Il mito nella storiografia

LA VITA DI ROMOLO
( Plutarco )


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Per Plutarco, il mito è qualcosa di molto complesso, e non può essere tradotto in una realtà storica umana. Per questo scrisse, in parallelo, le vite di Romolo e Teseo. Aveva a disposizione un’enorme quantità di materiale, come le Quaestiones Romanae, e le pose sotto una durissima selezione, dalla quale vennero scelte soltanto le fonti che gli sembrarono più credibili, e vennero tralasciati interi episodi mitici, solo per la loro scarsa credibilità. In alcuni punti, però, dove è difficile applicare la sua tecnica narrativa, che consiste nella disposizione successiva di episodi secondo l’ordine cronologico, per le numerose discordanze, aggiunge anche le altre versioni, quelle più curiose. Il linguaggio che usa Plutarco nella sua opera, però, ci suggerisce una mancanza di conoscenza chiara e sicura, e una profonda avversione verso gli abbellimenti poetici da parte dell’autore stesso : insomma, ci apprestiamo a consultare un’opera caratterizzata da una grande razionalità e serietà a livello storiografico.

 


LA FONDAZIONE DI ROMA

 

MARTE E REA SILVIA

Marte e Rea Silvia (Sarcofago, Museo Laterano di Roma)

 

"3. 2. Tra i discendenti di Enea, che regnarono in Alba, la successione passò a due fratelli, Amulio e Numitore. Amulio propose di dividere tutto in due quote, mettendo in una il regno, nell’altra le ricchezze e l’oro portato da Troia; Numitore scelse il regno. 3. Avendo quindi le ricchezze e divenuto grazie a esse più potente i Numitore, Amulio gli tolse facilmente il regno; temendo che dalla figlia di Numitore potessero nascere figli, la costrinse a farsi vestale, in modo che restasse sempre nubile e vergine. Alcuni la chiamano Ilia, altri Rea, altri Silvia. 4. Non molto tempo dopo, si scopre che è incinta, contravvenendo alla regola imposta alle vestali: e la figlia del re, Anthò, riuscì a ottenere che non fosse uccisa, supplicando lungamente il padre; così venne imprigionata e visse senza contatti con nessuno, in modo tale che Amulio potesse essere informato al momento del parto. Partorì due bambini di bellezza e di grandezza straordinarie. 5. Ancora più spaventato per questo, Amulio ordinò a un servo di prenderli e di toglierli di mezzo. Secondo alcuni, il suo nome era Faustolo; altri però sostengono che Faustolo non era costui, ma quello che li raccolse. Posti i bambini in una cesta, scese al fiume per abbandonarli alla corrente; tuttavia, vedendo che l’acqua era troppo alta e scorreva vorticosamente, ebbe paura di accostarsi troppo e, dopo averli abbandonati lungo la riva, si allontanò. 6. La corrente del fiume in piena, dopo aver fatto galleggiare e sollevato la cesta dolcemente, la spinse in un luogo dove il terreno era abbastanza soffice, quello che ora chiamano Cermalo ma che un tempo si chiamava Germano, a quanto sembra perché i fratelli son detti "germani".

4,1. Vicino c’era un fico selvatico che si chiamava Ruminale, o dal nome di Romolo come pensano i più, oppure per il fatto che le greggi si fermavano a ruminare sotto la sua ombra, o piuttosto perché i bambini erano stati allattati proprio là ; gli antichi infatti chiamavano ruma la mammella e c’è anche una divinità, chiamata Rumina, che sembra si occupi del nutrimento e della crescita dei bambini, e a lei si fanno libagioni e sacrifici senza vino e con latte. Raccontano dunque che la lupa veniva ad allattare i bambini che stavano sotto il fico, e che il picchio l’aiutava a nutrirli e a sorvegliarli. Si crede che questi animali siano sacri a Marte, e i Latini venerano e onorano particolarmente il picchio ; per ciò non fu difficile, a colei che partorì i bambini, far credere di averli avuti da Marte. 3. Tuttavia si racconta anche che sia stata ingannata e che sia stato Amulio, presentatosi in armi, a prenderla e a togliergli la verginità.

MARTE VENERE E AMORE
Marte Venere e amore (G. Tiepolo -1696-1770 - Vicenza)

6. 1. Faustolo, porcaio di Amulio, all’insaputa di tutti aveva preso con sé i bambini ; secondo la versione più verosimile, Numitore lo sapeva e di nascosto forniva di che vivere a quelli che lo allevavano. 2. Si dice anche che i fanciulli fossero accompagnati a Gabii per imparare a leggere e a scrivere e tutto quanto si conviene a gente di buona famiglia. Raccontano che furono chiamati Romolo e Remo dalla mammella, perché furono visti prendere il latte dalla lupa.

