Calerà dall’alto la scuola europea? Non ci riferiamo tanto ad
operazioni verticistiche quanto al fatto che mentre i sistemi scolastici europei,
pur in presenza di tendenze e dinamiche comuni, continuano ad essere molto diversi
e disomogenei, sembra marciare molto più velocemente l’omogeneizzazione
dei sistemi universitari. Il cosiddetto Processo di Bologna, dalla città
italiana dove nel 1999 fu lanciata la dichiarazione di intenti, procede, appunto.
Alla conferenza di Berlino dello scorso settembre erano ormai 40 i paesi coinvolti
e circa mille le università. Ancor di più saranno quelle che si
troveranno tra due anni a Bergen. La cosa è stata registrata anche dal
Social Forum Europeo che non a caso a Berlino ha organizzato una concomitante
riunione preparatoria per Saint Denis. E nello stesso forum parigino si annunciano
proprio sul fronte universitario le decisioni più stringenti. D’altra
parte è qui che, tra educazione a distanza e autonomia delle università,
il mercantilismo ha più filo da tessere nell’immediato. Ma non
si può pensare che le cose che succederanno nell’università
saranno prive di effetto sui cicli scolastici precedenti, così come sulla
formazione degli insegnanti.
I pilastri del sistema universitario ruotano intorno ad alcuni concetti, strumenti
e scadenze chiave: il Supplemento al Titolo (una specie di portfolio uguale
in tutto il continente da cui si capisca il percorso di una persona), il Credito
Europeo (una misura unica per tutta l’Europa in cui ogni anno di corso
varrà 60 crediti calcolati in base a ore di lezione, lavori e tempo di
studio individuale), due livelli di laurea o, se si preferisce, una Laurea e
un Postlauream ( nel quale saranno compresi anche master ufficiali e il dottorato).
Interessante è però capire come i vari paesi si vanno conformando
a ciò.
In Germania solo 1.600 su circa 15.000 percorsi universitari sono stati riformati
e sono frequentati da circa il 3% degli universitari: adottando il lessico britannico
si prevede un bachelor e un master che sulla base degli eurocrediti dovrebbero
corrispondere a 180 e 300. Ma anche su questa valutazione solo una parte delle
università tedesche si sono conformate, e spesso con variazioni in merito
a quantità orarie e carichi di studio.
In Francia di 88 università, 3 hanno già adottato il sistema dei
crediti, ma quest’anno saliranno a 18 e nel 2006 tutte le università
dovrebbero aver adottato il nuovo sistema. Sono previsti tre livelli: il primo
di tre anni, il secondo di cinque e il terzo, il dottorato, di otto. Oggi la
Francia ha già un sistema predisposto formato da un diploma generale
di 2 anni, una licence di due o tre e una maitrise di uno, indispensabile per
alcune professioni. Qui si innesta il dottorato che può essere di 2 o
4 anni. Ma resteranno ai margini di questo processo le Grandi Scuole o le Scuole
Superiori, che da oltre un secolo costituiscono il vanto della cultura francese
e che hanno percorsi selettivi e particolari.
Il Regno Unito non ha particolari problemi ad adattarsi allo spirito di Bologna.
D’altra parte il concetto di credito scolastico è praticamente
nato qui, dove non importa il numero di anni che si dedicano a studiare, quanto
i risultati. E per di più prevede già una “scheda del progresso”
dello studente che assomiglia tanto al Supplemento del Titolo. Unico neo dei
britannici: non vogliono un sistema di valutazione europeo, per non rinunciare
al proprio.
Anche i Paesi Bassi hanno un Bachelor of Arts di tre anni seguito da un Master
of Arts di un anno. Da qui può partire un dottorato. Qui il processo
si considera avviato nelle 14 università statali dove le lezioni sono
ormai impartite solo in inglese. Nel 2004 si riformeranno le facoltà
scientifiche, nel 2005 quelle umanistiche.
Infine la Spagna presenta non pochi problemi acausa di percorsi differenti (
licenciaturas e diplomaturas, a volte di tre a volte di quattro anni) che danno
il medesimo sbocco. Deciso che questa doppiezza di percorsi va abolita, il problema
che rimane è quello di riferisrsi ad un cumulo di crediti che è
o troppo basso o troppo alto.