Intervento introduttivo al seminario “Fare l’insegnante nella scuola pubblica”.

Gigliola Corduas – FNISM

 

insegnanti. Non sempre le tematiche relative agli insegnanti hanno una specifica evidenza,  secondo un atteggiamento dualistico per cui da un lato, con buona dose di retorica, se ne esalta il ruolo ma in pratica si dimostra di stimarli ben poco, limitando il loro ruolo a una dimensione puramente esecutiva: non li si considera soggetti promotori del cambiamento e si sottovaluta l’incidenza del punto di vista e della volontà di chi, chiamato a mettere in pratica un cambiamento, deve cambiare a partire da sé.

 

assunto una fisionomia più complessa e articolata che in passato e che sta chiedendo cose nuove e diverse. La stessa autonomia scolastica, su cui stanno discutendo in un altro seminario, che pure era stata vista da molti come uno strumento per sganciare la scuola da un meccanismo burocratico centralizzato, funzionale alla riproduzione di un sistema e di saperi autoreferenziali, inserita nel contesto delle nuove forme di lavoro del settore pubblico, priva di forti correttivi politici, culturali e contrattuali, sta diventando una spinta alla privatizzazione del sistema dell’istruzione e alla precarizzazione del personale docente.

Inoltre, secondo una prospettiva di stampo burocratico, si è fatto leva sul “capo d’istituto”, come ruolo di sintesi dell’istituzione scolastica, cui ricondurre le scelte e la capacità di raggiungere gli obiettivi, col rischio di sostituire all’autorevolezza che deriva dalla cultura e dall’esperienza il ricorso a un leaderismo di stampo aziendale.

 

complessità del lavoro nella scuola e la necessità di porre al centro dell’attenzione i temi dell’organizzazione, ha creato un vuoto per cui da un linguaggio burocratico divenuto insufficiente per gestire i processi che si realizzano nella scuola -ma che non ha perso la sua invasività anche rispetto a terreni più direttamente attinenti la didattica- si è passati a un linguaggio di derivazione aziendale, incentrato sulla scuola in quanto servizio. Sono gli anni del richiamo alla dimensione organizzativa della scuola e della Carta dei servizi.

Queste derive hanno facilitato lo slittamento delle problematiche legate all’istruzione e alla formazione sul terreno economicistico nel clima neoliberistico di questo governo, fatto di richiami all’efficiacia e all’efficienza, di famiglie come utenza quando non clienti, e di aberrazioni come il profilo professionale riferito a ragazzini di 13 anni.

 

funzione pubblica del docente e alle garanzie costituzionali della libertà d’insegnamento, garanzie verso l’insegnante ma anche nei confronti degli studenti e della società, poiché sulla libertà d’insegnamento si basano il pluralismo e la laicità della scuola.

* E’ un attacco che si svolge innanzitutto sul piano legislativo, attraverso la L.53 e i decreti attuativi che, complessivamente, stanno introducendo un nuovo  profilo di insegnante, subordinato alle scelte delle

famiglie, spinto su prestazioni che, come nel caso del tutor, creano gerarchizzazioni e  spezzano la

collegialità e la condivisione. 

* L’art.5 della L.53/03 interviene sulla formazione iniziale, attribuendo un ruolo esclusivo dell’università, esteso anche alla formazione in servizio, con la negazione della specificità di una professione in cui, accanto a interventi di ordinaria “manutenzione”, sono determinanti l’esperienza, la riflessione sull’esperienza e sulla pratica didattica e il riconoscimento della scuola come ambiente di crescita professionale. Il risultato è una professionalità costantemente “sotto tutela”, dell’università, dell’amministrazione, delle famiglie.

* Il progetto di legge n.4091 di riforma dello stato giuridico, attualmente all’esame della Commissione Cultura della Camera,  snatura il reclutamento pubblico e lo fa con  le dovute citazioni letterarie della libertà d’insegnamento, introducendo la chiamata diretta da parte delle scuole e superando il pubblico concorso, spostato alla fase di ammissione dell’aspirante insegnante ai percorsi formativi. Introduce inoltre un’articolazione delle prestazioni  che prelude alla frantumazione del profilo professionale e delinea una“carriera” (termine inadeguato per indicare lo sviluppo e la valorizzazione della professionalità) a cifra individuale che trascura gli aspetti di collegialità e di corresponsabilità. Fanno il loro ingresso gli Albi professionali, parallelamente ad un depotenziamento della rappresentanza sindacale e si così avvia la corporativizzazione della categoria.

 

elementi che la costituiscono e che la garantiscono, in una scuola che si costituisca come luogo pubblico collettivo che accoglie, riconosce, valorizza e fa interagire i diversi soggetti (docenti, studenti, genitori, territorio), che promuove, attraverso il confronto tra orientamenti e culture diverse, solidarietà e condivisione. La conoscenza si produce nell’interazione sociale che diventa prima risorsa per l’apprendimento in una scuola che educa alla complessità e al pensiero critico, valorizza le differenze e fa del diritto all’istruzione un diritto di cittadinanza.

E’ necessario un rilancio che faccia leva sul ruolo costituzionale della scuola e della professionalità degli insegnanti,  che veda l’educazione come progetto etico con al centro il diritto universale all’educazione e l’opposizione a ogni forma di mercificazione della conoscenza.

Sono finalità che si raggiungono anche attraverso l’esercizio della professionalità docente forte, fondata sulla libertà d’insegnamento, con il rifiuto dei processi di gerarchizzazione e di precarizzazione, la consapevolezza che l’essere e fare l’insegnante oggi comporta il confronto con i processi di globalizzazione, con i conflitti sociali, territoriali, culturali e politici che investono anche la scuola.