IL DENTIFRICIO
Pino Patroncini
Gli
studenti sono come il dentifricio: una volta che è uscito dal tubetto non puoi
più rimetterlo dentro. E’ un modo di dire che hanno in Francia. Ed è la cosa
che gli ex ministri dell’educazione d’oltralpe Lang e Ferry hanno ricordato
all’attuale ministro Fillon, consigliandogli implicitamente prudenza, quando
fra febbraio e marzo decine di migliaia di ragazze e ragazzi sono scesi in
piazza nelle principali città francesi. Sarà il ricordo del lontano maggio del
’68 (ma allora il movimento era prevalentemente universitario, mentre oggi è di
liceali *) o sarà quello di più recenti movimenti (nel 2000 ci lasciò le penne
persino il socialista Allégre, di fronte a un movimento animato da
organizzazioni e sindacati “amici”) sta di fatto che i movimenti studenteschi
francesi un certo allarme lo suscitano sempre. E Fillon ha abbozzato: ha scelto
la ritirata. Ma solo strategica: il 15 febbraio all’apertura della discussione
in parlamento, ha riconfermato l’intenzione di portare avanti fino in fondo la
riforma, per di più con procedura d’urgenza, ma non senza prima aver provato a
convincere gli studenti e a chiarire gli equivoci.
Un mese di mobilitazioni
L’agitazione
studentesca ha preso le mosse, si può dire, da uno sciopero sindacale degli
insegnanti del 21 gennaio scorso. Uno sciopero riuscito, come non se ne
vedevano dal 2003. Nella primavera di quell’anno, infatti, lo scontro sulla
regionalizzazione del personale e sulle pensioni (ironia della sorte: la
controparte era sempre Fillon, allora al ministero degli affari sociali) aveva
impegnato e estenuato il movimento sindacale francese, senza risultati
positivi, se si esclude un contributo sostanziale alla forte mutazione
dell’opinione pubblica, confermata un anno dopo col risultato politico della
schiacciante vittoria socialista alle regionali. Ma da allora il movimento era
sembrato un po’ sfiancato e nel 2004 i pochi scioperi fatti non avevano avuto
un gran seguito.
Al
21 gennaio ha fatto seguito il 5 febbraio la giornata di manifestazioni in
tutta la Francia a difesa delle 35 ore:
500.000 mila manifestanti nelle diverse città. Qui hanno fatto la loro comparsa
massiccia gli studenti medi e da quel momento si può dire che non sono più
rientrati, provocando nel mondo politico francese la “sindrome del dentifricio”
di cui si parlava all’inizio.
Poi
è stata la volta dell’11 febbraio: 100.000 manifestanti in tutta la Francia. E
con metà delle regioni già in vacanza (le cosiddette vacanze d’inverno, sosta
canonica di inizio febbraio nel calendario scolastico francese).
In
quelle occasioni sulle prime pagine di Liberation
comparivano a tutto tabloid faccine
giovani prevalentemente femminili, con bocche aperte nell’atto di gridare, i
lineamenti di alcuni che tradivano origini extraeuropee, specchio di una
società da tempo multirazziale, con quel che di frivolezza che caratterizza i
giovani d’oggi ma con sguardi fieri tra
l’arrabbiato e l’entusiasta. In poco tempo le piazze francesi si sono rianimate
con manifestazioni giovanili, perché una caratteristica di questo movimento è
la diffusione nazionale: non solo Parigi, ma anche la provincia.
Infatti
non era finita lì: il 15 febbraio in piena vacanza, mentre l’Assemblea
Nazionale iniziava l‘esame del progetto di legge 60.000 studenti e insegnanti
sfilavano per Parigi e 15.000 a Bordeaux.
E
poi ancora il 1° marzo a Nizza, Tolone, Digione, e in altre città francesi
migliaia di studenti davano vita a cortei. Il 3 marzo “il movimento ha fatto
tappa a Clermont Ferrand” ha scritto il quotidiano Liberation: 4.500 studenti in corteo nel capoluogo dell’Alvernia
non sono cosa da tutti i giorni. Il giorno prima l’Assemblea nazionale aveva
approvato il testo di legge in prima lettura.
