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I POETI DEL NOVECENTO DIFRONTE LA GUERRA

L'eroe nell'epica classica

 

Ulisse 

Achille

Ettore

Corrado

Poesie

Canzoni  

 

Parecchi poeti hanno manifestato i loro sentimenti scatenati dalla guerra con poesie degne di nota.

Alcuni hanno addirittura vissuto in prima persona la drammaticità dei due conflitti mondiali, anche combattendo.

Giuseppe Ungaretti in “Fratelli” esprime la precarietà dell’uomo, che si fa sentire soprattutto in una logorante guerra di trincea, che mette tutti i giorni a dure prova i nervi del soldato e lo porta pian piano ad accettare come inevitabile e naturale la fragilità della vita che la guerra rende presente in ogni momento. Il senso della precarietà è strettamente collegato con il bisogno di solidarietà ma il poeta prova ribellione all’autodistruzione della guerra.

Invece “Soldati”, sempre di Ungaretti,è una poesia molto breve ma altrettanto intensa: rende perfettamente l’idea di come si sente il soldato-poeta; una foglia nel periodo in cui tutte cadono…Non può accettare che la guerra si prenda così tante vite, né che l’uomo possa vivere in situazioni così drammatiche.

Tuttavia la poesia che veramente catapulta il lettore in prima linea in trincea, a vivere quei momenti terribili è “Viatico”, di Clemente Rebora. La Prima Guerra Mondiale non è stata la più dannosa, ma senz’altro la più logorante. Rebora, presente nelle trincee, è spettatore di una scena straziante: un ferito che si lamenta per le mutilazioni subite, ma ancora sotto il fuoco nemico, spinge tre compagni ad andare ad aiutarlo. Tutti e tre muoiono falciati dalle mitragliatrici. I vivi, da parte loro, pregano perché finisca quel dolore insopportabile alle loro orecchie, perché la sofferenza crea uno strettissimo legame umano e sentire un moribondo che rantola senza poterlo aiutare, è un dolore insopportabile. Nel verso: “Nella demenza che non sa impazzire” è racchiuso il dolore che rende pazzo il ferito, purtroppo senza potergli togliere la capacità di provare il dolore la coscienza della propria condizione. La morte tarda ad arrivare, a liberare lo straziato, ma quando arriva i superstiti lo ringraziano del regalo più grande: il silenzio.

La fraternità nella sofferenza è presente in tutte e tre le poesie: condividere alcuni momenti così drammatici con qualcuno aiuta a superarli; ma instaura un legame tanto stretto quanto fragile. Un colpo e ci si trova soli, a lottare per la sopravvivenza e contro quelle sensazioni che fanno crollare tutte le certezze: il degrado fisico, ma soprattutto quello mentale, unica causa di errori che inducono a passi falsi, alla morte. Non si possono immaginare la guerra e il suo dramma, senza essere stati in prima persona a combatterla, ci si può fare un’idea leggendo le documentazioni e le poesie, che a distanza di novant’anni sono più fredde che mai, testimoni di un dramma passato ma tuttora presente, riflessioni sulla facilità che ha l’uomo nell’autodistruggersi.

(Alessandro Vanzetti, 5s1)