ROMA - Nello schema di decreto sul secondo
ciclo la "liceizzazione" della scuola secondaria appare
predominante. Soprattutto se si tiene conto del liceo tecnologico che, di
fatto, diventa il nuovo nome degli attuali istituti tecnici industriali. La
scelta influisce anche sui programmi, che ricevono una forte spinta
umanistica. E il numero delle discipline oscilla tra le 14 del primo
biennio e le 17 degli anni successivi. Nei programmi del liceo tecnologico
si introduce lo studio della filosofia e la "conoscenza del mondo
classico" che potrà comprendere la capacità di leggere testi a fronte,
magari in latino. La comparazione più indicativa può venire confrontando
l'attuale istituto tecnico a indirizzo "meccanica" e il modello
previsto per il liceo tecnologico a indirizzo meccanico. Nel primo caso,
infatti, sono contemplate 36 ore settimanali di cui 8 ore di attività di
laboratorio con l'insegnante tecnico-pratico, numero che aumenta fino al
quinto anno. Nel liceo tecnologico, invece, le ore sono 30 settimanali (33
negli ultimi tre anni) più tre rappresentate dalle opzioni facoltative.
Nello schema messo a punto dal Miur non c'è nessun riferimento alle ore di
laboratorio. Secondo alcuni esperti in questo modo si rischia di non
fornire una preparazione professionalizzante e vanificare l'aspettativa,
più volte manifestata, del sistema delle imprese che richiede, in larga
misura, diplomi e qualifiche. Ma anche all'interno del mondo degli
imprenditori ci sono opinioni diverse. L'ampio spettro del liceo
tecnologico è codificato dallo stesso testo dello schema di decreto, che
nel delinearne le caratteristiche, fa esplicito riferimento alla missione
di fornire agli studenti strumenti per comprendere le problematiche
scientifiche e storico-sociali collegate alla tecnologia. Oltre che alla
possibilità di sviluppare la creatività e la capacità progettuale. Tramonta
il "campus". Va sottolineato che l'attuazione del secondo ciclo
dell'istruzione della riforma Moratti comporterà prima di tutto la
riorganizzazione degli attuali istituti secondari e la loro ricollocazione
secondo i nuovi percorsi liceali e d'istruzione e formazione professionale.
Il modello "campus" che, fino a pochi giorni fa, rappresentava
una delle ipotesi organizzative più accreditate, entra in crisi alla luce
dei contenuti della bozza del decreto legislativo. Diventa difficile da
applicare, infatti, se si considera che oltre il 70 per cento dell'offerta
formativa si concentrerebbe nei licei. In pratica, il "campus"
prevede di individuare delle scuole, o delle reti di istituti, che in un
ambito territoriale, siano in grado di proporre un'offerta formativa capace
di garantire ampia scelta di percorsi d'istruzione, formazione
professionale e anche liceali (in particolare tecnologico, economico e
artistico). Si realizza, inoltre, attraverso un rapporto diretto con il
territorio e con il sistema delle imprese. La soluzione organizzativa
risultava preferita proprio per la possibilità di sviluppare connessioni e
realizzare la pari dignità tra tutti i percorsi, come previsto dalla legge
Moratti. Istituti professionali. Gli istituti professionali statali sono
circa 470. E per un terzo si trovano nel Mezzogiorno. Sono frequentati da
545.872 studenti (il 21,7% di tutti gli studenti delle superiori). Nei
professionali lavorano circa 49mila insegnanti di ruolo. Sono dunque i
professionali a passare dal sistema statale a quello regionale, secondo la
bozza di decreto. L.ILL.
Venerdí 10 Dicembre
2004
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