I
giovani si sono fatti sentire anche alla Seconda Assise della Stampa e della
Gioventù che si è svolta a Lille: 1200 persone venute sotto la neve il 5 marzo
hanno chiesto ai giornali di divulgare di più e meglio le ragioni delle
proteste degli studenti.
Infine
l’8 marzo l’appuntamento al rientro dalle vacanze. Anche in questo caso la
mobilitazione studentesca non ha deluso. In 160.000 gli studenti sono tornati
in piazza e, malgrado gli incidenti provocati dai casseurs in alcune città e particolarmente gravi a Parigi, su cui
il governo ha cercato di spostare
l’attenzione della stampa e che invece hanno dimostrato l’inesperienza e la
spontaneità del movimento, poco avvezzo a isolare le infiltrazioni, Fillon è
sembrato con le spalle al muro.
Con
questa scadenza il movimento degli studenti e anche degli insegnanti e dei loro
sindacato si è nuovamente risaldato col più generale movimento operaio e
sindacale che due giorni dopo, il 10 marzo ha portato in piazza un milione di
persone in tutta la Francia per i salari e la difesa delle 35 ore di lavoro.
Una promessa di eguaglianza tradita
Motivo
della protesta studentesca è la riforma della scuola secondaria francese, la
cosiddetta Loi d’Orientation che il
governo di destra ha approntato e che il parlamento sta per varare. Una riforma
che, se ripercorre le ipotesi della destra liberista internazionale, almeno nel
metodo e negli atteggiamenti ha ben altra portata di quella italiana: preparata
dal grande dibattito nazionale durato un anno ( ma non sempre rispettato nelle
sue conclusioni), con una legge chiara varata in tre mesi, centrata su
obiettivi significativi come la ridefinizione dei saperi minimi indispensabili
per tutti e le abilità da conseguirsi a ogni tappa del percorso scolastico.
Ma
in particolare alcuni aspetti di questa legge sono fortemente contestati dagli
studenti. Più di tutti il nuovo esame di maturità, il cosiddetto bac, personalizzato, che dovrebbe
essere preceduto da una sorveglianza
continua sui progressi dell’alunno, la quale finirebbe col mettere in
discussione l’anonimato della prova finale, l’eguaglianza di opportunità per
tutti di fronte all’esame, e finirebbe per creare bac di livello a seconda delle scuole e dei quartieri dove esse
sorgono. E’ una critica aspra quella su questo argomento, che tocca nel vivo la
cultura scolastica francese fondata, dicono i commentatori, su “una promessa di
eguaglianza”, a questo punto tradita.
Un’altra
critica riguarda la cancellazione del Tpe,
i “lavori personalizzati inquadrati”. Vale a dire le due ore settimanali
dedicate ad attività interdisciplinari di ricerca: un’attività sorta non molti
anni fa, senza molto entusiasmo da parte degli insegnanti, ma che ha trovato in
poco tempo il favore degli studenti. Il Ministro Fillon vorrebbe sopprimerla
per dare spazio e risorse alla seconda lingua straniera, non più opzionale ma obbligatoria
questa volta. Così come verrebbero soppresse le ore di teatro, danza,
audiovisivi.
Altre
accuse al governo riguardano la soppressione di alcune altre discipline: quelle
economiche e sociali, scienze e tecnologie terziarie, scienze ingegneristiche. Su queste accuse il governo nega e grida al
fraintendimento e alla manipolazione degli studenti da parte dei loro
insegnanti che temono di perdere le loro cattedre.
Infine,
la mancanza di risorse per la scuola: si prevede un taglio di 3.500 insegnanti,
dovuti a un numero minore di iscrizioni
secondo il governo, e di 12.000 insegnanti ausiliari, quelli che aiutano i
ragazzi in attività di supporto allo studio. I ragazzi denunciano: vogliono
mettere poliziotti al posto dei sorveglianti. E l’allontanamento della polizia
dalle scuole è un delle misure invocate, anche se la presenza della polizia,
voluta dal precedente ministro Ferry, sarebbe già stata sospesa qualche mese fa
con l’arrivo di Fillon al ministero dell’educazione.
