prima (abrogazione totale) il Presidente della Giunta regionale
dichiara che il referendum non ha più luogo (comma 1, ma v. anche art.
19, comma 2); nella seconda e nella terza (rispettivamente: abrogazione parziale
e abrogazione totale o parziale accompagnata da altra disciplina della stessa
materia) il Presidente stabilisce se il referendum debba avere ancora luogo
e - in caso positivo - in riferimento a quali disposizioni (commi 2 e 3). Tanto
nella seconda che nella terza ipotesi la deliberazione presidenziale viene assunta
"su conforme parere della Commissione per i procedimenti referendari e
d'iniziativa popolare".
Nel caso di specie ricorre, con piana evidenza, la terza delle ipotesi sopra
descritte. Pertanto, a tenore del comma 3 del menzionato art. 25, la Commissione
per i procedimenti referendari deve compiere una duplice valutazione: giudicare,
in primo luogo, se la nuova normativa abbia modificato "i princìpi
ispiratori della complessiva disciplina preesistente"; stabilire, in secondo
luogo, se risultino modificati "i contenuti essenziali dei singoli precetti".
Nell'evenienza di un esito negativo dell'una o dell'altra di queste valutazioni
(ovvero, ovviamente, di entrambe) la consultazione deve effettuarsi "solo
o anche" sulle nuove disposizioni.
E' su tale problematica che è necessario, qui, soffermarsi.
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1.- Per quanto riguarda il primo ordine di valutazioni, si deve osservare che
i princìpi ispiratori della l. reg. n. 10 del 1999 rilevanti per il procedimento
referendario (ché su questi occorre riflettere) sono stati puntualmente
identificati dagli stessi promotori nella sintesi del quesito redatta ai sensi
dell'art. 14, comma 4, della l. reg. n. 34 del 1999, sintesi che - è
bene ricordare - è stata ritenuta esatta e coerente dalla Commissione
per i procedimenti referendari in sede di verifica di ammissibilità,
ai sensi dell'art. 15, comma 1 (spec. lett. d), della medesima legge.
Ora, detta sintesi così recita: "Volete voi abrogare le parti della
legge che introducono sia il coordinamento e l'integrazione fra le offerte educative
statali e non statali, sia il finanziamento delle scuole non statali in modo
diretto e indiretto?". I princìpi ispiratori della l. reg. n. 10
del 1999 che la richiesta referendaria mira ad abrogare, pertanto, sono due:
a) quello del coordinamento e dell'integrazione tra offerte formative statali
e non statali; b) quello del finanziamento - diretto o indiretto - delle scuole
non statali. Si tratta, pertanto, di stabilire se la legge di cui in epigrafe
abbia o meno inciso su detti princìpi ispiratori.
Nel complesso, si può sin d'ora affermare che la nuova disciplina non
ha affatto abbandonato l'impostazione generale dei princìpi ispiratori
della l. reg. n. 10 del 1999, ora sintetizzati.
1.1.- Quanto al principio di cui sub a), la relazione di accompagnamento afferma
che "viene... esclusa, rispetto all'impianto della legge 10/99 la normativa
riguardante il sistema formativo integrato", normativa che la Giunta regionale
intenderebbe reintrodurre con un apposito "progetto di legge che tratti
organicamente la materia". Non per questo, però, atteso l'oggettivo
contenuto del progetto di legge, sono venuti meno quel "coordinamento"
e quella "integrazione" tra le "offerte formative statali e non
statali" che - come detto - costituiscono la sostanza normativa di uno
dei due princìpi ispiratori della l. reg. n. 10 del 1999, di interesse
per il procedimento referendario.
A tal proposito, invero, è sufficiente considerare che l'art. 1, comma
4, della nuova legge regionale stabilisce che "la Regione e gli Enti locali
pongono a fondamento della programmazione degli interventi di rispettiva competenza
in materia di diritto allo studio il principio della partecipazione delle istituzioni
scolastiche, statali, paritarie e degli Enti locali, degli enti di formazione
professionale, dell'associazionismo e delle parti sociali". Così
statuendo, tale disposizione appare tuttora ancorata alla medesima logica dell'art.
1, comma 2, della l. reg. n. 10 del 1999, che riconosceva "il valore delle
offerte formative espresse dalla società, come arricchimento di quella
pubblica", fornendo così la base, da un lato, per il coordinamento
tra i diversi soggetti interessati all'istruzione, e dall'altro per l'erogazione
di specifiche provvidenze a favore della scuola privata (non è questa
la sede per soffermarsi sui pur consistenti dubbi di violazione dell'art. 33
della Costituzione, prospettati anche dal TAR dell'Emilia-Romagna, Sez. II,
con Ord. 20 dicembre 1999 - 21 aprile 2000, n. 1/2000).
