Il sottoscritto, prof. Bruno Moretto, nella propria qualità di segretario
responsabile del Comitato Bolognese Scuola e Costituzione, nonché di
primo firmatario del Referendum abrogativo, formula la presente memoria sia
per allegare il parere giuridico redatto a richiesta del Comitato dal prof.
avv. Massimo Luciani, ordinario di Diritto pubblico all'Università La
Sapienza di Roma, sia per illustrare il contesto in cui il compito della Commissione
viene a collocarsi.
I rilievi del sottoscritto si articolano in due punti: il primo tende a ricostruire
la vicenda referendaria, il secondo puntualizza il senso letterale e il significato
del quesito referendario, per concluderne la perdurante attualità.
1) Storia del Referendum
La storia del Referendum di cui la Commissione deve valutare la odierna procedibilità,
in seguito all'abrogazione totale della L.R. n. 10/1999 e all'approvazione della
nuova normativa di cui alla L.R. n. 26/2001, inizia nel 1995, con l' approvazione
della L.R. n. 52/1995 che introduceva il sistema integrato delle scuole materne
pubbliche e private. Si tenga presente che tale legge è oggi sottoposta
al giudizio di legittimità da parte della Corte Costituzionale per contrasto
con gli artt. 33 e 117 della Costituzione, in seguito alla ordinanza del TAR
Emilia Romagna del dicembre 2000 (n.1/2000). Si è già tenuta l'udienza
pubblica di discussione e siamo in attesa del deposito della decisione della
Corte.
La legge regionale n. 10/1999 altro non è che la estensione a tutti gli
ordini di scuola del progetto di sistema integrato, con l'obiettivo dichiarato
di fare da "apripista" ad un nuovo modello nel quale l'offerta scolastica
sia indifferentemente erogata da soggetti pubblici e soggetti privati.
Il conseguente dirottamento di risorse finanziarie pubbliche verso i privati
è stato molto consistente: ogni anno nella sola nostra regione oltre
60 miliardi pubblici vanno direttamente nelle casse delle scuole private, in
particolare materne.
Tali gravosi oneri finanziari sostenuti per i privati hanno comportato il progressivo
disimpegno degli Enti locali verso il settore pubblico, tanto che costituisce
dato notorio che in questi ultimi anni le scuole dell'infanzia pubbliche hanno
visto crescere le liste d'attesa in tutta la regione, a causa del mantenimento
delle preferenze dei genitori verso tali scuole, nella convinzione che queste
sia sul piano didattico che organizzativo offrano prestazioni decisamente superiori.
Così tutte le scuole pubbliche mancano di adeguati finanziamenti per
attrezzature e usufruiscono spesso di edifici non a norma.
A questo si accompagna il fatto che, sul piano ideale, un esteso numero di Associazioni,
composte da insegnanti, studenti, genitori, cittadini dell'Emilia Romagna è
stata in prima fila in questi anni nella battaglia per l'affermazione dei principi
costituzionali che assegnano alla scuola pubblica il compito fondamentale di
assicurare a tutti un alto livello di istruzione in un'istituzione libera, pluralista,
egualitaria, consapevoli che un sistema basato sulla esistenza di scuole cattoliche
o musulmane, leghiste o meridionaliste, per élite o per diseredati, annuncia
un tempo in cui non è la libertà di ciascuno ad essere esaltata,
ma - al contrario - il riconoscimento reciproco è sostituito dall'esasperazione
della propria identità, il confronto dalla distanza dall'altro.
La consapevolezza che la maggioranza dei cittadini italiani e della nostra regione
sia contraria a tali modifiche e disposta a battersi per imporre il rilancio
della scuola pubblica, che ha bisogno di riforme e nuove risorse, ha portato
una quindicina di associazioni prima a indire la grande manifestazione nazionale
dei 50.000 a Bologna tenutasi il 17 febbraio 1999 e poi a proporre la raccolta
delle firme necessarie per svolgere un Referendum popolare per l'abrogazione
della Legge regionale n. 10/1999.
La proposta di consultazione popolare è stata fatta nella convinzione
che su questioni di tale rilevanza sociale, che coinvolgono i diritti primari
dei cittadini, sia necessario l'intervento diretto degli stessi.
Il 12 luglio 1999 500 promotori consegnarono la proposta di quesito alla Direzione
generale del Consiglio regionale e, in seguito al parere favorevole della Commissione
per i procedimenti referendari del 21 luglio 1999 e alla delibera di regolarità
dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del 29 luglio 1999, iniziarono
la raccolta delle firme dal settembre successivo.
Il 9 marzo 2000 sono state consegnate circa 60.000 firme (20.000 in più
di quelle necessarie) e l'11 aprile l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale
ha dichiarata valida l'iniziativa referendaria.
