“L’ultimo viaggio” dai Poemi Conviviali di Giovanni Pascoli

L’Ultimo viaggio, in 24 brevi canti, è il più ampio dei Poemi Conviviali (1904) e ripercorre le varie tappe del lungo errare del protagonista dell’Odissea omerica; l’eroe, infatti, è assillato da un angoscioso interrogativo: si chiede se il suo avventuroso ritorno da Troia, denso di pericoli e di singolari incontri, appartenga alla realtà o all’immaginazione. Si chiede quale sia il senso del navigare e, quindi, del vivere. Per trovare risposte torna nei luoghi in precedenza visitati.

Nell’episodio conclusivo de l’Ultimo viaggio, intitolato Calipso, egli appare come un essere inquieto, carico di dolore, deluso e smarrito.

1

E il mare azzurro che l’amò, più oltre
spinse Odisseo, per nove giorni e notti,
e lo sospinse all’isola lontana,
alla spelonca, cui fioriva all’orlo
carica d’uve la pampinea vite.

Il viaggio dell’eroe è stato lungo e massacrante, ma nulla di quanto egli ha conservato nel ricordo corrisponde a verità. Quando giunge all’isola di Calipso è ormai cadavere.

40

Era Odisseo: lo riportava il mare
alla sua dea lo riportava morto
alla Nasconditrice solitaria,
all’isola deserta che fronteggia.

Il ritorno di Ulisse non è come la ninfa lo avrebbe voluto: la Nasconditrice (questa l’etimologia di Calipso, dal verbo greco che significa appunto nascondere) un tempo non ha saputo celarlo sulla propria isola, perché l’eroe ha rifiutato l’immortale giovinezza, preferendo ad essa il richiamo della patria. Ora egli torna senza più nulla, privato non solo delle vesti, ma della vita stessa.

45

Nudo tornava chi rigò di pianto
le Vesti eterne che la dea gli dava;
bianco e tremante nella morte ancora,
chi l’immortale gioventù non volle.

L’ultimo viaggio è quello senza ritorno, senza la speranza vitale di un nuovo approdo. L’avventura dell’eroe si chiude nel lamento della ninfa.

(Giulia Pignoni cl.VS2)