La discesa agli Inferi

 

Nel libro VI dell’"Eneide" è descritta la discesa dell’eroe nell’Oltretomba, di cui viene delineata una vera mappa; la catabasi diventa occasione di una profezia che serve ad esaltare la futura Roma.

Enea viene accerchiato dalle ombre, ma è accolto come un ospite atteso e onorato. Egli non si ferma sulla soglia, scende invece direttamente nel mondo sotterraneo; il suo intento non è di conoscere meglio il passato, ma piuttosto di intravedere il futuroEnea nella caverna che conduce al regno dei morti in un dipinto di Rubens, 1635 destino di Roma.

Scorge volti di persone conosciute, molte delle quali gli erano state care in vita, ma la sua missione non dà spazio al cuore e ai ricordi, si sente infatti responsabile non solo dei compagni che lo hanno seguito di Troia, ma anche degli antenati e dei nipoti futuri.

Non è turbato dalla presenza degli spiriti, nessun gesto di stupore si coglie in lui di fronte ai dolci spettacoli dell’Eliso.

Egli incontra, alla fine del percorso, il padre Anchise, che ha tanta fretta di mostrargli le schiere dei meravigliosi discendenti. Enea chiede meravigliato come si possa desiderare la prigione del corpo, quale sia "l’empio desire" che spinge quelle anime beate a tornare sulla Terra.

 

Enea e la Sibilla, Dosso Dossi, 1522

"Venisti infine, e la tua pietà, desiderata dal padre,
vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardarti
in volto, e ascoltare la nota voce e rispondervi?
"


Questo episodio ha come modello il libro XI dell’Odissea" che descrive il viaggio di Ulisse nell’oltretomba, la sua però non è una vera "discesa" o "catabasi", bensì un’evocazione delle ombre dei morti. Per la riuscita del suo viaggio è necessario l’incontro con l’indovino Tiresia, che gli rivelerà il futuro. E’ tuttavia il dialogo con la madre, morta suicida per il dolore della sua partenza, ciò che più colpisce l’eroe dal "multiforme ingegno".

Odisseo agli inferi (pittura parietale), Roma, Biblioteca Vaticana

"Figlio mio, come sei sceso nell’ombra scura da vivo?[...]
Forse vieni vagando da Troia a lungo
con la nave e i compagni? Non sei ancora arrivato
a Itaca? Non hai ancora visto in casa tua moglie?"

Ben tre volte sia Ulisse che Enea tentano di abbracciare i diletti genitori, ma la consistenza del loro corpo è svanita con la morte. Ciò accade anche nella "Divina Commedia" di Dante Alighieri, dove il poeta, sceso anch’egli nell’Oltretomba, tenta di cingere con le braccia l’amico Casella.

Dante racconta allegoricamente il cammino di salvezza di ogni uomo, descrivendo il suo viaggio attraverso i nove cerchi infernali, accompagnato dal poeta Virgilio, sua guida e simbolo della ragione e quindi attraverso il Purgatorio e il Paradiso.

La vigorosa descrizione virgiliana di Caronte, il terribile traghettatore delle anime (En VI, vv, 298-301):

"Orrendo nocchiero, custodisce queste acque e il fiume
Caronte, di squallore terribile, a cui una larga canizie
incolta invade il mento, si sbarrano gli occhi di fiamma,
sordido pende dagli omeri annodato il mantello."

è rimasta impressa nella mente di Dante che ne ha ripreso alcune immagini (Inf. III, vv, 82-84, 97-99):G. Doré, Caronte (incisione)


"Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: -Guai a voi, anime prave!-
[...]Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier della livida palude,
che’ntorno alli occhi avea di fiamme rote."

Il compito di Caronte virgiliano, figura crudele e demoniaca, è quello di traghettare le anime da una riva all’altra del fiume Acheronte, ma solo quelle debitamente sepolte possono riposare in pace, le altre si riversano sulla riva come stanche foglie d’autunno. A loro, ai dannati, a coloro che soffrono nel Tartaro e a tutte le persone che conosce va l’attenzione del protagonista.

Così osserva Geymonat, riferendosi all’esperienza di Enea nel regno dei morti: "A questo libro Virgilio deve la sua fama di negromante, di sapiente e di uomo capace di evocare gli spiriti e gli spettri dei morti per divinare il futuro. E’ una fama che lo accompagnerà per tutto il Medioevo e che lo farà compagno e guida nelle prime due cantiche della Divina Commedia".

 

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