monac1.jpg (18605 byte)

 

Don Martino, padre della Monaca di Monza, era figlio del primo governatore spagnolo di Milano ed aveva sposato una donna Virginia Marino, vedova di un Savoia. Da questa nacque una bambina, Marianna (1575), che fu allevata nel convento delle Umiliate a Monza, e dove fu giovanissima professa, col nome di suor Virginia.

Il Ripamonti ce la descrive modesta, circospetta, affabilissima, soffusa di un invidiabile candore, amica di tutte, istruita in lettere come doveva essere una giovane ben educata, obbediente, niente dispettosa, esempio di mansuetudine a tutte, modello di contegno perfetto in società. Pure essa cadde vittima di un tale Paolo Osio, giovane ricco e ozioso, che attentò prima ad una educanda, sorvegliata da suor Virginia, maestra delle educande, e poi alla maestra stessa, con sinistro successo. Di lì, suor Virginia, divenuta varie volte madre, doveva giungere al delitto e, con la complicità di altre due compagne, sbarazzarsi di una conversa che voleva rivelare lo scandalo.

Suor Virginia morì vecchia nel 1650, nel convento delle Convertite. L'Osio, invece, nel 1608 fu condannato a morte.

Marianna De Leyva ispirò la Gertrude nei Promessi Sposi.

La "Monaca di Monza" è uno dei personaggi su cui più profonda si è rivolta la meditazione del Manzoni. La sua storia è una tragedia completa, narrata con accesso rilievo, ma insieme con un senso di pena e di comprensione. Colpevole ed infelice, Gertrude è vista dal Manzoni in un'acuta indagine psicologica che penetra nelle pieghe più segrete del cuore, con profondo e pensoso atteggiamento morale, sdegnoso di fronte alla violenza compiuta sui diritti della natura e sulla fragilità di una creatura umana.

Questo atteggiamento ha principio col ritratto stesso della monaca, sulla quale uno sguardo attento coglie subito un misterioso e pauroso passato. E' uno dei ritratti più drammatici che l'arte del Manzoni abbia dipinto in un gioco mobilissimo di colori e di atteggiamenti, in cui, dai moti degli occhi allo spicco del bianco e del nero, tutto fa sentire un chiuso contrasto.

Dopo il ritratto c'è la storia della monacazione. La cupa realtà del maggiorasco, l'insensibilità degli uomini di fronte agli interessi della classe, l' assolutismo di un padre sordo alle voci più umane, la debolezza di una creatura incapace di affermare fino al sacrificio l'inviolabilità dei suoi diritti e dei suoi doveri, sono tratteggiati con sapienza profonda di psicologo e mano leggera d'artista. Guardate, per esempio, la straordinaria sensibilità e la fedele aderenza alla verità che rivelano quel tono incantato dei discorsi della bambina e quei primi indefiniti fermenti della fanciulla che incomincia a conoscere la vita. Poi vengono i tanti anelli della catena che portano alla monacazione, rivissuti negli scorci degli oppressori, nei pregiudizi del secolo, e continuamente sentiti nella tragedia di un'anima che, nata per la libertà, per l'amore, per la gioia di vivere, viene costretta a chiudersi in un mondo che è l' opposto di quello sognato, con un rancore che si fa odio contro tutti, con un rimpianto che diviene assillante tormento, con un cuore refrattario ad ogni voce di rassegnazione e di benefica fede. Infine c'è lo studio del progressivo sconvolgimento dell'animo di Gertrude suora, sentito come naturale risultato della falsa educazione e della soppressione della volontà, ed alimentato dal sempre più violento crescere dell'ardore sensuale. L'osservazione psicologica è anche qui di un'attenzione straordinaria, e compiuta sempre con pietà: una pietà che non esclude la condanna della colpa. E compiuta, anche, con arte che nella pittura dei fantasmi, che dopo il compimento del delitto vengono su dalla coscienza sconvolta, raggiunge una potenza di colori degni delle più grandi creazioni shakespeariane .

Quando, più tardi, la fiacca volontà di Gertrude sarà di nuovo sopraffatta da quella violenta di Egidio, e costretta a sacrificare a costui l'innocente Lucia, il tormento del rimorso e la lotta dello spirito troveranno altri potenti risalti, che lasceranno questa figura di donna gracile e superba nel fosco fondo del peccato e del rimorso: finché, alla fine, la notizia del suo ravvedimento e dei suoi atroci e volontari patimenti non ne concluderà il quadro di una coerenza artistica perfetta, pur nella più tragica varietà dei motivi e dei colori.

 

torna all'inizio della pagina