9. 1. Morto Amulio e ristabilito l’ordine, i fratelli non vollero abitare ad Alba senza regnare, né regnarvi finché il nonno materno era in vita. Dopo aver restituito il potere a Numitore ed aver reso alla madre gli onori dovuti, decisero di andare a vivere per proprio conto, fondando una città nei luoghi in cui erano stati allevati fin dalla nascita. 3. Appena fu realizzata la prima fondazione della città, istituirono un luogo sacro come asilo per i ribelli, e lo intitolarono al dio Asilo. 4. Mentre si accingevano a fondare una sola città, subito sorse fra loro una controversia a proposito del luogo. Romolo dunque fondò quella che chiamano Roma quadrata, e voleva trasformare quel luogo in città ; Remo invece scelse una posizione forte sull’Aventino che da lui prese il nome di Remorium e oggi si chiama Rignarium. 5. Dopo aver stabilito di risolvere la contesa attraverso gli uccelli augurali e dopo essersi messi in luoghi diversi, si racconta che a Remo siano apparsi sei avvoltoi, a Romolo invece il doppio ; alcuni sostengono che Remo li abbia visti realmente, che Romolo abbia mentito e che, quando giunse Remo, solo allora sarebbero apparsi a Romolo i dodici avvoltoi. Per questa ragione i Romani, per prendere gli auspici, si servono soprattutto di avvoltoi.

10. 1. Quando Remo scoprì l’inganno si adirò; e poiché Romolo scavava un fossato con cui avrebbe circondato tutt’intorno le mura, si faceva beffe dei suoi lavori e cercava di ostacolarli.2. Alla fine superò il fossato con un salto; dicono che cadde lì, secondo alcuni colpito dallo stesso Romolo, secondo altri da uno dei suoi compagni, un certo Celere.

11. 1. Romolo, dopo aver sepolto nella Remoria il fratello e allo stesso tempo quelli che li avevano accresciuti, fondò la città, avendo fatto venire dall’Etruria uomini che gli spiegassero ogni cosa con alcune norme e testi sacri e che glieli insegnassero, come durante i misteri.

12. 1.C’è accordo sul fatto che la fondazione della città avvenne nell’undicesimo giorno prima delle calende di maggio; e i Romani festeggiano quel giorno, chiamandolo natale della patria.

 


Il RATTO DELLE SABINE

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14. 1. Nel quarto mese dopo la fondazione, come racconta Fabio, fu osato il rapimento delle donne. Alcuni dicono che fu lo stesso Romolo a far guerra ai Sabini. In effetti le ragazze rapite non furono molte, solo trenta, appunto perché aveva molto più bisogno di guerre che di matrimoni. 3. In primo luogo fece diffondere la notizia che aveva ritrovato un altare, nascosto sotto terra, dedicato a una divinità. 5. Quando l’altare fu messo in luce, Romolo fece annunciare che avrebbe celebrato uno splendido sacrificio su di esso, una gara e uno spettacolo festivo. Si radunò molta gente; Romolo in persona si mise in prima fila con i cittadini più importanti, adorno di un mantello di porpora. 6. Molti, armati di spada, tenevano gli occhi fissi su di lui; al segnale convenuto sguainarono le spade e, slanciandosi sulle figlie dei Sabini urlando, le rapirono; lasciarono però fuggire i Sabini e non se ne occuparono.

16.1. I Sabini erano molti e bellicosi, ma vivevano in villaggi non fortificati, perché essi, come coloni degli Spartani, si sentivano in dovere di essere orgogliosi e senza paura. Nondimeno, vedendosi legati da ostaggi cui tenevano molto e temendo per le loro figlie, mandarono ambasciatori con richieste eque e moderate: che Romolo restituisse le fanciulle e riparasse al suo atto di forza : quindi avrebbero instaurati rapporti di amicizia e di familiarità tra i due popoli con la persuasione e secondo le regole. 2. Poiché Romolo non voleva restituire le fanciulle e invitava i Sabini ad accogliere l’unione con Roma, essi passavano il tempo in discussioni e preparativi.

17.1. Dopo la presa di Cenina, mentre gli altri Sabini erano impegnati nei preparativi, gli abitanti di Fidene, di Crustumerium e di Antemnae si coalizzarono contro i Romani. Attaccata battaglia, anch’essi furono sconfitti e non poterono impedire che Romolo conquistasse la città, dividesse il territorio, e trasferisse loro stessi a Roma. 2. Romolo distribuì il resto della terra ai cittadini, ma permise ai genitori delle fanciulle rapite di conservare la parte che possedevano. Gli altri Sabini, mal sopportando la situazione, nominarono comandante Tazio e marciarono contro Roma. La città non era facilmente accessibile; Tarpea, invece, che era la figlia del comandante, consegnò la rocca ai Sabini.3. Tazio si disse d’accordo e di notte Tarpea aprì una porta e fece entrare i Sabini

18. 2. La rocca era dunque in mano ai Sabini; allora Romolo adirato li sfidò a battaglia e Tazio l’affrontò coraggiosamente vedendo che in caso di sconfitta avevano un rifugio sicuro.

