Il dolore di Achille e di Teti

Iliade XVIII, 22-38; 50-139

 

Antiloco, figlio di Nestore, annuncia ad Achille la morte di Patroclo.Allora il dolore dell’eroe prorompe e squarcia il silenzio.

Omero, per rendere pianamente la forza e l’angoscia di Achille, gli fa compiere movimenti inconsueti, quasi esagerati:

 

v.22

“…una nube di strazio, nera, l’avvolse:

con tutte e due le mani prendendo la cenere arsa

se la versò sulla testa, insudiciò il volto bello;

e poi nella polvere, grande, per gran tratto disteso,

giacque, e sfigurava con le mani i capelli, strappandoli…”

 

Intanto tutte le Nereide del mare si riuniscono dinnanzi a Teti, ed ella comincia un lamento, dicendo che presto perderà il figlio tanto amato; per questo vuole vederlo un’ultima volta.

Giunta da lui, gli domanda il motivo del suo pianto ed egli risponde:

 

v.80

 

 

 

v.90

“… ma che dolcezza è per me, s’è morto il mio amico

Patroclo, quello che sopra tutti i compagni ammiravo

Anzi alla pari di me? Ed Ettore che l’ha ucciso

L’armi giganti ha spogliato, meraviglia a vederle…

…il cuore non mi spinge

a vivere, a star tra gli uomini, s’Ettore

prima non perda la vita, colto dalla mia lancia…”

 

Achille, preso dallo sconforto, siede presso le navi e, nonostante preghi che tutte le liti finiscano, decide di accettare il proprio destino: dovrà combattere contro Ettore, per vendicare Patroclo, il suo più grande amico.

Per Omero la civiltà di Troia è così ricca e matura da mostrare compostezza e dignità anche durante la morte del suo guerriero più forte, Ettore.

Il poeta ritrae invece gli Achei strazianti ed eccessivi, cioè barbari, senza condannarli, ma rimanendo distaccato da loro.

(Regina Gamberini, 4^S2)