A
consigliare Fillon di evitare lo scontro frontale erano stati anche i dissidi
interni alla maggioranza che governa la Francia. Sulla Loi d’orientation
i dissensi non mancavano e probabilmente questi erano anche lo specchio dello
scontro tra l’ala chiracchiana, a cui fa capo il primo ministro Raffarin, e
quella che fa capo al ministro dell’interno Sarkozy, alla quale appartiene
Fillon. Infatti quest’ultimo, non appena è stato sicuro di avere l’appoggio
della compagine governativa, e del primo ministro, non ha esitato ad accelerare
i tempi della discussione e dell’approvazione della legge. Non senza però aver
ceduto agli studenti sulla questione degli esami di maturità.
*
In Francia il termine liceali indica tutti gli studenti delle scuole
secondarie superiori che si dividono in licei generali, licei tecnologici,
licei professionali e licei agricoli e che grosso modo corrispondono al nostro
triennio di secondaria superiore.
I nipotini del maggio Uno spettro si aggira per la
Francia tutte le volte che si muovono gli studenti ( o almeno è quello che a
noi, da questa parte delle Alpi, viene da pensare): lo spettro del maggio
’68. Ma, a parte il fatto che allora il movimento era prevalentemente
universitario mentre oggi è prevalentemente liceale, di movimenti
studenteschi significativi la Francia ne ha visti anche di più recenti. Il 27 novembre 1986 esplode il
movimento contro la legge Devaquet: 600.000 universitari manifestano in tutto
il paese contro la riforma universitaria voluta dalla destra. La cosa si
ripete in una grande manifestazione a Parigi il 4 dicembre. Nel novembre del 1990 100.000
studenti sfilano per Parigi e la manifestazione termina con violenti
incedenti. Gli studenti chiedevano al ministero dei affrontare i problemi di
sicurezza delle scuole (erano i tempi della haine), di edilizia, di organico e di condizioni di studio. Era
presidente all’epoca Mitterand. Il primo ministro Rocard e quello
dell’educazione Jospin lanciano in seguito a ciò un piano d’urgenza di 4,5
miliardi di franchi (pari a 685.000.000 di euro). Il 25 marzo 1994 gli studenti
sfilano contro il progetto Balladur di inserimento professionale . “Papà mi
hanno promesso un posto di lavoro: il tuo!” è lo slogan del momento.
Manifestano in 30.000 a Parigi, altrettanti a Lione, 15.000 a Tolosa, 11.000
a Nantes, 10.000 a Grenoble. Nell’ottobre 1998 i liceali si mobilitano per chiedere più risorse. Rivendicano
l’aumento dell’organico dei docenti e dei sorveglianti, la riduzione del
numero di alunni per classe, il miglioramento della vita e dell’ambiente
scolastico e una diversa organizzazione degli orari. Il 15 ottobre in tutta
la Francia sfilano 500.000 persone e ci sono anche incidenti. Il 21 ottobre
il ministro Allégre promette un piano di 4,7 miliardi di franchi (715.000.000
milioni di euro) finanziato grazie a un prestito di 4 miliardi di franchi concesso ai consigli regionali. Nell’ottobre del 1999 sono circa
150.000 gli studenti che scendono in piazza denunciando la mancata attuazione
dei provvedimenti promessi da Allégre l’anno prima. Molto insoddisfatti sono
soprattutto gli studenti dei licei professionali. Jospin lancia allora una
riforma dei licei professionali. A seguito del movimento studentesco si
sviluppa anche un movimento di insegnanti che nel 2000 porta alle dimissioni
di Allégre, attaccato anche dallo Snes, il principale sindacato della
scuola secondaria. |
La difficile unità studentesca. Sono tre le organizzazioni
studentesche che in questo momento coordinano a livello nazionale il
movimento studentesco francese, il quale a sua volta non manca di dare vita a
collettivi e unioni locali spesso insofferenti della saccenteria politica dei militanti di organizzazione. La Fidl (Federazione indipendente democratica liceale) fondata nel
1987 a latere di Sos Racisme sembra
essere la più vivace. Si muove in un’area al confine tra la sinistra
socialista, il partito comunista, e l’estrema sinistra. La sua concorrente è L’Unl (Unione nazionale dei liceali)
anch’essa vicina al Partito Socialista, ma da posizioni più riformiste, anche
se quest’anno sembra alleata con i trotzkisti. E’ l’unica a organizzazione a
occupare i tre posti studenteschi in seno al Consiglio Superiore
dell’Educazione, nel quale la Fidl non è più rappresentata. E quest’anno ci
sono le nuove elezioni. Nome storico, che risale al
maggio ’68, è quello dei Comitati d’Azione Liceali. All’epoca la loro Unione
Nazionale era praticamente una filiazione dell’organizzazione universitaria Unef tra gli studenti medi. Rifondati
nel movimento della Primavera del 2003 (lotte sindacali contro la
regionalizzazione del personale e contro la riforma previdenziale) oggi
rappresentano l’estrema sinistra del movimento, diretti per lo più dai
trotzkisti delle Jcr o dagli
anarchici di Alternative Libertaire. |
PARLANO GLI STUDENTI
Sulla
rivista dello Snes, il principale
sindacato degli insegnanti della secondaria francese, in un ampio dossier, in
cui fra l’altro è compreso anche un articolo della nostra Gabriella Giorgetti
che spiega la situazione dell’esame di Stato italiano (uno dei temi caldi della
battaglia in corso in Francia), sono riportate due interviste alle segretarie
nazionali delle due principali organizzazioni studentesche.
