Tra qualche anno,

 

dopo che il piano di “valutazione degli studenti e delle scuole” e l’istituzione dell’”Anagrafe Scolastica Nazionale(http://www.invalsi.it/download/Slide_sintesi.pdf)

 

saranno realtà ……

 

 

ROSSI, ARANCIONI, GIALLI E VERDI

 

Peggio di così non poteva andare, la famosa pioggia nebulizzata bolognese stendeva un velo di goccioline finissime anche sul badge del rating, appuntato ben visibile come da regolamento sul giubbotto bianco.

Quella macchia rossa che indicava l’appartenenza al primo quartile, bruciava da tre anni sul suo orgoglio di liceale collocato nell’ultima classe di rating. Non che non se lo fosse meritato, aveva studiato poco e probabilmente aveva sottovalutato l’importanza di quei quiz, tuttavia da quel maledetto giorno della prova, la sua vita era cambiata, eccome.

Nessuno ricordava più come fosse partito il giochetto, ma tutti ne conoscevano bene il meccanismo e, ormai, era diventato una cosa famigliare. Dalle elementari in avanti, ogni 2/3 anni un triste pensionato veniva a scuola ti dava alcuni fogli con delle domande a cui tu dovevi rispondere. Dopo un po’ arrivavano i risultati e il fatidico giorno della consegna dei badge: verde, giallo, arancione e rosso, in ordine decrescente dai più bravi fino a quelli quasi senza speranza. Si raccontava che all’inizio il badge non esistesse e i risultati fossero segreti, ma a un certo punto, visto che quasi tutti li usavano (gli insegnanti, i presidi, quelli dell’Università e anche chi ti dava lavoro), si trovò più comodo obbligare la gente a portarli ben in vista, in modo che tutti, senza perdere tempo, potessero sapere che tipo eri. C’erano state timide proteste, qualcuno si era anche arrabbiato molto, ma visto che tanto alla fine tutti sapevano, la maggioranza trovò più comoda questa soluzione.

Come era facile prevedere, i ragazzi cominciarono a trovarsi in club accomunati dal colore del badge, i più famosi erano i gialli, cioè i bravi senza essere secchioni, qualcuno sbagliava apposta qualche domanda per non dover trovarsi con quelli che passavano quasi tutto il loro tempo a studiare, bravi sì ma noiosi da morire. Era un calcolo veramente difficile, non bastava sbagliare qualche risposta dovevi indovinare come avrebbe risposto il 25% dei più bravi in tutta Italia e fare un poco peggio, una mission quasi impossible.

Poi c’erano gli arancioni, i più sfigati, molti non erano diventati gialli per un pelo, per una preposizione usata male, per un calcolo sbagliato insomma per una sciocchezza che veniva amplificata dal fatto che la metà dei tuoi colleghi non l’aveva fatta. Erano i più cattivi e i più depressi, condannati in un limbo in cui per tre anni studiavano come i matti per capire come fare a diventare gialli. Tra l’altro odiavano i gialli, soprattutto quelli che vedevano ogni giorno. Avevano capito subito che ogni giallo in più aveva contribuito al loro limbo arancione.

Infine i rossi, i peggiori, per loro era anche difficile solidarizzare non erano mai riusciti a fondare un club o un blog, eterogenei pieni di extracomunitari e sostanzialmente sfigati. Un vero girone infernale in cui nessuno voleva cadere: gli insegnanti li guardavano male perché ogni rosso in più voleva dire una riduzione di stipendio, i presidi li odiavano perché decurtavano i fondi delle scuole, le Università li ignoravano tanto non li ammettevano nemmeno alle prove di ingresso, insomma gente senza futuro vera zavorra e costo economico non indifferente per il Paese. Nessuno voleva cadere nel girone infernale, ma ogni volta il 25% degli studenti ci finiva, per forza, perché la statistica così diceva: “non possiamo misurare la bravura in assoluto, meglio una valutazione relativa”. E, si sa, la Statistica non si discute.

Non che non fossero oggetto di attenzione, anzi. Tantissimi ex verdi li avevano studiati e avevano scritto articoli (in inglese, ovvio) su di loro, chiedendosi se uno “nasceva” rosso o se lo diventava, se loro avessero una particolare configurazione dei neuroni che predisponeva alla rossità. Avevano calcolato qual era la probabilità di cambiare colore, quali fossero le cause del problema e così via. C’era una letteratura sterminata sul tema, ma chi era rosso raramente la conosceva.

Poi c’erano quelli come lui, rossi per caso, per una serie di coincidenze, per uno scherzo del sistema endocrino che proprio il giorno dell’esame gli aveva pompato nel sangue una dose eccessiva di ormoni, perché proprio quel giorno era la prima giornata tiepida di primavera, perché aveva appena litigato con la ragazza, perché la sera prima aveva bevuto una birra di troppo, perché aveva litigato con i suoi, insomma per delle sciocchezze.

Erano quelli messi peggio, fuori posto come alpini in un sommergibile, non riuscivano a legare con i rossi costituzionali, non riuscivano a fregarsene e dovevano per forza puntare tutto sulla prossima prova. Erano anche disposti a diventare verdi pur di togliersi quel maledetto badge rosso. Naturalmente proprio per la tensione, pochissimi ci riuscivano tanto che gli studiosi verdi avevano teorizzato l’esistenza della figura del “rosso recidivo” o del “rosso volontario”, quello che aveva le possibilità ma non riusciva, si impegnava ma falliva, non aveva ostacoli social-famigliari ma rimaneva nel girone infernale. E questi erano veramente quelli messi peggio, nessuna pietà per loro, nemmeno quella delle solite associazioni di volontariato che aiutano i bisognosi, veri parassiti della società erano quelli che sperperavano il denaro pubblico non mettendo a frutto tutto il ben di dio che avevano a disposizione. Qualche economista fazioso era arrivato anche ad attribuire a loro la vera causa dell’enorme debito pubblico italiano, bisogna però dire che erano posizioni isolate.

Ragionava su questo mentre andava a scuola per affrontare la sua ultima chance, quella prima dell’esame di maturità, ormai un vecchio relitto a cui nessuno dava più importanza, sapeva che se falliva gli rimanevano solo le Università di serie C, per non parlare delle occhiate degli ex-amici e quello che avrebbero detto i suoi. Con questi pensieri in testa si sedette, non c’era nemmeno il pensionato, triste ma umano, stavolta gli era toccato uno spocchioso dottorando in giacca e cravatta (con un badge giallo, i verdi avevano ben altro da fare),  prese i fogli dal ragazzotto che neppure lo guardò in faccia.

Naturalmente andò male.

 

Ignazio Drudi

 

idrudi@libero.it