Il decreto sulle superiori, il liceo scientifico, il ruolo della Matematica.

 

Premessa: quali sono i punti di forza e di debolezza del sistema scolastico italiano

 

Sono usciti recentemente i risultati dell’indagine OCSE PISA 2003 sulle competenze matematiche dei quindicenni che frequentano le scuole dei paesi maggiormente sviluppati.

Si possono svolgere diverse considerazioni sulla criticità delle domande per gli studenti italiani, vista l’impostazione “anglosassone” delle stesse.

In ogni caso la scientificità dell’indagine, la sua metodologia e i risultati forniscono importanti elementi di valutazione sulle caratteristiche dei diversi sistemi scolastici nazionali.

L’indagine 2003 ha confermato i risultati della precedente, che era stata maggiormente mirata sulle competenze di comprensione di un testo.

Gli studenti italiani ottengono risultati inferiori alla media, ma con un tasso di variabilità inferiore alla media.

Inoltre i risultati degli studenti italiani provenienti da famiglie di basso livello economico sociale sono relativamente migliori di quelli degli altri paesi.

Come afferma la ricerca la scuola italiana viene classificata come più “equa” della media, cioè meno discriminante di tante altre (vedi all’opposto USA e Germania), ma con risultati medio bassi.

La prima considerazione ci conforta e dovrebbe spingere a maggiore attenzione chi intende riformare radicalmente il sistema scolastico, accusato di favorire la discriminazione di classe.

La seconda  risulta preoccupante per il futuro delle nuove generazioni, soprattutto tenendo conto del numero esiguo di studenti che ottengono risultati di eccellenza.

Tenuto conto che la media degli studenti italiani è di 466, contro la media di tutti i paesi OCSE di 500, quelli che raggiungono un punteggio sopra i 600 punti sono in Italia il 7 % contro una media del 14,6 %.

Tenendo conto del fatto che l’indagine dimostra la stretta correlazione, esistente in ogni paese fra le condizioni economiche sociali dei genitori e i risultati dei figli, ci si può spiegare tali risultati se si tiene conto dell’arretratezza culturale della nostra popolazione adulta: solo il 59 % dei genitori di studenti 15 enni possiede il diploma, contro una media OCSE del 75,6 %,

Resta il fatto che risulta pesante il divario fra le competenze dei nostri migliori studenti e quelle degli altri paesi. In matematica mentre il punteggio medio del 25 % con risultati più scarsi è di 430 punti contro una media di 455, quello del 25 % che ottiene i risultati migliori è di 502 contro 548.

Esiste quindi nella nostra società e nelle nostre scuole un grave problema di arretratezza nelle conoscenze scientifiche.

La diminuzione delle iscrizioni alle facoltà scientifiche, lo stato di difficoltà della nostra ricerca sono altre manifestazioni della situazione in atto.

L’indagine mostra che sarebbe necessario migliorare il sistema, mantenendo le sue caratteristiche di equità sociale, ma rilanciandone la funzione sia per quanto riguarda il necessario aumento dei diplomati e laureati, in particolare nell’area scientifica, sia per quanto riguarda l’investimento sulle eccellenze.

 

IL decreto applicativo della Legge 53 sulle superiori

 

E’ uscito da poco la bozza di decreto. Quello che ci si deve chiedere subito è se l’ipotesi di riforma delle superiori affronti le problematiche sollevate dall’indagine.

Niente di tutto questo.

La filosofia del decreto ribadisce l’impostazione dei due canali, l’uno professionale gestito dalle Regioni, e l’altro liceale statale, a cui accedere in età precoce.

Ribadisce poi la separatezza dei due canali, l’uno destinato a chi deve accedere velocemente nel mercato del lavoro e l’altro, che non rilascerà più un diploma spendibile, ma garantirà solo la preparazione per l’accesso all’Università

Questa scelta si rivelerà disastrosa per il tessuto sociale del paese, giacchè favorirà la fuoriuscita precoce dal sistema scolastico di un numero crescente di giovani, aumentando il divario nel numero dei diplomati e laureati con gli altri paesi.

Inoltre accrescerà la discriminazione culturale di classe, perché è evidente che il canale professionale sarà scelto essenzialmente da chi proviene dalle fasce sociali meno abbienti e meno acculturate.

I paesi che hanno sistemi scolastici a due canali, uno per tutti la Germania, ottengono risultati medi vicini a quelli dei nostri studenti, ma con un tasso di variabilità molto più alto e nettamente superiore a quello medio.

Tanto è vero che i risultati dell’indagine hanno provocato un ampio dibattito in Germania, che è arrivato a rimettere in discussione l’assegnazione delle competenze scolastiche ai Lander.

