Nel libro VI dell"Eneide" è descritta la discesa delleroe nellOltretomba, di cui viene delineata una vera mappa; la catabasi diventa occasione di una profezia che serve ad esaltare la futura Roma.
Enea viene accerchiato dalle ombre, ma è accolto come un ospite atteso e onorato. Egli non si ferma sulla soglia, scende invece direttamente nel mondo sotterraneo; il suo intento non è di conoscere meglio il passato, ma piuttosto di intravedere il futuro destino di Roma.
Scorge volti di persone conosciute, molte delle quali gli erano state care in vita, ma la sua missione non dà spazio al cuore e ai ricordi, si sente infatti responsabile non solo dei compagni che lo hanno seguito di Troia, ma anche degli antenati e dei nipoti futuri.
Non è turbato dalla presenza degli spiriti, nessun gesto di stupore si coglie in lui di fronte ai dolci spettacoli dellEliso.
Egli incontra, alla fine del percorso, il padre Anchise, che ha tanta fretta di mostrargli le schiere dei meravigliosi discendenti. Enea chiede meravigliato come si possa desiderare la prigione del corpo, quale sia "lempio desire" che spinge quelle anime beate a tornare sulla Terra.
"Venisti infine, e la tua pietà,
desiderata dal padre,
vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardarti
in volto, e ascoltare la nota voce e rispondervi?"
Questo episodio ha come modello il libro XI
dellOdissea" che descrive il viaggio di Ulisse
nelloltretomba, la sua però non è una vera "discesa" o
"catabasi", bensì unevocazione delle ombre dei morti. Per la riuscita del
suo viaggio è necessario lincontro con lindovino Tiresia, che gli rivelerà
il futuro. E tuttavia il dialogo con la madre, morta suicida per il dolore della sua
partenza, ciò che più colpisce leroe dal "multiforme ingegno".
"Figlio mio,
come sei sceso nellombra scura da vivo?[...]
Forse vieni vagando da Troia a lungo
con la nave e i compagni? Non sei ancora arrivato
a Itaca? Non hai ancora visto in casa tua moglie?"
Ben tre volte sia Ulisse che Enea tentano di abbracciare i diletti genitori, ma la consistenza del loro corpo è svanita con la morte. Ciò accade anche nella "Divina Commedia" di Dante Alighieri, dove il poeta, sceso anchegli nellOltretomba, tenta di cingere con le braccia lamico Casella.
Dante racconta allegoricamente il cammino di salvezza di ogni uomo, descrivendo il suo viaggio attraverso i nove cerchi infernali, accompagnato dal poeta Virgilio, sua guida e simbolo della ragione e quindi attraverso il Purgatorio e il Paradiso.
La vigorosa descrizione virgiliana di Caronte, il terribile traghettatore delle anime (En VI, vv, 298-301):
"Orrendo nocchiero,
custodisce queste acque e il fiume
Caronte, di squallore terribile, a cui una larga canizie
incolta invade il mento, si sbarrano gli occhi di fiamma,
sordido pende dagli omeri annodato il mantello."
è rimasta impressa nella mente di Dante che ne ha ripreso alcune immagini (Inf. III, vv, 82-84, 97-99):
"Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: -Guai a voi, anime prave!-
[...]Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier della livida palude,
chentorno alli occhi avea di fiamme rote."
Il compito di Caronte virgiliano, figura crudele e demoniaca, è quello di traghettare le anime da una riva allaltra del fiume Acheronte, ma solo quelle debitamente sepolte possono riposare in pace, le altre si riversano sulla riva come stanche foglie dautunno. A loro, ai dannati, a coloro che soffrono nel Tartaro e a tutte le persone che conosce va lattenzione del protagonista.
Così osserva Geymonat, riferendosi allesperienza di Enea nel regno dei morti: "A questo libro Virgilio deve la sua fama di negromante, di sapiente e di uomo capace di evocare gli spiriti e gli spettri dei morti per divinare il futuro. E una fama che lo accompagnerà per tutto il Medioevo e che lo farà compagno e guida nelle prime due cantiche della Divina Commedia".