Ecco
cosa dice Coralie Caron, segretaria
nazionale della Federazione Indipendente
e Democratica Liceale.
D.
Quale è la posizione della Fidl in rapporto all’introduzione del controllo
continuo nel baccalaureato (l’esame di maturità, ndr?)
R. Il controllo continuo nel bac
non farà che rinforzare le diseguaglianze già esistenti. Come mai una simile
riforma? Gli argomenti avanzati dal ministero sono incoerenti. Fillon parla di
modernizzazione del bac e di successo
per tutti. In pratica non è che il contrario! Quando Fillon parla
dell’istaurazione del bac in
controllo continuo, lo giustifica spiegando che è per evitare il bachotage (le preparazioni
approssimative all’esame di bac, ndt)
e per ricompensare gli alunni più seri nel corso dell’anno. Infatti per lui si
tratta di rinforzare e di formalizzare una classe di elite che abbia accesso
alla “migliore educazione” nei “migliori licei”! Lo sanno tutti, il nostro
sistema non è perfetto, le diseguaglianze
esistono già nell’educazione. Certi licei beneficiano di una “buona
reputazione”, altri si battono per la salvaguardia delle loro potenzialità! Tuttavia
il nostro bac attuale è nazionale ed
anonimo e possiede lo stesso valore per il liceo Henry IV e per quello di
Sarcelles! Il controllo continuo al bac non
farà che rinforzare le diseguaglianze già esistenti.
D.
Quale evoluzione del baccalaureato preconizzate?
R. Noi non siamo per una modifica della valutazione dell’esame perché essa
garantisce una eguaglianza tra i candidati grazie all’anonimato degli elaborati
e agli argomenti unici per tutti nel medesimo giorno e nel medesimo lasso di
tempo. Ci auguriamo che sia fatto più spazio alla valutazione orale e il
ristabilimento dei Tpe (lavori
interdisciplinari, ndr) che richiedono una prestazione davanti a una
commissione. In effetti un esame orale sollecita delle capacità differenti, ma
assai più interessanti che uno scritto. Superare un orale richiede un
apprendimento intelligente e uno spirito di sintesi. Ciò evita il bachotage poiché quando uno prepara un
orale è costretto a anticipare gli argomenti eventuali che possono essere
domandati e ciò ci insegna a problematizzare e ci prepara agli studi superiori.
D.
Per la Fidl la riforma del baccalaureato è anche un problema sociale?
R. Uno degli obiettivi della scuola è permettere a una classe di età di
emanciparsi, di progredire tramite il sapere. Instaurare il bac a controllo continuo porterà dunque
a dimenticare che la scuola ha un ruolo di ascensore sociale! L’obiettivo del
governo è chiaro: inviare il più possibile sul mercato del lavoro i giovani del
nostro paese. La riforma del bac con
l’instaurazione di una parte conseguente del controllo continuo è dunque la
questione più delicata di questa riforma. La Fidl è risolutamente contraria a questo progetto che va contro
coloro che abbiamo sempre difeso. Ogni allievo, ogni cittadino ha diritto alle
sue possibilità quale che sia la sua origine sociale. Per noi quando si parla
di educazione si parla di qualità, di emancipazione collettiva. Fillon non
parla che in termini monetari. La scuola non è un’impresa né deve essere
considerata come tale, la formazione della nostra gioventù è troppo importante
perché essa sia comandata da criteri finanziari. E’ per questa ragione che noi
non accettiamo questa riforma e che noi ci mobiliteremo fino al suo ritiro.
