LE FATICHE DI ERCOLE

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Come Teseo era l’eroe della stirpe ionica, ERACLE fu propriamente l’eroe della stirpe dorica, sebbene in origine le leggende a lui relative fossero diffusive anche tra le popolazioni Eolie, e in seguito sia diventato l’eroe nazionale dei Greci in genere. Salvo che al nucleo primitivo di queste leggende se ne aggiunsero e intrecciarono tante altre e greche e orientali, che ne è venuta una complicazione grandissima.

Noi dobbiamo limitarci ad esporre le più importanti, disponendole secondo i momenti principali della vita dell’eroe, ed avvertendo che molte sono di origine relativamente recente, inventate o introdotte da altre fonti per compiere la biografia Eracle.

LE DODICI FATICHE

Inizialmente non era chiaro se Eracle dovesse compiere dodici fatiche o dieci fatiche in dieci anni di tempo. Dodici è il numero dei mesi e dei segni dello Zodiaco, numero importante e forte che sostituì, forse, completamente il numero dieci .L’avventura con Minosse e quella del cinto di Ippolita furono aggiunte più tardi Tra le fatiche, due si prefiggono lo scopo della lotta contro la morte ,lotta in cui Eracle avrebbe dovuto morire.

I particolari delle Dodici Fatiche furono raccontati e abbelliti sin dai tempi antichi da tanti poeti noti e ignoti. Esistono, per questo, talvolta due o tre versioni relative a fatti e momenti dei protagonisti di queste storie.

 


  PRIMA FATICA:  IL LEONE DI NEMEA

wpe16.jpg (10479 byte)Il leone abitava nella vallata di Nemea, ricca di caverne ospitali, e terrorizzava tutta la zona. Nessun’arma lo feriva e quindi esso simboleggiava la Morte. Gli artisti antichi collocavano sulle tombe leoni che ricordano la capacità rappresentativa della Morte. Come dio cacciatore, Eracle combatteva contro la Morte e la testa dell’animale sulle sue spalle si trasformava in promessa di salvezza.

Per ordine di Euristeo, l’eroe si mise in viaggio per uccidere il terribile leone. Fu ospite del contadino Molorco, a cui la belva aveva ucciso il figlio, che gli diede consigli preziosi. Dopo un attacco inutile con frecce, spada e clava, Eracle penetrò nella tana e in un tremendo corpo a corpo soffocò la bestia. Il giorno dopo partì per Micene, residenza di Euristeo. Il re si spaventò alla vista della preda e decise che, da quel giorno, ogni altra preda sarebbe rimasta fuori dalla porta. Zeus, per onorare il figlio, assunse in cielo l’animale come ricordo, divenne il Leone dello Zodiaco.

 


SECONDA FATICA: L’IDRA DI LERNA

wpe87.jpg (14031 byte)A guardi dell’ingresso del regno dei morti, nelle acque profonde di Lerna che confinavano con quelle di Agro, stava il serpente gigantesco che Eracle doveva uccidere. Faceva stragi di greggi e colture e uccideva col fiato uomini. Aveva il corpo di cane e nove teste di serpente tra cui una immortale. Era inattaccabile e l’inutilità della lotta, eccetto per Eracle, era rappresentata dal fatto che, al posto di ogni testa tagliata ne ricrescevano due.
Eracle uccise dapprima un granchio gigantesco, custode del luogo, poi, nella lotta, fu aiutato dal nipote tebano Iolao, che bruciò le ferite con tizzoni ardenti per evitare che ricrescessero le teste. Alla fine riuscì a recidere la testa immortale.
Il granchio gigantesco andò in cielo come costellazione vicino al Leone quale segno del Cancro.

 


TERZA FATICA: LA CERVA DI CERINEA

erc_cer.jpg (26546 byte)Era un animale dalle corna d’oro, gli zoccoli di bronzo: era un essere divino. L’aspetto pericoloso e difficile non era determinato dalla sua particolare aggressività, ma piuttosto dal fatto che, continuando, obbligava l’inseguitore a spingere in luoghi sconosciuti e ostili, con sempre più vivo il desiderio della catture. Eracle la inseguì per un anno non volendo né ucciderla nè ferirla. Presso il fiume Ladone, al confine del Giardino delle Esperidi, iniziava l’aldilà. L’eroe lo catturò, là ne lego i piedi e tornò a Micene. Sulla strada del ritorno dovette scusarsi per la cattura con Apollo e Artemide, cui era cara la cerva, dicendo di aver agito per ordine di Euristeo.

 


QUARTA FATICA: IL CINGHIALE DI ERIMANTO

erc_cing.jpg (34497 byte)Eracle doveva catturarlo e portarlo vivo a Micene. Questo cinghiale si aggirava nella parte occidentale dell’Arcadia e distruggeva i campi.

