L’Ulisse in Joyce

La riproposizione in chiave moderna del viaggio di Ulisse

 

Ulisse è un punto d’arrivo non solo per l’attività creativa di Joyce, ma anche per l’evoluzione della letteratura occidentale. Compone quest’opera nel giro di otto anni: dal 1914 al 2 febbraio del 1922, giorno del suo quarantesimo compleanno.

Nel 1919, quando ha scritto solo un quarto del suo libro, Joyce fornisce all’amico Frank Budget due definizioni dell’Ulisse: un’odissea moderna e l’epica del corpo umano. Sono questi i due pilastri su cui poggia l’intera struttura del libro.

Ulysses è comparabile a Weste Land di Eliot (pubblicato nello stesso anno 1922) e ancor più all’ opera proustiana Recherche.

Questi libri segnano la fine dell’esperienza decadente e simbolista, perciò anche di quella romantica e post-romantica, sfociata nel decadentismo.

Il decadentismo ed il simbolismo mettono in crisi una delle tradizioni letterarie inglesi più importanti: il romanzo, descrizione realistica sul piano figurativo e psicologico.

Flaubert e James segnano la fine della concezione classica del romanzo. Secondo Eliot uno dei meriti più significativi dell’Ulisse è appunto aver sfondato gli schemi tradizionali del romanzo ottocentesco. L’opera di Joyce è il suo superamento, ottenuto grazie alla sostituzione del ”metodo mitico” a quello narrativo, resa possibile dai progressi compiuti nel corso dell’Ottocento nei campi della psicologia, dell’etnologia e dell’antropologia.

L’adozione del metodo mitico, ossia la sovrapposizione al realismo narrativo di costanti paralleli con un poema omerico, ha per Eliot l’importanza di una scoperta scientifica. 

A smentire Eliot sul carattere di anti-romanzo o non romanzo dell’Ulisse è lo stesso Joyce, che chiama il suo libro novel, termine che viene definito nel Settecento da Henry Fielding: poema eroicomico in prosa, rappresenta in modo minuziosamente realistico la vita contemporanea sul modello dell’epica classica, in modo da ironizzare allo stesso tempo sia sull’antieroismo dell’esperienza quotidiana sia sull’magniloquente atteggiamento dell’epica.

L’importanza dell’Ulisse non sta solo nel recupero del poema eroicomico, ma anche nell’introdurre e fondere nel romanzo i progressi della psicologia di Freud, Jung e Adler: l’inconscio.

Queste aggiunte nella struttura del romanzo permettono a Joyce di riconciliare nella sua opera l’antinomia fondamentale fra realismo e simbolismo, che comprometteva l’esistenza stessa del genere “romanzo” sulla fine dell’Ottocento. Per di più la dimensione eroicomica gli dà modo di contenere la tendenza all’evasione metafisica insita nel simbolismo e di ricondurre la forma espressiva in un ambito più umano.

L'azione del romanzo si svolge a Dublino nella giornata del 16 giugno 1904. Dei due protagoni­sti l'uno, Leopold Bloom, è un ebreo irlandese, agente di pubblicità, uo­mo assolutamente qualunque, l'uo­mo massa del mondo moderno, l'altro, Stephen Dedalus è un giovane e inquieto intellettuale. Un ruolo non del tutto secondario ha inoltre la moglie di Bloom, una mediocre cantante continuamente infedele al marito. Seguendo fedelmente la traccia dell'omerica Odissea, considerata un grande viaggio sperimentale nel mondo antico, l'autore fa percorrere in lungo e in largo ai due  una grande città mo­derna, Dublino, che può dare una sintesi materiale e spirituale del mondo di oggi. I due personaggi sono complementari e lo riconoscono in­contrandosi. Bloom, in cui tutto si riduce a emotività sensuale, a prati­ca esperienza e a frivola curiosità, finisce col prendersi in casa Dedalus, l'inquieto intelletuale, cupido di tutte le astratte curiosità della mente. L'uno cercava chi potesse sostituir­gli un figliolo che gli è morto fanciullo; l'altro cercava un padre in cui potessero equilibrarsi i suoi scompensi mentali.

Le avventure che conducono alla fusione di cotesti due uomini si svol­gono nel giro di una giornata, dall'alba alla notte: ogni ora ha il suo episodio e corrisponde ad un canto dell’Odissea: ogni episodio ha il suo centro di sensazioni in una parte del corpo umano ed è anche contraddistinto da un simbolo[…]: in ciascuno di tali momenti è considerata una singola attività dello spirito o dei sensi con mutamenti di linguaggio e di stile conformi all'argomento, ai personaggi introdotti e alla situazione (S. Benco).

Il viaggio di Bloom e Dedalus è analogo a quello di Ulisse. Joyce cerca di prendere contatto con l’inconscio: è un viaggio interno della mente umana  E’ rivolta maggior attenzione a quella parte della mente più nascosta.

Viene registrato tutto ciò che passa per la mente e ciò che vedono i personaggi con la distinzione che il lessico varia per personalità, cultura e stato sociale.

Questo è un brano dell’ultimo capitalo dell’Ulisse.

Molly Bloom sogna. La narrazione è completamente  priva di interpunzione.

…faceva il pascià per rendersi interessante con Mrs Riondan vecchia befana e lui credeva d'essere nelle sue grazie e lei non ci lasciò un baiocco tutte messe per sé e per l'anima sua spilorcia maledetta aveva paura di tirar fuori quattro soldi per lo spirito da ardere mi raccontava di tutti i suoi mali aveva la mania di far sempre i soliti discorsi di politica e i terremoti e la fine del mondo divertiamoci prima Dio ci scampi e liberi tutti se tutte le donne fossero come lei a sputar fuoco contro i costumi da bagno e le scollature che nessuno avrebbe voluto vedere addosso a lei si capisce dico che era pia per­ché nessun uomo si è mai voltato a guardarla spero di non diventar come lei miracolo che non voleva ci si scoprisse la faccia ma certo era una donna colta e quelle buggerate su Mr Riordan qua e Mr Riordan là io dico è stato felice di levarsela di torno e il suo cane che mi odorava la pelliccia e cercava d'infilarmisi tra le sottane specialmente quando eppure questo mi piace in lui così gentile con le vecchie e i camerieri e anche i poveri non è orgoglioso di nulla proprio ma non sempre se mai gli capita qualcosa di grave è meglio che vadano all'ospedale dove tutto è pulito ma io dico mi ci vorreb­be un mese per cacciarglielo in testa sì e poi ci sarebbe subito un'in­fermiera tra i piedi e lui ci metterebbe le radici finché non lo buttan fuori o una monaca forse come quella di quella fotografia schifosa che ha che è una monaca come lo sono io sì perché sono così deboli e piagnucolosi quando son malati ci vuole una donna per farli gua­rire se gli sanguina il naso c'è da credere che sia un dramma in piena regola e quell'aria da moribondo scendendo dalla circolare sud quando s'era slogata una caviglia alla festa della corale di Monte pan di zucchero il giorno che avevo quel vestito Miss Stack gli portò i fiori i peggio che aveva trovato appassiti in fondo al paniere cosa non avrebbe fatto per entrare in camera di un uomo con quella voce da zitella cercava di immaginarsi che stesse morendo

Guido Santandrea VS2