19. 1. Là, mentre si preparavano di nuovo a combattere, li trattenne uno spettacolo straordinario a vedersi e una visione che supera ogni possibilità di racconto. 2. Si videro infatti le figlie dei Sabini rapite slanciarsi da ogni parte fra armi e cadaveri, urlando e piangendo, come se fossero possedute da un dio; andare versi i mariti e i padri, alcune portando tra le braccia i figlioletti, altre con le chiome sciolte davanti al viso; ma tutte invocare con le parole più tenere ora i Sabini ora i Romani. 3. Entrambi dunque si commossero e si scostarono per permettere a quelle di passare in mezzo allo schieramento ; e nello stesso istante un lamento cominciò a diffondersi fra tutti, e ci fu molta commozione alla loro vista, ma ancor di più alle loro parole, giuste e franche, che terminavano in suppliche e preghiere. 4. "Che cosa vi abbiamo fatto di male - dicevano - quale dolore vi abbiamo arrecato, noi che abbiamo già sofferto e soffriamo terribili sventure ? Fummo rapite con la violenza e illegalmente da quelli che ora ci possiedono; una volta rapite, fummo dimenticate da fratelli, padri, parenti, per tanto tempo che questo stesso ci ha legate ai nostri peggiori nemici con vincoli strettissimi ; e ora ci fate provare paura, quando combattono, per quelli che hanno commesso violenza e ingiustizia contro di noi, e ci fa piangere quando muoiono. 5. Voi infatti non siete venuti a vendicarci con i colpevoli quando eravamo ancora vergini, ma ora volete separare spose dai mariti e madri dai figli, portando a noi infelici un aiuto più doloroso di quell’abbandono e di quella trascuratezza. 6. Così fummo amate da costoro ; così voi abbiate pietà di noi. Anche se combattete per un altro motivo, bisogna che smettiate, perché per mezzo nostro, siete diventati cognati, nonni, parenti. 7. Se la guerra è per noi, portateci via con i nostri generi e i vostri nipoti, ridateci i nostri padri e i nostri parenti, non toglieteci mariti e figli. Vi supplichiamo di non renderci di nuovo prigioniere." Ersilia disse molte cose di questo genere e le altre pregavano; si fece una tregua e i capi si incontrarono per parlare. 8. Nel frattempo le donne facevano conoscere i mariti e i figli ai padri e ai fratelli, portavano da bere e da mangiare a coloro che ne avevano bisogno, curavano i feriti portandoli nelle loro case; facevano vedere come in casa fossero loro le padrone e come i mariti le rispettassero e le trattassero con ogni onore e con affetto. 9. Per questo, si misero d’accordo che le donne che lo volevano vivessero con i loro mariti, e come si è detto, fossero esentate da ogni lavoro e fatica, tranne la filatura della lana ; che I Romani e i Sabini abitassero in comune la città, e che, mentre la città si sarebbe chiamata Roma da Romolo, tutti i Romani si sarebbero chiamati Quiriti dalla patria di Tazio; e che i due avrebbero regnato in comune e che entrambi avrebbero comandato l’esercito.

 


 

PLUTARCO

Storico greco ( Cheronea, Beozia, 46-125) di agiata famiglia borghese, studiò ad Atene. Fu più tardi a Roma, dove ebbe molti amici e dove fu nominato da Adriano procuratore dell’Acaia. Ma la sua vita passò soprattutto nella cittadina natale, tra gli studi e i doveri sacerdotali nel non lontano santuario di Delfi. Un catalogo dei suoi scritti, detto di Lampria, elenca 277 opere, che si dividono in due gruppi : gli scritti morali e le Vite parallele. I Moralia comprendono gran varietà di operette, nel campo dell’etica, della religione, della fisica, della politica, della storia, della letteratura, in genere piuttosto brevi e talora in forma di dialogo. Tra le più significative nei vari settori sono: Sulla musica, Sull’impossibilità di vivere felici seguendo i precetti di Epicuro, Le contraddizioni degli stoici, Sulla faccia visibile della luna, Sul ritardo della vendetta divina, Sulla decadenza degli oracoli, Sull’E di Delfi, Sugli oracoli pitici, Su Iside e Osiride, Questioni conviviali, La virtù morale, Precetti coniugali, Sull’educazione dei figli, Come i giovani debbano sentir leggere i poeti, Precetti per governare uno stato, la virtù delle donne, Questioni romane, Questioni greche.

Come si vede, un eclettico filosofo in cui il platonismo, la religiosità mistica, apporti e interessi degli stoici contrastano soprattutto con l’epicureismo; e sempre un approccio a problemi pratici, per cui si cercano delle soluzioni semplici e facili. Come il contemporaneo Seneca, anche Plutarco da ampio spazio all’etica, ma senza approfondire drammaticamente i problemi psicologici : tale era anche nella vita, un uomo semplice e tranquillo. Stoicismo e presa diretta sulla vita presenta anche la grande opera storica di Plutarco, cui è soprattutto affidata la sua fama : le Vite parallele, 23 coppie di biografie di grandi uomini greci e romani posti in parallelo per affinità di carattere e vicissitudini. Lo stile è piuttosto semplice, la lingua è l’Attica, ma non pura. La fortuna di questa sua opera fu enorme nei secoli : ispirò drammaturghi come Shakespeare e infiammò spiriti irrequieti come l’Alfieri, patrioti e uomini politici.

 


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