Comitato bolognese Scuola e Costituzione

 

Il Comitato bolognese Scuola e Costituzione, sin dalla sua costituzione, ha affermato che una politica di riforma e riqualificazione della scuola pubblica, senza dubbio necessaria avrebbe dovuto tenere fermi i principi affermati nella Costituzione, che attribuiscono alla scuola statale un ruolo fondamentale per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese.
Nella società multietnica e complessa di oggi tali principi sono ancora più validi e devono essere riaffermati con forza:
1) La Repubblica deve garantire a tutti l'istruzione statale d'ogni ordine e grado (art. 33 Cost.) ed a tale fine deve realizzare strutture pubbliche necessarie e adeguate per far fronte alle esigenze scolastiche dei cittadini. Si tratta di un principio affermato dalla Costituzione che esclude nell'istruzione il principio di sussidiarietà; l'istruzione privata, potendo essere anche un'istruzione di tendenza, non è fungibile con l'istruzione pubblica, che invece deve per la sua funzione istituzionale essere pluralista, cioè aperta a tutte le correnti di pensiero. Tale principio comporta però una politica d'espansione quantitativa e di forte qualificazione delle istituzioni scolastiche statali, anche per quanto concerne le scuole per l'infanzia, e quindi un congruo incremento delle risorse finanziarie. Ancora in molte realtà non esistono scuole per l'infanzia statali o comunque pubbliche e spesso non sono sufficienti o adeguate per fare fronte alla domanda sociale.
2) La scuola della Repubblica deve essere statale (art. 33 Cost.) in modo da poter garantire l'istruzione in quanto diritto di cittadinanza, omogenea e pluralista in tutto il territorio del Paese. Statale non significa, però, ministeriale o a gestione centralistica; statale deve significare che la scuola pubblica, pur con la sua necessaria flessibilità e le sue articolazioni a livello locale per meglio adattarsi alle diverse esigenze delle singole realtà locali, deve avere un forte ed omogeneo progetto culturale a livello nazionale e un unico ordinamento; significa cioè una scuola della Repubblica. Il ruolo delle Regioni e degli Enti Locali rispetto al sistema scolastico deve essere senza dubbio valorizzato, ma in funzione di supporto e di sostegno del sistema scolastico che nelle sue scelte di fondo deve mantenere il suo carattere autonomo, unitario e nazionale.
Deve essere pertanto respinta con fermezza non solo la proposta di Legge del Governo di una devoluzione della scuola alle Regioni, ma più in generale ogni forma di "regionalizzazione" dell'istruzione.
Il sistema scolastico deve interagire con il territorio e soprattutto con tutte le altre agenzie formative e in primo luogo con la formazione professionale, ma con una netta distinzione di ruoli e di funzioni.
3) Gestione democratica della scuola statale a garanzia in essa del pluralismo culturale. L'istruzione statale deve essere garanzia di pluralismo e di libertà d'insegnamento e d'apprendimento. La scuola statale deve essere organizzata in modo da garantire un effettivo pluralismo culturale; non deve essere né una scuola ministeriale né la scuola degli assessori, né dei dirigenti scolastici; deve essere la scuola di tutti e per tutti. E' quindi necessario garantire un'effettiva gestione democratica della scuola, rafforzando i poteri decisionali degli organi di democrazia scolastica e garantendo nello stesso tempo un'effettiva autonomia dagli esecutivi nazionali e locali. Una gestione democratica della scuola, a garanzia del pluralismo culturale, è però incompatibile con un'organizzazione gerarchizzata e con il ruolo manageriale dei dirigenti scolastici, scelte che invece si ritrovano nei provvedimenti recentemente adottati.
4) Laicità della scuola statale come garanzia di una formazione aperta al confronto e rispettosa di tutti i diversi orientamenti ideali e culturali. La nostra società è sempre più una società multietnica dove si confrontano diverse culture e concezioni di vita; la scuola di oggi deve quindi esaltare la sua funzione di formazione di coscienze critiche ed aperte al confronto aprendosi alla multiculturalità; il carattere laico della scuola statale deve quindi essere riaffermato nel senso più alto della cultura della laicità, intesa come rispetto delle opinioni di ognuno ed apertura al confronto.
5) Tutte le risorse pubbliche devono essere utilizzate per la qualificazione e lo sviluppo della scuola pubblica, secondo il dettato dell'art. 33 Cost. che vieta ogni forma diretta o indiretta di finanziamento pubblico dell'istruzione privata.
Questi principi oggi sono però messi in discussione dall'attuale maggioranza parlamentare che dimostra inequivocabilmente la sua intenzione di sviluppare una politica scolastica, sotto ogni profilo, subalterna al mondo dell'impresa, alle richieste delle gerarchie della Chiesa cattolica, e ispirata alla diffusa cultura neo-liberista; tutti i recenti provvedimenti del Ministro Moratti, da quelli introdotti con la Legge finanziaria alla proposta di legge delega sui cicli, a quella sull'immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica, alla riforma degli Organi collegiali sono inequivoci segnali di un chiaro disegno eversivo del nostro sistema scolastico.
La scuola pubblica non avrebbe più, secondo tale disegno, come prioritaria la funzione istituzionale di realizzare attraverso un percorso culturale pluralistico ed aperto al confronto, la formazione democratica dei cittadini; la scuola dovrebbe invece, secondo tale concezione, riprodurre la gerarchizzazione sociale della società con un ritorno ad una scuola che riproduce l'attuale classe dirigente distinta da una scuola che avvii al lavoro e quindi alla vita dell'azienda.
Questa politica deve essere subito contrastata; è necessario coordinare il vasto movimento di lotta, che si è creato nelle scuole, per bloccare una tale politica eversiva; durante i governi di centro-sinistra sulla politica scolastica nell'ambito delle forze democratiche e laiche si sono registrate divisioni e dissensi; la legge di parità, il potenziamento del ruolo manageriale del dirigente scolastico, la privatizzazione del rapporto di lavoro del personale della scuola, la funzione d'indirizzo culturale attribuita al Ministero con un forte ridimensionamento degli organi di democrazia scolastica, l'applicazione dell'autonomia scolastica non come autonomia di sistema, ma come una debole autonomia delle singole Istituzioni scolastiche, la confusa e contraddittoria riforma del Titolo V della Costituzione, che assegna competenza legislativa concorrente alle Regioni sulla materia istruzione, che l'art. 33 assegna al solo intervento statale: "La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi." sono state scelte che hanno creato contrasti, anche profondi, nel mondo della scuola, soprattutto tra le forze impegnate per il rinnovamento della scuola pubblica.
Se si vuole veramente contrastare la politica eversiva di questo Governo e difendere il ruolo della scuola pubblica è necessario ricercare insieme, anche attraverso un approfondito confronto, un comune terreno d'impegno e d'iniziativa. Non si tratta di nascondere le differenze che ovviamente ci sono, ma si tratta di creare luoghi per una discussione aperta e approfondita, proprio per questo non paralizzante e distruttiva, capace di tenere insieme le diversità - riconosciute nelle loro legittimità, all'interno di una ricerca comune - e individuare alcuni terreni condivisi di iniziativa politica.
E' necessario ridefinire, attraverso un confronto paritario e di merito tra tutte le forze e associazioni democratiche una politica per la scuola, coerente con la funzione istituzionale che l'istruzione pubblica deve sempre svolgere in una società democratica.
Non quindi qualsiasi cambiamento, ma una riforma per una scuola pubblica che sia anzitutto idonea nella società di oggi a sviluppare la coscienza democratica.

Bologna 6 maggio 2002