PIETRO CIVITAREALE
Ombre disegnate / Sombras dibujdas


Pietro Civitareale è nato nel 1934 a Vittorito (L'Aquila), risiede a Firenze. Tra gli altri, ha pubblicato Allegorie della memoria (edizione bilingue, 1988), Il fumo degli anni (1989), Altre evidenze (1991).



1

Le foglie passano oltre i vetri
e le parole passano veloci
lungo le mura della stanza.

In una serra bianca di margherita
i nostri corpi infilano
aghi di luce in una gelida luna.


2

Una luce di latte sulle case
disegna finestre scortecciate,
balconi di ferro, un piccione
ricurvo sulla ringhiera.

Giù dal ponte, intanto,
le mura
della città scivolano nel fiume.
Nella fontana di piazza
la luna s'incorosta di ghiaccio.


3

Il tuo dorso è una bianca
roccia nell'oscurità.
Nessun'acqua l'ha ammorbidito,
nessun vento l'ha levigato.

Le mie dita camminano sulla collina
(una impressione della mente
il tuo corpo sotto la mia mano)
slacciano la tua ombra,
in acqua profonda alfine riposano.



4

Il vento scuote gli alberi
del parco, spazzando i rifiuti
nel fiume, più tardi un preavviso d'afa
inumidita da una passante acquata.

Folli improvvisazioni d'un violino
accendono gli occhi della gatta
accucciata sul davanzale della finestra.
Bersaglio grigiochiaro, curva d'una arco
nel mattino tornato solare.


5

Nella stanza si stende
una tenera foglia di luce
che taglia nel vivo la mappa
di pioggia sulla parete.

Come insetti nell'ombra
comtempliamo, precluso giardino,
una verde isola d'acqua
nel cuore della città.

"Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 12, giugno 1994





BENITO LA MANTIA
Mas allá - Oltre



Benito La Mantia è nato nel 1940 a Palermo, risiede a Mezzano. Tra gli altri libri, ha pubblicato Of (1989), Taccuino (1990) e Ou tòpos (1992).



1

Oltre il punto
per accertare il tuo fallimento
per sfuggire incessantemente alla morte.
Passaggi, dunque, non approdi.
Nelle verità s'occultano
le più perfide menzogne.
Le idee
trovano decenza
solo allo stato fluido.



2
Caricate.
Puntate.
Fuoco.
E l'anarchico Masetti
sparò
ma al suo comandante.



3

E che disse Periandro
all'ambasciatore di Mileto
quando gli fu chiesto
della miglior maniera di esercitare il potere?
Niente disse.
Non disse nulla.
Condusse il tizio in un campo
e con colpi secchi di bastone
falciò le spighe più alte di grano.




4

E allora arrivarono gl'inglesi
mi racconta il nigeriano al Beaubourg
e tenevano alta una croce in mano
e ci dissero: guardate al cielo.
E noi guardammo.
Ma quando ritornammo
con gli occhi a terra
l'oro non c'era più.




5

Aldebaran è l'occhio rovente del toro
che percorre gli oscuri meandri della mente
e ogni atto sfugge alla ragione
per il delirio delle idee imperfette
così il possibile s'è rastremato
e prossima si annuncia la fine degli eventi.



da "Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 17, maggio 1995





NICOLA ROMANO
Elogio de los labios - Elogio delle labbra



Nicola Romano è nato nel 1946 a Palermo. Tra gli altri libri, ha pubblicato Amori con la luna (1985), Visibilità discreta (1989) e Questioni d'anima (1995).



1

Cadenze di passi:
è la luna che avanza
sulla punta segreta dei monti
il giorno si specchia nel branco
il grappolo spacca odoroso
sulle labbra del vento
la notte rimbalza di fianco
impaurita dai fulmini bassi
si perde nel nero fumante
e ti penso nell'aurora




2


Meridiana di gelo:
t'aspettavo di fuoco
nel mezzo dei bianchi guanciali
che prendemmo in affitto
quando un prato di lino
era mare di grano maturo
da strappare alla noia
e le labbra impastavano acqua
zanzare d'agosto e capelli
i capelli sfuggiti al fermaglio
che scordasti in toilette




3


Qui non cambiano i giorni:
dalla stessa finestra
lo stesso lembo di cielo che inchiara
i respiri finali di un sonno
guidato a fatica nel muschio lunare
stesso lembo di cielo
che cade negli occhi filanti
di lana notturna
e di sogni un po' scemi
se non fossero labbra sugose
questo dirsi buongiorno




4


Mi stai baciando gli occhi:
forse tu vuoi parlarmi
dell'ape che carezza la papàia
dell'acqua che s'avvinghia alla ninfea
ma io non trovo mani
per questo volto acerbo prepotente
su cui sfamare il cuore
non trovo mani
per tentare due accordi a perdifiato
In questa sera di conchiglie mute
ho solo due occhi per le tue labbra




5


Sanguinava d'inverno la stazione:
le colombe del binario quattro
beccavano minuzzoli e parole
calde come il saluto degli amanti
finché nel verde negro della sera
si strinsero le mani
come labbra



da "Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 18, giugno 1995




ALBERTA BIGAGLI
Escuchar el pasado - Ascoltare il passato



Alberta Bigagli nasce ne 1928 a Sesto Fiorentino e risiede a Firenze. Tra gli altri libri, ha pubblicato L'arca di Noè (1986), In mezzo al cerchio (1989), e Diamanti (1994).