In
quanto segretario della Fidl, primo
sindacato liceale, così come liceale e cittadino, io non accetterò mai che si
distrugga così l’educazione! Noi liceali non vogliamo vedere i nostri fratelli
e le nostre sorelle crescere in un simile sistema. Noi non vogliamo trovarci a
dover spiegare loro che questa situazione è dovuta alla nostra assenza di mobilitazione.
E’ per questo che noi ci mobilitiamo tutti oggi e che manifesteremo ovunque in
tutta la Francia. I liceali sono coscienti e non abbasseranno la guardia di
fronte agli attacchi di questo governo.
Ed
ecco invece l’intervista alla diciassettenne Constance Blanchard, presidente dell’Unione Nazionale dei Liceali.
D.
Siete sorpresi dall’ampiezza delle manifestazioni?
R. Gli inizi della mobilitazione sono vecchi. Ma tutti hanno notato che
c’è stata un’amplificazione del movimento il 15 febbraio. Per noi questo
conforta la nostra analisi: il malessere liceale è profondo, molto anteriore
alla loi d’orientation.
D.
Quale è la natura di questo malessere?
R. C’è una grande inquietudine in relazione al futuro. Si tratta di una
generazione che, si è detto, vivrà
forse meno bene dei quella dei suoi genitori. Ed in più essa vede che da
tre anni l’educazione non è più un obiettivo prioritario della Nazione. La
soppressione dei posti di sorvegliante e di insegnante lo dimostrano bene.
D.
Fillon ha fatto marcia indietro sul bac,
ciò non sembra soddisfarvi.
R. Noi abbiamo notato con soddisfazione questa marcia indietro ma il bac
non è che la parte emergente dell’iceberg. La loi d’orientation propone uno zoccolo minimalista di conoscenze per
la maggior parte degli allievi. Essa manca completamente di ambizione. L’Unl si posiziona chiaramente per una
vera riforma della scuola, una riforma che assicuri una vera eguaglianza degli
allievi e che sviluppi lo spirito critico.
D.
Torniamo al bac. La sua forma attuale vi va bene?
R. Noi abbiamo sempre criticato un esame che lascia troppo spazio al
“galleggiamento”. E’ per questo che siamo favorevoli ai Tpe e al lavoro interdisciplinare. Fanno pensare a
un’organizzazione del bac che prenda
di più in considerazione la progressione degli allievi durante tutto l’anno e
che prepari la loro entrata nell’insegnamento superiore. Una cosa è certa il bac deve restare nazionale e garantire
l’eguaglianza tra gli allievi. Se ne discute ma non è un argomento facile.
D.
Quali saranno le prossime tappe della mobilitazione?
R. In un primo tempo bisogna creare un rapporto di forza: è quello che noi
facciamo in questo momento. Ma noi dovremo essere molto attenti all’evoluzione
del dibattito parlamentare, all’eco che il nostro movimento ha nell’opinione
pubblica. In tutti i casi l’Unl
prosegue la sua mobilitazione con l’insieme degli attori dell’educazione.