In questa regione, abitata dai Centauri, l’Eroe fu ospite di Folo, che gli offrì dell’arrosto e del vino preso dal pithos, dono di Dionisio. I fiumi dell’alcol inebriarono i partecipanti al banchetto che si trasformò in lite e lotta. Eracle, per sedare il tumulto, scagliò freccie avvelenate, poiché intinte nel sangue dell’Idra. Morirono Folo e Chirone, capi dei Centauri. Rattristato l’Eroe riprese la strada e si diresse sul Monte Erimanto, dove catturò la belva. Se la mise sulle spalle e la portò dal re degli Argivi. Euristeo, alla vista dell’animale, si nascose in un pithos di bronzo, impaurito come davanti alla Morte.

 


QUINTA FATICA: GLI UCCELLI DEL LAGO STINFALO

erc_5.jpg (36803 byte)Presso la palude di Stinfalo, circondata da numerosi boschi, abitavano uccelli tanto numerosi quanto le anime dei Morti presso il fiume Acheronte nel regno degli Inferi. Gli uccelli, quindi, richiamavano alla mente il mondo dell’aldilà.

Il compito di Eracle era quello di allontanare gli uccelli dal lago di Stinfalo. Pallade Atena gli fornì delle magiche nacchere di bronzo con le quali Eracle fece un tal schiamazzo da far impazzire gli animali che si allontanarono per sempre della regione.

 


SESTA FATICA:   LE STALLE DI AUGIA

erc_6.jpg (35144 byte)Augia, figlio di Helios era re sulla costa occidentale del Peloponneso e possedeva il più ricco allevamento del mondo. Il suo regno era una signoria del Sole deponente, il mondo degli Inferi . Euristeo ordinò ad Eracle di recarsi là e di liberare le stalle di tutto il paese dal letame che appestava l’aria del Peloponneso. Questo lavoro doveva essere compiuto in un solo giorno.

Eracle propose ad Augia questo patto: in cambio di un decimo degli armenti , egli avrebbe rigovernato le stalle: se non fosse riuscito, sarebbe rimasto nel paese come schiavo del re

LE ALTRE SEI FATICHE

L’ordine nel quale le dodici fatiche venivano narrate non era sempre esattamente lo stesso.

I narratori sembrano tutti abbastanza concordi per le prime sei fatiche; più incerto l’ordine delle altre. A partire dalla settima, Euristeo aveva imposto ad Eracle viaggi sempre più lunghi verso lontani paesi, si raccontavano numerose storie sulle avventure occorsegli, anche a prescindere da quanto gli era stato ordinato.

 


SETTIMA FATICA:   IL TORO DI MINOSSE

erc_tor.jpg (35559 byte)Se è vero che nei tempi primitivi si parlava di dieci fatiche di Eracle, questa e la nona furono aggiunte più tardi. Euristeo ordinò all’Eroe di catturare un toro furioso, flagello degli abitanti di Creta. Il toro apparteneva a Minosse, che l’aveva ricevuto in dono da Poseidone per un sacrificio votivo.

Affascinato dalla bellezza dell’animale, Minosse ne aveva sacrificato un altro. L’ira del dio del mare si era allora indirizzato sulla regina Pasifae, cui aveva infuso una morbosa passione per il toro e sul toro stesso che, reso folle, aveva iniziato a devastare Creta richiedendo l’intervento liberatore di Eracle. Questi lottò duramente, con dolore e notevole sforzo, riuscì a catturarlo e a condurlo a Micene. In onore di Era, Euristeo, lo lasciò libero. Il toro provocò lutti e danni nel Peloponneso finché a Maratona fu ucciso da Teseo.

 


OTTAVA FATICA: LE CAVALLE DEL RE DIOMEDE

wpe17.jpg (14963 byte)Anche in questa storia è evidente la relazione con la morte.

Sui vasi sepolcrali antichi i cavalli sono sempre attaccati al carro funebre degli eroi e, nelle storie di narratori più tardi essi vengono rappresentati mentre lacerano selvaggiamente gli eroi. Sono sempre i cavalli della morte e in questo senso deve intendersi la storia delle cavalle che mangino gli uomini.

Eracle si recò in Tracia dal crudele Diomede che nutriva con la carne di stranieri di passaggio le sue cavalle selvagge legate con catene di ferro alla mangiatoia di bronzo. Per ripagare Diomede delle sue malefatte, Eracle lo diede in pasto alle cavalle che, placata la fame, furono addomesticate dall’eroe che le catturò e le portò con sé a Micene.

