,Primo Forum Nazionale dell’Educazione    Firenze 23\24 ottobre 2004

 

 

Seminario n.5  La scuola: funzione pubblica o servizio a domanda?

 

 

Il gruppo ha sentito la necessità di definire la trasformazione in atto della scuola italiana come processo che trova nell’attuale impianto riformatore la sua più compiuta formalizzazione, ma i cui presupposti si legano sia alla tendenza mondiale, già ampiamente analizzata, sia ad una sorta di riflessione degli anni ’90 ad opera di parti della sinistra (Manifesto dei 20) in cui si teorizzava una volontà di scolorimento dello stato sul versante dell’istruzione: lo stato assumeva solo il ruolo di regolatore dei processi.

Si è perciò posta preliminarmente la necessità di ragionare sul termine pubblico, termine che consente oggi, anche alla luce della legge di parità, un uso spesso ambiguo.

 Se l’istruzione è bene primario, essa è funzione istituzionale dello stato, come gli articoli 33 e 34 della costituzione, correttamente interpretati, recitano.

Scuola STATALE, quindi, perché l’unica che si possa coniugare con la libertà d’insegnamento e con la pluralità ed il pluralismo.

All’intransigenza del termine statale, tuttavia non si può non opporre la considerazione che il termine scuola pubblica abbia conquistato nei fatti, nella storia repubblicana, una valenza importante nell’immaginario collettivo e sempre in contrapposizione alla scuola privata senza confusioni di sorta.

Anche la Carta di Nizza e la Costituzione europea spostano l’asse dell’istruzione in modo strumentale verso la libertà di scelta delle famiglie e sottolineano il peso culturale, antropologico, religioso delle stesse nelle scelte educative con tutte le implicazioni del caso.

Tuttavia esse rimandano agli ordinamenti nazionali e quindi nel nostro caso alla Costituzione, garante della funzione pubblica del sistema di istruzione.

Ne discende come corollario che la difesa e il rilancio della Costituzione è oggi compito primario delle forze politiche e sociali del nostro paese.

Per opporsi al contagio della domanda individuale che rischia di scivolare nella deriva della richiesta alle scuole di rispondere a bisogni individuali (orari, tempi, committenze culturali specifiche) sono stati individuati alcuni nodi tematici.

1)     estensione dell’obbligo a 18 anni (il gruppo ha la consapevolezza che è necessaria una riflessione assai più esaustiva sul tema che individui percorsi e modi, ma assume la richiesta dell’estensione dell’obbligo come tendenza generalizzata di un paese democratico di cui lo stato si fa carico)

2)     individuazione del percorso 0\6 anni come percorso educativo che va pertanto sottratto ad ogni logica assistenziale e quindi di risposta a domanda individuale

3)     denuncia dei limiti dell’accordo MIUR-Regioni e dei relativi protocolli che le Regioni hanno stipulato che rischiano di essere un attacco al sistema nazionale di istruzione

4)     lavoro sull’autonomia perché essa diventi autogoverno delle scuole lontana da cattive pratiche o dall’insidiosa e diffusa malattia della “progettite”

5)     risorse certe per l’istruzione che non vincolino il destino della scuola, proprio perché funzione pubblica, alle finanziarie

6)     Scuole aperte al territorio, ma nell’individuazione di una pratica democratica degli attori nel rispetto delle singole responsabilità; pratica che esca dalla logica ingessata e dalla democrazia solo linguistica degli Organi Collegiali: non rinuncia quindi alla cura della persona, ma rifiuto dei percorsi personalizzati!