(Da l’Universitè Sindacaliste Mag del 10
febbraio 2005. Traduzione dal francese di Pino Patroncini)
Piccoli leader crescono Nel movimento del maggio ’68
ebbero grande rilievo le figure di leader studenteschi un po’ pittoreschi
come Daniel Cohn Bendit, alla guida le movimento 22 Marzo, o fascinosi come
Jacques Sauvageot, segretario nazionale dell’Unef. Inevitabilmente maschi. Attualmente la leadership sembra
invece diventata prevalentemente femminile. Coralie Caron è la segretaria
della Fidl, Costance Blanchard
quella della Unl e Alexandra
Tzatchen è la portavoce del movimento d’oggidì, così come Loubna Meliane lo
era stato di quelli del 1998 e del 1999. Oggi, a venticinque anni, Loubna
Meliane è animatrice di una radio
indipendente, Fun Radio, che unisce musica rock a
dibattiti sulla condizione giovanile. Ma, la lasciata la Fidl, è stata anche vicepresidente di Sos Racisme, e esponente
di spicco dell’organizzazione femminista Ni
putes ni soumises, oltre che
componente del consiglio nazionale del Partito Socialista. Erano donne anche le dirigenti
del movimento del 1990 Delphine Batho e Cecile Amar. La prima anch’essa
impegnata in Sos Racisme e nel
Partito Socialista, di cui è oggi segretaria nazionale alle questioni della
sicurezza. La seconda è invece giornalista. Dallo stesso movimento vengono
Nasser Ramadane, all’epoca portavoce della Fidl, e Amadou Deme
entrambi entrati nel Partito Comunista. Dal movimento universitario del
1986 il Partito Socialista trasse molti quadri di rilievo delle
amministrazioni ai tempi di Mitterand: è stato il caso di Isabelle Thomas,
onnipresente sui media contro la Loi
Devaquet, e David Assouline. Anche il presentatore televisivo
Michel Field e il deputato socialista dell’Essonne, Michel Dray, furono “da
piccoli” leader del movimento studentesco del 1973. |
…e dietro un movimento ne spunta
un altro Il 15 di marzo il Movimento dei
liceali è nuovamente sceso in piazza accompagnati dagli insegnanti aderenti
ai sindacati Fsu, Unsa, Cgt, Fo e Sud e all’associazione dei genitori Fcpe.
Queste organizzazioni fornivano anche un nutrito servizio d’ordine. La
precedente manifestazione in quel di Parigi, l’8 di marzo, si era infatti
conclusa con violenti incidenti provocati dai casseurs, teppistelli di
periferia infiltrati nel corteo che, a quanto pare, hanno cominciato a
colpire a destra e a manca aggredendo passanti e rompendo vetrine, senza
escludere neppure gli stessi manifestanti, allo scopo di impossessarsi di
oggetti come portatili, telefonini, walkman. Sindacati e genitori hanno
accusato anche la polizia di essere intervenuta in ritardo e
indiscriminatamente. E le manifestazioni del 15 hanno
visto meno gente: 20.000 a Parigi e 100.000 in tutta Francia. C’è chi dice
perché il movimento dopo più di un mese sta ormai scemando, c’è chi dice
perché la legge va avanti comunque, vista la determinazione del Ministro
Fillon, c’è chi dice perché ormai il risultato principale, quello relativo
all’esame di maturità, è stato conseguito. Ma c’è chi dice anche per la paura
del casseurs e degli incidenti possibili, che tuttavia non ci sono
stati. Dai giornali si evince che il 15 Parigi era in stato di assedio e la
polizia perquisiva i ragazzi che andavano al concentramento. Il timore era
che si ripetessero le scene della settimana prima. Nel frattempo davanti al
tribunale di Bobigny, periferia nord di Parigi, hanno cominciato a sfilare i
ragazzini arrestati l’8 marzo: abitano tutti da quelle parti . Essi
confessano candidamente di essere andati alla manifestazione con la sola
intenzione di procurarsi portatili e telefonini. Si tratta prevalentemente di
immigrati o di figli immigrati, per lo più frequentanti il Bep, cioè
il biennio iniziale del liceo professionale, laddove a farne le spese
sembrano essere invece gli alunni dei licei generali e tecnologici. Li
chiamano petit blancs. Questi ultimi sono disorientati: ci
battiamo contro la disuguaglianza, dicono, e veniamo aggrediti e derubati.
Loro invece si definiscono rebeus (arabi) e renois (neri):
rivendicano con orgoglio la loro origine, la distanza sociale e culturale che
li separa dai petit blancs, il loro diverso modo di comportarsi,
soprattutto con l’altro sesso. E’ evidente che le scelte
scolastiche che i liceali contestano non fanno che approfondire questa
frattura, ma riemerge un inquietante fenomeno che sollecita il dubbio tra
segregazione e integrazione. Chi si batte per quest’ultima è tirato
direttamente in ballo, stretto tra chi vuole segregare e chi rischia di
essere segregato. |