Il grande consenso alla proposta referendaria, che ha visto la costituzione
di centinaia di Comitati spontanei presenti in tutte le province della regione,
evidenzia l'ampiezza del dissenso sulla nuova politica regionale sulla scuola
e la volontà dei cittadini di esprimersi direttamente sul tema dell'utilizzo
delle risorse pubbliche in ambito scolastico.
Eppure, già nel corso della raccolta delle firme, si notarono i primi
segnali di un atteggiamento di "ostruzionismo" da parte della maggioranza
regionale contro l'iniziativa referendaria.
Dapprima, nel corso della raccolta delle firme, fu modificata la legge regionale
sui referendum n. 35, che recava la data del 28/10/1997. Con la nuova legge
regionale n. 34 del 13 ottobre 1999 furono introdotte scadenze e impicci prima
non previsti. Poi si interpretò la nuova legge in modo da evitare lo
svolgimento del referendum nella sua data naturale di novembre 2000. Poi, ancora,
non fu discussa in tempo utile la legge di iniziativa popolare, proposta con
il corredo di 6.000 firme, che chiedeva di votare a febbraio 2001.
E quando il Presidente della Regione, dopo aver rinviato l'atto di indizione
della consultazione a ottobre 2000, fissò la data di svolgimento scelse
il 20 maggio, ovvero una data concomitante con le elezioni politiche. Ciò
comportò, a causa del divieto di svolgimento di referendum regionali
nei tre mesi antecedenti e successivi a tale scadenza, previsto dalla L.R. 34/99,
un nuovo decreto con il quale il Presidente spostò la data al 18 novembre
2001, a più di due anni dall'inizio del procedimento.
Da ultimo, nonostante l'ampiezza del tempo a disposizione, proprio alla vigilia
della scadenza elettorale, è stata varata in data 25 luglio 2001 la nuova
legge avente per titolo: "Diritto allo studio ed all'apprendimento per
tutta la vita. Abrogazione della Legge regionale 25 maggio 1999, N. 10",
che vorrebbe avere come espresso scopo quello di evitare la consultazione popolare.
E' significativo il fatto che il Consiglio regionale ha discusso il nuovo testo
in soli tre giorni, a scuole chiuse e con procedura d'urgenza.
Il motivo dell'urgenza sta nel fatto che, vista la concomitanza con il Referendum
nazionale sulla revisione in senso federale della Costituzione del 7 ottobre,
il Referendum indetto per il 18 novembre 2001 avrebbe dovuto ragionevolmente
essere accorpato all'altro, e ciò avrebbe sicuramente favorito il raggiungimento
del quorum dei partecipanti al voto necessario per la validità del pronunciamento
popolare.
La notte del 25 luglio 2001 il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza
la nuova legge n 26, che espressamente si premura di abrogare la precedente.
Si fa rilevare, a conferma del dissenso prodotto fra i cittadini della nostra
regione dalla nuova politica scolastica della Regione, che, dopo 12 anni di
applicazione condivisa della L. R. 6/83, in soli 6 anni il Consiglio regionale
ha deliberato ben 4 leggi sulla materia del diritto allo studio: L. 52/95, L.
155 del 15 gennaio 1999 rinviata a nuovo esame da parte del Consiglio regionale
in seguito alla nota del Commissario del Governo in data 15 febbraio 1999, L.
10 approvata il 29 aprile 1999, L. 26 approvata il 25 luglio 2001.
2) La non aderenza della L.R. n. 26/2001 al quesito referendario
La legge regionale sui referendum ( L.R. n. 34, del 1999, all'art. 25) afferma,
a tutela dei sottoscrittori, che qualora nuove disposizioni intervengano nel
corso dell'iter referendario, occorre verificare se le modifiche apportate superino
i contenuti ispiratori o i contenuti essenziali dei singoli precetti della legge
precedente.
Ciò, in sintonia con la legislazione nazionale, ha lo scopo di garantire
l'esercizio della volontà popolare, che, in tutte le democrazie, è
il momento più alto di partecipazione dei cittadini alla vita politica
e sociale di uno Stato.
Il Quesito referendario, approvato dalla Commissione regionale per i referendum
il 21 luglio 1999, ai sensi dell'art. 14, comma 4 della L. 34, si compone di
una sintesi, che ne è parte integrante e obbligatoria "per favorirne
la chiarezza e l'univocità": "Volete voi abrogare le parti
della legge che introducono sia il coordinamento e l'integrazione fra le offerte
educative statali e non statali, sia il finanziamento delle scuole non statali
in modo diretto ed indiretto." e dell'articolato delle disposizioni da
abrogare.