Le grandi differenze riscontrabili nei risultati degli studenti tedeschi derivano infatti dalla frammentazione regionalista del sistema.

Il fatto che il canale professionale sarà gestito dalle Regioni crea ulteriori problemi perché acuirà le differenze culturali nel paese, che sono già rilevanti (il punteggio medio degli studenti del Nord Est è di 511, quello del sud 428, quello delle isole 423).  

 

Quale riforma del Liceo scientifico

 

L’intervento sui Licei è estremamente deludente. L’impianto generale consiste nel mantenimento dell’impostazione degli ultimi anni con programmi elefantiaci, ma con una riduzione d’orario, che rende di fatto impossibile raggiungere gli obiettivi posti.

Per quanto riguarda il ruolo della matematica i programmi proposti ricalcano quelli del PNI, però con una riduzione d’orario nel quinquennio di 200 ore, una in meno dalla prima alla quarta e due in meno in quinta.

Negli altri indirizzi le ore di matematica restano uguali o addirittura sono in calo.

Il ruolo dell’informatica nel liceo scientifico è prettamente operativo e carente di tutta la parte relativa ad elementi di programmazione e problem solving

Questo fa il paio con la corrispondente riduzione di due ore obbligatorie previste per matematica ed educazione tecnica nelle scuole medie. 

L’azzeramento delle sperimentazioni di scienze ed di informatica, come del PNI, al liceo scientifico priverà inoltre gli studenti della possibilità di perseguire obiettivi alti di qualificazione nell’area scientifica, privando la scuola statale delle punte di eccellenza in termini di offerta didattica.

 

Conclusioni

 

L’effetto di questa riforma sarà quello di far uscire dal sistema scolastico statale percentuali consistenti di studenti  indirizzati verso la formazione professionale offerta da Enti privati, sotto un ipotetico controllo regionale.

L’effetto della soppressione delle sperimentazioni e della riduzione d’orario generalizzata sarà quello di spingere la parte più acculturata della popolazione, che investe nella formazione dei figli al più alto livello, a cercare un’offerta adeguata fuori dalla scuola statale, cioè in un privato che sta investendo le ingenti risorse pubbliche incassate negli ultimi anni in particolare nel settore medio e superiore.

E’ evidente l’analogia con il decreto sulla scuola primaria.

La riforma, se definitivamente attuata, comporterà l’eliminazione del tempo pieno e quindi l’annullamento delle esperienze più avanzate di didattica, nonché la frammentazione delle esperienze di lavoro comune degli insegnanti.

L’esperienza delle sperimentazioni degli ultimi 15 anni aveva avuto il senso di costruire un’ipotesi realistica di riforma dei programmi, che fosse in grado di diventare il modello per tutta la scuola superiore.

Il decreto riporta tutto indietro.

Non ci si può limitare ad una valutazione economicista per giudicare l’effetto di tale progetto riformista.

Certamente il taglio di decine di migliaia di posti di insegnamento nelle scuole statali è terrificante e devastante socialmente e deve richiedere un’opposizione sindacale forte e radicale.

Esiste però un progetto ideologico dietro la riforma.

Viene cambiata la funzione della scuola statale prevista dagli art. 3, 33 e 34 della Costituzione, ossia quella di garantire un sistema scolastico unitario a tutti i cittadini, onde perseguire l’obiettivo dell’uguaglianza e in particolare consentire a quelli in condizioni più disagiate di raggiungere i livelli di istruzione necessari per divenire cittadini e lavoratori consapevoli.

Alla scuola pubblica statale viene affidato un compito secondario: quello di organizzare un offerta di istruzione minima per le classi medie.

Ai giovani provenienti dai ceti più popolari verrà negata la possibilità di avere un livello di istruzione pari a quello degli altri, ad essi verranno fornite solo le conoscenze minime per accedere ad un mondo del lavoro dequalificato.

Il compito di formare la classe dirigente verrà svolto dalla scuola privata, sicuramente più controllabile e indirizzabile dal punto di vista ideologico. 

Per impedire la realizzazione di questo progetto, che intende, in sintonia con gli interventi sul lavoro e sull’impianto costituzionale, ribaltare il modello di società disegnato dalla nostra Costituzione, bisogna costruire una opposizione forte e consapevole, a partire dalle scuole, che sappia, come il movimento in difesa del tempo pieno, coinvolgere genitori, cittadini e soprattutto gli studenti, che sono le vittime più evidenti.

 

Bruno Moretto, docente di matematica e fisica nell’indirizzo PNI del L. s. A. B. Sabin, Bologna