L'art. 3, comma 1, lett. b), a sua volta, denuncia chiaramente la volontà
di intervenire tuttora (non solo nella materia del diritto allo studio, ma anche)
nella materia dell'istruzione scolastica (ancorché sottratta alla competenza
del legislatore regionale, può incidentalmente osservarsi) con evidenti
finalità di coordinamento dei vari operatori, come dimostra il riferimento
a progetti volti a "migliorare i livelli di qualità dell'offerta
formativa ed educativa". Tale intento, del resto, è esplicitato
dall'art. 2, che prevede azioni per la "realizzazione di una offerta di
servizi e di interventi differenziati" (comma 1, lett. b) e per il "raccordo
delle istituzioni e dei servizi educativi" (comma 1, lett. c). Inoltre,
l'art. 3, comma 4, lett. c), ancora più chiaramente, prevede "progetti
di qualificazione e aggiornamento del personale" delle "scuole dell'infanzia
del sistema nazionale di istruzione [ivi comprese le scuole private, ai sensi
della l. 10 marzo 2000, n. 62, come poi si dirà] e degli Enti locali",
"anche in riferimento al raccordo tra esse". Al di là del cambiamento
delle parole, quindi, la sostanza del coordinamento e del raccordo tra istituzioni
scolastiche, al fine della creazione di un "sistema", è rimasta
intatta.
Nonostante l'eliminazione dell'esplicito riferimento al "sistema integrato"
dell'istruzione pubblica e privata, pertanto, il principio del coordinamento,
che caratterizzava la l. reg. n. 10 del 1999, non è mutato, il che significa
che, per questa parte, la cessazione delle operazioni referendarie non può
essere disposta.
1.2.- Anche quanto al principio di cui sub b), e cioè quanto al principio
del finanziamento delle scuole non statali, ivi comprese quelle private, la
l. reg. n. 26 del 2001 non sembra averne determinato l'eliminazione.
A tal proposito, va subito rilevato che gli interventi previsti nell'art. 3
non appaiono destinati solo ai singoli studenti, ma anche alle istituzioni scolastiche.
In questo modo il legislatore esula dall'ambito del diritto allo studio e si
addentra in quello dell'istruzione scolastica, confermando l'atteggiamento seguito
nella redazione della precedente legge n. 10 del 1999 (si veda in particolare
quanto previsto al già menzionato comma 4, lett. c) circa i progetti
di qualificazione e aggiornamento del personale: se ne dirà più
diffusamente al successivo punto 2.2.2).
1.3.- Nessuno dei due princìpi ispiratori della l. reg. n. 10 del 1999,
pertanto, appare eliminato o modificato in modo così radicale da rendere
inutile lo svolgimento delle operazioni referendarie. Conseguentemente, deve
ritenersi che non ricorra l'ipotesi di improcedibilità di cui all'art.
19, comma 5, della l. reg. n. 34 del 1999.
2.- Quanto al secondo ordine di valutazioni, la nuova legge in parte modifica
sostanzialmente, in parte lascia inalterate (sempre nella loro essenza) le precedenti
disposizioni, come risulta da una sintetica analisi, a campione, del nuovo testo
normativo.
2.1.- Conviene sottolineare, anzitutto, che la nuova normativa appare rispondere
allo spirito dell'iniziativa referendaria nella parte in cui detta una nuova
disciplina in materia di borse di studio, poiché abbandona il criterio
del rimborso delle spese effettivamente sostenute. Tale abbandono è significativo,
in quanto proprio attraverso quel criterio si potevano introdurre trattamenti
di favore a vantaggio degli utenti delle scuole private.
Non rileva, invero, il richiamo alla l. 10 marzo 2000, n. 62, operato dall'art.
4, comma 2. La legge statale, invero, anche per come attuata dal D.P.C.M. 14
febbraio 2001, n. 106, potrebbe consentire, in astratto, il rimborso delle spese
effettivamente sostenute dai discenti per l'iscrizione alle scuole private.
Nondimeno, la legge regionale appare aver compiuto una scelta molto chiara e,
in concreto, più rigorosa, tanto che il suo inequivoco tenore letterale
esclude palesemente quella possibilità.
2.2.- La disciplina degli interventi di fornitura di attrezzature e strumenti
didattici (di cui all'art. 3, comma 1, lett. b), e comma 4, lett. a) e c), della
l. reg. n. 26 del 2001) appare invece sostanzialmente una conferma di quella
sottoposta a referendum.
