SAFFO

 

Saffo

Per chi ama la poesia e l'amore, il nome di Saffo rappresenta ormai un mito senza tempo. Ma la sua voce, così straordinariamente limpida ed intensa, ci giunge dalle remote lontananze della Grecia arcaica, un mondo legato a peculiari tradizioni etiche e di costume.

Saffo nacque infatti nell'isola di Lesbo intorno al 650 a.C. e trascorse gran parte della sua esistenza nella ristretta cerchia di un tiaso, una specie di associazione in cui le fanciulle di nobili famiglie si formavano all'esperienza della vita collettiva nella pratica rituale del canto e della danza.

La sua poesia scaturì dalle emozioni vissute all'interno del raffinato sodalizio femminile da lei diretto, e l'incanto dei suoi versi sta nell'assoluta naturalezza con cui si esprimono le vibrazioni sottili e tormentose dei sentimenti.

Saffo cantò l'amore come malattia e turbamento dell'essere:

 Mamma mia dolce,
no, non posso proprio tesserla la tela
ad opera della delicata Afrodite.
 

Qui è chiaro ed evidente che l'intervento imprevisto dell'Eros produce un'interruzione del rapporto ragazza-lavoro e, poiché l'impatto è troppo forte ed intenso (la stessa Saffo scrive: "Ed Eros mi ha sconvolto la mente come un vento che si abbatte sul monte contro le querce"), la ragazza non appare dotata di una facoltà decisionale autonoma.

L'amore è quindi causa di turbamenti, ma anche di accensione del desiderio. In una delle sue poche poesie giunte a noi complete, viene descritto questo sentimento:

"Mi sembra pari agli dei quell'uomo che siede di fronte a te e vicino ascolta te che dolcemente parli e ridi con un viso che suscita desiderio. Questa visione veramente mi ha turbato il cuore nel petto: appena ti guardo un breve istante, nulla mi è più possibile dire, ma la lingua mi si spezza e subito un fuoco sottile mi corre sotto la pelle e con gli occhi nulla vedo e rombano le orecchie e su me sudore si spande e un tremito mi afferra tutta e sono più verde dell'erba e poco lontana da morte sembro a me stessa".

In questi versi Saffo parla in prima persona del suo "guardare", e sembra vittima dei sintomi e delle cause di una malattia che altro non è che il desiderio non appagato di possedere un qualcosa che colpisca visivamente.

Non bisogna poi dimenticare che Saffo, seppure sposata e con una figlia, ebbe esperienze omosessuali:

"Infatti anche se fugge, presto verrà dietro e se non accetta doni, doni li offrirà e se non ama, ella presto amerà anche contro il suo volere".

Tutto il contesto, la ragazza che fugge, l'attesa dei doni, il verbo amare utilizzato prima al presente e successivamente al futuro, induce a pensare che ciò di cui parla Saffo vada oltre una semplice amicizia. Il suo è quindi un amore fatto anche di turbamenti, paure, insicurezze simili a quelle di una fanciulla ancora vergine. Ed è al tema della verginità che Saffo dedica una lirica, nella quale paragona una ragazza vergine ad una mela posta sul ramo più alto di un albero:

"Come quel dolce pomo rosseggia in cima al ramo, alto, sul ramo più alto, e se ne scordano i coglitori di mele: anzi, non se ne scordano, ma non riescono a raggiungerlo".

 


 

SAFFO

E’ nata ad Efeso nel 612 a. C. ca, è morta nel 580 a. C., ma le notizie sulla sua vita sono scarse e poco attendibili. E’ una poetessa lirica monodica. Di origine aristocratica visse e morì nel principale centro dell’isola di Lesbo, Militene, tranne un breve periodo di esilio in Sicilia (dal 595 al 580 a. C.). Compose in dialetto eolico inni, odi e epitalami usando metri vari (es.: strofe saffiche); dei nove libri a lei attribuiti dagli alessandrini ( un inno ad Afrodite e la celebre ode sugli effetti della passione, che fu rielaborata da Catullo nel Carme 51) e 650 versi. Molti degli epitalami furono scritti dalla poetessa nel momento in cui le ragazze che insieme a lei facevano parte della comunità legata al culto di Afrodite, Tiasos, si distaccavano da lei per sposarsi: allora avveniva la confessione sincera e la scrittura dei versi rappresentava il momento in cui l’amore appassionato di Saffo si sfogava. In lei il tema dell’amore è dominante e viene raffigurato come forza che sconvolge i sensi e la mente, e che trova le sue occasioni poetiche nella gelosia o nella contemplazione della bellezza delle fanciulle; non mancano però versi dedicati alla natura, ad Afrodite o alla figlia Cleide e al fratello.

La lingua è sempre raffinata e preziosa, ricca di immagini luminose.

Celebratissima fin dall’antichità, la sua figura fu presto avvolta da caratteri leggendari. Famosa è la leggenda del suo suicidio per un amore non corrisposto.

 


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