Dialogammo

Mi accompagnano lunghe ore brevi
mi chiama il mare della solitudine
la vita è solo un leggero cammino
e vagabonda per via mi rapirono.

Sangue ho colore della terra arata
sai che verrà improvviso il nulla
non lasciarti sfuggire il mio pensiero
benedicimi tu nei giorni nostri.

Entrerò nei tuoi sogni ed amori
mi inviterai presso te con pudore
madre futura ho gli occhi di gazzella
nacqui alla tua alla vostra luce.




Ciclopensiero

Per aspirare fondo isolato
va abbeverandosi un leone
presso al moto dell'acqua
le stelle lo insidieranno.

Ci appartengono gli altri
sono il sole che avvolge
loro i vivi e noi i morti
li ascoltiamo e esaudiamo.

Io odoro di sacrificio?
ma sono inutili domande!
l'evento che era atteso
mi attraversa e scompare.




Vissifuturo

Capelli tenue colore
fusero mani pietrose
un vento verde arrossato
su mite festa del grano.

Respiro di sanguelatte
velo sensibile e greve
bianco tuo viso anelante
sarai la spugna rosata.

Non geleranno quei fiumi
non scolorano giochi
fischianti e alte volute
sopra dolore che ebolle.




Retrosguardo

Non offrendo minacce
poiché sicure ed umili
lo so mi stancheranno
queste pareti di casa.

Distrazioni protette
dai sensi di purezza
torna nei biancorossi
quadretti di grembiule.

Fisso stupore angelico
sordi fruscii volontà
umano corpo è freccia
sibila passa e brilla.




Suocanto

Appaiono scure le ore
mia lupa occhi buoni
labbra di rosa e di luna
àrula vento e polvere.

Paternità irascibile
la compagnia carnale
le estorte verità
nulla mi inorgoglisce.

Lo so ho bevuto sale
per intrecciare burle
salendo sulla groppa
degli squali giocanti.



da "Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 19, settembre 1995




ROSSELLA CERNIGLIA
Desnudez del ser - Nudità d'essere



Rossella Cerniglia è nata nel 1949 a Palermo. Tra gli altri libri, ha pubblicato Ypokemeinon (1991), Oscuro viaggio (1992), e Fragmenta (1994).



Arcaico silenzio

Apogeo di squallore
i tetti rossi uguali

geometria
di sventrate strutture la città

l'effimera creatura
che v'abita, dentro, il focolare
l'etrna pietra non contamina
né l'Assoluto Sentire incrocia
presa, come viandante immotivato,
nell'assurdo giro
livellata alla cosa

e nell'arcaico silenzio
una cane abbaia




Città e uccelli

Asciutte case eternamente a nuovo
nere finestre o occhio senza sguardo

qual sguardo inabissato
il silenzio costretto nell'attesa

--sogno o realtà più vera?--

S'incrociano voli
ove d'antenne è immota selva

ma l'uccello che nidifica e vola
e l'aria colma di strepito al mattino
qual sentire avrà di questa pietra
e del rude silenzio a sé vicino?




Elba

Verde Elba
nel ventre celato giaci oggi
delle fantasie,
or che di foglia in verginità
s'annuncia la presenza del dio

anche il silenzio,
suono verde
come il nume dei luoghi,
e tu ne accogli sacralità onnipresente

il muschio della roccia
un'essenza oggi richiama
che l'umile confine
trascende della cosa.




Apoteòsi della pietra


La linea giacente delle case
qual blocco monolitico
alla coscienza effimera si pone
astratta forma incombente
sull'illusorio moto.

Il tempo,
indietro rifluito
nell'Abisso - Anteriore
o nube che stemperi
colori
cristallo al cielo impone
e marmo ai cirri

qui la parola-che-dir-doveva, tolta
consacra, unico simbolo, la Pietra.




Nudo oggetto

Quando cadono i sogni
in divenire
--s'arresta l'occhio sul muro
delle attese--
il silenzio m'annuncia
degli spazi Essere-Immoto
senza realtà

il nudo oggetto, allora
(la Cosa solamente)
il Sacro



da "Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 20, dicembre 1995




LUCIANO FUSI
Versos del amor y del desamor -Versi d'amore e di disamore


Luciano Fusi nasce nel 1956 a Pontedera e risiede a Ponsacco. Ha pubblicato Rivolte di passione (1986) e Nuovi idilli (1992).



