IL MOVIMENTO DI LOTTA CONTRO LA LEGGE 53 SULLA STAMPA FRANCESE.

 

Le Monde de l’Education, l’importante rivista francese di questioni scolastiche e educative, emanazione dell’omonimo quotidiano, dedica sul numero di gennaio un lungo articolo al movimento di lotta delle scuole italiane a firma di Agnese Bertello. La nostra lotta e i principi che la animano superano dunque  anche i confini nazionali!

 

LA SCUOLA ITALIANA IN EBOLLIZIONE

Il progetto di riforma dell’educazione italiana solleva un vasto movimento di protesta degli insegnanti di questo paese. Scoglio principale: l’introduzione di un tutor e una nuova ripartizione dei ruoli.

 

A Roma il 15 novembre erano centomila. Centomila insegnanti, studenti, genitori venuti a domandare l’abrogazione della riforma della scuola del ministro Letizia Moratti. Questa giornata di sciopero che ha riguardato tre insegnanti su quattro ha segnato l’ultimo atto di una protesta che dura da oltre due anni. Tutto l’anno 2004 è stato costellato di manifestazioni e scioperi, di assemblee pubbliche, di occupazioni di scuole, di feste e di biciclettate nelle città per sensibilizzare la gente. “Comitati per la difesa della scuola pubblica” sono spuntati come funghi da Torino a Palermo. Sui siti web della rete ha cominciato a circolare un “kit di resistenza legale”.

E’ fra gli insegnanti delle scuole elementari, direttamente toccati dai decreti di applicazione della legge, che  il profondo disaccordo si è trasformato in disobbedienza civile e si è organizzato in una rete di resistenza alla riforma. “La forza di questo movimento è la competenza. Una competenza che si oppone a leggi incompetenti, imprecise, confuse – dice  Patrizia Quartieri,  maestra in una scuola di Milano, da dove il movimento è partito – Si sono spulciati i testi e si sono trovate molte inesattezze, contraddizioni, atti illegittimi. Così si è scoperto di avere dei mezzi inaspettati e legali per rifiutare di applicare la riforma”. La legge sull’autonomia scolastica, approvata nel 1997, è in effetti dalla parte degli insegnanti. Per un altro verso certi decreti hanno perso il loro carattere obbligatorio, perché la procedura legislativa non è stata correttamente seguita.

 

Un tutor molto controverso.

Le capacità organizzative, creative e relazionali di questo movimento di protesta si devono anche al modo stesso in cui lavorano oggi gli insegnanti italiani; un lavoro che di fonda sulla collegialità e sulla contitolarità a cui le maestre non vogliono rinunciare.

Oggi gli alunni italiani possono contare sulla collaborazione e la presenza di due insegnanti, uno specializzato in materie scientifiche e l’altro in materie umanistiche, a cui si aggiungono l’insegnante di religione e quelli dei laboratori. Le due insegnanti, che assicurano 22 ore d’insegnamento ciascuna su una presenza totale di 40 ore settimanali, mensa e ricreazione compresa,  devono essere presenti insieme nella classe almeno due ore alla settimana. Introdotto nel 1985, questo lavoro in equipe funziona bene. La riforma contestata, che disprezza i buoni risultati di questo modello organizzativo,  prevede l’introduzione di un tutor, che avrà 18 ore di insegnamento, e la trasformazione dei tempi pieni per gli alunni, che avranno a quel punto 27 ore obbligatorie ( invece di 30), 3 ore facoltative e 10 ore per la mensa e la ricreazione.

“Nel modello attuale – spiega Elisabetta Nigris, ricercatrice in scienze dell’educazione all’università di Milano -  i due insegnanti della classe sono egualmente responsabili di tutti gli alunni e del progetto pedagogico; essi garantiscono la continuità delle relazioni e la pluralità dei modelli didattici. In questa maniera il programma pedagogico si può adattare alle differenti esigenze, caratteristiche e difficoltà degli alunni, salvaguardando allo stesso tempo  l’unità del gruppo durante i corsi, le attività di laboratorio, la mensa e la ricreazione.” Al contrario la riforma punta sulla continuità pedagogica e affettiva che sarà garantita dal maestro unico.

Più ancora che un modello di scuola che ha dato dei risultati,  il movimento degli insegnanti italiani  teme di vedere compromessa l’uguaglianza delle opportunità per l’accumularsi di misure come l’introduzione del tutor,  il portfolio delle competenze e i percorsi personalizzati,  le ore facoltative, la trasformazione del tempo pieno, la riduzione dei mezzi, i nuovi programmi….

“Abbiamo rifiutato il tutor, definendoci tutti tutor;  abbiamo rifiutato i nuovi libri di testo, adattati ai nuovi programmi del ministero,  scegliendo testi alternativi; abbiamo lottato fino alla fine  per salvaguardare il tempo pieno tale e quale esso era – spiega Elena Miglietta, anch’essa maestra a Milano – Adesso ci opponiamo al portfolio delle competenze che doveva mettere in rilievo le capacità di ciascuno e che non fa che sottolineare le differenze di classe.”

Di fatto, benchè una parte dei decreti siano stati approvati, la riforma è lontana dall’essere applicata dappertutto. Secondo la Cgil solo il 23% delle scuole avrebbero introdotto il tutor, mentre un terzo degli insegnanti avrebbero rifiutato i manuali che accompagnano i nuovi programmi.