L'obiettivo del referendum è quindi con chiarezza quello di eliminare
il coordinamento e l'integrazione fra scuole pubbliche e private e ogni erogazione
regionale a favore delle scuole private, con lo scopo di limitare l'ambito della
legge agli interventi rivolti alle persone nel rispetto dell' art. 117 della
Costituzione, che assegna alle Regioni la sola competenza sull'assistenza scolastica
e non sull'istruzione. Gli interventi verso le persone debbono essere invece
paritari per evitare discriminazioni in base al principio universale del diritto
allo studio.
Questo è quanto hanno sottoscritto i cittadini. Occorre quindi giudicare
se la nuova legge risponde a tale intenzione chiaramente espressa.
a) L'analisi del nuovo testo normativo evidenzia che i principi ispiratori della nuova legge sono esattamente gli stessi della precedente: tutti i provvedimenti diretti sia agli alunni che alle scuole sono rivolti in modo paritario al pubblico e al privato. Si parla espressamente di "principio di partecipazione delle scuole private paritarie" alla programmazione degli interventi previsti dalla legge. L'intenzione di confermare tuttora l'esistenza di un sistema scolastico integrato pubblico-privato in ambito regionale è chiara. L'argomento è ampiamente illustrato dal parere, qui allegato, del Prof. Luciani.
b) I contenuti essenziali delle singole disposizioni
E' bene chiarire che i punti della legge regionale n. 10/1999 sottoposti ad
espressa abrogazione dalla legge successiva sono stati individuati con l'obiettivo
di eliminare ogni disposizione specifica che prevedesse finanziamenti diretti
ed indiretti alle scuole private. La maggior parte di tali finanziamenti viene
confermata dalla nuova legge. La sostanza dei provvedimenti non cambia se l'Ente
che materialmente eroga diventa la Provincia, perché già era così
in base alla Legge 10 (vedi primo comma dell'art. 10.4.) e perché i fondi
impiegati sono regionali. Nello specifico:
a) l'art. 1.4 riconferma l'art. 1.2.a della legge regionale n. 10/1999 confermando
la partecipazione paritaria delle scuole private alla programmazione degli interventi
e l'ambizione regionale di istituire il coordinamento fra le Istituzioni scolastiche
statali e le scuole private.
b) L'art. 3. 4. a) della L.R. n. 26/2001, che fa riferimento ai progetti di
cui all'art. 3. 1. b), riconferma l'impostazione dell'art. 2.2.a della L.R.
n. 10/1999, del quale si vuole sottoporre ad abrogazione la fornitura di attrezzature
e strumenti didattici, finalizzati alla qualificazione delle scuole non statali.
La nuova legge conferma la messa a disposizione di materiale didattico, computer
e altro, per sostenere progetti di sperimentazione in ambito didattico delle
scuole private. E' da rilevare la riconfermata ambizione di intervenire sull'autonomia
didattica degli istituti, che vedranno i loro progetti di sperimentazione didattica
valutati da funzionari provinciali e non statali;
c) L'art. 3. 4. c) è quello più esplicito nel confermare i finanziamenti
diretti alle scuole. Esso deve essere raffrontato non tanto con l'art. 2.2.d
della L.R. n.10, ma con l'art. 10. 4 commi d), e), soggetti ad abrogazione,
dove si esplicitano i finanziamenti a favore delle materne private. La nuova
formulazione conferma i finanziamenti per la qualificazione delle scuole e per
la formazione e aggiornamento del personale.
d) L'art. 4 risponde pienamente al quesito nel comma 2, mentre nel comma 3 si
ripropone il riferimento alle spese per l'istruzione di cui all'art. 12, comma
5, introducendo in più una distinzione nelle modalità erogative
delle borse a seconda del reddito, che non compariva precedentemente.
IN VIA SUBORDINATA:
In ogni caso, se vi fossero, a parere della Commissione, dubbi sulle disposizioni
della L. 26, varrebbe necessariamente il principio in ragion del quale "in
caso di dubbio o incertezza, si applicano le norme più favorevoli per
i promotori del referendum" (art. 49, comma 2, lett. C) della L.R. 34/99.
Tale principio non è altro che la doverosa traduzione normativa del comune
principio del favor per il Referendum, che ha un chiaro fondamento costituzionale.
Come ha recentemente osservato l'Ufficio centrale per il referendum presso la
Corte Suprema di Cassazione, "il referendum
è la forma più
diretta e immediata di esercizio della sovranità popolare e come tale
deve essere con interpretazione rigorosa e restrittiva fino al possibile preservato
e non contenuto" (Ord. 7 dicembre 1999, n. 47)
Conclusioni
In base alle precedenti argomentazioni ritengo che il referendum debba essere
confermato nelle sue finalità e quindi nella sintesi già individuata
dalla Commissione per i procedimenti referendari, in data 21 luglio 1999, con
riferimento alle disposizioni della legge regionale n. 26,
Pertanto chiedo la riformulazione del quesito ai sensi dell'art. 25, comma 4,
della L. 34/99.
Bologna 31 agosto 2001