Il mito nella storiografia

LE ORIGINI DI ATENE E ROMA


La nascita di Atena in una pittura vascolare del 570 a.C.Romolo e Remo allattati dalla lupa. Rilievo su un altare marmoreo, opera romana del sec. II d.C. Roma

Gli antecedenti della storiografia si possono rintracciare negli interessi geografici ed etnografici che sulla fine del VI secolo si manifestano in Ionia. Parallele, e poi successive, alle prime opere geo-etnografiche sono quelle rivolte a recuperare il passato di città sorte con la più antica colonizzazione greca, sono le cosiddette "fondazioni". Il desiderio di fermare il ricordo dei fatti più significativi anche delle vicende relativamente recenti ha portato alla stesura dei primi annali: Wroi , un’antica parola che significava gli anni. I Greci non hanno creato una parola che definisse questi ricercatori; li hanno chiamati logografi con l’allusione alla scrittura in prosa. Di questi abbiamo pochi frammenti, quindi é difficile esprimere un giudizio sicuro sulla loro attività. Tra i logografi che più si sono avvicinati alla storia ricordiamo Carone di Lampsaco, Dionisio di Mileto, Xanto di Sardi, tutti forse un poco anteriori ad Erodoto.

La storiografia nasce nel momento in cui lo spirito avverte una inconciliabilità tra racconti del mito e i dati della esperienza e crea una rottura nella tradizione determinando uno iato tra età eroica ed età semplicemente umana.

Tuttavia anche nell’opera di storici come Erodoto e Tito Livio trova spazio il racconto mitologico, soprattutto per le vicende più lontane, quali l’origine delle città o le vicende che hanno caratterizzato i primi secoli della loro vita. Diverse e molteplici sono le cause del perdurare del mito nella narrazione storica: Erodoto, ad esempio, dice che la sua istorih (indagine, ricerca personale) viene posta accanto alla conoscenza diretta (oyis) e al ragionamento (gnwmh) e alla raccolta di tradizioni orali(ta legomena) rispetto alle quali non si assume responsabilità. Sono proprio le tradizioni orali e le leggende a sfondo mitologico che animano le tante digressioni che rendono affascinante l’opera di Erodoto. Livio poi dichiara che sul passato remoto non esprime opinioni in quanto ritiene giusto che un impero, che è riuscito a dominare il mondo, orni la storia delle sue origini con nobili leggende.

Il discorso vale per molti altri storici che nella loro narrazione danno spazio ad eventi mitologici e leggendari.

Cerchiamo ora di dare qualche esempio concreto del perdurare del mito all’interno di opere assai complesse e varie per le situazioni presentate e per le modalità usate dall’autore nel costruire la sua narrazione storica.

TESEO

Dalla "Periegesi" di Pausania riportiamo alcuni passi relativi alla storia di Teseo (il re autore del sinecismo, dalla cui opera nasce la vicenda politica di Atene).
La vicenda narrata dimostra il valore di un importante personaggio di Atene, Teseo, che compì molte imprese eroiche, delle quali si può avere una testimonianza nelle rappresentazioni dell’Acropoli e nel demo di Maratona. Teseo è un personaggio mitico, che già da bambino era caratterizzato da un grande coraggio; proprio questo, unito alla forza, fa di Teseo un eroe, che salva Atene dalla minaccia del Minotauro; e nonostante la sua natura mortale, viene reso immortale anche dalle successive interpretazioni delle sue imprese, come, per esempio, la tragedia di Fedra, del tragediografo Racine.

Anche Apollodoro  narra " La nascita di Atena", ma in maniera più seria, descrivendo il timore di Zeus di essere spodestato e il parto di Atena agguerrita, già armata di tutto punto.

Sempre riguardo la storia di Atene, abbiamo analizzato "La nascita di Atena" scritta da Luciano di Samosata nella sua opera Dialoghi degli Dei. Qui è messa in risalto l’origine di Atene, la dea della guerra e della ragione nata dalla testa di Zeus; anche se nel dialogo non vi è nessun riferimento esplicito ad Atene, viene naturale al lettore collegare la città alla sua divinità Poliade e l’accenno alla meditata violenza di Efesto richiama alla mente la storia della nascita dei re Ateniesi della terra fecondata dal dio, ricorda l’orgoglio con cui gli Ateniesi vantavano la loro autoctonia, soprattutto fa sorgere il pensiero che la città regina dell’Ellade sia stata originata dalla dea delle arti e della guerra e dal dio artefice, capace cioè di tradurre in realtà le doti artistiche ispirate da Atena.

Altro mito significativo è quello relativo alla morte dell’ultimo re, Codro, e alla fine della monarchia. Un complesso passaggio politico e sociale è giustificato dal mitico, eroico gesto di un re che si immola per la salvezza della patria lasciando di sé un ricordo tanto alto da non consentire che altri ricopra quel ruolo che lui ha reso quasi sacro.


LA LUPA

Simile per certi versi è il mito nell’origine di Roma: anche qui compare un dio, Marte, padre del primo re e protettore della città; anche qui abbiamo narrazione di apoteosi di sovrani (Romolo), fenomeni di sovrani saggi ispirati da divinità (Numa, che opera sotto consigli della Ninfa Egeria), anche qui abbiamo un mito per spiegare la fine della monarchia: la violenza tentata dal figlio di Tarquinio il Superbo sulla nobile Lucrezia. Lo sdegno dei familiari e del popolo fu tale che i re furono cacciati e da quel giorno nessuno volle più la monarchia a Roma.

Tanti sono gli episodi suggestivi che si potrebbero narrare, noi ne riportiamo alcuni, brevi, per documentare la bellezza e l’efficacia di questi racconti. Nella vita di Romolo viene raccontata da Plutarco l’origine di Roma secondo un perfetto ordine cronologico, e vengono esaltate le qualità del fondatore Romolo: forte, intelligente, coraggioso, saggio, vincente, e soprattutto discendente di Enea, figlio di Venere: anche in questo caso, l’origine divina della città e l’audacia del suo fondatore fanno si che le prime imprese dei Romani volgano a loro favore, come il ben riuscito ratto delle Sabine: una premessa a quella che sarà la forza dell’impero romano.

Anche Tito Livio si azzarda a raccontare le vicende della storia della sua città, e subito chiarisce nella sua introduzione che il fine della sua opera è quello di ricordare al suo popolo la sua nobile origine per distoglierli dai loro costumi corrotti, e di lasciare un documento che funga per le generazioni e le popolazioni future da ricordo delle imprese del popolo da lui definito come "il più grande popolo delle terra". Livio racconta tra l’altro la morte di Romolo e la sua ascesa al cielo, e poi la sua predizione di grandezza e potere a Giulio Proculo: non solo la città è stata fondata dal discendente di un dio, ma anche da un uomo che con la morte è asceso agli dei e sorveglia e protegge Roma dall’alto dei cieli.

 


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