Ulisse naufraga...a bordo d’un yacht
(Guido Gozzano)

Il Re di Tempeste era un tale
che diede col vivere scempio
un bel deplorevole esempio
d’infedeltà maritale,
che visse a bordo d’un yacht
toccando tra liete brigate
le spiagge più frequentate
dalle famose cocottes.
Già vecchio, rivolte le vele
al tetto un giorno lasciato,
fu accolto e fu perdonato
dalla consorte fedele...
Poteva trascorrere i suoi
ultimi giorni sereni,
contento degli ultimi beni
come si vive tra noi...
Ma né dolcezza di figlio,
né lagrime, né la pietà
del padre, né il debito amore
per la sua dolce metà
gli spensero dentro l’ardore
della speranza chimerica
e volse coi tardi compagni
cercando fortuna in America...
-Non si può vivere senza
danari, molti danari...
Considerate, miei cari
compagni, la vostra semenza!-
Vïaggïa vïaggïa viaggia
v ïaggïa nel folle volo:
vedevano già scintillare
le stelle dell’altro polo...
Vïaggïa vïaggia vïaggïa
vïaggïa per l’alto mare:
si videro innanzi levare
un’alta montagna selvaggia...
Non era quel porto illusorio
la California o il Perù,
ma il monte del Pirgatorio
che trasse la nave all’in giù.
E il mare sovra la prora
si fu richiuso in eterno.
E Ulisse piombò nell’Inferno
dove ci resta tuttora...

 

Il testo è una parodia dell’Ulisse omerico, dantesco e d’annunziano.

Gozzano ricorda le imprese eroiche compiute da Ulisse ridicolizzandole. La nave di quest’ultimo, infatti, è diventata – con un errore di cronologia – uno yatch; Calipso e Circe si sono trasformate in allegre donnine, i suoi marinai in "allegre brigate"; le sue eroiche traversate sono diventate futili viaggetti di piacere verso località esotiche.

Ulisse, ormai vecchio, ha deciso di tornare da Penelope, sua consorte fedele, ma il soggiorno è breve perché egli parte alla ricerca di fortuna in America. Il viaggio è lungo e periglioso e si conclude con il naufragio e la cacciata di Ulisse negli Inferi. Ulisse non è più "Il Re di Tempeste" omerico, nè l’uomo assetato di conoscenza di ascendenza dantesca, né il superuomo d’annunziano, ma un mediocre uomediocre uomo qualunque avido di beni materiali.

Nel testo – la cui struttura metrica è costituita in prevalenza da versi novenari e ottonari a rima incrociata (secondo lo schema A-B-B-A) -, sono evidetni, nella scelta lessicale, i riferimenti al testo dantesco: "dolcezza di figlio", "pietà del padre", "debito amore", "considerate la vostra semenza", "folle volo", "stelle dell’altro polo", "un’alta montagna", "la prora".

(Lorenzo Barbati e Chiara Binazzi, 2I1)