Per Gianluca Barbadori dolore e saggezza del teatro

Noi non siamo la scena
ma il pane mangiabile
di ogni attimo che distrugge
nell'insaputo dolore di corpi negati
che ancora non posso toccare,
se non nel lontano senso
di caviglie fuggite via
scherno dello sguardo
che gelido muore
nel non udibile sonno
di organi interni
scalcianti
negli ultimi istanti di sogno divorato
da insorgenti assenze di sangue.




L'amico sposato - a Mauro Giusti

Salendo la scala non trionfale
lo vedo minuscolo e assurdo
sotto la cornice infernale
della porta di condominio
oltre la soglia non soffia il vento
e i suoni rimbalzano rallentati
ormai impazziti nella finzione
non sanno più dove andare
la stanchissima risata del tempo
fa di queste mura un amorale dolore solidificato
prova il cielo a far piovere erba
ma cala la notte.




Ciò che era pensare

Un giorno di novembre finisce
l'ombra che nasce è vuoto futuro
ciò che era pensare
ormai è futura paura
o stanche fughe senza linguaggio
e quel profilo auzzo che al vasto visibile alzavi
non si specchia più nelle sequenze del mito inquieto
adesso caracolla lungo la ferrovia
dove avanza il non senso.




Il sole blandiva grezze ...

Il sole blandiva grezze effusioni
io proteso e veloco
sparivo nel saccheggio di anime più che emozioni
l'eterno, era la rosa nel gioco di maggio
là sotto il melo vibrato da volte nodose
e l'aria correva indolente
invaghita del proprio esodo di nomade veglia
era la vita.




22 aprile 1990

Così nel suo atto
nuova ricompare la cara acqua toscana
nei pomeriggi fannulloni persi a guardare
trasparenze inesatte
con addosso uno strano movimento di nostalgia
che veste le cose senza conoscerle.



da "Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 20, dicembre 1995




FERRUCCIO BRUGNARO
Nieve de primavera - Neve di primavera



Ferruccio Brugnaro è nato nel 1936 a Mestre e risiede a Spinea. Tra gli altri libri, ha pubblicato Il silenzio non regge (1978), Poesie (1984) e Le stelle chiare di queste notti (1993).



Luigi e Gabriele

Mi fanno impazzire.
Gridano, litigano.
Non sono mai sazi
non sono mai stanchi.
A volte li ammazzerei.
Ma sono la vita turbolenta
bella.
Sono la costruzione
dirompente
dell'amore
dentro il tempo e il mondo.




L'erba tra i cementi

Marzo. L'erba è cresciuta dappertutto
in fabbrica dove ha trovato
un po' di terra.
La più fine e luminosa
è venuta su tra i cementi,
nelle strisce di terra grigie e nere.
La più bella ha messo fuori
il capo
tra scorie di plastica e ferro.
E' una cosa stupenda.
La primavera ha portato
in fabbrica
in questi giorni
la vita
con tutta la sua forza e la sua gioia.




L'amore

Un fiore bagnato
carnoso dolce.
Fissate forte
un fiore azzurro
un fiore di fuoco.
Fissate un fiore
giallo di fosso
appena verniciato dall'alba
tra erbe oscure, taglienti.
Fissatelo
e tenete d'occhio
la serpe
intorno
dentro
sempre.




Il nostro giorno

Il cielo è oscuro
sconvolto.
Il corpo della terra
oscilla a uno stretto
cappio d'acciaio
senza luce
e senza voce.
Il nostro sogno grandissimo
vaga ammutolito e cieco
attorno
a un lago di fango
immenso.
Il nostro giorno ora
è
lontano
lontano.




Neve di primavera

E' sconvolgente
e bella
come i tuoi baci
quando sei arrabbiata.
Scioglie ora
i grovigli di dolore
più oscuri
in luce intensa e dolce.
Il suo candido morso
alla terra
è il tuo morso
rabbrividente e felice
alla mia vita
nel cuore della notte.



da "Viceversa - Hoja de poesia italiana", n. 22, giugno 1996




GIAN PIERO STEFANONI
Torrido - Torrido



Gian Piero Stefanoni è nato nel 1967 a Roma. Ha pubblicato Il Mezzogiorno (1990) e Itifallici (1994).



Prospettive

Arance gonfiano il caldo

Tu disponiti su più lati
e mostrami il tuo amore cubista

Interccio di mani erranti.




Torrido

Nella noia

anche la lotta
va bene,

anche un nemico,

in un abbaiar
di cani.




Moto perpetuo

Al tuo bel sole,

al tuo bel mare
discendi,

bruna,

dal corpo esile,

a tratti aerea

anamorfica
nella tua immagine regolare.




Enjambement

Bianco rosso blu

È un bene
non saper disegnare

E riposare

tra le ultime forme nate.




Tu adesso ...

Tu adesso ridi e cedi
al tuo sonno di carne.

hai parole oscure,
silenzio nei fianchi.

Dimentichi in fretta
il tuo amante di un giorno.





w-bol, settembre 1997


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 1995-2002