NellEneide la vita degli dei scorre parallelamente alla vita degli uomini: lOlimpo virgiliano è infatti soltanto una proiezione ingrandita della condizione umana; gli dei vivono una vita molto più elevata di quella umana, per autorità, giustizia, e purezza immune da ogni vizio.
Gli dei virgiliani hanno perduto rispetto ad Omero, parte della loro vivezza antropomorfica.
Gli dei epici però non possono vantare superiorità nei confronti degli uomini, poichè non offrono loro modelli di vita da seguire. Gli dei infatti sono potenze individuali con volere e fini propri, essi inoltre si preoccupano di perseguire soltanto i propri scopi personali, e per farlo talvolta entrano in contrasto tra loro e le conseguenze ricadono sugli uomini.
A lui Giunone allora parlò così, supplichevole: "Eneide, libro I, vv. 65-75 |
Così è Giunone, lunica fra le divinità di Virgilio che conservi una traccia dellantropomorfismo che faceva vivi gli dei di Omero: essa ha un chiaro ideale per cui lotta e che costituisce una seria ragione di opposizione al Fato.
Il loro volere può spaziare fin dove vogliono, purchè non interferisca con quello degli altri dei; nellOlimpo virgiliano compare una gradazione di potere: vi sono dei maggiori (Giunone, Venere-dea dellamore-, Apollo, Nettuno, Vulcano...) e dei minori. Le divinità minori più vivaci e di minor impegno permettono alla fantasia del poeta di rappresentarle senza troppo rispetto verso gli schemi tradizionali. Perciò occupano spesso il centro di quadri poeticamente molto interessanti. Sono Cupido, la Fama, il Sonno, Mercurio ed Iris -divini messaggeri-, e la Furia Aletto.
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Tutti però, che siano maggiori o minori, sono coesistenti al Fato e devono obbedire ai suoi decreti.
Spesso il volere di Giove è superiore a quello degli altri dei, si identifica con i decreti del Fato e ne è forse lautore o lesecutore. Nel caso in cui gli dei siano tutti daccordo e obbedienti al volere di Giove acquistano una potenza collettiva, ma quando i loro intenti sono in contrasto, allora gli effetti dellazione divina non si può prevedere se saranno benevoli o malevoli.
Tutto è dettato dalla potenza del dio: il più potente come abbiamo già detto, è Giove, spesso però il controllo che egli esercita sugli altri dei non viene applicato, perchè è tollerante e a volte si scinde dal Fato ed entrano allora in scena a prendere le decisioni i suoi attributi personali. Il Giove virgiliano infatti non scaglia fulmini nè tuoni per la minima contrarietà, ma ama le creature innocenti, che la sorte avversa colpisce ciecamente.
Virgilio deve fare capire che la "provvidenza" divina vive e opera nel mondo, e tale compito è assolto dal Fato, che acqiusta i caratteri della volontà divina e si fonde con il soprannaturale; il Fato è un insieme di leggi inalterabili ed eventi predestinati, che non possono essere cambiati dal volere degli dei o dalla preghiera degli uomini, nonostante ciò la trama del poema è libera.
Virgilio si serve degli dei come di un complicato congegno, una sorta di "deus ex machina" per strutturare la trama e le vicende umane.
Solo una volta il mondo degli dei e quello degli uomini si incontrano e rimangono stupiti di fronte allincomprensibilità del Fato, al quale è sottoposto anche il mondo divino.
Pesanti le stragi uguagliava e le mutue uccisioni Eneide, libro X, vv. 755 ss. |