 


NONA FATICA: IL CINTO DI IPPOLITA

erc_cin.jpg (34463 byte)Admeta, figlia di Euristeo desiderava il cinto di Ippolita, regina delle Amazzoni. Per questo Eracle dovette partire per il Ponto, in Asia minore, dove vivevano le Amazzoni, popolo di donne guerriere che si amputavano la mammella destra ( a-mazos) per non essere impedite nel tiro dell’arco e nel lancio delle frecce. Le Amazzoni ammettevano tra loro gli uomini solo per i lavori domestici e per la riproduzione.
Eracle si accinse a questa impresa con un gruppo di eroi tra cui Teseo. Attratta dal bel volto e dal fisico dell’eroe, Ippolita le diede il cinto d’ oro, dono del padre Ares, quale pegno d’amore. Era, però, travestita da Amazzone, diffuse la notizia che Eracle voleva rapire Ippolita e incitò le donne guerriere alla lotta. Nel furioso combattimento che seguì, l’Eroe uccise la regina.
Dopo un avventuroso viaggio di ritorno, Eracle arrivò a Micene e qui donò il cinto ad Admeta che lo conservò nel tempio di Era di cui era sacerdotessa.

 


DECIMA FATICA: I BUOI DI GERIONE

erc_buo.jpg (33341 byte)Gerione, il più forte tra i mortali, dimorava in Erizia. Era un mostro alato con tre teste, tre corpi e sei braccia. Possedeva anche ali per scagliarsi sulle vittime. Era detto "l’urlatore" poiché il gridare faceva parte del combattere. Teatro della lotta era l’estremo occidente dove Eracle eresse due colonne una di fronte all’altra, una in Europa nel monte Calpe, e la seconda in Africa sul monte Abila. Eracle era giunto là con l’aiuto del dio Helios che, ogni notte, varcava l’Oceano su una coppa d’oro.

Sulla costa Africana, l’Eroe sostenne numerosi e difficili combattimenti poi affrontò Gerione per poter catturare i suoi bellissimi buoi dal pelo fulvo e vinse. Ci sono varie narrazioni sul suo ritorno in città: i genealogisti erano pronti a riferire le nozze di Eracle affinché le famiglie regnanti potessero derivare da lui la loro discendenza.
Venne a lotta con i Liguri, attraversò il paese degli Etruschi dove uccise Caco che gli aveva rubato dei bovini. Sul luogo venne innalzata un’Ara massima, dove il suo culto fu di lunga durata. Finalmente, dopo tante avventure, Eracle consegnò a Euristeo i buoi di Gerione che vennero sacrificati ad Era.

 


UNDICESIMA FATICA: I POMI D’ORO DELLE ESPERIDI.

erc_12.jpg (34521 byte)Le Esperidi, erano figlie di Giove e dimoravano nella regione del monte Atlante, dove terminava l’itinerario quotidiano del dio Helios.

Custodivano pomi magici di un melo regalato ad Era, in occasione delle nozze con Zeus, da parte della madre Terra.

Il serpente Ladone, con molte teste e molte voci, non dormiva mai e impediva a chiunque di avvicinarsi. Eracle attaccò il serpente e lo uccise con le frecce avvelenate nel sangue dell’Idra di Lerna. Tornò a Micene con le mele d’oro, ma Euristeo non volle accettarle, per non attirare l’ira di Era alla quale furono restituite.

 


DODICESIMA FATICA: IL CANE DI ADES

erc_11.jpg (32101 byte)Euristeo non poteva trovare per Eracle un’impresa più ardua, quasi impossibile: catturare, negli Inferi, il cane di Ades e portarlo a Micene. Ciò comportava la violazione del regno sacro degli Inferi: neppure un eroe poteva osare tanto, un eroe comune. C’era un’eccezione: l’Eroe divino, il vittorioso combattente contro la Morte. Per poter accedere agli Inferi, Eracle si purificò e, successivamente, venne iniziato ai Misteri.

Dopo la purificazione e l’iniziazione, Eracle si diresse verso la foce del Tenaro, in Laconia, dove una caverna immetteva nel regno dei Morti. Caronte lo traghetto al di là del fiume Stige e, per questo fu punito dal re degli Inferi. Eracle giunse dal re che gli permise di catturare Cerbero, vestito solo della corazza e della pelle del leone. Con forza sovrumana l’Eoe cercò di soffocare il cane infernale alla gola da cui uscivano tre teste ricoperte di serpenti. Riuscì a far arrendere l’animale alla sua forza e lo trascinò fino a Micene. Davanti al mostro incatenato, Euristeo, da codardo qual era, andò a nascondersi in un pithos sotterraneo.