2.2.1.- Nell'art. 3, comma 1, lett. b), della l. n. 26 del 2001 (definitivamente
approvata il 25 luglio 2001), rispetto al testo precedente (approvato alla seduta
del 4 luglio 2001), è scomparso il riferimento al "sistema scolastico
e formativo", che poteva richiamare le precedenti velleità di stabilire
un "sistema integrato" di istruzione. Nondimeno, come già osservato,
il nuovo testo prevede comunque interventi a sostegno di "progetti volti
a garantire ed a migliorare i livelli di qualità dell'offerta formativa
ed educativa", con una dizione ancora più ampia della precedente,
che dunque non ne elimina le ambiguità, ed anzi le aggrava.
Per la concreta individuazione dei soggetti destinatari delle provvigioni di
cui all'art. 3, comma 1, lett. b), inoltre, bisogna fare riferimento agli artt.
5 e 6 del medesimo progetto di legge (come si evince dal richiamo contenuto
nell'art. 3, comma 1). L'art. 6, in particolare, individua come destinatari
degli interventi i "frequentanti le scuole del sistema nazionale di istruzione,
compresi quelli delle scuole dell'infanzia". Data anche l'affermazione
di cui all'art. 1, a tenor della quale la nuova legge regionale disciplina gli
interventi per il diritto allo studio "in raccordo" con le norme della
legge 10 marzo 2000, n. 62, deve dedursi che gli interventi di sostegno economico
previsti dall'art. 3, comma 1, siano destinati anche alle scuole paritarie private.
Secondo l'art. 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, infatti, "il sistema
nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo
comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle
scuole paritarie private e degli enti locali".
2.2.2.- E' bene rilevare che solo in apparenza e solo in parte gli interventi
previsti dalla nuova legge sono disposti a favore dei singoli studenti. Lo stesso
comma 4, lett. a), dell'art. 3, pur parlando di facilitazioni per l'utilizzo
di strutture culturali, sportive e scientifiche, prevede provvidenze in favore
(non già degli alunni ma) delle scuole. La prima impressione, infatti,
è smentita dal successivo riferimento a progetti di innovazione e sperimentazione
in ambito didattico ed educativo, ed è evidente come l'elaborazione di
un progetto di innovazione e sperimentazione richieda un momento organizzativo
e di coordinamento che trova proprio negli istituti scolastici la sua sede naturale.
La disposizione, peraltro, riproduce nella sostanza (e riecheggia anche nel
linguaggio) quella dell'art. 10, comma 4, lettera d), della l. reg. n. 10 del
1999, che prevedeva l'erogazione di fondi regionali a soggetti gestori di scuole
dell'infanzia convenzionate, "finalizzati alla qualificazione dell'offerta
formativa, da realizzarsi tramite progetti migliorativi dei servizi". Risulta
sostanzialmente riprodotto, così, anche il disposto dell'art. 2, comma
2, lettera a), della l. reg. n. 10 del 1999, che prevedeva in via generale la
fornitura di materiale didattico a tutte le scuole ( e dunque anche a quelle
private) a sostegno di progetti educativi, finalizzati a favorire la qualificazione
del sistema scolastico.
Si segnala infine la successiva lettera c) dello stesso comma, ove si prevede
il finanziamento di interventi volti a migliorare la qualità dell'offerta
formativa: salvi i rilievi di cui si è detto più sopra, questa
disposizione è criticabile anche per la specifica previsione di progetti
di qualificazione del personale scolastico, che ancora più difficilmente
potrebbero esser inquadrati tra quei sostegni individuali ai discenti, in cui
gli interventi in materia di diritto allo studio dovrebbero esaurirsi. In questo
senso risulta riprodotta, nella sua sostanza, la disciplina contenuta nell'art.
10, comma 4, lettera e), della l. reg. n. 10 del 1999.
Quest'ultima disposizione, infatti, prevedeva che i fondi fossero erogati dalle
Province alle associazioni rappresentative a livello locale o regionale di soggetti
gestori di scuole dell'infanzia convenzionate, "finalizzati a realizzare
progetti di qualificazione dell'offerta educativa, tramite la formazione degli
operatori e la dotazione di figure di coordinamento pedagogico": la corrispondenza
di contenuto con la previsione delll'art. 3, comma 4, lettera c), della nuova
legge regionale è evidente.
2.3.- Anche per quanto riguarda alcune delle singole disposizioni della l. reg.
n. 26 del 2001, conclusivamente, non si registrano innovazioni di sostanza della
previgente disciplina (concernenti, cioè, il suo "contenuto normativo
essenziale"). Conseguentemente, appare necessario il "trasferimento"
del quesito referendario dalle disposizioni della l. reg. n. 10 del 1999 a quelle
della l. reg. n. 26 del 2001, nell'ipotesi in cui queste ultime non risultino
sostanzialmente innovative delle precedenti.
Roma, 23 agosto 2001
Prof. Avv. Massimo Luciani